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Articolo 719 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Impugnazione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari

Dispositivo dell'art. 719 Codice di procedura penale

1. Copia dei provvedimenti emessi dal presidente della corte di appello o dalla corte di appello a norma degli articoli precedenti è comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale presso la corte di appello, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione [606] per violazione di legge(1).

Note

(1) Non è prevista la possibilità di richiesta di riesame, posto che il rinvio alle norme sulla libertà personale trova un limite nell'esistenza di prescrizioni ad hoc come nel caso di specie. Parimenti non può esperirsi l'appello.

Ratio Legis

La possibilità di ricorrere in cassazione per i provvedimenti relativi alle misure cautelari risponde ad una precisa ratio garantista nei confronti dell'interessato.

Spiegazione dell'art. 719 Codice di procedura penale

Anche per le misure cautelari applicate in attesa della domanda ufficiale di estradizione è prevista una forma di impugnazione, consistente nel diritto di ricorrere per cassazione.

Al fine specifico di consentire alla persona interessata, al suo difensore, nonché al procuratore generale presso la corte d'appello di poter ricorrere (in ottemperanza per altro a quanto previsto dall'art. 111 comma 7 Cost., il quale prevede che contro i provvedimenti restrittivi della libertà personale è sempre possibile ricorre per cassazione), la norma in commento prevede che copia dei provvedimenti emessi ai sensi degli articolo precedenti, riguardanti appunto le misure cautelari, sia personali che reali, è comunicata e notificata ai soggetti suindicati, cosicché essi possano averne contezza e affinché decorra il termine per impugnare.

E' comunque possibile censurare solo eventuali violazioni di legge, escludendosi dunque la possibilità di dedurre in ricorso la contradditorietà o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato (art. 606, lett. e)).

Massime relative all'art. 719 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 6624/2012

In tema di estradizione per l'estero, l'intervenuta consegna allo Stato richiedente comporta l'inammissibilità, per sopraggiunta carenza d'interesse, dell'impugnazione proposta dalla persona reclamata avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca o di inefficacia della misura cautelare disposta a suo carico nel corso del procedimento estradizionale. In tale ipotesi, l'interesse all'impugnazione non può essere ravvisato neppure nella prospettiva di ottenere la riparazione per ingiusta detenzione.

Cass. pen. n. 31297/2004

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso provvedimento relativo a misure cautelari previste ai fini dell'estradizione per l'estero, allorché esso sia stato proposto come appello ai sensi dell'art. 310 c.p.p. esclusivamente da difensore non iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione e il giudice adito l'abbia correttamente qualificato, disponendo la trasmissione degli atti al giudice di legittimità, in quanto il principio di conservazione del mezzo di impugnazione di cui all'art. 568, comma 5, stesso codice, non può in nessun caso consentire di derogare alle norme che formalmente e sostanzialmente regolano i diversi tipi di impugnazione.

Cass. pen. n. 38344/2001

In tema di misure cautelari previste ai fini dell'estradizione per l'estero, la Corte di cassazione è giudice competente a decidere sull'incidente di esecuzione avverso un suo provvedimento pronunciato ai sensi dell'art. 718, comma 1, c.p.p. poiché assume la veste di giudice di merito chiamato a decidere in prima ed unica istanza sulla richiesta di revoca o di sostituzione della misura cautelare imposta all'estradando, per la pendenza, dinanzi a sè stessa, del procedimento per la decisione definitiva sulla concessione dell'estradizione.

Cass. pen. n. 585/2000

In tema di misure cautelari personali nella procedura di estradizione per l'estero, l'impugnazione proposta contro il provvedimento applicativo della custodia cautelare in carcere deve essere dichiarata inammissibile per sopravvenuto difetto di interesse qualora, nelle more, tale misura sia stata sostituita con quella degli arresti domiciliari. (Fattispecie nella quale l'estradando aveva dedotto la carenza di motivazione del provvedimento applicativo della custodia in carcere in ordine al pericolo di fuga e alla pericolosità sociale, e, dopo la sostituzione di tale misura in quella degli arresti domiciliari, aveva separatamente impugnato quest'ultimo provvedimento).

Cass. pen. n. 45830/1999

In tema di estradizione per l'estero, lo stato richiedente non è legittimato ad impugnare i provvedimenti dell'autorità giudiziaria italiana relativi alle misure cautelari assunte nei confronti dell'estradando. Tale diritto, infatti, compete solo al P.G. presso la corte di appello, alla persona interessata ed al suo difensore. Invero il diritto dello Stato estero ad intervenire nel procedimento di estradizione (diritto riconosciuto dall'art. 702 c.p.p.) legittima lo Stato suddetto ad impugnare — con ricorso per cassazione — le sentenze pronunziate dalla corte di appello in tema di estradizione, ma non anche ad interloquire nel procedimento incidentale de libertate, instauratosi a carico della persona nei cui confronti l'estradizione viene richiesta. D'altronde, benché lo Stato estero possa, ai sensi dell'art. 715 c.p.p., richiedere l'emissione di provvisoria misura coercitiva in danno del soggetto nei cui confronti la domanda di estradizione è in itinere, tale facoltà — finalizzata alla applicazione di una misura cautelare interinale — non conferisce allo Stato richiedente alcun potere di impugnazione in ordine alle vicende cautelari dell'estradando, ma rappresenta il mero presupposto di fatto in forza del quale è possibile procedere, su richiesta motivata dal Ministro di grazia e giustizia (ed in vista di una instauranda procedura di estradizione), alla applicazione provvisoria di una misura cautelare.

Cass. pen. n. 487/1998

In materia di estradizione per l'estero, i provvedimenti applicativi di misure cautelari, emessi dalla corte di appello o dal presidente della corte di appello, possono essere impugnati esclusivamente mediante ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma dell'art. 719 c.p.p., essendo escluso il rimedio della richiesta di riesame previsto in via generale per le misure coercitive dall'art. 309 c.p.p.

Cass. pen. n. 4497/1998

In tema di misure cautelari previste ai fini della estradizione per l'estero, contro le ordinanze che decidono sulle richieste di revoca o di sostituzione delle misure, adottate a norma dell'art. 718 c.p.p., non è proponibile il rimedio generale dell'appello ex art. 310 c.p.p., ma, in virtù di espressa deroga ad opera dell'art. 719 c.p.p., esclusivamente il ricorso per cassazione per violazione di legge; sicché, ove sia stato proposto appello, quest'ultimo va qualificato come ricorso ex art. 568, quinto comma, c.p.p. Il ricorso è peraltro inammissibile nella ipotesi in cui, a norma della seconda parte del comma primo del predetto art. 718, della revoca o della sostituzione sia investita la stessa Corte di cassazione, esaurendosi in tal caso nella relativa decisione inoppugnabile il procedimento de libertate in questione.

Cass. pen. n. 5251/1996

Avverso l'ordinanza con la quale venga respinta la richiesta di revoca di misura coercitiva disposta, ai sensi dell'art. 714 c.p.p., nei confronti di estradando, è proponibile, giusta quanto previsto dall'art. 719 c.p.p., soltanto il ricorso per cassazione. Correttamente, quindi in applicazione della regola di cui all'art. 568, comma 5, c.p.p., l'appello che sia stato proposto avverso la detta ordinanza viene qualificato come ricorso per cassazione e trasmesso alla Suprema Corte per la decisione.

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