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Anche se la moglie ha un carattere "dispotico e mortificante" ciò non basta per addebitarle la separazione

Famiglia - -
Anche se la moglie ha un carattere "dispotico e mortificante" ciò non basta per addebitarle la separazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19194 del 28 settembre 2015 è tornata sul sempre tanto discusso tema dell’addebito della separazione.

Va osservato, che in sede di separazione personale, il coniuge può chiedere che la separazione venga “addebitata” all’altro coniuge, nel caso in cui debba ricondursi a quest’ultimo la causa del fallimento del matrimonio.

In particolare, l’addebito potrà essere pronunciato quando il coniuge, venendo meno ai fondamentali doveri che derivano dal matrimonio, fissati dall’art. 143 codice civile, abbia dato causa alla separazione.

E’ opportuno precisare, che ai fini della pronuncia dell’addebito non è sufficiente una semplice violazione dei doveri coniugali, essendo necessario che tale violazione abbia rappresentato la vera e propria causa della fine del matrimonio.

La pronuncia con addebito non è priva di conseguenze, anzi: se al coniuge viene addebitata la separazione, infatti, allo stesso non potrà essere riconosciuto il diritto a percepire un assegno mensile a titolo di contributo nel proprio mantenimento, a prescindere dalle sue condizioni economico-patrimoniali.

Nel caso esaminato dalla Corte, nell’ordinanza sopra citata, la moglie aveva chiesto la separazione personale dal marito, con addebito della stessa a carico di quest’ultimo.

Il marito, tuttavia, nel difendersi, chiedeva esattamente l’opposto, vale a dire l’addebito della separazione alla moglie, “al cui carattere dispotico e mortificante” sarebbe stato da addebitare il fallimento della vita coniugale.

Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte non ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dal marito, non ritenendo tale aspetto caratteriale motivo sufficiente per la pronuncia di addebito della separazione.

In particolare, la Cassazione conferma la sentenza resa nei precedenti gradi di giudizio, la quale aveva escluso l’addebito nei confronti di entrambi i coniugi, negando, pertanto, che la responsabilità fosse da attribuire all’uno o all’altro coniuge.

Tuttavia, la Corte ritiene, comunque, che il marito abbia diritto a vedersi ridotto l’importo dell’assegno di mantenimento che i giudici dei precedenti gradi di giudizio avevano posto a suo carico, in quanto egli si era rifatto una nuova vita con una nuova compagna, dalla quale aveva avuto un altro figlio.

Di conseguenza, poiché il giudice, nel valutare l’importo dell’assegno di mantenimento, deve tenere in considerazione la complessiva situazione economico-reddituale dei coniugi, la Cassazione ritiene che sia necessario anche tenere in considerazion gli ulteriori “oneri e responsabilità” che sono derivati al merito a seguito della nascita del figlio.

In conclusione, la Corte rigetta la richiesta del marito di addebitare la separazione alla moglie, così come non ritiene di poterla addebitare al marito.
Inoltre, poiché il marito aveva avuto un figlio dalla nuova compagna, la Corte ritiene opportuno ridurre l’importo dell’assegno di mantenimento dovuto nei confronti dell’ex moglie, in considerazione dei maggiori oneri e responsabilità che la nascita di un figlio inevitabilmente comporta.


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