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Articolo 406 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Proroga dei termini

Dispositivo dell'art. 406 Codice di procedura penale

1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, quando le indagini sono complesse, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la giustificano(1) (2).

2. La proroga può essere autorizzata per una sola volta e per un tempo non superiore a sei mesi(3).

[2-bis. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi [393 4].]

2-ter. [Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 572, 589, secondo comma, 589 bis, 590, terzo comma, 590 bis e 612 bis del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta](2)

3. La richiesta di proroga è notificata, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato [90] che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di voler esserne informata(4). Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.

4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori(5).

5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonché, nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127.

5-bis. Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 4 e 7-bis). In tali casi, il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero.

6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini.

7. Con l'ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari è già scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell'articolo 405.

8. Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazione della richiesta di proroga e prima della comunicazione del provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili, sempre che, nel caso di provvedimento negativo, non siano successivi alla data di scadenza del termine originariamente previsto per le indagini.

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


(Proroga dei termini)
1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, quando le indagini sono complesse, la proroga del termine previsto dall’articolo 405. La richiesta contiene l’indicazione della notizia di reato e l’esposizione dei motivi che la giustificano.
2. La proroga può essere autorizzata per una sola volta e per un tempo non superiore a sei mesi.
2-bis. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi.
2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 572, 589, secondo comma, 589 bis, 590, terzo comma, 590 bis e 612 bis del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta.

[omissis]

__________________

(1) Rubrica modificata dall'art. 22, co. 1, lett. b) n. 1) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia"). La precedente rubrica era "Proroga del termine".
(2) Comma modificato dall'art. 22, co. 1, lett. b) n. 2) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, c.d. "Riforma Cartabia". Nella previgente formulazione, la norma prevedeva che il pubblico ministero, prima della scadenza, potesse chiedere al giudice una prima proroga del termine per giusta causa. Ad oggi, invece, il pubblico ministero può avanzare richiesta di proroga dei termini solo quando le indagini sono complesse.
(3) Comma sostituito dall'art. 22, co. 1, lett. b) n. 3) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, c.d. "Riforma Cartabia".
(4) Si instaura così un contraddittorio di tipo cartolare, fortemente condizionato dalla limitata conoscenza che indagato e offeso possono vantare a riguardo degli atti di indagine compiuti dalla parte pubblica.
(5) Secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza, tale rinvio alle forme del rito in camera di consiglio ex art. 127 deve essere colto nel senso di una esclusione dell'impugnabilità dell'ordinanza.

Ratio Legis

La previsione di un termine per la fase delle indagini preliminari risponde a due esigenze:
  • da una parte, quella di ridurre i tempi dell’indagine preliminare, nel rispetto del principio della durata ragionevole del processo ex art. 111 Cost. (sia per contenere i costi dell’amministrazione della giustizia, sia per rendere più proficua la successiva attività di acquisizione probatoria, avvicinando l’assunzione dibattimentale della prova al momento del fatto di reato);
  • dall’altra parte, quella di garantire l’osservanza del principio di obbligatorietà dell’azione penale, fissando preventivamente il momento nel quale andranno attivati i rimedi per sopperire all'inerzia del pubblico ministero.

Spiegazione dell'art. 406 Codice di procedura penale

L’art. 406 c.p.p. regolamenta la proroga dei termini di durata delle indagini preliminari.

I termini delle indagini preliminari vanno rispettati perché, di regola, scatta l’inutilizzabilità degli atti investigativi compiuti dopo la scadenza del termine, ai sensi del comma 3 dell’art. 407 del c.p.p..

Entro tali termini, il pubblico ministero deve assumere le proprie determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale: cioè, o richiede l’archiviazione o esercita l’azione penale. Però, se risulta necessario indagare più a lungo, il pubblico ministero, prima della scadenza dei predetti termini, può chiedere al giudice la proroga degli stessi.

La riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022) ha fortemente modificato la disciplina della proroga dei termini di indagine.

In base alla precedente formulazione dell’art. 406 c.p.p., prima di ogni scadenza, il pubblico ministero poteva richiedere la proroga del termine per le indagini preliminari e il giudice provvedeva con ordinanza.
Potevano esserci più proroghe, fino a raggiungere il termine massimo di durata delle indagini.
Il pubblico ministero poteva motivare la richiesta della prima proroga con una generica “giusta causa”. Poi, il pubblico ministero poteva richiedere successive proroghe “nei casi di particolare complessità delle indagini” o “di oggettiva impossibilità di concludere entro il termine prorogato”. Ogni proroga poteva essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi.

Invece, gli attuali commi 1 e 2 dell’art. 406 c.p.p. (come modificati dalla riforma Cartabia) stabiliscono che il pubblico ministero può chiedere al giudice la proroga dei termini per le indagini preliminari una sola volta e per un tempo non superiore a sei mesi.
Attualmente, il pubblico ministero può richiedere la proroga solo “quando le indagini sono complesse” e la richiesta deve contenere “l’indicazione della notizia di reato e l’esposizione dei motivi che la giustificano”.

Il codice di rito disciplina la procedura avente ad oggetto la proroga dei termini:

Ai sensi del comma 3, il giudice cura che la richiesta di proroga sia notificata all’indagato e alla persona offesa (quando quest’ultima abbia dichiarato di volerne essere informata nella notizia di reato o successivamente). Con la richiesta, l’indagato e la persona offesa sono anche avvisato che possono presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione.

Entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie, il giudice decide. In modo particolare:
  • il comma 4 prevede che, se ritiene che allo stato degli atti si debba concedere la proroga, il giudice autorizza la proroga inaudita altera parte (ossia, si pronuncia in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori);
  • secondo il comma 5, se ritiene che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice fissa la data dell’udienza in camera di consiglio (nelle forme dell'art. 127 del c.p.p.) e ne fa notificare l’avviso al pubblico ministero, all’indagato e alla persona offesa.

Il comma 5-bis stabilisce che i commi 3, 4 e 5 non trovano applicazione se il pubblico ministero chiede la proroga dei termini per indagini quando si procede per i delitti indicati dal comma 3-bis dell'art. 51 del c.p.p. e dal comma 2, lett. a) nn. 4) e 7-bis) dell'art. 407 del c.p.p. (ossia, delitti di criminalità mafiosa e reati assimilati): in questi casi, entro dieci dalla presentazione della richiesta di proroga, il giudice decide sempre de plano (senza udienza), dando comunicazione solo al pubblico ministero. Dunque, in tali ipotesi, anche quando ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice decide comunque senza udienza.

Il comma 6 poi stabilisce che la decisione sulla proroga (di accoglimento o di rigetto) viene presa dal giudice con ordinanza non impugnabile.

Per il comma 7, qualora il giudice respinga la richiesta di proroga, allora il pubblico ministero deve decidere se richiedere l’archiviazione oppure esercitare l’azione penale. Però, se il termine per le indagini preliminari è già scaduto, il giudice fissa “un termine non superiore a dieci giorni” per la formulazione delle richieste del pubblico ministero.

Infine, come detto, in generale, gli atti di indagine posti in essere dopo la scadenza del termine per le indagini sono inutilizzabili (comma 3 dell'art. 407 del c.p.p.). Però, ai sensi del comma 8 dell’art. 406 c.p.p., gli atti investigativi realizzati dopo la scadenza del termine sono comunque utilizzabili nel caso in cui il pubblico ministero abbia presentato la richiesta di proroga prima della scadenza e il giudice abbia poi concesso la proroga (anche dopo la scadenza).

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Si è intervenuti sugli articoli 406 e 407 del codice, rispettivamente dedicati alla proroga dei termini di indagine e alla loro durata massima. La prima disposizione, direttamente investita dalle novità introdotte dalla delega, è stata modificata nel comma 1, al fine di sostituire la complessità delle indagini alla «giusta causa» attualmente prevista quale presupposto per la richiesta di proroga formulata dal P.M.


La possibilità di richiedere solo una volta la proroga del termine ha inoltre comportato la sostituzione del comma 2, la soppressione dei commi 2 bis e 2 ter, nonché un intervento di adattamento della previsione dell’art. 407, comma 1.

Massime relative all'art. 406 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 5782/2013

La richiesta di proroga del termine per la conclusione delle indagini preliminari, da notificare all'indagato per consentirgli di controdedurre, deve contenere, ai sensi dell'art. 406 cod. proc. pen., l'indicazione della notizia di reato - senza che siano necessarie indicazioni temporali e spaziali del fatto né delle norme che si intendono violate in concreto - e l'esposizione dei motivi che giustificano la proroga, i quali costituiscono l'oggetto del contraddittorio.

Cass. pen. n. 48430/2008

L'ordinanza del G.i.p. che decide sulla richiesta di proroga del termine per la conclusione delle indagini preliminari non è impugnabile, neppure attraverso il ricorso per cassazione.

Cass. pen. n. 9943/2007

L'interesse ad impugnare un'ordinanza di applicazione di misura cautelare persiste in capo all'indagato rimesso in libertà, purché egli manifesti, in termini positivi ed univoci, l'intenzione di utilizzare in futuro la pronuncia richiesta ai fini dell'azione di riparazione per l'ingiusta detenzione: intenzione che, nel giudizio di cassazione, può essere comunicata dal difensore direttamente in udienza o con memoria scritta. Il meccanismo previsto dall'art. 405, comma 1 bis, c.p.p., introdotto dall'art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, che collega la richiesta di archiviazione del pubblico ministero alla pronuncia della Corte di cassazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, non determina sempre e comunque l'interesse all'impugnazione da parte della persona sottoposta alle indagini sul presupposto che la decisione della Corte di cassazione condizionerà la scelta del P.M., in quanto i casi in cui la decisione investe la sussistenza dei gravi indizi sono rari, riguardando il controllo di legittimità, in genere, la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al fumus commissi delicti, a meno che non si tratti di ricorso per saltum che annulli l'ordinanza coercitiva senza rinvio o di rigetto del ricorso del P.M. avverso l'ordinanza di revoca emessa dal tribunale della libertà. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 4447/2007

A seguito dell'entrata in vigore del comma 1 bis dell'art. 405 c.p.p., introdotto con L. n. 46 del 2006, la decisione della Corte di cassazione sulla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. comporta l'obbligo del P.M. di richiedere l'archiviazione del procedimento penale avviato, se non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico dell'indagato. L'interesse alla decisione della Cassazione, perciò, non può essere automaticamente escluso nel caso appena descritto, e però, stante il criterio di attualità e concretezza con cui deve essere analizzato tale requisito, si pretende che esso sia stato dedotto e giustificato dal ricorrente.

Cass. pen. n. 13041/2006

È legittima, da parte del Gip che autorizza la prosecuzione delle indagini nei procedimenti contro ignoti, l'apposizione del termine di sei mesi di cui all'art. 406, comma 2 bis, c.p.p., dovendosi applicare a detti procedimenti, per il rinvio operato dall'art. 415, comma 3, c.p.p., la disciplina prevista per la definizione delle indagini nei procedimenti contro soggetti noti.

Cass. pen. n. 28124/2004

Le prove acquisite dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari, ma in relazione alle quali risulta tempestivamente richiesta la proroga dal P.M., autorizzata dopo la chiusura delle indagini e durante la pendenza del procedimento innanzi al Gup, sono utilizzabili, atteso che ciò che rileva è il controllo da parte del Gip sull'operato del P.M. e sulle ragioni che rendono legittima la proroga, con l'unico limite della assenza di una pronuncia decisoria da parte del giudice in relazione al procedimento.

Cass. pen. n. 25458/2004

In tema di misure cautelari personali, la durata massima della custodia nella fase delle indagini preliminari è aumentata, ai sensi dell'art. 303, comma primo lett. a) nn. 2 e 3, c.p.p., da sei mesi ad un anno per i delitti consumati indicati nell'art. 407, comma secondo lett. a) n. 7 bis, c.p.p., ma rimane ferma a mesi sei per gli stessi delitti ove integrati a livello di tentativo, ostandovi il principio di tassatività ed atteso che ove il legislatore ha voluto ricomprendervi i delitti tentati, come nel n. 2 della stessa lett. a) del comma secondo del citato art. 407, ciò è avvenuto espressamente

Cass. pen. n. 37565/2002

I termini di durata delle indagini preliminari previsti dall'art. 407 c.p.p. non hanno più ragione di operare una volta che, all'esito di dette indagini, il pubblico ministero abbia formulato le proprie richieste conclusive. Pertanto, pur quando, a cagione della mancata osservanza dei summenzionati termini, il giudice per le indagini preliminari abbia respinto una richiesta di proroga avanzata ai sensi dell'art. 406 c.p.p., nulla vieta che lo stesso giudice, a fronte della successiva richiesta di archiviazione, respinga anche tale richiesta per la ritenuta necessità di ulteriori indagini e, ai sensi dell'art. 409, comma 4, c.p.p., le indichi al pubblico ministero, fissando il relativo termine per il loro compimento; termine che rimane quindi, a questo punto, l'unico al quale l'organo dell'accusa deve attenersi.

Cass. pen. n. 34460/1998

La notificazione della richiesta di proroga delle indagini di cui all'art. 406 c.p.p. mira a realizzare il contraddittorio cartolare fra le parti, che il P.M. non deve impedire qualora l'organo dell'accusa sia in possesso, oltre che delle generalità, anche della indicazione del domicilio della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, indicazione eventualmente già comunicata dalla polizia giudiziaria (art. 347 c.p.p.) ovvero altrimenti acquisita direttamente dallo stesso P.M. (art. 330 c.p.p.). Pertanto, tale indicazione deve, se già emergente dagli atti dell'indagine, essere precisata nella richiesta, formulata ai sensi della seconda parte del primo comma dell'art. 406 c.p.p. Ne consegue ulteriormente che, in presenza di istanza del P.M. di proroga del termine delle indagini preliminari, che non contenga anche l'indicazione di almeno alcuno dei luoghi riferibili alla persona nei cui confronti si procede né altra indicazione sulla impossibilità di acquisizione del dato in questione, non è abnorme il provvedimento con il quale il G.i.p., investito della istanza, richieda all'organo dell'accusa di fornire, eventualmente, il dato mancante, necessario per la notificazione ex art. 406, comma terzo, c.p.p.

Cass. pen. n. 146/1997

Le prove acquisite dopo la scadenza del termine ordinario di durata massima delle indagini preliminari sono utilizzabili, qualora successivamente intervenga la proroga delle medesime, che ha effetto sanante

Cass. pen. n. 2726/1996

È abnorme il provvedimento col quale il Gip, richiesto di prorogare il termine delle indagini preliminari, rigetta la richiesta ed assegna al P.M. il termine di cui all'art. 406, settimo comma c.p.p., non già per la formulazione delle richieste a norma dell'art. 405 c.p.p., bensì per l'emissione del decreto di citazione a giudizio.

Cass. pen. n. 1851/1996

Non può considerarsi abnorme il provvedimento di rigetto della richiesta di proroga emesso dal Gip senza fissare l'udienza camerale prevista dall'art. 406 comma quinto c.p.p. Il provvedimento emesso de plano è perciò, al pari di quello di diniego della proroga emesso all'esito della procedura camerale, inoppugnabile.

Cass. pen. n. 659/1996

Non è abnorme il provvedimento con il quale il Gip concede la proroga del termine delle indagini preliminari per un tempo già scaduto al momento dell'autorizzazione, poiché una tale limitazione rientra nella discrezionalità del giudice e realizza la ratio dell'art. 406, comma 2 bis c.p.p., rendendo utilizzabili gli atti eventualmente compiuti nel tempo intermedio. (Fattispecie nella quale l'istanza di proroga era stata presentata in prossimità della scadenza del termine di cui all'art. 405 c.p.p.).

Cass. pen. n. 4416/1995

L'ordinanza del Gip che decide sulla richiesta del P.M. di proroga del termine delle indagini preliminari è inoppugnabile non essendo avverso la medesima esperibile neppure il ricorso per cassazione; il richiamo operato dall'art. 406 comma quinto c.p.p. (in tema di provvedimenti sulla richiesta di archiviazione) alle forme previste dall'art. 127 c.p.p. riguarda esclusivamente le regole di svolgimento dell'udienza e non comporta ricezione completa del modello procedimentale descritto nella norma richiamata, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità; d'altro canto siffatto richiamo manca per il provvedimento pretorile né, con riferimento a quest'ultimo, potrebbe assumersi che l'interesse al promovimento dell'azione penale non troverebbe tutela a norma dell'art. 409 c.p.p., che riguarda esclusivamente il procedimento dinanzi a tribunale, attraverso l'indicazione da parte del Gip di un termine indispensabile per lo svolgimento di ulteriori indagini: deve infatti considerarsi che la Corte costituzionale con la sentenza del 12 ottobre 1990 n. 445 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 554, secondo comma, c.p.p. relativo al procedimento pretorile nella parte in cui non prevede un analogo potere del Gip.

Cass. pen. n. 2491/1994

Ai fini della concessione della proroga dei termini di custodia cautelare, non è sufficiente l'implicito e generico riferimento alla richiesta avanzata dal pubblico ministero per ottenere dal giudice per le indagini preliminari altri sei mesi di proroga per le indagini, ove i motivi indicati in quest'ultima istanza non siano stati riportati anche in quella relativa alla proroga della custodia cautelare e nella relativa ordinanza del Gip, sulla quale deve intervenire, nel contraddittorio delle parti, il riesame del tribunale. (Fattispecie relativa a rigetto di ricorso del P.M. avverso ordinanza di riesame che aveva revocato l'ordinanza di custodia cautelare, negando la proroga dei termini in quanto il P.M. non accennava ad ulteriori indagini da compiere).

Cass. pen. n. 4163/1993

È abnorme il provvedimento di «proroga a tempo determinato delle indagini contro ignoti». Un tale provvedimento, infatti, non è previsto dall'ordinamento neppure sotto il profilo della sua ordinaria impugnabilità, in quanto avulso da un predisposto schema normativo.

Cass. pen. n. 4331/1993

Poiché una pronuncia giudiziale può definirsi provvedimento abnorme quando abbia un contenuto del tutto anomalo, sostanziandosi in una decisione che, per la irregolarità o stranezza della sua portata, si ponga al di fuori, non solo delle singole norme, ma anche dell'intero sistema processuale, deve escludersi che la fissazione di un termine per il compimento delle indagini nel procedimento contro ignoti dia luogo ad una simile tipologia di provvedimento. Ciò sia perché l'illegittimità non si riflette sul potere-dovere di proseguire le indagini da parte del pubblico ministero (vitiatur, sed non vitiat) sia perché l'inammissibilità del ricorso per cassazione a causa dell'inoppugnabilità, sotto ogni profilo, del provvedimento in questione non pregiudicherebbe il diritto del pubblico ministero di far valere eventualmente i vizi in sede di merito: ove mai, individuato l'autore del reato, lo stesso dovesse attestarsi sulla tutela degli artt. 406 e 407, eccependo l'inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti per la sua individuazione oltre il termine posto dal giudice nel provvedimento impugnato

Cass. pen. n. 17/1992

Il rinvio all'art. 127 c.p.p. operato in altre norme dello stesso codice con la formula «secondo le forme previste» o con altre equivalenti riguarda le regole di svolgimento dell'udienza camerale, ma non implica, di per sé, la ricezione completa del modello procedimentale descritto in questa norma, ivi compreso il ricorso in sede di legittimità, tanto che per diverse disposizioni contenenti tale rinvio il legislatore ha previsto espressamente quel rimedio. (Sulla scorta del principio di cui in massima la Cassazione ha escluso l'ammissibilità del ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con la quale il Gip decide sulla richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari a seguito di procedimento in camera di consiglio ai sensi del quinto comma dell'art. 406 c.p.p.).

L'ordinanza del Gip che decide sulla richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari è inoppugnabile, non essendo esperibile avverso di essa neppure il ricorso per cassazione. (La Cassazione ha peraltro evidenziato che l'enunciato principio, da un lato, non pregiudica il diritto dell'indagato di far valere gli eventuali vizi verificatisi nel procedimento relativo alla proroga potendo gli stessi essere comunque eccepiti nell'udienza preliminare al fine di far dichiarare l'inutilizzabilità degli atti di indagine effettuati nel termine prorogato, e, dall'altro, non implica che rimanga senza tutela l'interesse pubblico al promovimento dell'azione penale potendo tale interesse essere perseguito o a norma dell'art. 409, comma quarto, c.p.p., attraverso l'indicazione da parte del Gip, investito dalla richiesta di archiviazione, di un termine indispensabile per lo svolgimento di ulteriori indagini, o a norma dell'art. 414 stesso codice, attraverso la riapertura delle indagini).

Cass. pen. n. 1152/1992

Nel caso in cui, dopo nuove indagini ed emergenze, si sia proceduto legittimamente a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, è dalla data relativa a quest'ultima che decorre il termine semestrale per il compimento delle indagini preliminari, previsto dall'art. 405, secondo comma, c.p.p., e, conseguentemente, è a tale data che occorre fare riferimento al fine di valutare la tempestività (o non) dell'eventuale richiesta di proroga del suddetto termine ex art. 406, primo comma, stesso codice, essendo la precedente iscrizione superata dalle successive vicende processuali.

Cass. pen. n. 1036/1992

In tema di proroga del termine stabilito per il compimento delle indagini preliminari, soltanto se la richiesta di proroga è pervenuta al Gip prima che il termine sia scaduto, questi è tenuto o a concedere la proroga ovvero, qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concederla, a provvedere a norma del quinto comma dell'art. 406 c.p.p. Nel caso in cui, invece, la richiesta pervenga al Gip quando il termine è già scaduto, detto giudice, atteso il chiaro disposto del settimo comma del succitato articolo, non può che fissare un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del P.M. a norma dell'art. 405 c.p.p.

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relative all'articolo 406 Codice di procedura penale

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Alberto V. chiede
mercoledì 03/06/2020 - Estero
“Ho ricevuto notifica in data 26/02/2018 di Richiesta di Proroga del termine per le indagini preliminari - art 406 c.c.p- di cui riporto il testo in seguito:
Il Pubblico Ministero visti gli atti del procedimento indicato in epigrafe nei confronti di:
xxxxx
per reato di cui all'art 648 bis c.p.
Commesso in data 29 maggio 2017
Rilevato che alla data del 24 febbraio 2018 scade il termine di sei mesi da quanto il nome dell'indagato e' stato iscritto nel registro notizie di reato;
ritenuto che entro tale termine non possono concludersi le indagini preliminari in quanto il carico del lavoro dell'ufficio del PM rende impossibile concludere entro il termine e che si rende necessario espledare ulteriori accertamenti.
Chiede
la proroga del termine di scadenza sino alla data del 24 settembre 2018 mandando alla segreteria per gli adempimenti. "

Dopo tale data non ho ricevuto nessun altra comunicazione(26/02/2018). Quando posso ritenere di non ricevere ulteriori comunicazioni in merito e dar per certa l'archiviazione?
Grazie”
Consulenza legale i 06/06/2020
Per rispondere al quesito, bisogna innanzi tutto chiarire quanto segue.

La richiesta di proroga delle indagini preliminari è un atto dovuto che il pubblico ministero è tenuto a predisporre ogni qualvolta si renda conto che non riesce a concludere le sue investigazioni nei canonici 6 mesi.

Senza entrare nel dettaglio dell’art. 406 del codice di procedura penale, in tal sede basti sapere che, in genere, qualsiasi pubblico ministero chiede la proroga delle indagini preliminari almeno una volta e, anche nei casi in cui il procedimento sia minimamente complesso, due volte, per una durata complessiva delle indagini di 18 mesi ca.

Il problema sta, però, nel fatto che dette proroghe possono anche non essere comunicate all’indagato, senza che si verifichi alcuna irregolarità.
Per tale ragione, l’unico modo di sapere se un procedimento penale è stato archiviato è quello di accedere in Procura ed effettuare la richiesta dello “stato del procedimento” che, come suggerisce la locuzione stessa, ci dice a che punto è il procedimento penale (se è ancora in indagini, se è stata esercitata l’azione penale oppure se è stata richiesta l’archiviazione).

Per conoscere tale informazione, dunque, è sbagliato fare affidamento sulle proroghe delle indagini anche per il fatto che, spesso, passa del tempo prima che il Pubblico Ministero concluda le indagini e decida cosa fare nel caso specifico.

Si noti, poi, che non è il Pubblico Ministero che archivia il procedimento, in quanto a ciò deputato è soltanto il giudice delle indagini preliminari che emette il decreto a seguito della richiesta del PM. Ciò, inevitabilmente, comporta un grosso sfasamento temporale tra il momento in cui vengono chiuse le indagini preliminari e il momento in cui il procedimento venga effettivamente archiviato mediante decreto del GIP.

Serena C. chiede
mercoledì 11/05/2016 - Lombardia
"Buongiorno abbiamo ricevuto in data odierna da ufficiale giudiziario atto da parte della procura della repubblica una richiesta di proroga termini indagini preliminari, per un procedimento iscritto nei confronti di mio padre per il reato art. 650 c.p. commesso in data 11/05 /2015 in G. (del quale non sappiamo nulla).
rilavato :
- che il 26/04/2016 scade il termine per le indagini preliminari
- che entro tale termine non possono concludersi le indagini preliminari in quanto si resta in attesa dell'esito delle indagini delegate alla ASL di Milano 2
ritenuta
pertanto la sussistenza di una giusta causa
visto
l'art. 406 c.p.p.
chiede
la proroga del sopraindicato termine di scadenza per un tempo di mesi 6.
etc. "

La mia domanda è cosa dobbiamo fare? visto che fino ad oggi non abbiamo ricevuto mai nessun altro avviso e non sappiamo di cosa si sta parlando?
Grazie”
Consulenza legale i 19/05/2016
Nel caso di specie, un soggetto apprende di essere indagato per il reato di cui all'art. 650 del c.p. - ovvero per asserita inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità - tramite la ricezione della notifica della richiesta di proroga delle indagini preliminari formulata dal Pubblico Ministero all'Ufficio del Giudice per le indagini preliminari.
Tale facoltà è infatti consentita al Pubblico Ministero, come indicato nella stessa comunicazione pervenuta all'indagato, dall'art.406, comma 1, del c.p.p., il quale stabilisce che:
"Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la giustificano".
Effettivamente è possibile che un soggetto venga a conoscenza dello svolgimento di indagini a suo carico solamente tramite tale comunicazione poiché, la fase delle indagini preliminari costituisce una fase propedeutica ad un eventuale procedimento penale ed in questa fase, la tutela del diritto di difesa dell'indagato è sancita dall'art. 369 del c.p.p., il quale prevede che "solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia".
Pertanto, in seguito alla ricezione della richiesta di proroga delle indagini - come avvenuto nel caso di specie - l'indagato avrebbe potuto presentare delle memorie entro il termine brevissimo di cinque giorni, come previsto dall'art. 406, comma 3, del c.p.p.:
"La richiesta di proroga è notificata, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie".
In ogni caso, allo stato attuale, l'indagato potrebbe presentare una richiesta di informazioni al competente Ufficio della Procura della Repubblica. Il Procuratore della Repubblica valuterà tale domanda e potrà decidere se rilasciare o meno informazioni (in relazione alla eventuale esigenza di segretazione delle indagini).
In ogni caso, si consideri che l'art. 415 bis del c.p.p. prevede che il P.M. debba notificare all'indagato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari. In particolare: "1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore nonché, quando si procede per il reato di cui agli articoli 572 e 612-bis del codice penale, anche al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa avviso della conclusione delle indagini preliminari".
L'art. 415-bis c.p.p. stabilisce altresì che:
"L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.
L'avviso contiene altresí l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonchè di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi".
Per concludere, nell'immediato si potrebbe tentare di ottenere informazioni direttamente presso la Procura della Repubblica, meglio se tramite un legale di fiducia.
In secondo luogo, in ogni caso, in seguito alla notifica dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari, l'indagato avrà certamente modo di fare valere il suo diritto di difesa.