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Danni causati da animali randagi: il Comune è sempre responsabile?

Danni causati da animali randagi: il Comune è sempre responsabile?
Secondo la Cassazione, per poter affermare la responsabilità del Comune per danni causati da animali randagi, è necessario dimostrare una specifica condotta colposa dell'ente, secondo le regole generali di cui all'art. 2043 cod. civ.
In caso di danno causato da un animale randagio, il Comune è sempre responsabile?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18954 del 31 luglio 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti del Comune, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti dalla propria auto, a seguito di un incidente causato da un cane randagio che aveva improvvisamente attraversato la strada.

La domanda veniva rigettata in primo grado ma veniva accolta in sede di appello, con la conseguenza che il Comune veniva condannato a risarcire il danneggiato, mediante il pagamento di una somma pari a oltre mille euro.

Il Comune, ritenendo la decisione ingiusta, decideva di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della decisione sfavorevole.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione al Comune ricorrente, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Osservava la Cassazione, in proposito, che la responsabilità per i danni causati da animali randagi è disciplinata dall’art. 2043 cod. civ. (responsabilità extracontrattuale) e non dall’art. 2052 cod. civ. (danno cagionato da animali), dal momento che quest’ultima disposizione presuppone che il danno sia stato causato da un animale di proprietà (o in uso) di un determinato soggetto, non trovando la stessa applicazione in caso di danni causati da un animale randagio.

Precisava la Cassazione, inoltre, che per poter affermare la responsabilità del Comune, occorre accertare che lo stesso abbia posto in essere un “concreto comportamento colposo”.

Pertanto, il Comune non potrà ritenersi responsabile semplicemente sulla base del fatto che si tratta dell’ente cui è affidato il compito “di controllo e gestione del fenomeno del randagismo”, dovendo il danneggiato dimostrare che il Comune non ha tenuto la condotta obbligatoria ed esigibile dall’ente stesso.

In sostanza, il Comune potrà ritenersi responsabile solo laddove il danneggiato riesca a dimostrare che, nel caso concreto, “la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno era (…) possibile ed esigibile, e che l’omissione di esse sia derivata da un comportamento colposo dell’ente preposto (ad esempio perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante quest’ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura)”.


Ebbene, nel caso in esame, secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado si era limitato ad affermare che “il Comune aveva l’obbligo di vigilare sul territorio” e che “i testimoni avevano riferito di avere notato il cane “nella zona” nei giorni precedenti”, ma non aveva accertato che “vi fossero state specifiche segnalazioni al comune in relazione alla presenza dell’animale nel territorio comunale, di modo che quest’ultimo potesse richiedere l’intervento del servizio di cattura da parte della ASL”.


Di conseguenza, secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado non aveva correttamente applicato l’art. 2043 cod. civ., “essendo stata affermata la responsabilità del Comune senza l’accertamento di una sua specifica condotta colposa omissiva in rapporto di causalità con l’evento dannoso”.

Ciò considerato, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto dal Comune, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa al Tribunale di Lecce, affinchè il medesimo decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.


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