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Rivelare pubblicamente particolari piccanti è reato di diffamazione?

Rivelare pubblicamente particolari piccanti è reato di diffamazione?
Rilevare pubblicamente fatti personali offensivi del decoro e dell'onore di una persona costituisce reato di diffamazione.
La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 50058 del 24 novembre 2016, si è pronunciata in ordine al reato di diffamazione ex art. 595 del c.p..

Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Tribunale di Pistoia, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa dal Giudice di Pace, aveva condannato l'imputato per tale reato, oltre al risarcimento dei danni subiti dalla persona offesa, costituitasi parte civile nel procedimento penale.

Secondo il Tribunale, infatti, l’imputato “con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, comunicando con più persone”, aveva offeso l’onore ed il decoro della persona offesa, “affermando che la stessa, durante un rapporto sessuale con il dott. A. nella propria abitazione, sarebbe rimasta attaccata con lo stesso”.

Ritenendo la sentenza ingiusta, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, in quanto, con riferimento al fatto contestato, “non vi sarebbe la certezza dell’identificazione del ricorrente nella persona che ebbe a pronunziare le frasi lesive, in quanto l’unico teste escusso, M.S., era un teste de relato, avendo dichiarato – come dal verbale dell’esame di detto teste allegato integralmente al ricorso – di aver appreso dal barista il nome della persona che aveva pronunciato la frase e che lui non conosceva, così come non conosceva neanche il nome del barista e delle altre persone presenti nel bar”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva tale motivo di impugnazione infondato, rigettando il relativo ricorso.

La Corte di Cassazione evidenziava come, effettivamente, il testimone sentito durante il procedimento avesse dichiarato, “di aver appreso dal barista del circolo P. il nome della persona, D.B.A., che aveva pronunciato la frase di cui al capo di imputazione, specificando che detta persona era da lui conosciuta in quanto cliente del medesimo circolo, aggiungendo che la vicenda era stata riferita in presenza di altre tre persone; il teste aveva specificato, altresì, che egli non conosceva né il nome del soggetto che aveva riferito l’accaduto, avendolo appreso dal barista, né il nome di quest’ultimo, né il nome delle altre persone presenti”.

Tuttavia, nonostante il testimone non conoscesse il nome del soggetto che aveva riferito della vicenda indicata al capo d’imputazione, il fatto storico della narrazione non era contestato, ed esso corrispondeva alla medesima frase riferita da un altro teste sentito sull’argomento.

In proposito, la Cassazione evidenziava, altresì, come “le dichiarazioni de relato sono utilizzabili ove nessuna delle parti si sia avvalsa del diritto di chiedere che sia chiamato a deporre il teste di riferimento, essendo l’ipotesi di inutilizzabilità circoscritta, per legge, solo al caso in cui il giudice abbia omesso la citazione dei testimoni diretti, nonostante l’espressa richiesta di parte”.

Di conseguenza, il ricorso andava rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


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