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Articolo 372 Codice Penale

(R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Falsa testimonianza

Dispositivo dell'art. 372 Codice Penale

Chiunque(1), deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale(2) [244-245; c.p.p. 194-198, 468, 497-499], afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato(3), è punito con la reclusione da due a sei anni(4).

Note

(1) Si tratta di un reato proprio, ovvero può essere commesso solo da chi ricopre il ruolo di testimone sia in ambito civile sia penale.
(2) Il riferimento alla Corte penale internazionale è stato inserito dall'art. 10, comma 5 della l. 20 dicembre 2012, n. 237.
(3) La norma prevede tre diverse forme di manifestazione: l'affermazione del falso, la negazione del vero e la reticenza. A tal proposito si ricordi che la dottrina valuta la falsità in base a quanto conosciuto dal teste e non dunque alla verità storica od oggettiva (teoria del cd. vero soggettivo), mentre per reticenza s'intende la condotta omissiva del tacere fatti di cui si ha conoscenza.
(4) L'art. 384 bis, inserito dall'art. 17 della l. 5 ottobre 2001, n. 367 estende la punibilità della fattispecie in esame ai fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero.

Ratio Legis

La disposizione tutela il corretto funzionamento dell'attività giudiziaria, dal punto di vista della veridicità e della completezza della testimonianza.

Spiegazione dell'art. 372 Codice Penale

La disposizione rappresenta un'ipotesi di reato proprio, in quanto può essere commesso solamente a chi sia chiamato a deporre in veste di testimone innanzi all'autorità giudiziaria, con quest'ultima espressione intendendosi il giudice monocratico o collegiale, ordinario o speciale, nonché gli arbitri obbligatori.

Il bene giuridico oggetto di tutela è il corretto e normale funzionamento dell'attività giudiziaria, potenzialmente leso dalla mancanza di veridicità e completezza della deposizione.

La configurabilità del delitto è prevista anche in assenza di conseguenze dannose, integrandosi per il solo fatto di aver affermato il falso, negato il vero o taciuto (reato di mera condotta).

Ciò che rileva è il vero soggettivo, ovvero la congruenza tra quello che la persona dichiara e ciò che effettivamente è a sua conoscenza, non invece ciò che è accaduto nella realtà vera e propria. Assume inoltre penale rilevanza anche la mera falsità parziale, quando risulti falsa anche una sola fra le molteplici circostanze qualora, per l'unicità temporale delle dichiarazioni rese, queste possano essere considerate una condotta unica e siano tutte astrattamente idonee ad integrare la fattispecie di reato.

Data la natura di reato di pericolo, è sufficiente che la deposizione falsa abbia anche solo astrattamente potuto portare un contributo probatorio al processo.

La pluralità di reati di false dichiarazioni, secondo parte della giurisprudenza, si configura solamente qualora la condotta sia ripetuta in fasi processuali diverse, ricorrendo altrimenti unicità di reato.

Il delitto in oggetto è espressamente ricompreso tra quelli per i quali opera la causa di esclusione della punibilità ex art. 376, se la ritrattazione è effettuata prima della dichiarazione di chiusura del dibattimento nel processo penale o prima della sentenza definitiva nel processo civile.

Infine, per quanto riguarda la causa di non punibilità di cui all'art. 384, essa trova applicazione solo quando il testimone si avvalga della facoltà di non rispondere, mentre, se non se ne avvale e depone il falso, nega il vero o tace, risponderà del delitto in esame.

Massime relative all'art. 372 Codice Penale

Cass. pen. n. 21987/2023

In tema di falsa testimonianza, la causa di esclusione della punibilità, prevista per chi ha commesso il fatto per essere stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore, opera anche nelle ipotesi in cui il soggetto abbia reso mendaci dichiarazioni per evitare un'accusa penale nei suoi confronti, a condizione che tale timore attenga a un rapporto di derivazione del danno dal contenuto della deposizione rilevabile sulla base di un criterio di immediata ed inderogabile consequenzialità e non di semplice supposizione.

Cass. pen. n. 9059/2022

In tema di falsa testimonianza, non costituisce elemento sufficiente ad integrare la prova del reato il contrasto tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento e quelle rese in fase procedimentale, utilizzate per le contestazioni ex art. 500 cod. proc. pen., assumendo tale difformità rilevanza solo unitamente ad altri elementi idonei a riscontrare la veridicità delle prime dichiarazioni e la falsità di quelle successivamente rilasciate.

Cass. pen. n. 35631/2022

In tema di falsa testimonianza, eventuali cause di nullità o di inutilizzabilità della deposizione testimoniale non escludono la configurabilità del reato, a meno che non siano tali da far venire meno la stessa qualifica di testimone.

Cass. pen. n. 37649/2021

In tema di falsa testimonianza, la valutazione della pertinenza (da intendersi come riferibilità o afferenza dell'oggetto della testimonianza ai fatti che il processo è destinato ad accertare) e della rilevanza (che riguarda l'efficacia probatoria dei fatti dichiarati) della deposizione va effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato è consumato, ossia "ex ante" e non "ex post".

Cass. pen. n. 8206/2016

Risponde del delitto di falsa testimonianza il testimone c.d. assistito che rifiuta di sottoporsi al controesame.

Cass. pen. n. 20123/2015

Le dichiarazioni acquisite dal giudice in un procedimento cautelare civile hanno natura di testimonianza, sicché la loro falsità integra il delitto di cui all'art. 372 cod. pen., indipendentemente dall'assunzione, da parte del dichiarante, dell'obbligo di dire il vero con le formalità di cui all'art. 251 cod. proc. civ..

Cass. pen. n. 37482/2014

Per l'integrazione del delitto di falsa testimonianza è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà, comunque determinatasi nel teste, di rendere dichiarazioni in difformità da quanto da lui conosciuto e ricordato al momento della deposizione.

Cass. pen. n. 90/2014

In relazione al delitto di falsa testimonianza commesso dall'acquirente di modiche quantità di sostanza stupefacente per uso personale che, sentito come testimone in dibattimento sulle sommarie informazioni rese nel corso delle indagini preliminari, neghi di aver sottoscritto il relativo verbale, non è applicabile l'esimente di cui all'art. 384 c.p., in quanto la garanzia della non punibilità copre unicamente il contenuto dichiarativo idoneo a determinare un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore e non può estendersi al contenuto delle altre dichiarazioni riferite a dati di fatto obiettivi quali l'intervenuta sottoscrizione del verbale di sommarie informazioni. (In motivazione la Corte ha precisato che si connota di falsità la dichiarazione del testimone che neghi di aver sottoscritto il verbale di sommarie informazioni testimoniali, senza dedurne la contraffazione o la falsità ideologica, sicché tale verbale, a seguito di contestazioni, è utilizzabile per la prova dell'obiettivo fatto storico).

Cass. pen. n. 41572/2013

È configurabile il delitto di falsa testimonianza anche quando le dichiarazioni mendaci sono rese in risposta a domande dirette a sondare l'attendibilità del teste, poiché le stesse sono dotate dei caratteri della pertinenzialità, sia pur mediata, rispetto ai temi del processo e della rilevanza ai fini del giudizio.

Cass. pen. n. 4299/2013

Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza, la valutazione sulla pertinenza (da intendersi come riferibilità o afferenza dell'oggetto della testimonianza ai fatti che il processo è destinato ad accertare) e sulla rilevanza (che riguarda l'efficacia probatoria dei fatti dichiarati) della deposizione va effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato è consumato, ossia "ex ante" e non "ex post". (Nella specie, la S.C. ha affermato che detta valutazione va effettuata da parte del giudice sulla base di norme giuridiche e non anche mediante l'utilizzazione di massime di esperienza.

Cass. pen. n. 15200/2011

Nel delitto di falsa testimonianza il bene giuridico protetto è quello del normale svolgimento dell'attività giudiziaria, sicché il soggetto passivo del reato è soltanto lo Stato-collettività e non la persona che subisca eventuali danni risarcibili in sede civile. Ne consegue che il privato denunciante non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal P.M. e, successivamente, ricorso per cassazione avverso la declaratoria di inammissibilità dell'opposizione.

Cass. pen. n. 36538/2010

La reiterazione della stessa falsa testimonianza in fasi successive del medesimo procedimento integra un unico reato, il quale si consuma nel momento in cui viene resa la prima dichiarazione mendace.

Cass. pen. n. 17704/2010

Ai fini della legittimità del ricorso al meccanismo di recupero probatorio dell'art. 500, comma quarto, c.p.p., riferito alla dichiarazioni del testimone, ma applicabile anche a quelle dell'imputato di reato connesso o probatoriamente collegato, stante il rinvio contenuto nell'art. 210, commi quinto e sesto, stesso codice, non rileva la veste formale assegnata al dichiarante, ma solo la dimostrazione della condotta illecita su di lui esercitata per indurlo a tacere o a mentire, dimostrazione per la quale non è richiesta una prova al di là di ogni ragionevole dubbio, ma è sufficiente qualsiasi elemento sintomatico dell'intimidazione subita, purché connotato da precisione, obiettività e significatività. (Nella specie, la Corte ha ritenuto sufficienti alcune dichiarazioni di altri imputati relative al proposito, maturato in ambiente malavitoso, di indurre il dichiarante, imputato di reato connesso, alla ritrattazione, e l'assoluta inverosimiglianza del pretesto da quest'ultimo addotto a sua giustificazione - essere stato costretto a formulare ingiuste accuse da P.M. e carabinieri - per il quale aveva subito condanna per calunnia).

Cass. pen. n. 34595/2009

Non è invocabile l'esimente dello stato di necessità nell'ipotesi in cui l'imputato abbia reso una falsa testimonianza in presenza di un pericolo non incombente, ma solo genericamente temuto, di un danno grave alla persona. (Nel caso di specie, in cui i ricorrenti avevano falsamente dichiarato di non avere ricevuto richieste estorsive, la S.C. ha ritenuto non rilevante la circostanza per cui gli stessi in precedenza - circa sei anni prima - erano rimasti vittime di atti intimidatori)

Cass. pen. n. 26560/2008

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 372 c.p. non rileva l'omesso avvertimento al teste sospettato di falsità ai sensi dell'art. 207 c.p.p.

Cass. pen. n. 26559/2008

In tema di falsa testimonianza, ciò che rileva ai fini dell'integrazione del reato è che il testimone affermi il falso o neghi il vero, mentre è irrilevante il grado di influenza che la deposizione falsa ha esercitato in concreto sul procedimento.

Cass. pen. n. 7208/2008

Non integra il reato di falsa testimonianza la dichiarazione non veritiera resa da persona che non possa essere sentita come testimone o abbia facoltà di astenersi dal testimoniare, ma non ne sia stata avvertita, a nulla rilevando le finalità e i motivi che l'abbiano indotta a dichiarare il falso.

Cass. pen. n. 34467/2007

Non integra il delitto di falsa testimonianza la deposizione non veridica che verta su fatti e circostanze del tutto estranei all'oggetto dell'accertamento e quindi inidonei ad arrecare un qualsiasi contributo alla ricerca della prova.

Cass. pen. n. 29883/2007

Le false dichiarazioni rese dal convenuto al giudice civile in sede di interrogatorio formale non integrano né il delitto di falso giuramento della parte né il delitto di falsa testimonianza.

Cass. pen. n. 11612/2007

In tema di falsa testimonianza, l'apparente non decisività delle dichiarazioni mendaci rispetto alla pronuncia del giudice non esclude la rilevanza delle stesse quando in realtà sussisteva una oggettiva ed elevata idoneità ad alterare l'accertamento delle modalità e delle responsabilità del fatto oggetto di reato. (Fattispecie in cui la vittima del reato ha falsamente dichiarato di non conoscere due persone che avevano assistito ai fatti e delle quali, invece, egli aveva inizialmente riferito di essere amico).

Cass. pen. n. 10235/2007

È configurabile il delitto di falsa testimonianza anche nei riguardi di chi, già imputato in procedimento connesso o collegato definito con sentenza irrevocabile, abbia deposto senza la dovuta assistenza del difensore.

Cass. pen. n. 43193/2004

Nell'ambito di un procedimento per falsa testimonianza, è legittima l'acquisizione al fascicolo dibattimentale, a norma dell'art. 431 c.p.p., del verbale di sommarie informazioni rese ai carabinieri per verificare il contenuto delle dichiarazioni al fine di rilevare le eventuali difformità dalle successive dichiarazioni, in quanto tale atto costituisce atto irripetibile nonché elemento integrativo del corpo del reato assumendo il connotato della prova storica del fatto che le dichiarazioni sono state rese.

Cass. pen. n. 40821/2004

Risponde del delitto di cui all'art. 372 c.p. il testimone che nel procedimento civile si dichiari «indifferente» alla causa, tacendo dell'esistenza di rapporti con le parti in causa o di interessi nella causa stessa, in quanto la suddetta dichiarazione ha una valenza obiettiva ai fini della decisione, fondandosi su di essa il giudizio di attendibilità del teste.

Cass. pen. n. 9206/2004

Il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) si reitera soltanto se la condotta tipica viene posta in essere in una successiva deposizione autonoma davanti ad una diversa autorità giudiziaria, vale a dire in una diversa fase processuale. Pertanto non realizza un autonomo reato di falsa testimonianza la mendace deposizione frazionata in più udienze oppure ripetuta nell'ambito della medesima fase processuale davanti ad un giudice diverso solo come persona fisica.

Cass. pen. n. 7732/2004

Ai fini della configurazione del delitto di falsa testimonianza è richiesta la valutazione sulla pertinenza e sulla rilevanza della deposizione da compiere con riferimento alla situazione processuale esistente al momento in cui il reato viene consumato, quindi ex ante e non ex post, e alla sua affermazione il giudice deve pervenire attraverso l'esame di norme giuridiche e non mediante l'utilizzazione di massime di esperienza. (Fattispecie in cui si è configurato il reato in una deposizione reticente sul punto dell'omessa indicazione del nome di colui che faceva telefonate per imporre il trasferimento fulmineo di ufficiali della Guardia di finanza sgraditi, circostanza ritenuta rilevante ai fini della corretta configurazione del delitto di corruzione).

Cass. pen. n. 25711/2003

È configurabile il concorso formale di reati tra la minaccia messa in opera per costringere taluno a rendere falsa testimonianza e il concorso nella falsa testimonianza resa dal soggetto minacciato.

Cass. pen. n. 42898/2001

Le dichiarazioni assunte dal giudice nel procedimento cautelare civile, ai sensi dell'art. 669 sexies c.p.c., hanno natura di testimonianza e, pertanto, la loro eventuale falsità integra gli estremi del reato di falsa testimonianza previsto dall'art. 372 c.p., pur quando non siano state osservate le formalità dettate dagli artt. 244, 251 e 252 c.p.c. per l'assunzione della prova testimoniale, con riguardo, rispettivamente, alla deduzione di detta prova, al giuramento ed alla compiuta identificazione del testimone.

Cass. pen. n. 4627/2001

La facoltà di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione spetta esclusivamente alla persona offesa e non anche al semplice danneggiato dal reato, pur se denunziante; non è pertanto legittimato a proporre opposizione colui che abbia presentato denunzia per i delitti di falsa testimonianza e frode processuale, trattandosi di fattispecie criminose lesive dell'interesse della collettività al corretto funzionamento della giustizia, relativamente al quale, l'interesse del privato (che, da un esito processuale sfavorevolmente condizionato dalla commissione dei predetti reati, possa ricevere pregiudizio) assume rilievo solo riflesso e mediato, tale da non consentire che al soggetto titolare sia attribuita la qualità di persona offesa.

Cass. pen. n. 6118/2000

Assume la qualità di testimone, e può quindi rispondere del reato di cui all'art. 372 c.p., anche chi sia chiamato a deporre nell'ambito della fase a cognizione sommaria di un giudizio possessorio, già disciplinata dal comma primo dell'abrogato art. 689 c.p.c.

Cass. pen. n. 2982/1999

Nel delitto di falsa testimonianza, che tutela il bene giuridico dell'ordinato svolgimento dell'attività giudiziaria, persona offesa è esclusivamente lo Stato-collettività, e ciò in base alla considerazione che la fattispecie descritta dall'art. 372 c.p. non contempla tipicamente altre vittime del reato cui potere riconoscere una posizione qualificata rispetto a qualsiasi danneggiato dal reato, né potendo il privato danneggiato dalla falsa testimonianza dirsi, sia pure implicitamente, titolare o contitolare dell'interesse preso in considerazione dalla norma incriminatrice, come sopra definito. Ne consegue che, essendo la facoltà di proporre opposizione alla richiesta di archiviazione attribuita dall'art. 410 c.p.p. esclusivamente alla persona offesa, e non al semplice danneggiato dal reato, anche se denunciante, quest'ultimo non è legittimato a proporre opposizione.

Cass. pen. n. 5571/1998

L'art. 372 c.p., nel punire la falsità della testimonianza, tutela l'integrale contenuto conoscitivo della dichiarazione, comprensivo tanto del fatto quanto del modo in cui lo stesso è stato conosciuto dal testimone, con la conseguenza che il reato sussiste anche se il testimone, riferendo un fatto vero, affermi il falso circa le modalità con le quali lo ha appreso. (Nel caso di specie il teste aveva affermato di aver conosciuto quanto deposto per averne avuto notizia da persona che non poteva avergli riferito i fatti).

Cass. pen. n. 223/1998

Nei delitti contro l'amministrazione della giustizia persona offesa dal reato è lo Stato, e a questo può poi aggiungersi un'altra vittima, quando nella struttura della fattispecie astratta vi sia anche la descrizione dell'aggressione alla sfera giuridica di questa, la cui posizione viene così a differenziarsi da quella di qualsiasi ulteriore danneggiato. Ciò non avviene però nella falsa testimonianza, di cui all'art. 372 c.p., che solo eventualmente può danneggiare le situazioni giuridiche di una serie indefinita di persone, non contemplate nella descrizione normativa; pertanto non sussiste il diritto a ricevere la notifica della richiesta di archiviazione così come quello ad opporvisi.

Cass. pen. n. 2285/1997

Il delitto di falsa testimonianza è reato contro l'amministrazione della giustizia e pertanto parte offesa principale va considerato innanzitutto lo Stato. La norma contenuta nell'art. 372 c.p. tutela però anche l'interesse del privato leso dalla falsa testimonianza. Ne consegue che il richiedente interessato riveste la posizione di persona offesa (secondaria) del reato in parola, tutelata come tale dalle garanzie procedimentali previste dagli artt. 408-410 c.p.p., a cominciare dal diritto della notifica dell'avviso della richiesta di archiviazione del pubblico ministero.

Cass. pen. n. 2853/1997

Al privato danneggiato dal reato è assegnato un potenziale ruolo processuale, con facoltà di costituzione di parte civile, soltanto quando il procedimento sia pervenuto alla fase indicata dall'art. 79 c.p.p. e non nel corso delle indagini preliminari. Poiché la persona offesa dal delitto di falsa testimonianza va individuata esclusivamente nello Stato, titolare dell'interesse cui la norma è finalizzata, e non anche nel privato che si ritenga danneggiato dalla falsità, quest'ultimo non è destinatario della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, di cui all'art. 419 c.p.p., e non è perciò legittimato al ricorso per cassazione teso a denunciarne la violazione.

Cass. pen. n. 2713/1997

Il delitto di subornazione (art. 377 c.p.) mira a tutelare la genuinità processuale di quanti sono chiamati a riferire sui fatti di causa davanti all'autorità giudiziaria, posizione che potrebbe venire inevitabilmente ed indebitamente condizionata e compromessa da pressioni esterne, rappresentate dall'offerta o anche dalla sola promessa di qualsivoglia utilità, anche non patrimonialmente apprezzabile, per indurre il soggetto subornato a commettere i reati di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) e (dopo la novella del 7 agosto 1992 n. 356) di false informazioni al P.M. (art. 371 bis c.p.), oltre che di falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.). Trattasi di reato di pericolo, il cui evento, di natura formale, si verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzata alla falsità giudiziale e, per la sua configurabilità, richiede che il soggetto subornato abbia assunto la qualità di «persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria» (secondo la più vasta accezione del termine, come introdotto dalla novella 356/92, rispetto all'originaria, precedente qualifica di «testimone»).

Cass. pen. n. 8892/1996

In tema di falsa testimonianza, poiché la ritrattazione è circostanza di esclusione della punibilità di carattere soggettivo, i suoi effetti non si estendono all'istigatore della falsa testimonianza, a meno che questi abbia apportato un decisivo contributo causale alla neutralizzazione del fatto lesivo dell'interesse alla realizzazione del «giusto processo», come nell'ipotesi in cui abbia indotto l'autore della falsa testimonianza a ritrattare la deposizione reticente o contraria al vero.

Cass. pen. n. 6169/1996

Ai fini di escludere la punibilità per il reato di falsa testimonianza deve ritenersi che la ritrattazione di quest'ultima, resa in un giudizio civile, possa essere effettuata anche nel processo penale avente ad oggetto l'accertamento del reato in questione; occorre tuttavia che detta ritrattazione intervenga prima che sulla domanda giudiziale in sede civilistica sia stata pronunciata sentenza definitiva anche se non irrevocabile, tale dovendosi ritenere la sentenza emessa in primo grado, in appello o in sede di rinvio, con cui viene completamente deciso il merito.

Cass. pen. n. 1260/1996

Il bene giuridico protetto dal reato di falsa testimonianza è il normale svolgimento dell'attività giudiziaria, che potrebbe essere fuorviata da deposizioni false o reticenti. Soggetto passivo del reato o persona offesa dal reato è dunque la collettività, che ha interesse all'ordinato e corretto svolgimento dell'attività giurisdizionale, come inequivocabilmente disvelato dalla collocazione della norma violata nel titolo III — Delitti contro l'amministrazione della giustizia — del Libro II del codice penale, e non già la persona, cui dalla violazione della norma siano derivati danni rilevanti e risarcibili sul piano civile, ma che non è coperta dalla tutela offerta dalla norma predetta in sede penale.

Cass. pen. n. 6607/1991

Ai fini della sussistenza della falsa testimonianza, commessa in un giudizio civile non è necessaria la decisività, ma è sufficiente la «pertinenza» delle circostanze falsamente affermate rispetto all'oggetto della controversia.

Cass. pen. n. 3374/1990

È ammissibile il concorso tra i reati di autocalunnia e falsa testimonianza ex artt. 369 e 372 c.p., avendo essi una diversa obiettività giuridica, in quanto lesivi di interessi dell'attività giudiziaria di specie diversa.

Cass. pen. n. 2124/1990

Ai fini della sussistenza o meno del delitto di falsa testimonianza, non rileva l'uso che il giudice del processo principale abbia fatto della deposizione o l'esito della sua utilizzazione nell'insieme delle prove di cui disponeva, essendo sufficiente che la dichiarazione fosse pertinente al giudizio e potesse, sia pure astrattamente, influire sulla decisione.

Poiché la consumazione del reato di falsa testimonianza si verifica quando il giudice percepisce la falsa affermazione o la falsa negazione, è irrilevante che il giudice abbia tratto da altre fonti di prova elementi per la conoscenza della verità, in quanto il pericolo della immutazione del vero resta fuori dagli elementi costitutivi del reato.

Cass. pen. n. 6276/1989

Nel procedimento per falsa testimonianza, gli atti di quello principale, sospeso, possono essere legittimamente acquisiti, purché essi siano già stati resi pubblici nel dibattimento del giudizio principale. Nell'ipotesi in cui sia mancato questo adempimento o degli atti stessi non sia stata data lettura effettiva o specificamente indicata l'utilizzabilità nel verbale del procedimento per falsa testimonianza, trova applicazione l'art. 475, n. 5, c.p.p. e la sentenza è pertanto nulla.

Cass. pen. n. 6275/1989

In tema di falsa testimonianza, l'elemento materiale del delitto consiste non nella difformità tra le dichiarazioni del testimone e la realtà vera e propria, ma nella divergenza fra quanto egli depone e ciò che conosce dei fatti sui quali viene interrogato.

Cass. pen. n. 10921/1988

Il reato di falsa testimonianza sussiste anche se le circostanze affermate dal teste siano astrattamente idonee ad influire sull'esito del processo.

Cass. pen. n. 10334/1988

La ritrattazione, quale causa di eliminazione della punibilità del delitto di falsa testimonianza, consiste in una smentita non equivoca del fatto deposto e nella manifestazione del vero. Pertanto, non è tale la dichiarazione, fatta da un teste, di aver potuto anche errare in una precedente deposizione, ponendo solo in dubbio, senza escluderla, una circostanza prima asserita con sicurezza, poiché, in tal caso, la smentita è equivoca e non manifesta il vero.

Cass. pen. n. 10960/1986

Qualora un testimone revochi o modifichi nei dibattimenti la precedente deposizione accusatoria resa in istruttoria, e successivamente ritratti la deposizione dibattimentale falsamente prestata, a seguito di giudizio immediato per falsa testimonianza, le dichiarazioni istruttorie, implicitamente confermate per relationem con la ritrattazione, perdono il loro valore di testimonianza e, in quanto sostituite dall'atto di ritrattazione che ne prende il posto assumono nell'ambito del procedimento principale, il rilievo di dichiarazioni rese da imputato di reati commessi. Commette pertanto il reato di ingiuria e percosse e non quello di oltraggio violento colui che rechi offesa all'autore della ritrattazione, ingiuriandolo e percuotendolo.

Cass. pen. n. 9023/1986

Sussiste il delitto di falsa testimonianza allorché le dichiarazioni false o reticenti siano rese da un testimonio alla autorità giudiziaria nel corso di un procedimento giurisdizionale, mentre sussiste quello di favoreggiamento quando un soggetto renda dichiarazioni compiacenti o favoreggiatrici nel corso di interrogatori resi alla polizia giudiziaria. Quando le false dichiarazioni siano rese alla polizia e all'autorità giudiziaria concorrono entrambi i reati.

Cass. pen. n. 6945/1986

Il bene giuridico protetto dal reato di falsa testimonianza è il normale svolgimento dell'attività giudiziaria, che potrebbe essere fuorviata da deposizioni false o reticenti. Poiché trattasi di reato di pericolo, è sufficiente, per la sua configurabilità, che il fatto prospettato con la deposizione sia pertinente alla causa in relazione all'oggetto della prova ed alla situazione processuale esistente al momento consumativo del reato e sia rilevante, suscettibile cioè di portare, anche in astratto, un contributo alla decisione, a nulla influendo che, in concreto, la deposizione possa o meno essere utilizzata dal giudice o che la prova sul fatto possa essere acquisita anche aliunde.

Cass. pen. n. 4349/1986

Ai fini della configurabilità del delitto di falsa testimonianza non si richiede che il giudice sia rimasto ingannato, ma è sufficiente che mendacio e reticenza abbiano potenziale idoneità a trarlo in errore, in quanto si tratta di un reato di pericolo che prescinde dal grado di credibilità della falsa deposizione ed è realizzato anche se il giudice abbia negato attendibilità alla deposizione.

Cass. pen. n. 1206/1986

Per la sussistenza del reato di falsa testimonianza è sufficiente che la circostanza, sulla quale il teste rende mendace dichiarazione, sia pertinente alla causa ed abbia la possibilità, sia pure astratta, di influire sulla decisione. Ne deriva che non è dato di distinguere fra circostanze importanti e circostanze accessorie o secondarie, poiché la configurabilità del reato è esclusa solo quando il mendacio, vertendo su fatti e circostanze assolutamente estranei alla materia oggetto dell'accertamento giudiziale, non ha alcuna idoneità ad alterare il convincimento del giudice e, quindi, alcuna possibilità di incidere sul normale funzionamento dell'attività giudiziaria.

Cass. pen. n. 5783/1985

Qualora il testimone renda la propria deposizione mendace innanzi a giudici diversi, in successive fasi processuali, risponde di autonomi e distinti reati di falsa testimonianza, unificabili, se ne ricorrano le condizioni di legge, ai sensi dell'art. 81, comma secondo, codice penale.

Cass. pen. n. 5943/1981

Per perfezionare il delitto di falsa testimonianza non occorre il dolo specifico bastando l'intendimento, comunque determinatosi, di dire il falso: è indifferente l'obiettivo avuto di mira dall'agente perché, quale esso sia, viene sempre leso il normale funzionamento della giustizia che rappresenta l'oggetto della tutela giuridica. Nel reato di falsa testimonianza l'elemento psicologico si manifesta così intrinsecamente inerente alla materialità oggettiva del fatto, da risultare facilmente percepibile nell'accertamento del fatto — reato nella sua realtà ontologica.

Cass. pen. n. 3923/1976

Con la reticenza il teste, pur rifiutandosi di prestarsi all'esame, lo rende inutile in tutto o in parte e, tacendo, mentre potrebbe parlare, o affermando di nulla sapere, viene meno al dovere di riferire tutto quello di cui è a conoscenza intorno al processo. Il reato di cui all'art. 372 è reato di pericolo, per la cui sussistenza è sufficiente che i fatti su cui la reticenza si è esplicata, siano pertinenti alla causa, a nulla rilevando il reale grado d'influenza che la deposizione reticente avrebbe potuto o ha avuto, nel procedimento in cui fu resa. La configurabilità del reato è esclusa soltanto quando il mendacio in quanto concretatosi su fatti o circostanze assolutamente estranei alla materia del contendere, non ha alcuna idoneità all'alterazione del convincimento del giudice e, quindi, alcuna possibilità di incidere sul normale funzionamento dell'attività giudiziaria.

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Consulenze legali
relative all'articolo 372 Codice Penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

L. G. chiede
venerdì 25/08/2023
“Buonasera,
nel 2007 ho avuto una condanna penale relativa all'articolo 372 del codice penale. La pena consisteva nella detenzione di 10 mesi e 20 gg e pagamento delle spese processuali. Alla quale è stata applicata la sospensione condizionale.
Il 12 settembre sosterrò la prova pratico valutativa (ex esame di stato) per l'iscrizione all'albo A degli psicologi. Vorrei sapere se, nonostante la condanna, potrò comunque iscrivermi all'albo degli psicologi della Lombardia ?”
Consulenza legale i 05/09/2023
Ai sensi dell’art.7 della L. n. 56/1989, i requisiti di iscrizione all’Albo dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia sono:
a) essere cittadino italiano o cittadino di uno Stato membro della UE o di uno Stato con cui esiste trattamento di reciprocità;
b) non avere riportato condanne penali passate in giudicato per i delitti che comportino l'interdizione dalla professione;
c) essere in possesso della abilitazione all'esercizio della professione di Psicologo;
d) avere la residenza in Italia o, per cittadini italiani residenti all'estero, dimostrare di risiedere all'estero al servizio, in qualità di psicologi, di enti o imprese nazionali che operino fuori del territorio dello Stato.

Il delitto di cui all’art. 372 c.p. stabilisce “ Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni.”

La norma sopra riportata, va a tutelare il corretto funzionamento dell’attività giudiziaria, sotto il profilo della veridicità e della completezza della testimonianza. La legge prevede per questo reato la pena della reclusione da due a sei anni. Non è prevista la pena accessoria dell’interdizione dalla professione prevista dall’art. 30 del codice penale. Difatti come Lei stesso riferisce, la pena che le è stata comminata è stata quella di 10 mesi e 20 giorni di reclusione a cui è stata poi applicata, peraltro, la sospensione condizionale.

Per tutte queste ragioni, non vi è violazione del requisito di cui alla lettera b) dell’art. 7 della L. 56/1989, in quanto il delitto di cui all’art 372 c.p. per cui è stata condannata non comporta l’interdizione dalla professione, tantomeno le stata mai comminata la pena accessoria dell’interdizione dalla professione.
Pertanto, ad avviso di questa redazione giuridica può iscriversi con serenità all’Albo degli psicologi della regione Lombardia.



Roberto S. chiede
sabato 27/02/2021 - Toscana
“Sarò condannato a pagare una somma x da parte del giudice con sentenza il 05.03.2021. Ho un verbale dell'ispettorato che il giudice non ha preso in considerazione, si è fidato di una testimone che ha dichiarato di essere indifferente invece ho saputo che era la sua datrice di lavoro al 31.12.2019. La testimonianza falsa è stata fatta il 22.01.2020. Posso impugnare la sentenza e denunciare per falsa testimonianza la testimone di lei?”
Consulenza legale i 13/03/2021
Prima di rispondere al quesito, è necessario fare una precisazione.

Naturalmente, se non sono decorsi i termini per l’appello, è ovvio che la sentenza possa essere impugnata.

Tuttavia, va specificato che anche laddove nell’atto di appello si faccia riferimento alla falsa testimonianza, tale circostanza non deve essere parificata al deposito di un atto di denuncia - querela specificamente volto a portare all’attenzione della Procura un fatto-reato.

Se, dunque, si vuole denunciare una falsa testimonianza, si deve procedere con una denuncia mirata che, poi, può essere menzionata nell’atto di appello onde rafforzare le motivazioni ivi contenute.

Ciò detto, va specificato che il reato di falsa testimonianza, previsto e punito dall’art. 372 c.p., è una fattispecie estremamente articolata ed estremamente difficile da provare.

Vero è, infatti, che il reato in parola punisce chi dice il falso dinanzi all’autorità giudiziaria o tace circostanze di cui è a conoscenza, ma è altresì vero che ai fini della sussistenza del reato in parola occorre anche provare che il testimone fosse consapevole, al momento della deposizione, della verità dei fatti e di stare contestualmente mentendo.

Da quanto detto discende che, nel caso di specie, ai fini del deposito di una querela concretamente valutabile dalla procura, non sarà sufficiente soltanto evidenziare il rapporto che legava il testimone al lavoratore in relazione al quale è stato elevato il verbale, ma si dovranno anche evidenziare:

1. gli elementi dai quali si potrebbe dedurre la falsità della testimonianza del soggetto agente in relazione alle specifiche circostanze addotte in giudizio;
2. gli elementi dai quali di potrebbe dedurre che il teste fosse consapevole, al momento della deposizione, di affermare il falso.

CRISTIANO P. chiede
mercoledì 21/10/2020 - Toscana
“Buonasera, qualora nel corso della fase istruttoria di una causa civile e precisamente nel corso dell'udienza nella quale ha luogo l'interrogatorio formale delle parti, la parte interrogata lasci intendere molto chiaramente di essere stata avvelenata da un soggetto terzo (nè parte e nemmeno testimone), quest'ultimo può presentare querela? La questione in buona sostanza riguarda la natura del verbale redatto in questa fase: è un atto che può essere conosciuto anche da terzi senza che l'avvocato della controparte violi alcun segreto? E' un atto pubblico?
Senza riportare la dichiarazione parola per parola, la parte interrogata avrebbe dichiarato che "dell'incontro tenutosi presso l'ufficio di Tizio non ricorda molto. Quest'ultimo infatti ha insistito per dargli da bere (non specifica cosa) dopodiché non ricorda più nulla ma ricorda il malanno che questo (non si capisce se Tizio o la bevanda) gli ha inflitto". In seguito aggiunge che "è ripartito ma probabilmente ha passato la notte in macchina in autostrada perché è arrivato a casa il giorno seguente. Sul momento ha pensato ad una congestione ma poi si è reso conto che i malanni che ne sono seguiti erano conseguenza di quell'incontro."
Ritenete che ci siano gli estremi per una querela e se sì per cosa? Calunnia, diffamazione, altro?
Grazie”
Consulenza legale i 27/10/2020
Rispondiamo ai quesiti in ordine.

Va subito detto che il soggetto che utilizzi un verbale di escussione testimoniale per fondare una querela di parte non viola alcun segreto.
Sul punto, basti dire che, nel nostro ordinamento, a meno che non ricorrano determinati presupposti (e non sembra il caso di specie), qualsiasi udienza è pubblica e, pertanto, l’escussione di qualsivoglia testimone può essere ascoltata da tutti e la stessa non è assoggettata ad alcun segreto.
Allo stesso modo, è da escludere che il verbale di escussione del teste possa essere equiparato ad un atto pubblico. Ciò per il semplice fatto che il predetto verbale non segue i crismi di cui all’art. 2699 del codice civile.

Sicuramente, dunque, e quantomeno in astratto, un qualsiasi soggetto può, sulla base delle dichiarazioni di un testimone, fondare una denuncia – querela utilizzando il verbale in cui tali dichiarazioni son riportate.

Va, a questo punto, compreso il reato per il quale si potrebbe procedere nel caso posto all’attenzione.
Cominciando dalla calunnia ( art. 368 del codice penale), detto reato sembra non sussistere nel caso di specie.
Ai fini della sussistenza della fattispecie penale, invero, si richiede che taluno incolpi falsamente altri di un reato da questi mai commesso e/o simuli a suo carico tracce di un reato.
A ciò si aggiunga che tale incolpazione deve derivare a seguito di una denuncia, querela, richiesta o istanza da parte del calunniatore in modo tale da determinare, quantomeno in astratto, l’inizio di un procedimento penale a carico del calunniato.
Nel caso che ci occupa, al di là del fatto che sembra davvero difficile ipotizzare la sussistenza di un qualsivoglia reato nella condotta del soggetto che dia ad altri una “pozione” (occorrerebbe anche provare, a quel punto, che tale pozione abbia poi cagionato un danno al soggetto che l’ha sorbita), l’argomento che, più di tutti, determina l’insussistenza del reato di calunnia è che tale “accusa” non è stata posta in essere mediante denuncia, querela, richiesta e/o istanza.
Difettando tale requisito, è davvero difficile ipotizzare la proposizione di una querela per il predetto reato.

Passando alla diffamazione (art. 595 del codice penale), come noto, detto reato è finalizzato a tutelare l’altrui reputazione che ben può essere infangata laddove il soggetto agente, comunicando con più persone, affermi falsamente fatti e circostanze riferibili ad una persona specifica idonee ad offenderne il decoro.

Tuttavia, tale condotta deve essere posta da chi, volutamente, renda dichiarazioni sgradevoli e non già da chi renda tali dichiarazioni ottemperando ad un dovere pubblico, quale quello di testimone.
Sul punto, è estremamente chiara la cassazione che, con la sentenza n. 12431 del 2011, ha affermato che “non commette il reato di diffamazione il testimone che, adempiendo il dovere di testimoniare, renda dichiarazioni offensive dell'onore altrui”.

In realtà, nel caso di specie, l’unico reato ipotizzabile è quello di cui all’art. 372 del codice penale che punisce la condotta di chiunque, “deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato”.

Nel caso di specie, dunque, il reato potrebbe sussistere se si ha contezza del fatto che il testimone abbia dichiarato falsamente di essere stato “drogato”.

Si noti, però, quanto segue.
Il testimone sentito nell’ambito di un qualsivoglia processo, nonostante abbia l’obbligo di verità, è legittimo che possa dire delle inesattezza e/o ricordare male talune circostanze. Per tale ragione, prima di depositare una denuncia per tale reato, è opportuno accertarsi di avere prove e/o indizi utili a dare conto del fatto che il testimone ha mentito in modo consapevole.

Matteace P. chiede
domenica 17/06/2018 - Puglia
“Mio marito, soggetto "A" in una causa civie fra lui il soggetto "B", si rende conto che il teste "C", chiamato da "B", fa una deposizione falsa, regolarmente riportata e sottoscritta dal teste "C" nel verbale di causa.
Il soggetto "A" come può difendersi al fine di far emergere la falsa testimonianza ?
Il soggetto "A" deve ricorrere al giudice penale mediante una denuncia-querela o altro?
in caso affermativo, può poi portare la denuncia-querela a conoscenza del Giudice civile davanti al quale il teste "C" ha reso la falsa testimonianza?
Se serve posso inviare copia del verbale di causa o altre notizie utili.
Grazie

Consulenza legale i 21/06/2018
Quanto alla prima questione, il metodo più efficace per difendersi dalla deposizione asseritamente falsa sarebbe quello di contestarla nell’ambito dello stesso procedimento in corso, mediante prove oggettive che comprovino la falsità o la reticenza della testimonianza resa da C.
Questo non solo può essere d’aiuto al fine specifico di contestare la testimonianza in sé ma anche al fine di fornire al giudicante opportune prove sul punto, tale per cui possa valutare con il giusto peso la testimonianza resa da C.

In ogni caso, sicuramente un modo molto efficace per difendersi da una testimonianza falsa è quello di procedere mediante denuncia querela per il reato di cui all’art. 372 c.p. che punisce la testimonianza falsa e/o reticente resa dinanzi all’autorità giudiziaria.
Giova in ogni caso far presente che provare il reato di falsa testimonianza è estremamente difficile. La maggior parte della giurisprudenza infatti ritiene che il reato in oggetto si ha non già quando il soggetto afferma una circostanza oggettivamente falsa, ma quando si ha la prova del fatto che il soggetto avesse contezza della falsità della sua dichiarazione (si veda, tra le tante, C., Sez. VI, 20.1.2003; C., Sez. VI, 30.5.1995; C., Sez. VI, 25.5.1989).
La prova, dunque, di natura “psicologica”, è estremamente difficile in quanto presuppone che a monte sia data contezza della convinzione del dichiarante.

Qualora quindi si decida di procedere per vie penali, il denunciante dovrebbe avere non solo prove oggettive che confortino la tesi della falsa testimonianza, ma anche prove atte a dimostrare che il soggetto C ha resto una testimonianza falsa sapendola tale.

Proviamo a fare un esempio per chiarire tale punto, spesso di difficile comprensione.
Ipotizziamo che il soggetto C abbia dichiarato di non aver visto passare il soggetto Y ad una data ora in una determinata strada. Un modo forte per dimostrare la falsità della testimonianza potrebbe essere quello di trovare un ulteriore testimone che ha visto C in quel lasso temporale in quella determinata strada. In tal modo è ovvio – ed è provato – che C, pur sapendo di aver visto il soggetto Y, ha rilasciato una testimonianza falsa negando la circostanza predetta.

Quanto invece all’ultimo quesito, sicuramente una volta depositata la querela sarebbe opportuno portare tale circostanza alla conoscenza del giudice civile mediante una semplice produzione documentale, sempre ammessa nelle more dell’istruttoria.

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