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Articolo 101 Legge fallimentare

(R.D. 16 marzo 1942, n. 267)

[Aggiornato al 01/01/2023]

Domande tardive di crediti

Dispositivo dell'art. 101 Legge fallimentare

(1) Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, trasmesse al curatore (2) oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive (3); in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest'ultimo termine fino a diciotto mesi.

Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all'articolo 95. Il giudice delegato fissa per l'esame delle domande tardive un'udienza ogni quattro mesi [110], salvo che sussistano motivi d'urgenza (4). Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della data dell'udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99.

Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme già distribuite nei limiti di quanto stabilito nell'articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene sino all'accertamento del diritto.

Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.

Note

(1) Articolo così sostituito dal d.lgs. 5/2006.
(2) Il D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con legge 17 dicembre 2012, n. 221 ha sostituito le parole "depositate in cancelleria" con "trasmesse al curatore". Oggi, infatti, ogni domanda di ammissione al passivo (anche tempestiva) va indirizzata al curatore.
(3) Per poter essere ammesse come tardive, deve trattarsi di domande nuove rispetto a quelle già presentate ed escluse, sia sotto il profilo del petitum che della causa petendi.
Quanto al termine introdotto dalla riforma del 2006, si osserva che oggi la domanda di ammissione tardiva deve essere proposta entro 12 mesi, prorogabili fino a 18, dal deposito del decreto di esecutività, mentre in precedenza poteva essere proposta fino all'esaurimento delle operazioni di riparto.
(4) Comma così modificato con d.lgs. 169/2007.
La cadenza prevista dall'articolo (quattro mesi) può essere modificata dal giudice delegato se vi sono motivi di urgenza, di solito legati all'imminenza di un riparto.

Rel. ill. riforma fall. 2007

(Relazione Illustrativa al decreto legislativo 12 Settembre 2007, n. 169)

6 L’articolo 6 del decreto legislativo, reca disposizioni correttive del Titolo II, Capo V della legge fallimentare.
Il comma 5 inserisce nell’articolo 101, secondo comma, del r.d. un nuovo periodo dopo il primo ("Il giudice delegato fissa per l’esame delle domande tardive un’udienza ogni quattro mesi, salvo che sussistano motivi d’urgenza") allo scopo di meglio disciplinare l’esame delle domande tardive. La cadenza quadrimestrale è in parallelo con quella, pure quadrimestrale, stabilita per i riparti parziali dall’art. 110, primo comma.

Massime relative all'art. 101 Legge fallimentare

Cass. civ. n. 4792/2012

L'ammissione tardiva al passivo del credito comporta solo il rischio di parziale incapienza, con la conseguenza che è legittimo il provvedimento del giudice delegato che disponga l'inserimento immediato nello stato passivo di una domanda di ammissione tardiva, alla stessa maniera di quelle tempestive; infatti, la fissazione di una nuova adunanza, pur in mancanza di particolari ragioni ostative alla decisione nell'adunanza già fissata, contrasterebbe con l'obbiettivo del sollecito espletamento delle operazioni di verifica dei crediti perseguito dalla legge.

Cass. civ. n. 4554/2012

L'ammissione tardiva al passivo fallimentare relativamente agli interessi già maturati alla data del fallimento non è preclusa in conseguenza della già avvenuta richiesta ed ammissione dello stesso credito per il solo capitale; infatti il credito degli interessi, per quanto accessorio sul piano genetico a quello del capitale, è un credito autonomo, azionabile separatamente, anche successivamente al credito principale già riconosciuto con decisione passata in giudicato.

Cass. civ. n. 4310/2012

Ai fini dell'ammissibilità della domanda tardiva di ammissione del credito ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 101 legge fall. (cd. supertardiva), il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall'art. 92 legge fall., integra la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore; peraltro, il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell'inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell'avviso predetto.

Cass. civ. n. 20910/2011

Per far valere il credito tributario nei confronti del fallimento l'Amministrazione finanziaria o l'esattore debbono presentare l'istanza di insinuazione tardiva nel termine annuale previsto dall'art. 101 legge fall., senza che i diversi e più lunghi termini per la formazione dei ruoli e per l'emissione delle cartelle, ai sensi dell'art. 25 del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, possano di per sé costituire ragioni di scusabilità del ritardo la quale va, invece, valutata - in caso di presentazione ultra annuale dell'istanza rispetto alla data di esecutività dello stato passivo - in relazione ai tempi strettamente necessari all'Amministrazione finanziaria per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo. (Nella specie, è stato cassato il decreto con il quale il tribunale, adito con opposizione allo stato passivo dall'esattore, il cui credito era stato escluso dal giudice delegato in ragione della tardività dell'istanza di ammissione, proposta oltre l'anno, aveva ritenuto scusabile il ritardo, essendo stati consegnati i ruoli, formati a seguito di controllo della dichiarazione fiscale, quando l'anno per l'insinuazione tardiva era ormai scaduto).

Cass. civ. n. 12855/2010

L'estinzione del procedimento di insinuazione tardiva del credito, per effetto della mancata o non tempestiva costituzione del creditore, non preclude, di per sè, la possibilità di far valere successivamente, anche nell'ambito della stessa procedura concorsuale, mediante riproposizione dell'istanza di insinuazione, il diritto sostanziale dedotto, in applicazione della regola, stabilita dall'art. 310, primo comma, c.p.c., secondo cui, in via di principio, l'estinzione del processo non incide sui diritti sostanziali fatti valere in giudizio e sul diritto di riproporli in altro giudizio, rispondendo tale soluzione al principio di autonomia dell'azione rispetto al processo, applicabile anche alla fase, speciale e sommaria ma di natura giurisdizionale, destinata a concludersi con decreto. Invero non può essere estesa in via analogica all'insinuazione tardiva la decadenza dall'azione (in conseguenza dell'"abbandono" della domanda ai sensi dell'art. 98, terzo comma, della legge fall.), la quale si verifica solo per l'opposizione a stato passivo in considerazione della sua natura - estranea all'insinuazione tardiva - di rimedio impugnatorio soggetto al rispetto di termini perentori, senza che assumano rilievo eventuali esigenze di speditezza e celerità, poichè la pendenza dell'insinuazione tardiva non impedisce la chiusura della procedura concorsuale, nè ha effetto in ordine agli accantonamenti previsti dall'art. 113 della legge fall..

Cass. civ. n. 9623/2010

La domanda di rivendicazione di somme già acquisite ad un fallimento deve essere proposta nelle forme previste dagli artt. 93 e segg. o 101 della legge fall., in quanto il relativo procedimento è l'unico idoneo ad assicurare il principio della concorsualità anche nella fase di cognizione, implicando la necessaria partecipazione ed il contraddittorio di tutti i creditori. Ne consegue che se il creditore che pretende d'essere soddisfatto in prededuzione non si sia avvalso dei mezzi apprestati per l'accertamento del passivo, ma, a fronte della contestazione in ordine alla prededucibilità del credito, abbia attivato il procedimento camerale endofallimentare con l'istanza al giudice delegato ed abbia poi reclamato al tribunale il provvedimento negativo emesso al riguardo, il procedimento tutto è affetto da radicale nullità, che il giudice di legittimità (investito del ricorso ex art. 111 Cost. contro il decreto di rigetto del tribunale) è tenuto pregiudizialmente a rilevare d'ufficio, cassando senza rinvio, poiché la domanda non poteva essere proposta con l'originaria istanza diretta al giudice delegato (attivato nell'ambito dei suoi poteri ex art. 25 legge fall.), ma la controversia doveva essere promossa nelle forme di cui agli artt. 93 o 101 della legge fall. (Fattispecie relativa alla richiesta di restituzione di somma versata sul conto corrente intestato al fallito dopo l'apertura del fallimento).

Cass. civ. n. 22013/2007

La domanda avente ad oggetto la prededucibilità di un credito può essere dedotta per la prima volta con lo strumento dell'insinuazione tardiva al passivo, laddove i necessari presupposti fattuali siano maturati solo successivamente al decreto con cui il giudice delegato ha dichiarato esecutivo lo stato passivo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito che aveva ritenuto inammissibile la questione del grado del credito, affermato in prededuzione ai sensi dell'art. 101 legge fall., in quanto tale qualità era sorta in conseguenza dell'esercizio da parte del curatore, della facoltà di subentro nel contratto di locazione finanziaria in corso, esercizio comunicato al creditore solo dopo l'adunanza di verifica dello stato passivo; la preclusione del giudicato interno non è di ostacolo all'esercizio da parte del curatore della facoltà di subentro nel contratto e quindi essa neppure può essere invocata per negare l'accertamento di un diritto del creditore, che sul quel medesimo atto trovi il prospettato fondamento).

Cass. civ. n. 1743/2006

In tema di fallimento, la controversia derivante dalla dichiarazione tardiva di credito — atteso il carattere tassativo delle cause per le quali non vale la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, disposta dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 — è soggetta a tale sospensione. Peraltro, la sospensione dei termini processuali non si applica nell'ipotesi in cui la dichiarazione tardiva di credito abbia ad oggetto una controversia «di lavoro» che — nonostante debba essere trattata secondo il rito fallimentare — ricade nella eccezione alla regola, in ragione dell'esigenza di speditezza con la quale tale controversia deve essere trattata.

Cass. civ. n. 19628/2004

L'estinzione del procedimento di insinuazione tardiva del credito, per effetto della mancata o non tempestiva costituzione del creditore, non preclude, di per sè, la possibilità di far valere successivamente, anche nell'ambito della stessa procedura concorsuale, mediante riproposizione dell'istanza di insinuazione, il diritto sostanziale dedotto, in applicazione della regola, stabilita dall'art. 310, primo comma, c.p.c., secondo cui, in via di principio, l'estinzione del processo non incide sui diritti sostanziali fatti valere in giudizio e sul diritto di riproporli in altro giudizio. Invero non può essere estesa in via analogica all'insinuazione tardiva la decadenza dall'azione (in conseguenza dell'“abbandono” della domanda ai sensi dell'art. 98, terzo comma, legge fall.), la quale si verifica solo per l'opposizione a stato passivo in considerazione della sua natura — estranea all'insinuazione tardiva — di rimedio impugnatorio soggetto al rispetto di termini perentori.

Cass. civ. n. 9692/2002

Il decreto con il quale il giudice delegato, a fronte dell'opposizione del curatore, in luogo di provvedere alla istruzione della causa e rimettere la decisione al collegio, direttamente escluda, in tutto o in parte, il credito oggetto della domanda d'insinuazione tardiva al passivo della procedura fallimentare o comunque neghi il rango privilegiato prospettato, è atto radicalmente inesistente, in quanto emesso da un giudice privo di poteri decisori, e pertanto insuscettibile di produrre effetti giuridici; ne consegue che il giudice dinanzi al quale esso venga impugnato con uno dei mezzi previsti dal codice di rito non può pronuciare nel merito nè rimettere le parti dinanzi al primo giudice, ma deve limitarsi a dichiarare l'inesistenza del provvedimento impugnato, restituendo le parti nella situazione in cui esse si trovavano prima della pronuncia del provvedimento dichiarato inesistente.

Cass. civ. n. 6543/2001

L'ammissione al passivo fallimentare di una parte del credito, rappresentato sin dall'origine da una pluralità di cambiali di identico importo, ma con diverse scadenze mensili, preclude l'ammissibilità della insinuazione tardiva del restante credito sulla base delle ulteriori cambiali non azionate in sede di insinuazione ordinaria, ancorché le cambiali rappresentative del credito siano delle cambiali ipotecarie, sia assistito da ipoteca soltanto il credito cartolare e il creditore (primo prenditore dei titoli) abbia fatto espressa riserva di azione per il residuo, senza che la temporanea indisponibilità dei titoli possa ritenersi impedimento giuridico o di fatto all'esercizio dell'azione causale nel procedimento fallimentare (da ritenersi «virtualmente dedotta in giudizio fra soggetti che cumulano la veste di parti del rapporto cartolare e di quello sottostante).

Cass. civ. n. 55/2000

Il decreto con il quale il giudice delegato, in sede di dichiarazione tardiva di crediti, in presenza di contestazioni parziali del curatore non accettate dal creditore istante, abbia ammesso solo in parte (eventualmente anche con semplice riguardo al “rango”) il credito azionato, ha natura sostanziale di sentenza, ed, essendo intervenuto quando ormai il procedimento di verificazione si è, in ragione delle contestazioni del curatore, automaticamente trasformato (art. 101, comma terzo, seconda parte, della legge fallimentare), in un procedimento ordinario di cognizione, è impugnabile solo con l'appello e non con ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111, comma secondo, della Costituzione.

Cass. civ. n. 11096/1998

In tema di ammissione al passivo fallimentare, alla richiesta del creditore, che abbia presentato domanda di insinuazione tardiva, di partecipare a precedenti piani di riparto consegue, in caso di contestazione del curatore, la trasformazione del rito da fallimentare in contenzioso ordinario, senza che risulti necessario, all'uopo, alcuna ulteriore e specifica domanda del creditore procedente.

Cass. civ. n. 9616/1998

La rinunzia da parte del creditore alla domanda di insinuazione tardiva al passivo fallimentare comporta l'estinzione del relativo procedimento e la non riproponibilità dell'istanza, in virtù della previsione in cui all'art. 98 L. fall. (secondo il quale l'opposizione allo stato passivo si reputa abbandonata in caso di mancata costituzione del creditore), norma richiamata dall'art. 101 L. fall., giacché, tenuto conto della finalità perseguita dal legislatore con la suddetta previsione (assicurare speditezza alla procedura concorsuale eliminando incertezze e ritardi, connessi alla condotta «inattiva» della parte), devono ritenersi equiparabili, quoad effectum, la mancata costituzione e la rinunzia agli atti del giudizio.

Cass. civ. n. 8575/1998

L'art. 101 legge fallimentare nel prevedere che i creditori possono chiedere l'ammissione al passivo fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, pone solo un limite cronologico all'esercizio di tale diritto potestativo (limite logicamente giustificato in considerazione dell'interesse alla domanda, non configurabile con riguardo ad un attivo inesistente), ma non riconosce al creditore l'ulteriore diritto a non vedersi pregiudicato il futuro soddisfacimento del credito, nelle more dell'ammissione, dall'attuazione della ripartizione; ne consegue che la domanda di insinuazione tardiva di un credito non comporta una preclusione per gli organi della procedura al compimento di ulteriori attività processuali, ivi compresa la chiusura del fallimento per l'integrale soddisfacimento dei creditori ammessi o per l'esaurimento dell'attivo, né comporta un obbligo per il curatore di accantonamento di una parte dell'attivo a garanzia del creditore tardivamente insinuatosi, atteso che tale evenienza non è considerata tra le ipotesi di accantonamento previste dall'art. 113 legge fallimentare, la cui previsione è da ritenersi tassativa in quanto derogante i principi generali che reggono il processo fallimentare e perciò insuscettibile di applicazione analogica.

Cass. civ. n. 6469/1998

Il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di un credito concorsuale già ammesso al passivo in seno ad una procedura fallimentare non dispensa il nuovo creditore dall'onere di presentare domanda di insinuazione ex art. 101 L. fall., a prescindere dalla causa del subingresso (cessione di credito ovvero surrogazione ex lege in favore del terzo che abbia eseguito il pagamento), poiché la definitiva ammissione al passivo fallimentare, risultando finalizzata alla realizzazione del concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, postula una valutazione del credito non nella sua astratta oggettività, ma riferita ad un ben determinato soggetto, la cui concreta individuazione non è irrilevante per il debitore che, in caso di errore, è esposto al rischio della mancata liberazione dall'obbligazione.

Cass. civ. n. 758/1997

La disposizione di cui all'art. 101 secondo comma della legge fallimentare, la quale prevede che nel procedimento instaurato con la richiesta di ammissione tardiva del credito possono intervenire gli altri creditori, preclude, tanto nella fase cosiddetta amministrativa di tale procedimento (destinata a concludersi con un decreto di ammissione del credito, ove non sorgano contestazioni) quanto nella eventuale fase contenziosa (aperta a seguito delle contestazioni del credito da parte del curatore e disciplinata come un normale giudizio, secondo il codice di rito) l'intervento, sia principale che adesivo, di soggetti diversi dai creditori del fallito che intendano far valere un loro interesse, giustificandosi la peculiarità della disciplina con la specialità della materia fallimentare e non configurandosi, in relazione al provvedimento di ammissione dei crediti, dotato di efficacia solo endofallimentare, alcuna possibilità di lesione di diritti dei terzi, sempre tutelabili in autonomo giudizio.

Cass. civ. n. 938/1980

Gli atti processuali, pur essendo volontari nel loro compimento, spiegano i loro effetti secondo modalità che a ciascun tipo la legge riconnette, senza che sia normalmente ammissibile una divergenza della manifestazione rispetto all'intenzione dell'agente; sono, pertanto, dichiarazioni tardive di crediti, disciplinate dall'art. 101 legge fallimentare, tutte le istanze di ammissione proposte dopo il decreto di esecutività dello stato passivo, senza che rilevi il diverso convincimento o la diversa volontà della parte in relazione alla supposta ignoranza dell'intervenuta emissione del decreto di esecutività dello stato passivo.

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