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Articolo 627 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Sottrazione di cose comuni

[ABROGATO]

Dispositivo dell'art. 627 Codice Penale

Articolo abrogato dal D.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7.

[Il comproprietario, socio o coerede che, per procurare a sé o ad altri un profitto, si impossessa della cosa comune, sottraendola a chi la detiene, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 20 a euro 206.

Non è punibile chi commette il fatto su cose fungibili, se il valore di esse non eccede la quota a lui spettante [649].]

Ratio Legis

Si trattava di furto avente ad oggetto cose comuni, secondo parte della dottrina inserito al fine di tutelare il diritto di comproprietà.

Spiegazione dell'art. 627 Codice Penale

Secondo l'opinione prevalente, si trattava di autonoma figura di reato, in quanto speciale rispetto al furto comune (art. 624) ed in quanto concettualmente distinta da esso e dotata di autonoma oggettività.

La distinzione rispetto al furto si basava essenzialmente sul particolare legame che lega la cosa al soggetto agente (comproprietario, socio o coerede che non siano in possesso della cosa) e sulla natura comune della cosa. Va inoltre precisato che oggetto del reato poteva essere solamente una cosa mobile, dato che le cose immobili non possano essere sottratte a chi le detiene.

Non era oltretutto punibile chi commetta il fatto su cose fungibili, se il valore di esse non eccedeva la quota spettante al soggetto attivo del delitto.

Massime relative all'art. 627 Codice Penale

Cass. pen. n. 23938/2006

La norma dell'art. 627 c.p. deve ritenersi applicabile a tutela della situazione di fatto qualificabile come possesso e\o detenzione che può coincidere con il diritto di proprietà, ma che prescinde dallo stesso, ed il codetentore è il soggetto passivo del reato, titolare del diritto di querela.

Cass. pen. n. 2954/1996

Ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione di cose comuni, l'indicazione del «socio» fra i soggetti attivi del reato, contenuta nel primo comma dell'art. 627 c.p., deve essere intesa come riferita esclusivamente ai soci delle società di persone, in relazione alle quali è configurabile la comproprietà dei beni conferiti, ma non può essere estesa a quelli delle società di capitali, che sono dotate di personalità giuridica e costituiscono soggetto giuridico del tutto distinto dalle persone dei singoli partecipanti.

Cass. pen. n. 4316/1996

Integra il delitto di appropriazione indebita, e non quello di sottrazione di cose comuni previsto dall'art. 627 c.p., la condotta di colui che faccia propria la cosa mobile di cui sia già possessore, pur se a titolo di compossesso pro indiviso: non è possibile, infatti, configurare una «sottrazione» da parte di chi si trovi attualmente, anche se solo pro quota, in possesso del bene. (In attuazione di detto principio la Corte ha ritenuto configurabile il delitto di cui all'art. 646 c.p. nell'impossessamento da parte di un condomino, attuato mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, dell'energia elettrica destinata all'alimentazione dell'impianto di illuminazione e degli altri apparecchi di proprietà comune, argomentando sul presupposto che tutti i partecipanti al condominio, compreso l'agente, dovevano reputarsi compossessori dell'energia elettrica somministrata dall'ente erogatore).

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Anonimo chiede
martedì 11/04/2017 - Lombardia
“Convivenza di 30 anni. Un solo C/C cointestato 2 immobili cointestati
Totale condivisione patrimoniale.
Senza minimo preavviso, tornando dall'ufficio trovo casa svuotata da oggetti di comune proprietà, dossier titoli cointestato venduto ed informativa che l'altra persona non avrebbe più abitato gli immobili da subito.
Da quel momento la mia vita si è ribaltata negativamente
Mi sono trasferita nell'immobile più piccolo ed allontanata di molto dal posto di lavoro.
Ho subito calunnie e minacce.
Ho compiuto scelte forzate ed obbligate con notevole danno economico e psico-fisico. Ho 60anni
Posso chiedere a diritto danni per violenza privata o altro?”
Consulenza legale i 20/04/2017
Le condotte descritte nel caso proposto sono ascrivibili al reato di sottrazione di cose comuni, disciplinato dall’art. 627.

Il primo problema da affrontare è la procedibilità a querela del delitto sopraccitato.
Entro tre mesi, ai sensi dell’art. art. 124 del c.p., dalla conoscenza del fatto, la persona offesa deve presentare querela, vale a dire un atto formale col quale si chiede all’autorità giudiziaria di procedere penalmente contro l’autore dei fatti contestati.

Dalla lettura del quesito, potrebbe peraltro ipotizzarsi anche un ulteriore condotta penalmente rilevante: il delitto di atti persecutori ex art. art. 612 bis del c.p., generalmente chiamato stalking.
Gli elementi essenziali di tale reato sono:
- violenza o minaccia;
- turbamento psicofisico della vittima;
- mutamento delle abitudini di vita della vittima.

Circa, invece, il delitto di violenza privata, di cui all’art. art. 610 del c.p. gli elementi offerti dal quesito non paiono sufficienti ad integrarlo. Per poter fornire una riposta più precisa, sarebbe in ogni caso necessario capire cosa si intende per “ho compiuto scelte forzate ed obbligate con notevole danno economico e psico-fisico” e, soprattutto, se l’autore dei fatti aveva la coscienza e volontà di cagionare questa costrizione.