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Articolo 9 Costituzione

[Aggiornato al 22/10/2023]

Dispositivo dell'art. 9 Costituzione

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica [33-34]. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione (1).

Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali(2).

Note

(1) L'articolo in esame costituisce la sede di alcuni beni e valori costituzionalmente rilevanti che interessano e definiscono il rapporto fra uomo e natura. A questa norma si è spesso richiamata la Corte costituzionale [v. 134] per costituzionalizzare il valore dell'ambiente, da intendersi come bene primario e valore assoluto cui si ricollegano interessi non solo naturalistici e sanitari, ma anche culturali, educativi e ricreativi. La nozione di ambiente consente di qualificare in termini unitari discipline settoriali quali la gestione dei rifiuti, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche, la difesa del suolo, la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera, gli strumenti rivolti alla tutela degli equilibri ecologici quali la valutazione di impatto ambientale o il risarcimento del danno ambientale. In questa accezione la tutela dell'ambiente trova esplicito riferimento nell'art. 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Il paesaggio identifica il cd. ambiente visibile, vale a dire gli aspetti del rapporto fra uomo e natura che si estrinsecano nella forma del territorio. Infine, i beni culturali, che compongono il patrimonio storico e artistico nazionale, sono tutti quei beni mobili e immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.
(2) Tale comma, introdotto dall'art. 1, comma 1, della L. Cost. 11 febbraio 2022, n. 1, è entrato in vigore il 09/03/2022.

Spiegazione dell'art. 9 Costituzione

La Carta Costituzionale contiene, all'interno dei primi dodici articoli, i principi fondamentali dell'ordinamento repubblicano.

A differenza di altre Costituzioni straniere, il Costituente ha preferito inserire tali principi direttamente nel testo della Carta fondamentale, senza cioè relegarli in un preambolo separato, al fine di evitare qualsiasi dubbio sull'ampiezza della propria efficacia e sulla immediata applicabilità.

Così facendo, i principi non fungono solamente da criteri guida cui i poteri pubblici devono conformarsi, ma altresì come norme che vincolano l'interprete.
La norma costituzionale in esame sancisce il principio culturale ed ambientalista cui lo Stato deve tendere. Essa è posta in simbiosi con l'art. 117, che attribuisce alle Regioni la promozione, l'organizzazione delle attività culturali e la ricerca scientifica e tecnologica.

La Costituzione proclama l'assoluta libertà della cultura, in tutte le forme in cui si esprime, e l'autonomia delle strutture che alla promozione della stessa o alla ricerca scientifica e tecnica si dedicano. L'intervento dei pubblici poteri non può intaccare la libertà di chi fa cultura o ricerca, anche perché solo salvaguardando tale libertà è possibile indirizzare il progresso spirituale del Paese verso la promozione dell'uomo, così come richiesto dal principio personalistico che permea l'intera Costituzione. L'attività di ricerca, d'altra parte, è indispensabile per rinnovare i contenuti dell'insegnamento [v. 34], favorire l'elevazione professionale dei lavoratori e assicurare una sempre più adeguata sicurezza sociale [v. 32] e sul lavoro [v. 35]. L'intervento promozionale della Repubblica deve sempre ricercare un equilibrio costituzionalmente compatibile con la libertà della cultura e della ricerca, evitando che queste ultime siano soggette a direttive e imposizioni del potere politico o si sviluppino del tutto sganciate dal contesto della società e dei suoi problemi.

Troviamo nella norma due principi fondamentali:

  • la tutela del paesaggio e dei beni culturali ed ambientali, grazie ai quali la Repubblica si deve attivare per permetterne lo sviluppo e la promozione. Soprattutto, per quanto concerne il paesaggio, è stato sostenuto che la tutela consiste nella regolazione cosciente degli interventi, nella direzione della costruzione del paesaggio, nella scelta fra i diversi interessi e le diverse possibilità di uso e di destinazione (PREDIERI). I beni culturali devono invece non solo essere preservati, ma anche valorizzati, consentendone la massima fruibilità da parte dei consociati. Anche per quanto riguarda l'ambiente, la promozione da parte dello Stato non si ferma al mero riconoscimento del valore intrinseco dei beni ambientali, ma si prevede anche la valorizzazione degli aspetti educativi e culturali in merito;

  • la promozione e lo sviluppo della cultura e della ricerca, attraverso la valorizzazione il progresso culturale, scientifico e tecnico del Paese, salvaguardando in ogni caso la libertà dell'arte e della scienza.

Massime relative all'art. 9 Costituzione

Corte cost. n. 170/2021

La decisione ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in via principale nei confronti della norma di una legge regionale sarda (art. 1, l.r. Sardegna n.17/2020) che ha prorogato disposizioni regionali derogatorie in materia di governo del territorio e di pianificazione paesaggistica. Più precisamente, le questioni rigettate si incentravano sulla previsione di una deroga alla pianificazione paesaggistica e all’obbligo di pianificazione congiunta, censurata in riferimento all’art. 3 dello Statuto speciale e agli artt. 9, 117, secondo comma, lettera s), e 120 Cost. A giustificarne la segnalazione è ciò che la Corte osserva con riguardo a un profilo processuale, vale a dire al modo in cui deve essere motivata l'impugnazione di una norma che disponga la proroga di una disciplina derogatoria, come quella in esame. Nel caso di specie, essa rimprovera allo Stato ricorrente di non aver ricostruito il quadro normativo (con riferimento al legame fra la disciplina derogatoria originaria, prorogata, e la norma prorogante) come sarebbe stato invece necessario a questo scopo: di qui la pronuncia di inammissibilità.

Le osservazioni al riguardo sono contenute nella sezione 5 del Considerato in diritto. Qui, dopo aver ribatito che, secondo la sua costante giuriprudenza, «l’esigenza di un’adeguata motivazione a fondamento dell’impugnazione si pone in termini ancora più rigorosi nei giudizi proposti in via principale rispetto a quelli instaurati in via incidentale» (come affermato in particolare nella sentenza n. 20 del 2021), la Corte illustra le ragioni per le quali ritiene che il ricorrente non abbia ottemperato al conseguente «onere [...] di suffragare le ragioni del dedotto contrasto [fra la norma impugnata e i parametri costituzionali di cui denuncia la violazione] con una argomentazione non meramente assertiva, sufficientemente chiara e completa».
Nel dettaglio, «l’impugnazione concerne una disposizione che proroga, facendo seguito ad altre proroghe, la vigenza di precedenti disposizioni», ma «la difesa statale si limita a passare in rassegna la successione delle proroghe delle previsioni a partire dalla legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, fino a quella sancita dalla normativa impugnata». Tuttavia, soltanto «la disamina del contenuto delle disposizioni prorogate [...] avrebbe potuto dimostrare l’eventuale conflitto con la pianificazione paesaggistica», mentre «il mero richiamo all’elemento temporale non è sufficiente a illustrare il senso e il fondamento delle censure».
Ciò dipende dal fatto che la disposizione di proroga «rivela il suo contenuto precettivo nell’interazione con le previsioni cui si raccorda, nel differirne il termine di vigenza»: sicché «una considerazione dell’ultima modificazione, avulsa dalla complessa trama normativa in cui si colloca, non consente di far luce sui profili di illegittimità costituzionale di una disciplina che, nell’avvicendarsi delle proroghe, si presenta unitaria e inscindibile».
La lesione della sfera di competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente, «che il ricorrente riconnette al mero perdurare di una disciplina transitoria [...] deve essere valutata con riguardo alla normativa originaria, di volta in volta prorogata, e non può essere esclusa soltanto sulla base della sua temporaneità»: in altri termini, «si può ravvisare un carattere lesivo della proroga, con riguardo alle attribuzioni legislative dello Stato, solo se tale carattere sia insito anche nella disposizione differita nel suo termine iniziale di efficacia».
In ragione del fatto che «sul contenuto delle disposizioni oggetto di proroga, che si saldano a quelle impugnate, il ricorrente non offre, invece, ragguagli di sorta e si limita a evidenziare che si tratta di una disciplina derogatoria, dapprima applicabile per un arco temporale limitato» e altresì in ragione dell’ulteriore considerazione per cui un’accurata ricostruzione del quadro normativo sarebbe stata ancor più necessaria alla luce tanto del carattere eterogeneo delle previsioni prorogate, contraddistinte da molteplici e dettagliati presupposti applicativi, quanto del susseguirsi di interventi legislativi che ne hanno via via mutato il contenuto», si giustifica la pronuncia di inammissibilità dell’impugnazione per il difetto di un’adeguata motivazione del ricorso.

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