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Cessazione della convivenza: no alla restituzione delle somme pagate da uno solo dei conviventi se proporzionate alle sue condizioni economiche

Famiglia - -
Cessazione della convivenza: no alla restituzione delle somme pagate da uno solo dei conviventi se proporzionate alle sue condizioni economiche

Il Tribunale di Milano (sentenza 22 ottobre 2015 n. 11850) è recentemente intervenuto su un argomento particolarmente delicato in tema di convivenza, rappresentato dalla possibilità o meno di ottenere la restituzione delle somme che uno dei conviventi abbia sborsato nel corso della convivenza.

In proposito, va osservato che la disciplina delle unioni di fatto ricalca, quanto a questo aspetto di natura patrimoniale, quella prevista in caso di unione coniugale.
Nel caso di specie, l’attore aveva agito in giudizio al fine di ottenere il rimborso del 50% delle somme versate a titolo di canoni di locazione interamente pagati, nonché della quota di competenza dell’altro coniuge relativa alle spese di ristrutturazione dell’immobile.

In particolare, il Giudice giunge alla conclusione di ritenere infondata la domanda, motivando la propria decisione sulla base dell’orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui “le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale. Ne consegue che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente “more uxorio” effettuate nel corso del rapporto …configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 del c.c., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza,… tali dazioni non hanno valenza indennitaria, ma sono espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo” (Cass. civ., sentenza n. 1277 del 2014).

In sintesi, questo significa che, poiché la convivenza è del tutto simile al matrimonio, il convivente ha l’obbligo di contribuire alle spese della famiglia in proporzione a quelle che sono le sue condizioni economiche, senza possibilità di chiedere la restituzione delle somme pagate solo perché la convivenza è, in un momento successivo, cessata.

Osserva il Tribunale di Milano, infatti, come la contribuzione alle spese famigliari da parte dei conviventi fosse proporzionata alle rispettive condizioni economiche, con la conseguenza che tale contribuzione costituiva un “adempimento dei doveri sociali e morali nei confronti dell’altro, espressione della solidarietà fra persone unite da un legame intenso e duraturo”, con la conseguenza che “deve escludersi il diritto del convivente alla ripetizione delle attribuzioni patrimoniali a favore del convivente more uxorio effettuate nel corso del rapporto configurando l’adempimento di una obbligazione naturale”.

Del tutto irrilevante, infine, secondo l’orientamento espresso dal Giudice, è il fatto che il contratto di locazione dell’immobile in cui le parti hanno convissuto, sia stato stipulato da entrambi gli ex partners, dal momento che questa scrittura privata non vale in alcun modo a regolare i rapporti patrimoniali interni tra i due soggetti, ma si limita a sancire la responsabilità solidale dei conduttori per quanto riguarda gli obblighi nascenti dal contratto medesimo (si parla, in particolare, di “responsabilità solidale” quando, due soggetti sono debitori nei confronti di uno stesso creditore e il creditore può chiedere l’intero pagamento indifferentemente ad uno o all’altro dei debitori stessi. Il debitore che paga, poi, avrà diritto di rivolgersi all’altro per ottenere il rimborso del 50% di quanto sborsato).

Nemmeno può ritenersi, infine, secondo il Tribunale di Milano, che i pagamenti effettuati da uno solo degli ex conviventi abbiano determinato un ingiustificato arricchimento dell’altro, in quanto gli stessi risulterebbero, comunque, compensati dalle spese sostenute dall’altro (che, nel caso all’esame del Tribunale, si era fatto carico in via esclusiva delle spese relative al vitto della famiglia e alle utenze domestiche).
In proposito, precisa il giudice come sia “possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza” (Cass. civ. sentenza n. 11330 del 2009).

In conclusione, il Tribunale di Milano decide di escludere il diritto del convivente alla restituzione delle somme pagate, “avendo entrambi i conviventi, contribuito in misura adeguata e sostanzialmente proporzionale alla conduzione della famiglia, ciascuno facendosi carico di spese diverse e senza che alcuno di essi avesse avanzato richieste patrimoniali nei confronti dell’altro in corso di rapporto” e ciò in quanto “deve intendersi che il contributo di ciascuno costituisce adempimento dei doveri sociali e morali nei confronti dell’altro, espressione della solidarietà fra persone unite da un legame intenso e duraturo”.


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