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Comunicazione falsi dati del conducente. Scatta il reato penale

Comunicazione falsi dati del conducente. Scatta il reato penale
Come noto, nel momento in cui ci viene comminata una multa per un’infrazione che comporti anche la decurtazione di alcuni punti della patente, ci viene richiesto di spedire al Comando di Polizia un modulo contenente la dichiarazione con cui si indichino i dati anagrafici del conducente.

Ebbene, cosa succede se, allo scopo di evitare che ci vengano tolti i punti della patente, invece di indicare i nostri dati anagrafici, indichiamo quelli di un’altra persona?

La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 19527 dell’11 maggio 2016, si è trovata ad esaminare proprio un caso di questo tipo, fornendo alcune interessanti indicazioni in proposito.

Nel caso esaminato dalla Corte, il Tribunale aveva condannato alla pena della reclusione di sei mesi, un soggetto che aveva tenuto questo tipo di condotta: in particolare, il soggetto in questione era stato ritenuto colpevole del reato di “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”, di cui all’art. 495 codice penale, per aver “strumentalmente” indicato “nel proprio interesse, al fine di evitare la decurtazione dei punti sulla patente, ovvero l’applicazione di una sanzione pecuniaria per l’omessa comunicazione” un soggetto estraneo quale conducente della propria autovettura.

Il conducente, quindi, proponeva appello, “lamentando l’omessa declaratoria della falsità del documento indicato nell’imputazione”, “atteso che ai sensi dell’ art. 537/1 e 4 c.p. con la sentenza, sia essa di condanna o di proscioglimento, la falsità di un atto o di un documento accertata è dichiarata nel dispositivo”.

In altri termini, secondo il condannato, la sentenza di condanna era illegittima, in quanto il giudice non aveva dichiarato la falsità del documento con cui si era indicato un altro soggetto come conducente del veicolo al momento dell’infrazione.

Ebbene, nel caso di specie, la Cassazione ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dal condannato, dal momento che, effettivamente, il giudice “non ha dichiarato la falsità dei modulo trasmesso alla polizia di Stato di Campobasso di “comunicazione dati del conducente oggetto del reato”, ma procede altresì a dichiarare la falsità del modulo inviato dal conducente in questione, che non era stata dichiarata dal Tribunale,.

A giustificazione di tale conclusione, la Corte di Cassazione richiama una sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, ai sensi della quale “la necessità dell’accertamento del fatto è inderogabilmente postulata, oltre che nell’ottica dell’applicazione di cause di non punibilità, tanto ai fini del controllo dell’esattezza della qualificazione giuridica - che si attua attraverso la verifica della corrispondenza del fatto accertato con la fattispecie legale - quanto ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie”.

Di conseguenza, secondo la Cassazione, nel caso di specie, “il giudice di merito risulta aver accertato il fatto, attraverso l’esclusione delle cause di non punibilità e verificato la corretta qualificazione giuridica di esso, sicchè la falsità dei predetto modulo, non dichiarata nella sentenza oggetto di ricorso, può e deve essere dichiarata in questa sede

Quindi attenzione a voler “fare i furbi” indicando, nel modulo da inviare alla Polizia, un soggetto estraneo quale conducente della propria auto, a cui è stata comminata la sanzione che comporta la decurtazione dei punti della patente, in quanto questo tipo di comportamento costituisce reato e, in particolare, il reato di “falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”, previsto e disciplinato dall’art. 495 c.p., il quale commina la pena della reclusione da uno a sei anni a “Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”.


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