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Articolo 508 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Provvedimenti conseguenti all'ammissione della perizia nel dibattimento

Dispositivo dell'art. 508 Codice di procedura penale

1. Se il giudice, di ufficio o su richiesta di parte, dispone una perizia [220-233], il perito è immediatamente citato a comparire e deve esporre il suo parere nello stesso dibattimento. Quando non è possibile provvedere in tale modo, il giudice pronuncia ordinanza con la quale, se è necessario, sospende il dibattimento [477 2] e fissa la data della nuova udienza nel termine massimo di sessanta giorni.

2. Con l'ordinanza il giudice designa un componente del collegio per l'esercizio dei poteri previsti dall'articolo 228.

3. Nella nuova udienza il perito risponde ai quesiti ed è esaminato a norma dell'articolo 501(1).

Note

(1) Il perito può comunque predisporre una relazione scritta, che verrà acquisita, però, dopo che abbia deposto oralmente, secondo quanto disposto dall'art. 501.

Ratio Legis

Trattasi di una declinazione del potere di iniziativa probatoria spettante al giudice, che si differenzia dalle ipotesi di cui al precedente articolo, mancando il requisito dell'assoluta necessità.

Spiegazione dell'art. 508 Codice di procedura penale

All'interno della fase dibattimentale può accadere che il giudice, su richiesta di parte oppure d'ufficio, ritenga assolutamente necessario disporre una perizia, esercitando in caso i suoi poteri suppletivi in merito delineati dall'articolo 507, il quale consente l'assunzione d'ufficio di nuovi mezzi di prova. Quando il giudice ha disposto la citazione del perito, le parti hanno facoltà di presentare al dibattimento, anche senza citazione, i propri consulenti tecnici a norma dell'articolo 225, ex art. 152 disp. att. del presente del codice.

Per ottenere tale perizia, il giudice deve ovviamente disporre la citazione del perito, il quale deve esporre il suo parere in dibattimento, a meno che non sia possibile provvedere immediatamente, nel qual caso il giudice sospende il dibattimento e rinvia (con ordinanza) ad una nuova udienza fissata non più tardi di sessanta giorni dall'adozione del provvedimento di sospensione.

Con l'ordinanza di sospensione il giudice è tenuto a designare un componente del collegio, affinché ponga i quesiti e svolga le altre attività previste ex art. 228. Nelle nuova udienza il perito è esaminato ai sensi dell'art. 501, vale a dire tramite esame e controesame (c.d. esame incrociato).

Massime relative all'art. 508 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 2087/2012

In tema di perizia o di accertamenti tecnici irripetibili, il prelievo del DNA della persona indagata, attraverso il sequestro di oggetti contenenti residui organici alla stessa attribuibili, non é qualificabile quale atto invasivo o costrittivo, e, essendo prodromico all'effettuazione di accertamenti tecnici, non richiede l'osservanza delle garanzie difensive, che devono, invece, essere garantite nelle successive operazioni di comparazione del consulente tecnico.

Cass. pen. n. 16384/2011

La perizia acquisita irritualmente (nella specie al di fuori di una formale udienza), in sede di giudizio abbreviato - nel quale il giudice deve fissare nuova udienza per l'esame del perito, successivamente al deposito dell'espletata perizia, ex art. 441, comma sesto, cod. proc. pen., e deve fissare all'uopo un termine per il deposito della relazione scritta - non determina una nullità assoluta, con la conseguenza che essa deve essere, ex art. 182 cod. proc. pen., immediatamente eccepita dopo il suo compimento. (Rigetta, App. Salerno, 19/01/2010).

Cass. pen. n. 12610/2010

Non ricorre alcun obbligo da parte del giudice di esaminare il consulente tecnico dell'imputato dopo che si sia concluso l'esame del perito di ufficio, qualora lo stesso consulente non abbia esplicato alcuna forma di intervento nel momento del conferimento dell'incarico al perito o nel corso delle operazioni peritali. (Annulla con rinvio, App. Firenze, 22/10/2007).

Cass. pen. n. 1288/2004

La disciplina della perizia disposta, nell'esercizio dei suoi poteri officiosi (art. 441 c.p.p., comma quinto), dal G.U.P. dinanzi al quale venga celebrato il giudizio abbreviato, deve essere conforme a quella prevista per il dibattimento. Ne consegue che, qualora il perito abbia chiesto un termine per il deposito della relazione scritta, al fine di garantire la pienezza del contraddittorio deve essere effettuato l'esame del perito stesso, essendo interesse delle parti fare domande e avere chiarimenti sul contenuto dell'elaborato scritto. (La Corte ha precisato che trattasi di nullità relativa, deducibile nei termini previsti dall'art. 182 c.p.p.).

Cass. pen. n. 8076/2000

Allorché le conclusioni degli esperti che hanno ricevuto incarico di eseguire perizia psichiatrica sull'imputato (nella specie, in differenti gradi del giudizio) siano insanabilmente divergenti, il controllo di legittimità sulla motivazione del provvedimento concernente la capacità di intendere e di volere deve necessariamente riguardare i criteri che hanno determinato la scelta tra le opposte tesi scientifiche: il che equivale a verificare se il giudice del merito abbia dato congrua ragione della scelta e si sia soffermato sulle tesi che ha creduto di non dovere seguire e se, nell'effettuare tale operazione, abbia tenuto costantemente presenti le altre risultanze processuali e abbia con queste confrontato le tesi recepite.

Cass. pen. n. 9047/1999

In tema di istruzione dibattimentale, quando sia necessario svolgere indagini od acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze, il giudice può ritenere superflua la perizia quando pensi di poter giungere alle medesime conclusioni di certezza sulla base di altre e diverse prove; non gli è viceversa consentito di rinunciare all'apporto del perito per avvalersi direttamente di proprie, personali, specifiche competenze scientifiche, tecniche ed artistiche. Invero, in tal modo non sarebbe consentito alla parte di intervenire a mezzo dei suoi consulenti tecnici e quindi, da un lato, di incidere sull'iter di acquisizione della prova, dall'altro, di esaminare e contrastare, prima della decisione, la prova eventualmente a lui sfavorevole. (Fattispecie in cui il giudice di merito, dopo avere acquisito una consulenza tecnica grafologica, disposta in un giudizio civile e prodotta dall'imputato, ne ha disatteso il contenuto sulla base di una complessa operazione valutativa, esposta in motivazione, avente le caratteristiche di una vera e propria perizia).

Cass. pen. n. 8497/1999

In caso di conferimento di incarico peritale, ove il perito abbia chiesto di poter rispondere con relazione scritta, e la relazione sia stata depositata, ma il perito non sia stato citato per essere esaminato a dibattimento, sussiste violazione degli artt. 508, 511 e 501 c.p.p., perché il perito non è stato esaminato e la difesa non ha potuto porre domande.

Corte cost. n. 33/1999

È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., l'art. 4 della legge 30 luglio 1990 n. 217, comma 2, prima parte, (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), "nella parte in cui, per i consulenti tecnici, limita gli effetti della ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai casi in cui è disposta perizia". Infatti, premesso che la consulenza extraperitale è suscettibile di assumere pieno valore probatorio non diversamente da una testimonianza e che, pertanto, il giudice non è vincolato a nominare un perito qualora le conclusioni fornite dai consulenti di parte gli appaiano oggettivamente fondate, esaustive e basate su argomenti convincenti; "la soluzione della questione di costituzionalità consegue linearmente al riconoscimento già compiuto dalla Corte" nella sentenza n. 199 del 1974 e nella sentenza n. 345 del 1987, "che le prestazioni del consulente di parte ineriscono all'esercizio del diritto di difesa, sicché privarne il non abbiente significa negargli il diritto di difendersi in un suo aspetto essenziale". Peraltro, ove si consideri che, conformemente all'attuale modello accusatorio e sul fondamento dell'obbligatorietà dell'azione penale, "al pubblico ministero per sostenere l'accusa è consentito avvalersi di esperti nei più svariati settori della scienza e della tecnica senza limitazioni di oneri economici", nella garanzia affermata dall'art. 24, terzo comma, Cost. non può non ritenersi compresa una istanza di riequilibrio tra le parti del processo penale nei procedimenti nei quali siano coinvolte persone sprovviste di mezzi ed ammesse al patrocinio a spese dello Stato. Ne consegue che la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata deve essere circoscritta a quanto impone la Costituzione a tutela del diritto di difesa dei non abbienti, ai quali deve essere pertanto riconosciuta la facoltà di farsi assistere a spese dello Stato da un consulente per ogni accertamento tecnico ritenuto necessario.

Cass. pen. n. 6528/1998

Il giudice che ritenga di aderire alle conclusioni del perito d'ufficio, in difformità da quelle del consulente di parte, non può essere gravato dell'obbligo di fornire, in motivazione, autonoma dimostrazione dell'esattezza scientifica delle prime e dell'erroneità, per converso, delle altre, dovendosi al contrario considerare sufficiente che egli dimostri di avere comunque valutato le conclusioni del perito di ufficio, senza ignorare le argomentazioni del consulente e potendosi quindi ravvisare vizio di motivazione solo se queste ultime siano tali da dimostrare in modo assolutamente lampante e inconfutabile la fallacia delle conclusioni peritali. (Fattispecie in tema di perizia dattiloscopica).

Cass. pen. n. 1476/1997

La perizia è un mezzo di prova essenzialmente discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri tecnici e documenti medici prodotti dalla difesa, la valutazione della necessità di disporre indagini specifiche; non è, pertanto, sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da adeguata motivazione, il convincimento espresso da quel giudice circa l'esistenza di elementi tali da escludere la situazione che l'accertamento peritale richiesto dovrebbe dimostrare.

Cass. pen. n. 1556/1997

Non è consentito al giudice disporre nei confronti dell'imputato l'esecuzione coattiva d'una perizia ematologico-genetica. Infatti la Corte costituzionale, con sentenza n. 238 del 1996, ha dichiarato illegittimo l'art. 224 comma secondo c.p.p. nella parte in cui consente al giudice, ai fini dell'espletamento d'una perizia, di disporre misure aventi incidenza sulla libertà personale dell'indagato, dell'imputato o di terzi senza prevedere quali siano quelle esperibili e senza elencare i casi ed i modi in cui siano adottabili, sicché «fino a quando il legislatore non sarà intervenuto ad individuare i tipi di misure restrittive della libertà personale che possono dal giudice essere disposte allo scopo di consentire (anche contro la volontà della persona assoggettata all'esame) l'espletamento della perizia ritenuta necessaria ai fini processuali, nonché a precisare i casi e i modi in cui le stesse possono essere adottate, nessun provvedimento di tal genere potrà essere disposto». (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio di ordinanza del tribunale per i minori che aveva disposto l'esecuzione della perizia, la Suprema Corte ha altresì ritenuto l'ammissibilità dei ricorso — contrariamente all'assunto del P.G. che ne aveva ritenuto l'inammissibilità per il principio di tassatività dei mezzi d'impugnazione — ex art. 568 comma secondo c.p.p., trattandosi di provvedimento con il quale il giudice decide sulla libertà personale, il cui pregiudizio si connetterebbe, per l'appunto, alla effettuazione della disposta perizia ematologico-genetica).

Cass. pen. n. 11867/1995

L'art. 230 c.p.p. stabilisce, nei primi due commi, l'ambito di operatività del consulente tecnico nel senso che la sua attività può esplicarsi sia nel momento del conferimento dell'incarico al perito, presentando al giudice richieste, osservazioni e riserve, sia nel corso delle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione. Inoltre tale articolo, al comma 4, pone dei limiti temporali alla facoltà di intervento del consulente tecnico proprio al fine di evitare che la sua attività possa ritardare lo svolgimento della perizia. Ne consegue che, qualora il consulente tecnico non abbia esplicato alcuna forma di intervento nel momento del conferimento dell'incarico al perito o nel corso delle operazioni peritali, non ricorre alcun obbligo da parte del giudice di esaminarlo dopo che si sia concluso l'esame del perito di ufficio nel corso di una perizia disposta in dibattimento con le forme previste dalla seconda parte del comma 1 dell'art. 508 c.p.p. (In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che tale interpretazione dell'art. 230 c.p.p. non trova ostacolo nella disposizione dell'art. 152 att. c.p.p., sicuramente applicabile nel caso che la perizia sia disposta in dibattimento ai sensi dell'art. 508, comma 1, prima parte, del codice, essendo necessario assicurare il contraddittorio in dibattimento mediante la facoltà, riconosciuta al consulente, di formulare osservazioni e sollecitare indagini nel corso dello stesso dibattimento o nel corso delle operazioni peritali, qualora sia necessario rinviare il dibattimento per procedere ad accertamenti e indagini di natura tecnica; al contrario, nel caso che il dibattimento venga rinviato ai sensi della seconda parte dello stesso articolo, l'esame del consulente tecnico in dibattimento deve ritenersi escluso, qualora lo stesso non abbia svolto forma di intervento nella fase del conferimento dell'incarico o nel corso delle operazioni peritali, in quanto tale esame trova un limite nel disposto dell'art. 230 c.p.p.).

Cass. pen. n. 3183/1992

In tema di istruzione dibattimentale, nei processi che proseguono con le norme anteriormente vigenti, qualora il perito abbia risposto ai quesiti con relazione scritta, il suo esame alla successiva udienza è facoltativo, in quanto l'art. 245 comma secondo, lett. l) disp. trans. rende immediatamente applicabile l'art. 508 c.p.p. limitatamente ai commi primo e secondo e non al terzo.

Cass. pen. n. 6945/1991

In tema di istruzione dibattimentale, allorché, su richiesta di parte o d'ufficio, il giudice dispone una perizia, deve ritenersi consentita al perito la presentazione di una relazione scritta, prevista in linea generale dall'art. 227 c.p.p. e non esclusa dall'art. 508, terzo comma, stesso codice, là dove è stabilito che il perito stesso risponda ai quesiti, senza però specificare che ciò debba avvenire solo oralmente. Della relazione deve essere data lettura, previo esame del perito, ai sensi degli artt. 508, terzo comma, e 511, terzo comma stesso codice. La lettura compiuta senza il previo esame del perito non determina la inutilizzabilità della perizia, ma una nullità generale non assoluta per violazione dei diritti della difesa, nullità soggetta pertanto ai limiti di deducibilità di cui all'art. 182 e alle sanatorie di cui all'art. 183. (Nella fattispecie, su richiesta del P.M. in dibattimento era stato dato incarico al perito, che aveva giurato e dopo qualche giorno depositata la perizia. Alla successiva udienza — a cui il tribunale aveva rinviato in prosieguo il processo, diffidando a comparire l'imputato e il suo difensore e non anche il perito, senza che alcuno eccepisse alcunché — fu data lettura delle conclusioni della perizia depositata).

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