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Articolo 726 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio

Dispositivo dell'art. 726 Codice Penale

Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza(1) è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000(2)(3)(4).

Note

(1) Per pubblica decenza si tratta, secondo la giurisprudenza, di un insieme di regole etico-sociali, che tutelano la società dai comportamenti disapprovevoli in senso generale, non dunque solo quelli definibili osceni.
(2) Il d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 ha depenalizzato il reato in commento.
(3) La Corte Costituzionale, con sentenza 9 marzo - 14 aprile 2022, n. 95 ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 726 del codice penale, come sostituito dall'art. 2, comma 6, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67), nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa pecuniaria «da euro 5.000 a euro 10.000» anziché «da euro 51 a euro 309»".
(4) La Corte Costituzionale, con sentenza 9 marzo - 14 aprile 2022, n. 95 ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 726 del codice penale, come sostituito dall'art. 2, comma 6, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67), nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa pecuniaria «da euro 5.000 a euro 10.000» anziché «da euro 51 a euro 309»".

Ratio Legis

La disposizione in esame trova la propria ratio nell'esigenza di garantire il rispetto delle regole civili, sottese alla società organizzata.

Spiegazione dell'art. 726 Codice Penale

Il bene giuridico oggetto di tutela è la pubblica decenza, intesa come rispetto delle regole sociali che impongono una certa continenza nell'esprimere il proprio pensiero.


La condotta incriminata consiste nel compiere atti che, per le loro caratteristiche, possono offendere la pubblica decenza. La fattispecie relativa al turpiloquio è stata abrogata dall'art. 18 L. 205/1999.

Elemento necessario ai fini della configurabilità di tale reato è la commissione degli atti contrari alla pubblica decenza in un luogo pubblico o aperto al pubblico.

Il concetto di decenza è generico ed attiene a quell'insieme di norme che impongono, in aderenza al comune sentimento, di astenersi dal compiere atti che offendono i principi della costumatezza, della pudicità e della morale, o che sono capaci di destare sentimenti di ripugnanza. Espresso in tal senso, il concetto di decenza è più ampio di quello di pudore, che attiene precipuamente alla sfera sessuale.

Classico esempio è la nudità integrale di una persona, la quale può costituire un comportamento naturalmente inverecondo.

La differenza rispetto al delitto di cui all'art. 527 (atti osceni in luogo pubblico) va individuato nel contenuto più specifico degli atti osceni, i quali richiamano la verecondia sessuale (autoerotismo in pubblico ecc.).

Massime relative all'art. 726 Codice Penale

Cass. pen. n. 16477/2017

La distinzione tra gli atti osceni e gli atti contrari alla pubblica decenza va individuata nel fatto che i primi offendono, in modo intenso e grave, il pudore sessuale, suscitando nell'osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici, mentre i secondi ledono il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione.

Cass. pen. n. 39860/2014

Ai fini della integrazione del reato di cui all'art. 726 cod. pen. non è sufficiente che l'agente indossi un abbigliamento trasgressivo e spinto per arrecare offesa alla pubblica decenza, occorrendo invece che lo stesso accompagni all'uso di tali forme di vestiario comportamenti idonei ad offendere concretamente il bene giuridico tutelato, in modo da suscitare nell'uomo medio del tempo presente e in relazione al contesto spazio-temporale della condotta, un senso di riprovazione, disgusto o disagio. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la configurabilità del reato nella condotta delle imputate che, verosimilmente per esercitare il meretricio, sostavano sulla pubblica strada ricoperte da un abbigliamento succinto in modo da consentire ai passanti la visione dei glutei parzialmente scoperti).

Cass. pen. n. 23234/2012

Integra il reato di atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 cod. pen.) il comportamento di colui che, completamente nudo ed immobile, si trovi a dormire all'interno di un'autovettura al fianco di una donna semisvestita, poiché, pur senza compiere gesti attinenti alla sfera sessuale, ha un atteggiamento comunque idoneo ad offendere il comune sentimento di costumatezza e compostezza.

Cass. pen. n. 40012/2011

Ai fini della configurabilità del reato di atti contrari alla pubblica decenza non è richiesto che gli stessi siano effettivamente percepiti da terzi, essendo sufficiente la mera possibilità della loro percezione.

Cass. pen. n. 23083/2011

Integra il reato di atti contrari alla pubblica decenza l'esibizione dei glutei scoperti ai passanti in luogo di pubblico transito.

Cass. pen. n. 31407/2006

Poiché la pubblica decenza va commisurata secondo un criterio storico-sociologico al sentimento comune dell'uomo medio e non alla particolare sensibilità di un singolo, la nudità integrale in luoghi pubblici o aperti al pubblico, al di fuori della particolare situazione dei campi di nudisti, integra comunque gli estremi del reato di cui all'art. 726 c.p., non rilevando che il denunciante abbia dichiarato di non aver provato disgusto.

Cass. pen. n. 26388/2004

Il criterio di distinzione tra il reato di atti osceni e quello di atti contrari alla pubblica decenza va individuato nel contenuto più specifico del delitto di atti osceni che si richiama alla verecondia sessuale, rispetto al contenuto del reato di cui all'art. 726 c.p. che invece sanziona la violazione dell'obbligo di astenersi da quei comportamenti che possano offendere il sentimento collettivo della costumatezza e della compostezza. (Nella fattispecie la Corte ha qualificato atti contrari alla pubblica decenza il palpeggiamento dei genitali davanti ad altri soggetti in quanto appariva manifestazione di scostumatezza e di scompostezza più che concupiscenza e dimostrazione di libido).

Cass. pen. n. 41735/2001

La esibizione degli organi genitali maschili integra il reato di atti osceni, di cui all'art. 527 c.p., e non quello di atti contrari alla pubblica decenza, di cui all'art. 726 stesso codice, stante la inequivoca attinenza di tale gesto, allorché sia intenzionale, alla sfera sessuale. (Nell'occasione la Corte ha altresì affermato che al fine della configurabilità del reato de quo non è necessario il turbamento subito da chi sia stato destinatario del gesto, non essendo tale elemento ricompreso nella fattispecie tipica del citato art. 527 c.p.).

Cass. pen. n. 3557/2000

Vanno qualificati come atti contrari alla pubblica decenza quelli che, a differenza degli atti osceni, non toccano la sfera degli interessi sessuali ma ledono semplicemente le regole etico sociali attinenti al normale riserbo ed alla elementare costumatezza, sì da produrre, se non anche disgusto, quanto meno disagio, fastidio e riprovazione, avuto riguardo ai comuni parametri di valutazione, rapportati allo specifico contesto ed alle particolari modalità di ogni fatto. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha ritenuto che fosse da qualificare come contrario alla pubblica decenza il comportamento di un soggetto il quale, su una spiaggia non appartata ed in presenza di altre persone, si era completamente denudato, con esposizione, quindi, degli organi genitali, atteso che una tale esposizione non poteva essere assimilata a quella del seno nudo femminile, entrata ormai da vari lustri nel novero dei comportamenti comunemente accettati).

Cass. pen. n. 10657/1997

Il toccamento di parti intime del corpo (nella specie: seni e glutei), sia pure al di sopra degli abiti, sono caratteristiche espressioni di concupiscenza su minori (non ancora pervenuti alla maturità sessuale e dunque non in grado di autodeterminarsi) che, se realizzate in luogo aperto al pubblico, integrano il profilo soggettivo e subiettivo (oltre al reato di atti di libidine violenti ravvisato nella specie) del reato di atti osceni, di cui all'art. 527 c.p., in quanto offendono il pudore secondo il comune sentimento dell'uomo normale, intendendosi per tale l'individuo che, avendo raggiunto la maturità sul piano etico, è alieno dalla fobia e dalla mania per il sesso, anche se accetta il fenomeno sessuale come dato fondamentale della persona umana. Né può trattarsi del reato di atti contrari alla pubblica decenza, di cui all'art. 726 c.p., che ha ad oggetto regole etico-sociali relative al normale riserbo e alla elementare costumatezza, essendo la condotta sopra descritta offensiva della verecondia sessuale e quindi non più soltanto indecente, ma oscena.

Cass. pen. n. 8959/1997

Ai fini della distinzione tra i reati di cui agli artt. 527 e 726 c.p. le nozioni di osceno e di pudore non sono riferite ad un concetto considerato in sè, ma al contesto ed alle modalità in cui gli atti o gli oggetti sono compiuti o esposti ... Il criterio discretivo va individuato nel contenuto più specifico del delitto di «atti osceni», che si richiama alla «verecondia sessuale», rispetto a quel complesso di regole etico-sociali, che impongono a ciascuno di astenersi da tutto quanto possa offendere il sentimento collettivo della più elementare costumatezza. Ne consegue che il nudo integrale - considerando il sentimento medio della comunità ed i valori della coscienza sociale e le reazioni dell'uomo medio normale - assume differenti valenze. Può essere incluso nella speciale causa di esclusione dell'oscenità (art. 529 c.p.) - come ad esempio per le lezioni di educazione sessuale o per le opere cinematografiche o teatrali - ovvero essere espressione della libertà individuale o derivare da convinzioni salutiste o da un costume particolarmente disinibito. Esso, se praticato in una spiaggia appartata, frequentata da soli naturisti, è penalmente irrilevante; mentre non è tale in una località balneare affollata da soggetti variamente abbigliati. In particolare, l'esibizione degli organi genitali (diversamente da quella del seno nudo, che non integra più alcuna ipotesi di reato) - al di fuori delle eccezioni ricordate - configura il delitto di atti osceni, poiché mira al soddisfacimento della «libido». (Nella specie trattavasi di soggetto, che si era denudato in uno scompartimento ferroviario. Il pretore aveva ravvisato la contravvenzione di cui all'art. 726. La Corte ha annullato la sentenza, affermando il suddetto principio).

Cass. pen. n. 9685/1996

Ai fini della determinazione delle categorie dell'osceno e degli atti contrari alla pubblica decenza, il giudice deve adottare, quali parametri di valutazione del modificarsi dei costumi sull'intero territorio nazionale, mode (costumi generalizzati ed accettati) e mass-media (televisione, radio e giornali quali «fabbrica» e «specchio del comune sentire», del generale stato di accettazione del mutamento di costume, della tolleranza nel pluralismo); parametri non variabili nello spazio, ma, pur tuttavia, il giudice medesimo deve prendere approfonditamente in considerazione le diverse, concrete circostanze (la vicenda concreta, il luogo in cui l'atto si manifesta). (Nella specie, relativamente ad annullamento senza rinvio, perché il fatto non sussiste, di sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 726 c.p., l'imputata, avvocato, si era presentata nell'androne del carcere indossando una succinta minigonna).

Cass. pen. n. 2194/1987

La forza preclusiva del principio ne bis in idem, di cui all'art. 90 c.p.p., non opera nel caso in cui il fatto sul quale si è formato il giudicato, pur essendo unico come entità di ordine materiale, importi la violazione di diverse disposizioni di legge. Infatti, dovendosi in tal caso applicare le norme sul concorso formale di reati, lo stesso fatto può essere riesaminato sotto il profilo della violazione di legge rimasta estranea al giudicato già formatosi. (Nella specie, relativa ad ostentati toccamenti dei genitali in luogo pubblico rivolti specificamente all'indirizzo della querelante, la Suprema Corte ha ritenuto che legittimamente, emesso decreto penale passato in cosa giudicata per il reato di atti contrari alla pubblica decenza, si era poi proceduto per il reato di ingiurie).

Cass. pen. n. 3254/1986

Sono atti contrari alla pubblica decenza tutti quegli atti che, in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocano in questi ultimi disgusto e disapprovazione, come l'orinare in luogo pubblico. Né la norma dell'art. 726 c.p. esige che l'atto abbia effettivamente offeso in qualcuno la pubblica decenza e neppure che sia stato percepito da alcuno, quanto si sia verificata la condizione di luogo, cioè la possibilità che qualcuno potesse percepire l'atto.

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M. C. chiede
sabato 05/08/2023
“Buongiorno, Le vorrei porre un quesito. Volevo sapere se in una determinata situazione si è configurato qualche tipo di illecito.
Una sera in un locale adibito a bowling e sala giochi per bambini (quindi dove vi era presente una buona parte di minori) vi era in una pista da bowling un adulto vestito con t-shirt e pantaloni lunghi senza cintura. Quando tirava la boccia, quindi nel movimento di piegarsi, i pantaloni scendevano un po’ e si vedeva la parte superiore delle mutande. In talune situazioni forse anche la primissima parte del fondoschiena, oltre che la t-shirt era attillata e al movimento si alzava e faceva vedere una parte di pancia.

Questo comportamento di questo adulto maschio senza cintura e che a tali movimenti per lanciare la palla succedeva quello descritto in precedenza si configura come atti osceni, indecenza o altro di questo genere ? Per il resto non si denotava nulla nel comportamento di osceno perché era con altre persone a divertirsi senza infastidire nessuno.

Grazie”
Consulenza legale i 24/08/2023
Gentile utente,
per verificare se la condotta da Lei descritta possa o meno configurare un reato o altro illecito, conviene partire dal profilo oggettivo della vicenda: comportamento e luogo dei fatti.

Innanzitutto, è bene concentrarsi sul luogo ove il fatto si è realizzato. Si tratta di un locale adibito a bowling e sala giochi per bambini. Seguendo le indicazioni della Cassazione, tale locale deve qualificarsi come luogo aperto al pubblico: cioè, un luogo in cui tutti possono accedere a determinate condizioni poste da chi esercita un diritto sul luogo stesso (ad esempio, condizioni di tempo, con un orario di apertura e di chiusura).

Ciò detto, occorre soffermarsi sulla condotta dell’uomo: l’uomo, vestito con t-shirt attillata e pantaloni lunghi senza cintura, nel piegarsi per lanciare la palla da bowling, lasciava vedere la parte superiore delle mutande e, talvolta, la primissima parte del fondoschiena e una parte della pancia.

La condotta dell’uomo non può configurare un atto osceno ai sensi dell’art. 527 del c.p. (ormai, illecito depenalizzato, con rilevanza penale per la sola ipotesi di atti osceni in luoghi abitualmente frequentati da minori).
Infatti, l’atto osceno ha uno specifico contenuto riferibile alla sfera sessuale idoneo a determinare un’offesa al pudore sessuale (sentimento di riservatezza nei riflessi sessuali, sentimento di pudicizia rispetto a fatti che determinano un’irriguardosa mancanza di pudore), secondo il comune apprezzamento, suscitando sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici.
A ben vedere, la condotta del soggetto non si riferisce tipicamente alla sfera sessuale: essa non riguarda né organi sessuali del corpo, né comportamenti sessuali che, per costume e morale, tendono a svolgersi nell’intimità e nel riservo.

Inoltre, il comportamento dell’uomo non sembra essere riconducibile nemmeno alla diversa ipotesi di atto contrario alla pubblica decenza di cui all’art. 726 del c.p. (ormai, anch’esso illecito depenalizzato).
Per “pubblica decenza” si intende l’insieme di regole di natura etico-sociale che caratterizzano il costume di un popolo: in sintesi, è il sentimento collettivo di costumatezza, di pudicizia e di decoro. Dunque, l’atto contrario alla pubblica decenza è un atto che provoca nei consociati un senso di disgusto, disagio, disdegno o disapprovazione (Cass. pen., sez. III, sent. n. 15678 del 2010).

Secondo la Cassazione, considerando l’evoluzione del concetto di “pubblica decenza” nel corso del tempo (in correlazione al sentimento comune dell’uomo medio e agli orientamenti culturali e morali influenzati da altri fattori come i mezzi di divulgazione e di massa quali la stampa, la televisione, il cinema ed internet), alcuni comportamenti, che in passato erano ritenuti indecenti, oggi non lo sono più (Cass. pen., sent. n. 39860 del 2014; Cass. pen., Sez. III, sent. n. 31407 del 2006).

Per della Cassazione (Cass. pen., sent. n. 39860 del 2014; Cass. pen., n. 3127 del 2013), le sole caratteristiche dell’abbigliamento non sono sufficienti all’integrazione dell’ipotesi ex art. 726 del c.p.: cioè, non è sufficiente l’uso di taluni capi di abbigliamento (come, nel nostro caso, una t-shirt attillata e un pantalone senza cinta che lascia intravedere la parte superiore della mutanda).
La Cassazione precisa che l’illecito si realizza quando quell’abbigliamento è supportato da altri elementi rilevanti come condotte capaci di suscitare disgusto, disagio o riprovazione. Nel caso di specie, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità, il comportamento dell’uomo non è tale da poter suscitare disgusto, disagio o riprovazione. Infatti, la stessa Suprema Corte ha stabilito che non c’è atto contrario alla pubblica decenza nel caso di esibizione di parti anatomiche solo in parte scoperte: quindi, l’esibizione della primissima parte del fondoschiena e di parte della pancia non può ritenersi idonea a configurare illecito di cui si sta parlando.
Affinché la condotta assuma rilevanza ai sensi dell’art. 726 del c.p., è richiesto un qualcosa in più rispetto alla mera visione di parti anatomiche di un corpo: cioè, ulteriori comportamenti spropositati e non giustificati in un determinato contesto spazio temporale (Cass. pen., sez. III, sent. n. 3127 del 2013). Comportamenti che, nel caso di specie, sono assenti.

A ben vedere, il comportamento dell’uomo dovrebbe ritenersi più un atto sconveniente, inopportuno o comunque contrario al buon gusto. Tuttavia, si tratta di una condotta che, in una società pluralista e democratica, implica una mera riprovazione morale.

A completamento dell’analisi, deve anche farsi una precisazione sulla circostanza che la vicenda sia accaduta in un luogo frequentato anche da minori: a differenza del caso degli atti osceni in luogo pubblico ex art. 527 del c.p. (ove è ancora prevista la rilevanza penale della condotta se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori), l’ipotesi degli atti contrari alla pubblica decenza si configura comunque come un illecito depenalizzato (punito con sanzione amministrativa), anche se tali atti sono compiuti in un luogo abitualmente frequentato da minorenni.

In conclusione, tenuto conto delle circostanze di fatto come riportate e tenuto conto altresì di tutto quanto appena esposto, a parere di questa redazione, il comportamento dell’uomo non sembra configurarsi come reato di atto osceno in luogo pubblico frequentato da minori (comma 2 dell'art. 527 del c.p.), né sembra potersi qualificare come illecito di atto contrario alla pubblica decenza (art. 726 del c.p.), né appare presentare gli estremi di altra ipotesi di reato.