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Articolo 618 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Rivelazione del contenuto di corrispondenza

Dispositivo dell'art. 618 Codice Penale

Chiunque, fuori dai casi preveduti dall'articolo 616(1), essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto di una corrispondenza [616] a lui non diretta, che doveva rimanere segreta(2), senza giusta causa(3) lo rivela, in tutto o in parte, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da euro 103 a euro 516.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Note

(1) La norma si pone in rapporto di sussidiarietà con l'art. 616, perseguendo quelle condotte che si realizzano con condotte differenti da quelle incriminate dalla sopracitata norma.
(2) La dottrina ha chiarito che ogni elemento che può dirsi parte della corrispondenza deve presentare i contenuti dell'attualità, ovvero della pertinenza al momento storico in cui avviene la comunicazione, e della personalità, intesa come la determinatezza dei destinatari.
(3) La disposizione in esame non chiarisce la nozione di giusta causa, che di conseguenza è rimandata al generico concetto di giustizia, quindi si tratta di un richiamo all'analisi che il giudice deve condurre con riguardo alla liceità sia sotto il profilo etico sia sotto quello sociale dei motivi che hanno condotto il soggetto ad compiere l'atto.

Ratio Legis

La disposizione è diretta a garantire la libertà e la segretezza do ogni tipo di comunicazione che si ritiene segreta, nel rispetto del disposto dell'art. 15 Cost.

Spiegazione dell'art. 618 Codice Penale

Il bene giuridico tutelato dal presente articolo è l'inviolabilità della corrispondenza.

La norma non ha in pratica mai trovato applicazione, richiedendosi non solo che il fatto non rientri nell'area applicativa di cui all'articolo 616, bensì anche che il soggetto agente abbia conosciuto abusivamente il contenuto di una corrispondenza altrui, e che dal fatto sia derivato un nocumento.

///SPIEGAZIONE ESTESA

La norma in esame punisce chi, dopo essere venuto abusivamente a conoscenza del contenuto della corrispondenza altrui, pur sapendo che essa avrebbe dovuto restare segreta, lo abbia, volontariamente, rivelato ad altri, in tutto o in parte, agendo senza giusta causa ed arrecando, così, un danno.

Come espressamente previsto dallo stesso art. 618 c.p., la fattispecie in esame ha carattere sussidiario, potendo trovare applicazione soltanto al di fuori dei casi previsti dall’art. 616 del c.p.

La condotta tipica consiste negli atti con cui l’agente venga a conoscenza del contenuto dell’altrui corrispondenza, la quale doveva rimanere segreta, ed, in seguito, lo riveli ad altri, in tutto o in parte, in assenza di una giusta causa.
Stante la clausola di sussidiarietà contenuta nella norma in esame, gli atti posti in essere dall’agente, per rilevare ai sensi dell’art. 618 c.p., devono essere diversi da quelli previsti dall’art. 616 del c.p., non dovendo, dunque, consistere nell’apertura o nella lettura di un’altrui corrispondenza chiusa. Ciò comporta, quindi, che, per potersi dire integrato il reato in esame, la corrispondenza deve essere letta, alternativamente, prima della sua chiusura e spedizione da parte del mittente, oppure dopo che il destinatario l’abbia già ricevuta ed aperta.

Con l’espressione “corrispondenza che doveva rimanere segreta”, il legislatore intende far riferimento alla corrispondenza che non doveva essere conosciuta da estranei, in ossequio ad una manifestazione di volontà, espressa o tacita, dell’avente diritto.
Le comunicazioni non qualificabili come “corrispondenza” non possono rilevare ai sensi della norma in esame.

Il mezzo impiegato dall’agente per venire a conoscenza del contenuto dell’altrui corrispondenza, oltre che diverso da quello previsto dall’art. 616 del c.p., deve anche essere abusivo, ossia illegittimo, pur essendo indifferente la sua natura. Ciò significa che, in assenza di un abuso da parte del soggetto attivo, il fatto non potrebbe rientrare nella figura criminosa ex art. 618 del c.p.
Qualora, poi, il mezzo utilizzato integri, di per sé, una fattispecie criminosa, si ha un concorso di reati.

L’evento tipico è rappresentato sia dalla presa di conoscenza, da parte di terzi, dell’altrui corrispondenza, sia dal danno che ne sia derivato, in conseguenza del fatto che la stessa avrebbe dovuto rimanere segreta. Il momento consumativo coincide, però, con il solo verificarsi dell’evento dannoso.

Non è possibile il tentativo.

Ai fini dell’integrazione della fattispecie in esame è sufficiente che sussista, in capo all’agente, il dolo generico, quale coscienza e volontà di prendere abusivamente conoscenza del contenuto dell’altrui corrispondenza, la quale avrebbe dovuto rimanere segreta, rivelandolo, poi, a terzi, nella consapevolezza di agire illegittimamente.
L’errore sull’altruità della corrispondenza, ricadendo su un elemento di fatto, ha effetto scusante.

///FINE SPIEGAZIONE ESTESA

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