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Articolo 744 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Limiti dell'esecuzione della condanna all'estero

Dispositivo dell'art. 744 Codice di procedura penale

1. In nessun caso il Ministro della giustizia può domandare l'esecuzione all'estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale se si ha motivo di ritenere che il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti(1).

Note

(1) Tale richiesta rientra dunque nell'ambito della discrezionalità del ministro, il quale è tenuto nel caso specifico a valutare elementi esterni al procedimento in concreto e richiedenti una valutazione politico-sociale piuttosto che strettamente giudiziaria.

Ratio Legis

La previsione, quale condizione ostativa alla richiesta di esecuzione all'estero il timore concreto che il condannato possa essere sottoposto a trattamenti persecutori, discriminatori o comunque crudeli, disumani o degradanti per motivi di sesso, razza, religione, si pone in un'ottica di garanzia e trova il proprio fondamento nei principi costituzionali di cui agli artt. 3 e27.

Spiegazione dell'art. 744 Codice di procedura penale

Affinché la corte d'appello competente possa instaurare il giudizio di deliberazione sull'esecuzione all'estero di una sentenza penale italiana, al procuratore generale vengono trasmessi gli atti per mezzo del Ministro della giustizia.

L'atto primario di iniziativa spetta dunque al Ministro, il quale in nessun caso può procedere in tal senso, se ha motivo di ritenere che il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali, ovvero, da ultimo, a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.

La richiesta rivolta al procuratore generale di promuovere il giudizio rientra dunque nell'ambito della discrezionalità del ministro, il quale è tenuto nel caso specifico a valutare elementi esterni al procedimento in concreto e richiedenti una valutazione politico-sociale piuttosto che strettamente giudiziaria.

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