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Contratto atipico di mantenimento: le precisazioni della Corte di Cassazione

Contratto atipico di mantenimento: le precisazioni della Corte di Cassazione
E' valido il contratto di mantenimento del genitore, in cambio dell'abitazione dello stesso. Ma solo se il genitore non è moribondo, poichè è necessaria la presenza della c.d. alea.
Contratto atipico di mantenimento (art. 1861 del c.c.): su questo argomento la Corte di Cassazione si è espressa, recentemente, con sentenza n. 23895 del 23/11/2016.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, i nipoti della nonna deceduta avevano agito in giudizio nei confronti dei cugini, al fine di veder dichiarato nullo il contratto di rendita stipulato alcuni anni prima dai convenuti stessi, con il quale la nonna aveva ceduto ai cugini la nuda proprietà di un immobile, in cambio dell’assunzione, da parte dei medesimi, dell’obbligo di “assistere e mantenere vita natural durante la cedente, col prestarle vitto, alloggio, vestiario, cure mediche, assistenza e quant’altro risultasse necessario ed utile per una vita decorosa della stessa”.

Secondo gli attori, infatti, la nonna, al momento della stipula, si trovava in stato di incapacità di intendere e volere, per infermità di mente; inoltre, la nonna era gravemente malata, con la conseguenza che mancava l’elemento della cosiddetta “alea, vale a dire l’incertezza in ordine alla durata della vita del beneficiario delle prestazioni di assistenza.

Il Tribunale, pronunciandosi in primo grado, rigettava la domanda degli attori, ma la Corte d’appello riformava tale decisione, dichiarando la nullità del contratto di mantenimento stipulato e disponendo che l’immobile fosse compreso nel patrimonio ereditario della nonna.

La Corte d’appello, in particolare, motivava la propria decisione sul fatto che la donna, all’epoca del contratto “aveva raggiunto la considerevole età di 91 anni“, e le sue “condizioni di salute erano precarie“, per cui la “previsione di vita ulteriore non era così incerta (tant‘è che la stessa morì dopo soli tre anni)“.

I cugini, ritenendo la sentenza ingiusta, provvedevano a proporre ricorso per Cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 del c.c. (intenzione dei contraenti), dell'art. 1872 del c.c. (modi di costituzione della rendita vitalizia) e dell'art. 2697 del c.c. (onere della prova).

La Corte di Cassazione riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dai ricorrenti, accogliendo il relativo ricorso.

Evidenziava la Cassazione, innanzitutto, come “il cosiddetto contratto atipico di mantenimento (o di vitalizio alimentare o assistenziale), quale quello oggetto di lite (…) , è essenzialmente caratterizzato dall’aleatorietà, la cui individuazione postula effettivamente la comparazione delle prestazioni sulla base di dati omogenei – ovvero la capitalizzazione della rendita reale del bene – capitale trasferito e la capitalizzazione delle rendite e delle utilità periodiche dovute nel complesso dal vitaliziante -, secondo un giudizio di presumibile equivalenza o di palese sproporzione da impostarsi con riferimento al momento di conclusione del contratto ed al grado ed ai limiti di obiettiva incertezza, sussistenti a detta epoca, in ordine alla durata della vita ed alle esigenze assistenziali del vitaliziato”.

Secondo la Cassazione, in particolare, era vero che l’età e lo stato di salute del beneficiario possono far escludere l’elemento dell’alea, con conseguente nullità del contratto.

Tuttavia, nella pronuncia della Corte d’appello, non emergevauna reale comparazione tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dai vitalizianti (dipendenti non soltanto dalla sopravvivenza della beneficiaria, ma anche dalle sue condizioni di salute) ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio, comparazione da effettuare con riguardo al momento della conclusione del contratto”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, la decisione della Corte d’appello, di dichiarare nullo il contratto di vitalizio, non poteva considerarsi adeguatamente motivata.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, rinviando la causa alla Corte d’appello, affinchè la medesima decidesse nuovamente sulla questione, in base ai principi sopra enunciati.


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