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Aggressione da parte di un cane a guinzaglio

Aggressione da parte di un cane a guinzaglio
Il padrone è responsabile se il cane azzanna un passante anche se l'animale era al guinzaglio.
Il Tribunale di Trento, con la sentenza n. 465 del 2 maggio 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni in materia di responsabilità per i danni causati da animali domestici.

In particolare, se il nostro cane è al guinzaglio, siamo comunque responsabili se esso aggredisce e morsica un passante?

Nel caso esaminato dal Tribunale, una donna aveva agito in giudizio nei confronti di un altro soggetto, esponendo di essere stata improvvisamente aggredita, mentre passeggiava tranquillamente per strada, da un cane di grossa taglia, di proprietà del convenuto, che lo conduceva con un lungo guinzaglio e senza museruola.

L’attrice subiva una profonda ferita alla mano sinistra, tanto che le venivano applicati trenta punti di sutura e che il consulente tecnico rilevava che “le lesioni subite le avevano comportato danni permanenti dell’integrità psicofisica quantificabili in misura del 30%, oltre un’inabilità temporanea di durata 112 giorni”.

A seguito del sinistro, dunque, la donna decideva di rivolgersi al Tribunale, chiedendo il risarcimento dei danni subiti, quantificati in Euro 179.912,00.

Il padrone del cane si costituiva in giudizio, contestando la domanda dell’attrice e chiedendone il rigetto. In via subordinata, inoltre, il convenuto chiedeva che il giudice accertasse che il fatto si era verificato anche per colpa dell’attrice stessa, con la conseguenza che il risarcimento avrebbe dovuto essere proporzionalmente ridotto, ai sensi dell’art. 1227, 1 co., codice civile.

In particolare il convenuto, evidenziava di aver tenuto il cane con un guinzaglio di circa un metro e mezzo e che, quando aveva visto l’attrice, “le era andato incontro per salutarla” e “quando si erano trovati a breve distanza l’uno dall’altra, l’attrice, con una mossa repentina, aveva avvicinato la mano al muso dell’animale, che, evidentemente spaventato da tale gesto inconsulto, l’aveva azzannata”.

Pertanto, secondo il convenuto, “l’incidente si era verificato per un comportamento imprevedibile e imprudente dell’attrice”.

Il Tribunale riteneva di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla vittima del sinistro, ritenendola fondata.

Secondo il Tribunale, infatti, doveva ritenersi accertata “l’effettiva verificazione dell’incidente oggetto di causa nelle circostanze di tempo (verso le ore 13,00 del 29 marzo 2013) e di luogo (località Passo del Tonale nell’ambito del territorio del Comune di Vermiglio) indicate in citazione”.

Inoltre, il giudice riteneva che la pretesa risarcitoria fosse pienamente fondata, dal momento che il convenuto aveva “espressamente ammesso che era lui a tenere a guinzaglio il cane”.

Il Tribunale, peraltro, evidenziava che, per quanto riguardava le modalità di verificazione dell’aggressione, occorreva far riferimento alla testimonianza resa dal convivente della vittima, il quale aveva riferito che, all’uscita di un bar, aveva visto “sull’altro lato della strada il convenuto con il cane”, aggiungendo che “dopo aver fatto un cenno di saluto da lontano (…), il suo cane improvvisamente attraversò la strada e aggredì la (…) compagna afferrandole la mano sinistra”.

Il teste precisava di aver provato a mandare via il cane a pedate, riuscendo con qualche difficoltà a fargli mollare la presa.

Tale testimonianza, peraltro, risultava confermata anche da quella resa da un altro teste, il quale aveva “parimenti riferito di aver assistito all’incidente perché verificatosi nei pressi del suo bar”.

Secondo il giudice, tali deposizioni “riscontrandosi reciprocamente e non risultando contraddette da alcun oggettivo elemento di prova di segno contrario consentono di ritenere sostanzialmente provata l’effettiva verificazione dell’incidente per cui si procede nei termini prospettati in citazione”.

Di conseguenza, il Tribunale giungeva a ritenere che “l’animale azzannò la mano sinistra della Bi. senza che prima costei avesse tenuto una qualche imprudente condotta ex se idonea a provocarne l’accertato impeto aggressivo, che pertanto, non risulta imputabile all’attrice, né in tutto (dovendosi senz’altro escludere che il comportamento della Bi., si come descritto dai testi,sia stato tale da assorbire l’intero rapporto causale con il danno), e neppure soltanto in parte ex art. 1227, 1 co., c.c. (non avendo ella compiuto alcun gesto avventato e imprudente)”.

In altri termini, secondo il giudice doveva escludersi un qualsiasi concorso di colpa del danneggiato nella causazione del sinistro, dovendosi l’evento lesivo ricondursi all’esclusiva responsabilità del padrone del cane, “sia ai sensi dell’art. 2052 c.c., in ragione dell’incontestata relazione d’uso con il cane (…), sia comunque perché nella circostanza il Da., avendo la custodia del cane e, quindi, essendo nelle condizioni di esercitare sullo stesso un effettivo potere di governo, era tenuto ad attivarsi per evitare danni a terzi e, invece, stando a quanto si desume dal testimoniale assunto in udienza, non adottò alcuna particolare precauzione, come dedotto in citazione dall’attrice che, quindi, in parte qua ha implicitamente evocato anche la violazione dell’art. 2043 c.c.”.

Secondo il Tribunale, dunque, il convenuto doveva ritenersi responsabile anche ai sensi dell’art. 2043 c.c., in quanto “l’animale era privo di museruola e condotto con una corda lunga 3-4 metri, verosimilmente non adatta alle caratteristiche fisiche e all’indole dello stesso, e dall’altro che il Da. non fu neppure in grado di governarlo, contenendone per tempo e in modo efficace l’impulso aggressivo, tant’è che il cane sfuggì al suo controllo”.

Per quanto riguarda la quantificazione del danno subito dall’attrice, il Tribunale, in applicazione delle Tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, liquidava il danno per invalidità permanente nella somma di Euro 81.039,00, corrispondente all’importo riferibile alle invalidità del 23%, valore medio fra quelli (22% e 24%) indicati dal consulente tecnico, “avuto riguardo all’età dell’infortunata (56 anni) al momento del fatto”.

Secondo il Tribunale, invece, non vi era ragione “di procedere a un ulteriore aumento personalizzato del detto importo, non ravvisandosi nel caso di specie la ricorrenza di peculiarità relative ad aspetti anatomo–relazionali e/o ad aspetti di sofferenza soggettiva in grado di giustificarlo”.

Quanto, infine all’inabilità temporanea dell’attrice, il Tribunale, sempre in applicazione delle Tabelle di Milano, riteneva congruo “liquidare, in conformità alla richiesta formulata da parte attrice in sede di conclusioni, la complessiva somma di Euro 9.072,00”.

In conclusione, dunque, il danno non patrimoniale subito dall’attrice veniva quantificato nella somma complessiva di Euro 90.111, mentre il danno patrimoniale, corrispondente alle spese mediche ritenute giustificate dal consulente tecnico, veniva liquidato in Euro 1.046,00.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale condannava il convenuto al pagamento della somma complessiva di Euro 91.157,00 in favore dell’attrice, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.


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