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Articolo 123 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate

Dispositivo dell'art. 123 Codice di procedura penale

1. L'imputato detenuto o internato in un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto dal direttore. Esse sono iscritte in apposito registro, sono immediatamente comunicate all'autorità competente e hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria.

2. Quando l'imputato è in stato di arresto o di detenzione domiciliare [284] ovvero è custodito in un luogo di cura [286], ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria [57], il quale ne cura l'immediata trasmissione all'autorità competente. Le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria.

2-bis. Le impugnazioni, le dichiarazioni, compresa quella relativa alla nomina del difensore, e le richieste, di cui ai commi 1 e 2, sono contestualmente comunicate anche al difensore nominato(1).

3. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle denunce, impugnazioni, dichiarazioni e richieste presentate dalle altre parti private o dalla persona offesa.

Note

(1) Tale comma è stato introdotto dall'art. 2, comma 14, della L. 27 settembre 2021, n. 134.

Ratio Legis

La disposizione in esame è atta a garantire un sistema di comunicazione rapido ed efficace fra il detenuto/internato e l'autorità giudiziaria.

Spiegazione dell'art. 123 Codice di procedura penale

Più che la qualità di imputato, qui rileva lo stato di restrizione della libertà personale, che ovviamente potrebbe di per sé limitare i diritti partecipativi del soggetto detenuto o internato.

Per tali motivi, l'imputato detenuto o internato ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni o richieste con atto ricevuto dal direttore dell'istituto in cui si trova. Le impugnazioni, le richieste o le dichiarazioni sono comunicate immediatamente all'autorità competente (dopo l'iscrizione in un apposito registro), e presentano la medesima efficacia di atti comunicati direttamente all'autorità giudiziaria, soprattutto in tema di tempistiche.

L'imputato custodito fuori dall'istituto usufruisce dei medesimi diritti e facoltà, ma in tal caso le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste sono trasmesse per mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria.

Secondo quanto disposto dall'art. 44, le impugnazioni, le richieste e le altre dichiarazioni sono comunicate nel giorno stesso, o al più tardi nel giorno successivo, all'autorità giudiziaria competente mediante estratto o copia autentica, anche per mezzo di lettera raccomandata. Nei casi di speciale urgenza, la comunicazione può avvenire anche con telegramma confermato da lettera raccomandata ovvero mediante l'uso di altri mezzi tecnici idonei. In tal caso l'ufficio presso il quale l'atto si trova attesta, in calce ad esso, di aver trasmesso il testo originale.

Massime relative all'art. 123 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 914/2015

Gli effetti della rinuncia a comparire in udienza, resa palese dall'imputato detenuto, permangono fino al momento della revoca espressa di tale rinuncia, ossia fino a quando l'interessato non manifesti, nelle forme e termini di legge, la sua volontà di essere nuovamente presente e di mettere nel nulla il suo precedente consenso alla celebrazione del dibattimento in sua assenza; è pertanto onere dell'imputato detenuto concorrere alla chiarezza delle modalità di espressione delle proprie dichiarazioni, facendo si che esse si formalizzino in un atto ricevuto dal direttore del carcere ai sensi dell'art. 123 cod. proc. pen., senza che tale atto possa essere surrogato da equipollenti. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che la rinuncia a comparire personalmente espressa dall'imputato potesse essere superata da successiva istanza di diverso contenuto presentata dal difensore).

Cass. pen. n. 53530/2014

La richiesta del detenuto di essere sentito dall'autorità giudiziaria in relazione ad un procedimento pendente nei suoi confronti, iscritta presso l'Ufficio matricola del luogo di detenzione, deve considerarsi presentata al magistrato competente anche in caso di errata indicazione dello stesso da parte dell'istante, atteso il disposto dell'art. 123 c.p.p., dal quale è desumibile un preciso onere a carico dell'amministrazione penitenziaria, con la conseguenza che, l'omessa audizione dell'interessato, nei procedimenti disciplinati dall'art. 666 c.p.p., pure quando segue ad una inesattezza attribuibile a quest'ultimo, determina la nullità del successivo provvedimento. (Fattispecie in tema di procedimento di sorveglianza).

Cass. pen. n. 3147/2014

Le dichiarazioni e le richieste connesse a diritti o facoltà riconosciuti, nell'ambito del procedimento, all'imputato in stato detentivo ed effettuate con atto ricevuto dal direttore dello stabilimento di custodia hanno immediata efficacia, a norma dell'art. 123 cod. proc. pen., come se fossero direttamente ricevute dall'autorità giudiziaria destinataria. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale il giudice del merito, ponendo riferimento alla data di deposito presso la cancelleria e non a quella, tempestiva, di presentazione presso l'ufficio del direttore del carcere, aveva rigettato richiesta di giudizio abbreviato ritenendola avanzata oltre il termine di decadenza stabilito dall'art. 458 cod. proc. pen.).

Cass. pen. n. 8789/2011

È affetta da nullità di carattere generale a regime intermedio l'ordinanza di riesame emessa a seguito di udienza camerale tenutasi in assenza del difensore di fiducia ritualmente nominato dall'indagato con dichiarazione resa all'ufficio matricola pur se, per errore, al tribunale non sia stata comunicata l'avvenuta nomina. (Fattispecie nella quale al difensore di fiducia, spontaneamente presentatosi in udienza, era stato negato il diritto di assumere la difesa dell'indagato detenuto, non risultando alcuna nomina a suo favore, come comunicato erroneamente dall'ufficio matricola del luogo di detenzione).

Cass. pen. n. 26707/2003

L'art. 123 c.p.p., stabilendo che le dichiarazioni e richieste degli imputati detenuti o internati possano essere presentate alla direzione dell'istituto ove si trovano ristretti, ed abbiano efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria, comporta che quest'ultima debba considerarsi informata, nel momento stesso in cui l'interessato formula una richiesta ad essa diretta, del suo stato di detenzione. Ne consegue che deve considerarsi nulla, secondo il disposto dell'art. 178 lett. c) c.p.p., la dichiarazione di contumacia intervenuta dopo che l'imputato, detenuto per altra causa, abbia formalizzato presso la direzione dell'istituto carcerario una richiesta specificamente concernente il giudizio in corso, ancorché il provvedimento risulti deliberato prima che il giudice procedente avesse avuto notizia della richiesta stessa.

Cass. pen. n. 40199/2002

La presentazione della richiesta di riesame, da parte di imputato detenuto o internato, nelle forme di cui all'art. 123 c.p.p. equivale a presentazione diretta al tribunale, ai fini del decorso dei termini di cui ai commi 5, 9 e 10 dell'art. 309 c.p.p., solo a condizione che la richiesta medesima sia stata correttamente indirizzata, dal suo autore, alla cancelleria del tribunale competente. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha escluso la sussistenza di detta condizione in un caso in cui la richiesta di riesame, oltre ad essere impropriamente definita come «reclamo» e ad essere priva di specifica indicazione del provvedimento al quale si riferiva, recava l'indicazione, come ufficio destinatario, non della cancelleria del tribunale competente, ma dell'«ufficio del Gip», al quale, quindi, correttamente l'atto era stato inoltrato dall'ufficio matricola del carcere).

Cass. pen. n. 2110/2000

L'art. 123 c.p.p., nel prevedere la facoltà dell'imputato detenuto di presentare al direttore dell'istituto penitenziario impugnazioni dotate della medesima efficacia di quelle ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria competente, non va inteso restrittivamente, nel senso che l'esercizio di tale facoltà sia limitato alle ipotesi di formulazione e sottoscrizione dell'atto da parte dello stesso imputato, atteso che il riferimento alla «facoltà di presentare impugnazione» non può ritenersi circoscritto al solo esercizio personale del relativo diritto, con la conseguenza che, ai fini e per gli effetti di cui al citato art. 123, deve ritenersi valida anche la presentazione al direttore dell'istituto penitenziario, da parte dell'imputato detenuto, di atto di gravame redatto e sottoscritto, nel suo interesse, dal difensore.

Cass. pen. n. 59430/2000

La norma di cui all'articolo 123 c.p.p. è una norma di garanzia diretta ad evitare che il detenuto — che abbia presentato al direttore del carcere le impugnazioni, le dichiarazioni, e le richieste nei termini di legge — possa essere dichiarato decaduto, ma non può produrre conseguenze giuridiche anche in relazione ad adempimenti previsti dalla legge per scopi diversi. Ne consegue che la richiesta di riesame presentata dal detenuto al direttore del carcere non può incidere sulla determinazione del “dies a quo” previsto dall'articolo 309, quinto comma, c.p.p. che comincia a decorrere solo dal momento in cui la richiesta perviene alla cancelleria del tribunale del riesame.

Cass. pen. n. 2194/1999

In tema di dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate, l'efficacia immediata e diretta ad esse attribuita dall'art. 123 c.p.p., «come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria», è limitata al territorio italiano e non può quindi riguardare le amministrazioni penitenziarie straniere, che non hanno alcun obbligo di rispettare la disposizione.

Cass. pen. n. 13301/1998

È ammissibile l'impugnazione (nella specie ricorso per cassazione) presentata dall'imputato detenuto al direttore dell'istituto nel quale lo stesso si trova, a nulla rilevando che la legge processuale colpisca, in generale, con la sanzione dell'inammissibilità l'impugnazione diretta ad organo diverso da quello istituzionalmente destinato a riceverla (nella specie, cancelleria del giudice d'appello, e non cancelleria del giudice ad quem). Ed invero l'art. 582, comma primo, c.p.p., con l'inciso «salvo che la legge disponga altrimenti», consente l'operatività della norma dell'art. 123, comma primo, stesso codice, secondo la quale l'impugnazione ricevuta dal direttore dell'istituto penitenziario ha efficacia come se fosse ricevuta direttamente dall'autorità giudiziaria competente. (Fattispecie nella quale l'atto presentato dal detenuto al direttore dell'istituto era diretto alla «Ecc.ma Corte di Cassazione - Roma»).

Cass. pen. n. 5297/1997

La nomina del difensore da parte dell'imputato o dell'indagato detenuto, con atto ricevuto dal direttore dell'istituto penitenziario, ha effetto immediato, come se fosse ricevuta direttamente dall'autorità giudiziaria; né l'eventuale, differita trasmissione, riferibile a colui che per negligenza ha ritardato l'inoltro della comunicazione a detta autorità, può spostare a un momento successivo l'efficacia dell'atto. (Fattispecie nella quale al difensore, ritualmente nominato dal detenuto con atto ricevuto dal direttore dell'istituto penitenziario, non era stato dato avviso dell'udienza di riesame, con conseguente sua nullità, comunicatasi a tutti gli atti successivi, e quindi anche al provvedimento emesso dal tribunale del riesame).

Cass. pen. n. 2/1997

La dichiarazione di nomina del difensore di fiducia effettuata dall'imputato (o indagato) detenuto con atto ricevuto dal direttore dello stabilimento di custodia a norma dell'art. 123 c.p.p., ha immediata efficacia come se fosse direttamente ricevuta dall'autorità giudiziaria destinataria, alla quale deve essere comunicata con urgenza con le modalità e gli strumenti previsti dall'art. 44 att. c.p.p.; ne consegue che è affetto dalla nullità di carattere generale a regime intermedio di cui all'art. 178 lett. c) c.p.p. l'atto compiuto in mancanza del previo avviso al difensore di fiducia così tempestivamente nominato, ancorché la nomina non sia pervenuta all'ufficio dell'autorità procedente prima della fissazione dell'atto medesimo. (Nell'affermare detto principio la Corte ha altresì precisato che l'atto di nomina del difensore effettuato in carcere, specie nelle ipotesi in cui si debba ancora procedere all'interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p., è da annoverare tra i casi «di speciale urgenza» nei quali, ai sensi della seconda parte dell'art. 44 att. c.p.p., è autorizzato, oltre al telegramma, l'uso di qualsiasi mezzo di comunicazione, come — ad esempio — il fonogramma, il telefax o la semplice telefonata, da confermarsi con lettera raccomandata).

Cass. pen. n. 3051/1997

Qualora l'imputato nei cui confronti il pubblico ministero abbia promosso giudizio immediato intenda chiedere il rito abbreviato, ai sensi dell'art. 458 c.p.p. e si trovi in stato di detenzione, può adempiere all'onere di notifica di tale richiesta all'ufficio del pubblico ministero, come previsto dalla suddetta disposizione normativa, mediante consegna di copia della richiesta medesima, per l'inoltro al suindicato ufficio, alla direzione dell'istituto di detenzione, ai sensi dell'art. 123, comma primo, c.p.p., valendo siffatta consegna, per il combinato disposto di tale articolo e dell'art. 153 c.p.p., come notifica effettuata direttamente dalla parte. L'attestazione di tale adempimento, da parte della direzione dell'istituto di detenzione, va posta a corredo della richiesta diretta al giudice per le indagini preliminari. In mancanza di ciò è da escludere che alla prescritta notifica debba provvedere lo stesso giudice, al quale la richiesta in questione deve pervenire come espressamente previsto dalla norma, già corredata di prova dell'avvenuta effettuazione di detta notifica.

Cass. pen. n. 10682/1995

L'inoltro del ricorso per cassazione — da parte del detenuto agli arresti domiciliari — tramite la stazione dei carabinieri preposti alla sorveglianza, è legittimo, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 123 c.p.p. Detta impugnazione, pertanto, ha efficacia come se fosse ricevuta direttamente dall'autorità giudiziaria.

Cass. pen. n. 4312/1995

La facoltà concessa all'imputato detenuto di presentare impugnazioni, dichiarazione e richiesta con atto ricevuto dal direttore dell'Istituto, prevista dall'art. 123 c.p.p., non preclude le possibilità di ricorrere alle forme ordinarie previste dall'art. 582 c.p.p.

Cass. pen. n. 6666/1995

È ammissibile l'impugnazione, priva dell'autenticazione della firma, presentata personalmente dall'imputato agli arresti domiciliari al comandante la stazione C.C. il quale abbia provveduto a trasmettere per posta il relativo atto al giudice che aveva emesso il provvedimento impugnato: ed invero tale procedura corrisponde al dettato dell'art. 123 comma secondo c.p.p., fatto salvo dall'art. 582 comma primo c.p.p.

Cass. pen. n. 925/1995

L'impugnazione presentata dalle parti private con telegramma o raccomandata deve recare la sottoscrizione autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore e ciò vale anche quando l'impugnazione sia consegnata dal detenuto in busta chiusa al direttore del carcere e quest'ultimo si limiti ad inoltrarla alla autorità giudiziaria; l'art. 123 c.p.p. che equipara le dichiarazioni fatte al direttore del carcere a quelle ricevute dall'ufficio giudiziario, trova applicazione infatti quando il direttore del carcere riceva la dichiarazione e non quando si limiti ad essere destinatario del plico chiuso che la contiene.

Cass. pen. n. 1056/1995

Poiché, ai sensi dell'art. 123 c.p.p., le richieste formulate dall'imputato detenuto e ricevute dal direttore dell'istituto penitenziario sono produttive di effetti come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria, la richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato detenuto ai sensi dell'art. 458, comma 1, c.p.p. deve ritenersi ritualmente notificata al P.M. attraverso la semplice traditio al direttore dell'istituto, sempre che l'atto da questi ricevuto sia stato indirizzato al P.M. quale autorità destinataria della relativa consegna.

Cass. pen. n. 4845/1995

Deve dichiararsi inammissibile l'impugnazione presentata da persona detenuta a mezzo matricola, in busta chiusa, senza che la firma apposta in calce all'atto sia autenticata; il requisito dell'autentica, prescritto a pena di inammissibilità del combinato disposto dagli artt. 583 e 591 c.p.p., può infatti ritenersi soddisfatto, con riferimento a persona detenuta, esclusivamente ove esso si formalizzi in un atto ricevuto dal direttore dello stabilimento (o da un suo delegato) che ne attesta la provenienza, ma non quando l'atto di impugnazione è contenuto in una busta chiusa, in relazione alla quale l'amministrazione carceraria può garantire la provenienza dell'involucro, non del contenuto.

Cass. pen. n. 3377/1994

La competenza in materia di esecuzione, nelle ipotesi di annullamento con rinvio (totale o parziale), appartiene al giudice di rinvio, in base al principio di unicità del giudice della esecuzione, che esprime l'esigenza di attribuire ad un unico giudice la esecuzione di una decisione giurisdizionale concernente tutti i coimputati ovvero tutte le imputazioni ascritte al medesimo imputato.

Cass. pen. n. 2076/1994

In tema di impugnazioni dell'imputato detenuto, qualora l'atto sia trasmesso per mezzo del servizio postale, il requisito dell'autenticazione della sottoscrizione, prescritto a pena di inammissibilità dagli artt. 583 e 591 c.p.p. e riguardante necessariamente tutte le parti in cui eventualmente si articoli l'impugnazione (dichiarazione e motivi), non può ritenersi soddisfatto allorché i motivi siano presentati in busta chiusa, non potendosi in tal caso parlare correttamente di atto ricevuto dal direttore dell'istituto ai sensi dell'art. 123 c.p.p., in quanto l'Amministrazione penitenziaria, che è tenuta a inoltrare il plico come lo riceve, può garantire la provenienza da un determinato soggetto del plico medesimo, ma non certamente il suo contenuto.

Cass. pen. n. 2498/1994

È ammissibile l'impugnazione dell'imputato (nella specie, istanza di riesame) sottoscritta con il semplice crocesegno, ma presentata al direttore del carcere in cui l'imputato stesso si trovi detenuto.

Cass. pen. n. 4583/1994

A norma dell'art. 123 c.p.p. l'imputato (o indagato) detenuto ha la facoltà di presentare l'impugnazione con atto ricevuto dal direttore dell'istituto in cui si trova. Dovendo l'atto di impugnazione, in tal caso, essere trasmesso alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento ovvero, in caso di impugnazione di misure cautelari, al tribunale competente individuato ex art. 309, commi 4 e 7 c.p.p., è necessario che il suo destinatario sia precisamente individuato ed espressamente indicato ad opera di chi propone il gravame nella forma suddetta (artt. 123, 309, commi 4 e 7, 582, 583 c.p.p.), sicché è inammissibile, ai sensi dell'art. 591 c.p.p., l'impugnazione diretta ad organo diverso da quello destinato a riceverla secondo i criteri fissati dalla legge processuale.

Cass. pen. n. 460/1994

È manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 123 c.p.p. nella parte in cui prescrive, ai fini dell'impugnazione, termini eguali per l'imputato libero e per quello agli arresti domiciliari, in quanto tale omologazione non comporta alcuna lesione del principio di eguaglianza, sotto il profilo dell'illogica parità di trattamento di situazioni oggettivamente diverse, posto che queste ultime non sono tali, avendo l'imputato in stato di arresto domiciliare la facoltà di presentare impugnazione con un atto ricevuto da un ufficiale di P.G. che ne cura l'immediata trasmissione all'autorità competente, senza alcun pregiudizio per il soggetto impugnante, in considerazione della perfetta equiparazione dell'impugnazione così proposta a quella proposta da persona in stato di libertà.

Cass. pen. n. 379/1994

In materia di riesame di misure cautelari personali, nel caso in cui l'interessato sia detenuto in luogo esterno al circondario ove ha sede il tribunale competente, l'audizione del detenuto da parte del magistrato di sorveglianza non esclude il diritto del detenuto stesso a comparire all'udienza camerale allorché ne abbia fatto specifica richiesta; ed in tal caso non compete all'indagato detenuto il «richiedere la traduzione», poiché il predetto deve limitarsi a chiedere di comparire personalmente all'udienza camerale: la richiesta di traduzione deve essere rivolta dal tribunale del riesame all'istituto di pena in cui è ristretto l'indagato, al P.M. ed alla forza pubblica.

Cass. pen. n. 4496/1993

Per giurisprudenza consolidatasi sotto il vigore dell'art. 80 dell'abrogato codice di rito, ma applicabile, stante l'identità di ratio, alla nuova normativa, le richieste e le impugnazioni presentate in busta chiusa, tanto più quando non ne è rivelato il contenuto, non hanno i requisiti dell'atto ricevuto dal direttore penitenziario a norma dell'art. 123 c.p.p. e, quindi, non possono produrre effetti come se fossero ricevuti dalla autorità giudiziaria. (Fattispecie in tema di ricorso avverso ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare a fini estradizionali).

Cass. pen. n. 4844/1993

A norma dell'art. 127, terzo comma, c.p.p., quando l'interessato è detenuto in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, non ha diritto a presenziare all'udienza camerale, ma può solo chiedere di essere sentito dal magistrato di sorveglianza territorialmente competente al quale deve, quindi, inoltrare la necessaria istanza nelle forme previste dall'art. 123 c.p.p. Evidenti ragioni di speditezza processuale e di sicurezza hanno indotto il legislatore a dettare questa particolare disciplina la quale — come la Corte costituzionale ha confermato con la sentenza n. 35 del 1991 — non lede in alcun modo il diritto di difesa e non può, quindi, subire deroghe per volontà di parte, ma eventualmente solo nel caso che il giudice ritenga indispensabile la presenza dell'interessato.

Cass. pen. n. 2735/1992

L'art. 123 c.p.p. - secondo cui i detenuti possono presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto dal direttore, che sono iscritte in apposito registro ed hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria - è norma speciale rispetto a quella contenuta nell'art. 24 d.p.r. 24 aprile 1976 n. 431, che si riferisce genericamente alle iscrizioni relative ai detenuti e agli internati negli istituti penitenziari. Ne consegue che è ammissibile l'istanza di ricusazione nei confronti del giudice presentata dal detenuto al direttore della casa circondariale, a cui compete la trasmissione dell'atto alla competente autorità giudiziaria.

Cass. pen. n. 2957/1992

Nel caso in cui l'imputato presenti l'impugnazione con atto ricevuto dal direttore della casa circondariale in cui è ristretto (art. 123, primo comma, c.p.p.), l'atto deve essere immediatamente iscritto in apposito registro e comunicato all'autorità giudiziaria competente nel giorno stesso o, al più tardi, nel giorno successivo, in estratto o in copia autentica, anche per mezzo di lettera raccomandata (art. 44, att. c.p.p.). Il registro di iscrizione della dichiarazione o dell'atto di impugnazione è diverso dal Mod. 25, con cui la copia autentica o l'estratto di essi vengono poi trasmessi all'autorità giudiziaria, sicché, per valutare la tempestività dell'impugnazione, occorre far riferimento alla data di iscrizione di essa nell'apposito registro e non a quella risultante nel Mod. 25.

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