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Cosa succede se mi trovano in possesso di un cellulare rubato?

Cosa succede se mi trovano in possesso di un cellulare rubato?
Secondo la Cassazione, se il soggetto in questione non è in grado di spiegare da dove proviene il telefono, questi può essere accusato del reato di ricettazione.
Cosa succede se veniamo trovati in possesso di un cellulare rubato?

La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 20193 del 27 aprile 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Pescara aveva assolto un imputato per il reato di “ricettazione” (art. 648 cod. pen.) di un telefono cellulare che era risultato rubato, in quanto i Giudici non ritenevano che fosse stata adeguatamente provata l’effettiva disponibilità, da parte dell’imputato, del telefono stesso.

La sentenza di assoluzione veniva confermata anche dalla Corte d’appello di L’Aquila, con la conseguenza che il Procuratore Generale aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, ritenendo l’assoluzione ingiusta.

La Corte di Cassazione riteneva, in effetti, di dover dar ragione al Procuratore Generale, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Osservava la Cassazione, in particolare, che, nel caso in esame, la Corte d’appello aveva assolto l’imputato in quanto, pur avendo ritenuto provato che l’imputato aveva inserito la propria scheda telefonica nel telefono oggetto di furto, era rimasta sfornita di prova la “circostanza essenziale” che l’imputato fosse consapevole della provenienza illecita del telefono, che era stato rubato circa cinque giorni prima che egli lo utilizzasse.

Ebbene, la Corte di Cassazione riteneva che fosse, tuttavia, da tenere in considerazione il fatto che l’imputato non era stato in grado di indicare chiaramente la provenienza del telefono in questione e tale circostanza rappresentava sicuramente un indizio della volontà dell’imputato di nascondere la provenienza stessa, “logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede”,

Precisava la Cassazione, in proposito, che la stessa Corte di Cassazione, con diverse precedenti sentenze (tra cui, la n. 13599 del 2012 e la n. 29198 del 2010), ha evidenziato che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova “può essere raggiunta anche sulla base dell'omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta”, che costituisce prova della conoscenza dell'illecita provenienza della cosa stessa, “in quanto sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede”.

L’effettiva commissione del reato, nel caso di specie, era, peraltro, resa ancora più evidente dal fatto che il furto del cellulare oggetto di ricettazione era avvenuto appena 5 giorni prima che l’imputato inserisse la propria scheda personale.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, era “assolutamente ragionevole” ritenere che l’imputato potesse necessariamente avere “ricordi ‘vivi’ in ordine all'acquisto di esso”.

Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte di Cassazione riteneva che la Corte d’appello avesse errato nell’assolvere l’imputato e, dunque, accoglieva il ricorso proposto dal Procuratore Generale, annullando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, tenendo conto dei principi sopra enunciati.


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