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Articolo 410 bis Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Nullità del provvedimento di archiviazione

Dispositivo dell'art. 410 bis Codice di procedura penale

1. Il decreto di archiviazione è nullo se è emesso in mancanza dell'avviso di cui ai commi 2 e 3-bis dell'articolo 408 e al comma 1-bis dell'articolo 411 ovvero prima che il termine di cui ai commi 3 e 3-bis del medesimo articolo 408 sia scaduto senza che sia stato presentato l'atto di opposizione. Il decreto di archiviazione è altresì nullo se, essendo stata presentata opposizione, il giudice omette di pronunciarsi sulla sua ammissibilità o dichiara l'opposizione inammissibile, salvi i casi di inosservanza dell'articolo 410, comma 1.

2. L'ordinanza di archiviazione è nulla solo nei casi previsti dall'articolo 127, comma 5.

3. Nei casi di nullità previsti dai commi 1 e 2, l'interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre reclamo innanzi al tribunale in composizione monocratica, che provvede con ordinanza non impugnabile, senza intervento delle parti interessate, previo avviso, almeno dieci giorni prima, dell'udienza fissata per la decisione alle parti medesime, che possono presentare memorie non oltre il quinto giorno precedente l'udienza.

4. Il giudice, se il reclamo è fondato, annulla il provvedimento oggetto di reclamo e ordina la restituzione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento. Altrimenti conferma il provvedimento o dichiara inammissibile il reclamo, condannando la parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento e, nel caso di inammissibilità, anche al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende nei limiti di quanto previsto dall'articolo 616, comma 1.

Spiegazione dell'art. 410 bis Codice di procedura penale

La norma in commento attribuisce il potere di reclamo alla persona interessata, vale a dire la persona offesa dal reato, nel caso in cui non gli sia stato consentito di partecipare attivamente alla procedura prevista nel caso in cui venga presentata richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero.

Difatti, il decreto di archiviazione del giudice è nullo quando alla persona offesa non sia stato notificato l'avviso di cui all'art. 408 comma 2, o quando tale avviso non contenga l'informazione che la p.o. Può presentare opposizione alla richiesta di archiviazione, o ancora quando alla p.o. Non sia stato notificato l'avviso della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (che gli consente anche in questo caso di opporsi).

Il decreto è altresì nullo qualora il giudice trascuri completamente le doglianze della persona offesa e non si pronunci su di esse, a meno che l'opposizione fosse carente dell'indicazione delle investigazioni suppletive e le relative fonti di prova.

Il comma 2 ribadisce che l'ordinanza di archiviazione (non il decreto) emessa rispettando la procedura di cui sopra è nulla solo per mancanza della notificazione ex art. 127 comma 5.

La nullità non pronunciabile d'ufficio, ma necessita di apposito reclamo da proporre entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento.

Sul reclamo si apre un giudizio innanzi al tribunale in composizione monocratica, il quale deciderà in merito all'annullabilità o meno del provvedimento di archiviazione.

Senza spiegazioni il fatto che la norma parli prima di nullità del provvedimento, per poi prevedere l'annullabilità dello stesso da parte del tribunale.


Massime relative all'art. 410 bis Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 31601/2020

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 e 410-bis, comma 3, cod. proc. pen., anche avverso i provvedimenti di archiviazione adottati dal giudice di pace è esperibile reclamo al tribunale in composizione monocratica. (Qualifica opposizione il ricorso, GIUDICE DI PACE ROMA, 28/06/2019).

Cass. pen. n. 49395/2018

Ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato con disposizioni transitorie il passaggio dall'una all'altra, l'applicazione del principio "tempus regit actum" impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto ricorribile per cassazione, e non reclamabile innanzi al tribunale, ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, un decreto di archiviazione emesso in epoca antecedente a tale riforma, ma impugnato successivamente).

Cass. pen. n. 32508/2018

L'ordinanza di archiviazione emessa successivamente all'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 non è ricorribile per cassazione, ma è reclamabile dinanzi al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., nei soli casi di nullità previsti dall'art. 127, comma 5, cod. prod. pen. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione volto a censurare le valutazioni poste a fondamento dell'ordinanza di archiviazione escludendo, altresì, l'abnormità del provvedimento e ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 410-bis cod. proc. pen., eccepita in relazione agli artt. 3, 24 e 111, commi sesto e settimo, Cost., nella parte in cui non prevede la possibilità di proporre ricorso per cassazione per i motivi di illegittimità patologica della motivazione dell'ordinanza).

Cass. pen. n. 18847/2018

Il provvedimento di archiviazione emesso all'esito dell'udienza camerale successivamente all'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 non è ricorribile per cassazione, ma è reclamabile dinanzi al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio formale. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla persona offesa contro l'ordinanza di archiviazione escludendo, altresì, la deducibilità in sede di reclamo del vizio denunciato dal ricorrente in quanto atteneva alla violazione del contraddittorio c.d. "sostanziale", in relazione al vizio di motivazione sulla configurabilità del reato prospettato ovvero di altro reato).

Cass. pen. n. 17535/2018

E inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 410-bis cod. proc. pen., senza aver dato avviso alle parti dell'udienza fissata per la decisione sul reclamo della persona offesa avverso il provvedimento di archiviazione, potendo, in tal caso, il reclamante presentare al tribunale richiesta di revoca della decisione assunta. (In motivazione la S.C. ha altresì escluso che l'espressa previsione di non impugnabilità di siffatta ordinanza si ponga in contrasto con l'art. 24 Cost. e con gli artt. 6 e 13 Conv. EDU).

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Consulenze legali
relative all'articolo 410 bis Codice di procedura penale

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

O. M. chiede
domenica 30/04/2023
“Il caso:
querela sporta nei confronti di persona fisica (Dirigente di Ente locale) per omissioni di atti di ufficio ed illecito adempimento dei doveri di ufficio, sporta alla Proc. della Rep. di Bari tramite esposto sottoscritto anche da un avvocato, con richiesta di essere avvisato ex art. 408 cpp.

All’esito di indagini tramite interrogatori fatti dalla G. di Finanza alla persona indagata e a vari soggetti coinvolti, il Giudice per le indagini preliminari, su indicazione del Sostituto procuratore della repubblica “archivia” la pratica.

Il querelante scopre la cosa solo dopo diverso tempo recandosi presso la cancelleria del PM , ma nell’occasione apprende anche che l’avviso di tale archiviazione pur risultando “inoltrato a mezzo pec”, non é mai giunto né al querelante né al suo avvocato (con il quale peraltro il querelante ha interrotto i rapporti).

Gli stessi funzionari della cancelleria del PM ritengono la cosa inspiegabile e non sanno dare altre spiegazioni se non quella che ufficialmente anche a loro risulta che l’avviso di archiviazione non é mai giunto alla parte e/o al suo avvocato.

Domande:
1) Con quale strumento giuridico va denunciata la cosa e a chi?
(Ovviamente al fine di essere rimessi in termini per poter validamente proporre opposizione motivata ovvero istanza di prosecuzione delle indagini)
2) é obbligatoria l’assistenza di un legale oppure l’istanza può essere autonomamente proposta dal querelante?”
Consulenza legale i 04/05/2023
La risposta al primo quesito la dà direttamente la legge e, nello specifico, l’art. 410 bis del c.p.p. secondo cui l’archiviazioneè nulla se è stato omesso l’avviso della richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero.
A tal riguardo il comma 3 specifica che, in caso si configuri tale nullità, “l'interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre reclamo innanzi al tribunale in composizione monocratica, che provvede con ordinanza non impugnabile, senza intervento delle parti interessate, previo avviso, almeno dieci giorni prima, dell'udienza fissata per la decisione alle parti medesime, che possono presentare memorie non oltre il quinto giorno precedente l'udienza


Quanto al secondo quesito, l’assistenza del difensore è necessaria in quanto nel processo penale è indispensabile la difesa tecnica di un difensore e si tratta di una questione oggetto di diverse disposizioni normative e più volte ripetuta dalla giurisprudenza di legittimità.

Angelo D. M. chiede
mercoledì 19/05/2021 - Lazio
“Spettabile Brocardi.it,
Dopo un incidente stradale (scontro tra due automobili) il sottoscritto ha presentato denuncia alla Procura di XXX per lesioni ex art. 590 cp. I dettagli del procedimento penale li invio a parte, in una sintesi di due pagine. Vi invio anche la sentenza che ha chiuso il procedimento, a mio sfavore.
Quest'ultimo provvedimento del Tribunale contiene a mio parere una contraddizione interna, in quanto il giudice prima afferma che un'infondata declaratoria dell'inammissibilità dell'Opposizione può essere causa di nullità del decreto di archiviazione, ex art. 410 bis cpp, e poi, concludendo, sostiene di non poter sindacare, nel merito, il decreto di archiviazione medesimo. Vi chiedo: è possibile, da parte del Tribunale, o è assolutamente precluso, censurare alcune affermazioni di un decreto di archiviazione, quando esse siano o francamente illogiche o del tutto contrastanti con gli atti del procedimento?
In secondo luogo, se la risposta al 1° quesito è negativa (cioè il Tribunale non può censurare affermazioni del tutto illogiche o apertamente contrastanti con gli atti del procedimento) si può chiedere la riapertura delle indagini preliminari, e che chances di successo presenta questa richiesta?
Un avvocato mi ha riferito di aver ottenuto - in due occasioni della sua attività - la riapertura delle indagini, e che il reato, per cui è stato emanato il provvedimento di archiviazione, non si è ancora prescritto, ma non mi ha detto in quale articolo del codice (suppongo di procedura penale) è rubricata una siffatta riapertura delle indagini.

Grazie, cordiali saluti

Consulenza legale i 20/05/2021
Purtroppo, l’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma è corretta e non risulta contraddittoria.

Nel nostro ordinamento, vero è che l’opposizione alla richiesta di archiviazione e il reclamo sembrano essere due strumenti atti ad opporsi alla chiusura di un procedimento ma, a dire il vero, gli stessi sono finalizzati a regolare due situazioni molto diverse.

Attraverso l’opposizione alla richiesta di archiviazione, invero, si sollecita il giudice (che dovrà disporre il relativo decreto) a valutare il merito della richiesta del Pubblico Ministero potendo, dunque, la stessa essere censurata sotto diversi aspetti, anche non meramente formali.

Attraverso il reclamo, invece, come espressamente specificato dall’art. 410 bis c.p.p., si impone che il giudicante possa vagliare soltanto taluni aspetti riguardanti la mera correttezza formale del decreto di archiviazione del giudicante.
Se, dunque, tali correttezze formali sono osservate, il giudice del reclamo non può fare altro che confermare il decreto di archiviazione essendogli preclusa qualsiasi valutazione del merito del provvedimento di archiviazione.
Se lo facesse, l’ordinanza risulterebbe abnorme e, sostanzialmente, inesistente.

E questo lo dice in modo chiarissimo il Tribunale di Roma nell’ordinanza analizzata.

Il giudicante, invero, quando afferma che il giudice del reclamo può pronunciarsi in caso di “infondata declaratoria di inammissibilità dell’opposizione” non vuol di certo fare riferimento ad una declaratoria di inammissibilità errata dal punto di vista del merito, ma soltanto dal punto di vista formale.

Si faccia l’esempio del giudice che dichiara l’opposizione inammissibile perché ritiene che sia stata depositata fuori termine, errando a causa di una inesatta lettura delle notifiche.

Non a caso, il giudice del reclamo, nel caso di specie, opera una netta distinzione tra il precedente reclamo, accolto per il fatto che il giudice dell’opposizione non si era pronunciato sull’ammissibilità dell’opposizione (causa di nullità dell’art. 410 bis c.p.p.) e quello attuale, da rigettare non essendoci nessun vizio di forma censurabile alla stregua del menzionato art. 410 bis c.p.p.

Ne consegue che l’ordinanza del Tribunale di Roma analizzata è assolutamente corretta.

Quanto, invece, alla riapertura delle indagini preliminari, tale facoltà è riservata al Pubblico Ministero, come previsto dall’art. [[n414c.p.p.]] c.p.p., stando al quale il giudice può autorizzare il magistrato inquirente e riaprire le indagini preliminari laddove la richiesta sia giustificata dall’esigenza di disporre nuove investigazioni.

Ora, l’esegesi dell’articolo in parola offre diversi spunti di riflessione.

Dal tenore testuale della norma emerge in modo chiaro che la persona offesa dal reato non può, in autonomia, chiedere al GIP di consentire al Pubblico Ministero di riaprire le indagini.
La persona offesa in questione, dunque, può, tuttalpiù, interporre istanza affinché il magistrato inquirente chieda, a sua volta, la riapertura delle indagini.

Prescindendo dal fatto che, nel 99% dei casi, istanze di questo tipo vengono rigettate dal Pubblico Ministero, occorre soprattutto rilevare che ottenere l’autorizzazione del GIP alla riapertura delle indagini e tutt’altro che semplice in quanto occorre che il PM indichi degli elementi sopravvenuti che necessitino di approfondimenti investigativi.

Il presupposto per la riapertura delle indagini preliminari, dunque, non consta in una rivalutazione del materiale inquisitoria già in possesso del magistrato ma nella sopravvenienza di nuovi elementi da approfondire che potrebbero sovvertire il precedente esito investigativo.

Tale principio, seppure in un obiter dictum, è stato affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione Penale che, con la sentenza n. 9 del 22 marzo 2000, hanno chiarito che la richiesta di autorizzazione alla riapertura delle indagini non può essere formulata sulla base di una semplice rilettura del materiale indiziario utilizzato per la declaratoria di infondatezza della notizia di reato, né il relativo decreto autorizzativo può limitarsi ad assentire una diverse valutazione di quel materiale, poiché l'articolo 414 prescrive una motivazione tipizzata, centrata sull'esigenza di nuove investigazioni.

Ora, tornando al caso di specie, vi sono non pochi dubbi sul fatto che la richiesta di riapertura delle indagini potrebbe avere successo.

Fermo restando che, come anzidetto, tale richiesta non potrebbe avere ad oggetto una rivalutazione del materiale investigativo, la stessa dovrebbe concentrarsi sull’esistenza di motivi sopravvenuti che giustifichino un approfondimento investigativo.

Nel caso in parola è molto difficile individuare quali possano essere questi motivi sopravvenuti.

Dall’analisi dello storico dei fatti, invero, emerge che il Giudice procede all’archiviazione non ritenendo che vi sia stata alcuna effrazione al codice della strada da parte dall’investitore, circostanza confermata, oltre che dalle dichiarazioni dell’indagato, anche dalla CTU disposta nel procedimento penale, stando alla quale i danni riportati dalla persona offesa sono incompatibili con il sinistro che sarebbe occorso.

Stando così le cose, è davvero difficile ipotizzare che, nel caso di specie, possano subentrare nuovi elementi tali da giustificare la riapertura delle indagini anche, e soprattutto, in considerazione del corredo probatorio raccolto nell’ambito del procedimento archiviato, per vero alquanto completo.


Daniele B. chiede
giovedì 19/03/2020 - Piemonte
“Ripropongo, in termini molto più brevi, una questione che avevo già posto e che avevo poi ritirato.

Qualche anno fa sono stato indagato per il reato di cui all'art. 610 cp. Il caso fu archiviato. Recentemente, per sapere come si concluse l'archiviazione, sono andato in tribunale a richiedere il fascicolo e a copiarne alcuni atti: dopo due giorni mi hanno consegnato il fascicolo e ho constatato che né nella richiesta né nel decreto di archiviazione si menziona la notifica dell'archiviazione che il PM avrebbe dovuto mandare alla p.o. ex art. 408 comma 3-bis cpp (trattandosi di reato con violenza alla persona).
Mi è però venuto il timore che chiedendo il fascicolo, la cui consultazione deve essere autorizzata dal PM e/o dal GIP (o almeno così ho capito), io abbia "ricordato" al PM e/o al GIP che avrebbero dovuto mandare quella notifica. Temo, in particolare, che ora mandino una lettera alla p.o. con scritto, sostanzialmente, che si erano dimenticati di mandarla anni fa e che se vuole ora può proporre reclamo e opposizione all'archiviazione, in qualità di persona offesa.
La vostra spiegazione dell'art. 410 bis cpp, però, riporta che "La nullità non è pronunciabile d'ufficio, ma necessita di apposito reclamo da proporre entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento". Questo significa che non è contemplata la possibilità di mandare una lettera per così dire "retroattiva"? Ovvero, se anche PM e GIP, con la mia richiesta di visione del fascicolo, si fossero accorti della loro omissione, deve essere comunque la parte offesa ad accorgersi autonomamente dell'archiviazione e della mancata notifica, senza essere avvisata con anni di ritardo dal tribunale? Grazie.”
Consulenza legale i 23/03/2020
L’art. 408 del codice di procedura penale, al comma 3 bis, effettivamente dispone che, nel caso in cui la richiesta di archiviazione abbia ad oggetto reati commessi con violenza alla persona, la stessa debba essere necessariamente notificata alla persona offesa dal reato, a prescindere dal fatto che quest’ultima abbia chiesto di essere avvertita di tale circostanza in sede di deposito dell’atto di denuncia - querela.

Va però detto che tale disposizione opera soltanto per le richieste di archiviazione che siano state emesse dopo l’entrata in vigore della l n. 119 del 15 ottobre 2013, che ha, in parte, rivoluzionato il procedimento di archiviazione dei reati commessi con violenza alla persona.

Se così fosse, effettivamente si potrebbe incorrere nella nullità di cui all’art. 410 bis del codice di procedura penale stando al cui comma 3, nel caso in cui il decreto di archiviazione sia stato emesso senza la preventiva notifica dello stesso alla persona offesa, allora sarebbe assoggettabile a reclamo dinanzi al Tribunale in composizione monocratica.

Ebbene, sul punto, a dire il vero, il codice è alquanto laconico, nel senso che non prevede affatto le modalità attraverso le quali l’interessato – ovvero la persona offesa dal reato – possa venire a conoscenza dell’archiviazione irrituale. L’art. 410 bis, invero, si limita a dire che “l’interessato, entro quindici giorni dalla conoscenza del provvedimento, può proporre reclamo”.

Orbene, così tratteggiata la disciplina, e nel silenzio della giurisprudenza in merito, è possibile concludere come segue.

Con un buon margine di approssimazione, è francamente poco probabile che, in esito alla richiesta dell’indagato di visionare il fascicolo, il Pubblico Ministero si prenda la briga di ricontrollare un fascicolo dallo stesso archiviato per sincerarsi che la procedura sia stata corretta. Nella denegata ipotesi in cui ciò dovesse accadere, è chiaro che se, da un lato, il PM non può rinotificare la richiesta di archiviazione alla persona offesa, potrebbe però fare in modo che questa sia resa edotta della circostanza rimettendola nei termini per proporre reclamo.

D’altra parte, se anche ciò non accadesse, si tenga conto che la persona offesa potrebbe, in qualsiasi momento, fare apposita istanza di visione del fascicolo alla Procura della Repubblica e, resasi conto dell’archiviazione irrituale, proporre reclamo al Tribunale in sede.

Vero è che una simile attività avrebbe senso solo qualora non siano decorsi molti anni dalla commissione del fatto; diversamente, la persona offesa sarebbe quantomeno sciocca a agire contro l’archiviazione per un reato che, molto probabilmente, andrebbe incontro alla prescrizione.

Katia C. chiede
giovedì 22/11/2018 - Sicilia
“Buonasera, devo presentare delle memorie per un'udienza innanzi al Tribunale monocratico penale, presso cui avevo presentato reclamo. Trattasi di udienza in cui verrà deciso se rimettere la denuncia penale presentata in Procura, e opposizione al decreto di archiviazione, nuovamente al gip. In cosa dovranno consistere tali memorie? Posso aggiungere degli altri elementi a prova della denuncia originaria? Posso indicare i testi con una frase di rito? Posso indicare circostanze nuove successive alla data del mio reclamo al Tribunale monocratico?”
Consulenza legale i 03/12/2018
Per meglio rispondere al quesito giova ribadire brevemente la vicenda processuale.

Il giudice per le indagini preliminari rigettava l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata da parte della persona offesa ex art. 409 e 410 c.p.p. ritenendo l’opposizione predetta inammissibile.
Nel decreto di archiviazione il GIP infatti specificava che tale inammissibilità rilevava a seguito dell’omessa indicazione nell’atto di opposizione di taluni requisiti indispensabili per la “validità” dell’atto stesso e, nello specifico, le indagini suppletive che il pubblico ministero avrebbe dovuto fare (l’art. 410 del codice di rito specifica che “con l’opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l’oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova”).

Contro il decreto del GIP la persona offesa proponeva reclamo ex art. 410 bis, comma 3, c.p.p.

Si tratta del nuovo rimedio previsto dalla Legge Orlando contro i casi di nullità del decreto di archiviazione tramite il quale il soggetto reclamante rinvia la decisione sulla legittimità della decisione del GIP al Tribunale Monocratico e non più alla Corte di Cassazione. Il procedimento del reclamo è semplice: dopo la ricezione dello stesso viene fissata un’udienza (nel caso di specie già fissata) senza l’intervento delle parti che, però, possono depositare memorie 5 giorni prima dell’udienza predetta.

Ora, in specifica risposta al quesito posto, va rilevato che dette memorie devono essere strettamente attinenti al petitum e all’oggetto del reclamo. In poche parole dette memorie devono contestare ciò che afferma il giudice col decreto di archiviazione con specifico riferimento all’inammissibilità dell’opposizione. Sul punto è infatti estremamente chiaro l’art. 410 bis del c.p.p. nella misura in cui esamina in modo preciso i casi di nullità del decreto di archiviazione del GIP.

Quanto alle ulteriori domande poste, rispondiamo singolarmente.

Quanto alla possibilità di aggiungere altri elementi a prova della denuncia originaria o alla possibilità di indicare circostanze nuove successive alla data del mio reclamo al Tribunale monocratico, è di certo possibile farlo, ma potrebbe essere un elemento “ignorato” dal Tribunale. Come precedentemente anticipato, il reclamo ex art. 410 bis nasce per sanare le illegittimità del GIP nell’emissione del decreto di archiviazione e, dunque, non può essere ritenuto una nuova opposizione alla richiesta di archiviazione.

Detto in parole semplici, se oggetto specifico del reclamo fosse quello di sollecitare una nuova valutazione del caso da parte del Tribunale Monocratico, si avrebbe una duplicazione dell’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione difficilmente ammissibile nel sistema processuale esistente.

Lo stesso dicasi per la possibilità di indicare i testi con una frase di rito. Tale indicazione avrebbe dovuto esser fatta nel corso dell’opposizione alla richiesta di archiviazione indicando i soggetti informati sui fatti che avrebbero potuto corroborare l’accusa e, dunque, le nuove indagini e gli elementi di prova indispensabili per l’ammissibilità dell’opposizione all’archiviazione.

Si consiglia dunque di redigere la memoria di reclamo partendo prima di tutto dagli errori in cui è incorso il giudice nell’emettere il decreto di archiviazione e dunque nel ritenere inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione (nel caso di specie si dovrebbe in modo specifico contestare il GIP sul fatto che, stando al suo decreto, l’atto di opposizione sarebbe inammissibile in quanto non sarebbero ivi indicati gli elementi di prova e le indagini suppletive che il PM avrebbe dovuto fare). A quel punto, al fine di corroborare il tutto, si consiglia di aggiungere gli ulteriori elementi a prova della denuncia originaria, gli eventuali testimoni che potrebbero riferire intorno ai fatti per cui si chiede di procedere e le circostanza intervenute successivamente solo allorché abbiano stretta attinenza ai fatti del procedimento.


Mario M. chiede
mercoledì 13/06/2018 - Puglia
“Il giudice monocratico emette una dichiarazione di inammissibilità di un reclamo. All'udienza camerale è presente l'avvocato dell'imputata. Posso ricorrere in Cassazione e chiedere l'annullamento visto che non è prevista la presenza delle parti?”
Consulenza legale i 20/06/2018

L’ordinanza emessa dal giudice monocratico ex. art. 410 bis bis c.p.p. non è impugnabile in Cassazione.

Già la disposizione di legge, infatti, al comma terzo stabilisce che il giudice monocratico, nei casi di nullità previsti dai commi 1 e 2 dell'art. 410 bis bis stesso, provvede a decidere il reclamo con ordinanza non impugnabile.

Sul tema dell'impugnabilità dell'ordinanza del giudice monocratico, tuttavia, è definitivamente intervenuta una sentenza della corte di cassazione che ha chiarito che la stessa non è mai impugnabile.

In particolare, infatti, secondo la sentenza n. 17535 del 23.03.2018 della Sez. VI della Corte di Cassazione, "L'ordinanza emessa in sede di reclamo a norma dell'art. 410 c.p.p., avverso il decreto o l'ordinanza di archiviazione è provvedimento non impugnabile”.

Secondo la Cassazione, peraltro, l’impossibilità di impugnare l’ordinanza ex. art. 410 c.p.p. è perfettamente compatibile con i principi costituzionali italiani e sovranazionali.

Infatti, sia pur ai sensi dell’art. 111 comma 7 della Costituzione "contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso per violazione di legge”, la giurisprudenza penale ha sempre escluso che detta garanzia potesse operare nei confronti delle ordinanze e dei decreti di archiviazione, evidenziando che, e questo è un punto particolarmente importante, “proprio in ragione della limitata efficacia di accertamento del provvedimento di archiviazione, la persona offesa non solo può sollecitare una riapertura delle indagini anche sulla base di investigazioni difensive, ma, nonostante la decisione di non esercizio dell'azione penale, conserva "l'intatta facoltà di esercitare i propri diritti d'azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede (civile) propria" (cfr., Sez. 1, n. 9440 del 03/02/2010, Di Vincenzo, Rv. 246779).

Dovendo dunque dare risposta necessariamente negativa al suo quesito, tuttavia, pare comunque necessario interrogarsi sulla possibilità di esperire rimedi diversi dall’impugnazione in Cassazione.

In particolare, secondo l’orientamento attuale della Suprema Corte, possono essere esperiti due diversi rimedi avverso l’ordinanza emessa dal giudice monocratico ex. art. 410 c.p.p.:

  1. Istanza di revoca dell’ordinanza; dice infatti la Suprema Corte: "Innanzitutto, può osservarsi che l'ordinanza prevista dall’ art. 410 bis c.p.p., è definita come "non impugnabile", ma questo non significa "non revocabile". In altri termini, il testo normativo, se esclude l'ammissibilità dell'esperimento di un mezzo di impugnazione, come appunto il ricorso per cassazione, non risulta testualmente ostativo ad una istanza di revoca”.
  2. Istanza al Pubblico Ministero affinché riapra le indagini; dice in questo caso la Suprema Corte: “i provvedimenti in materia di archiviazione sono privi di stabilità, anche perchè, a norma dell’art. 414 c.p.p., dopo un provvedimento di archiviazione è sempre possibile la riapertura delle indagini preliminari”.

Ecco che, dunque, per rispondere alla sua domanda, non potrà proporre ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del giudice monocratico che ha deciso sul reclamo ma potrà proporre istanza di revoca o chiedere al Pubblico Ministero, qualora ve ne siano i presupposti, di riaprire le indagini.





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