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Articolo 363 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Interrogatorio di persona imputata in un procedimento connesso

Dispositivo dell'art. 363 Codice di procedura penale

1. Le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono interrogate dal pubblico ministero sui fatti per cui si procede nelle forme previste dall'articolo 210 commi 2, 3, 4 e 6(1).

2. La disposizione del comma 1 si applica anche alle persone imputate di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b)(2).

Note

(1) Tale comma è stato modificato dall’art. 8, comma 2, della l. 1 marzo 2001, n. 63.
(2) Si tratta dei casi in cui la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza.

Ratio Legis

Tale disposizione trova il proprio fondamento nella considerazione che il P.M. riveste il ruolo di titolare delle indagini preliminari.

Spiegazione dell'art. 363 Codice di procedura penale

La norma in commento disciplina in particolare l'interrogatorio di persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 e le persone imputate in un reato collegato a quello per cui si procede di cui all'art. 371 comma 2 lett. b).

Tale interrogatorio segue la disciplina dell'art. 210, il che significa:


  • che al dichiarante va garantita l'assistenza difensiva;

  • che il dichiarante ha facoltà di non rispondere e di ciò deve essere avvertito;

  • che se il dichiarante è imputato o indagato di reato connesso ex art. 12 lett. c) o di reato collegato ex art. 371 comma 2 lett. b) e non ha precedentemente reso dichiarazioni concernenti responsabilità dell'indagato, il p.m. lo deve avvertire che potrebbe assumere le cesti di testimone assistito ex art. 197 bis.

Massime relative all'art. 363 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 32841/2009

È incompatibile con l'ufficio di testimone la persona, già denunciata per la commissione di un fatto reato, che venga esaminata, su tale fatto, come persona offesa nel procedimento di calunnia nei confronti del proprio accusatore dovendo essa assumere, in relazione al collegamento probatorio tra i due reati, la veste di imputato di reato connesso o, ricorrendone le condizioni, di testimone assistito. (Annulla con rinvio, App. Trieste, 17 Maggio 2006).

Cass. pen. n. 29770/2009

Sono inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona offesa di un reato la quale sia anche indagata per altro reato connesso o probatoriamente collegato al precedente e che venga sentita in qualità di testimone invece che con le garanzie riservate all'imputato di reato connesso ovvero, qualora ne sussistano i presupposti, nella veste di testimone assistito. (Fattispecie relativa alla ritenuta inutilizzabilità nel giudizio abbreviato delle dichiarazioni rese in qualità di persona informata sui fatti dalla vittima di un'estorsione, già incriminata per favoreggiamento degli autori della medesima). (Annulla senza rinvio, App. Palermo, 23 gennaio 2008).

Cass. pen. n. 47363/2008

La persona offesa di un reato che sia anche imputata di altro reato commesso in danno dell'offensore da considerare quindi collegato ai sensi dell'art. 371 comma secondo lett. b) cod. proc. pen. deve essere sentita non come teste ma nelle forme di cui all'art. 210 comma sesto cod. proc. pen. e le dichiarazioni rese vanno valutate secondo la regola dettata dall'art. 192 comma terzo cod. proc. pen. (Nella fattispecie, relativa al reato di ingiuria, la Corte ha annullato sul punto la sentenza del Giudice di Pace che aveva affermato la responsabilità dell'imputato - senza alcun altro riscontro - sulla base delle sole dichiarazioni della persona offesa imputata di reato "reciproco" commesso in unità di tempo e di luogo ai danni del ricorrente). (Annulla in parte con rinvio, Giud.pace Lecce, 30 maggio 2008).

Cass. pen. n. 39050/2007

Le dichiarazioni rese dall'imputato di reato collegato, (art. 371, comma secondo lett. b), cod.proc.pen.) e non ancora definitivamente giudicato, non sono utilizzabili ex art. 64, comma terzo bis, cod.proc.pen., quando egli sia sentito in veste di testimone e non già in qualità di testimone assistito e con le garanzie previste dall'art. 197 bis cod.proc.pen., tra le quali vi è la facoltà di non deporre sui fatti che concernono non solo la propria responsabilità ma anche quella dei terzi. (Annulla con rinvio, App. Ancona, 22 Febbraio 2007).

Cass. pen. n. 13308/2003

Sussiste il collegamento probatorio previsto dall'art. 371, comma secondo, lett. b) cod. proc. pen., che dà luogo all'incompatibilità con l'ufficio di testimone ai sensi dell'art. 197 lett. a) cod. proc. pen., allorché vi sia anche un semplice rapporto di influenza di una prova, intesa come elemento di giudizio o di valutazione, su di un'altra prova. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto non punibile a norma dell'art. 384 cod. pen. per il reato di falsa testimonianza il ricorrente che, sentito come testimone in un procedimento per oltraggio nei confronti di pubblico ufficiale, aveva confessato di aver anch'egli insultato quest'ultimo, sul rilevo che, avendo assunto la qualità di persona indagata per un reato probatoriamente collegato, non poteva più essere ulteriormente esaminato come teste).

Cass. pen. n. 29178/2003

In materia di dichiarazioni indizianti al fine di individuare la qualificazione da attribuire al soggetto che rende dichiarazioni nel processo e farne derivare la eventuale inutilizzabilità ovvero il tipo d'apprezzamento che bisogna farne, occorre avere riguardo alla qualifica in quel momento da attribuire allo stesso secondo il tipo di interesse personale specifico che la legge vuole sia protetto con la particolare disciplina prevista dall'art. 210 c.p.p., sempre che la qualifica medesima di imputato o indagato del medesimo reato ovvero di reato connesso presenti i requisiti della concretezza e della attualità e non appaia meramente astratta e potenziale, con riferimento ad eventuali successivi accertamenti o ad altri sviluppo investigativi.

Cass. pen. n. 554/1998

Al pubblico ministero non è consentito assumere le informazioni di cui all'art. 362 c.p.p. dal coindagato o dall'indagato di reato connesso ovvero probatoriamente collegato a quello per il quale si indaga, ostandovi il disposto dell'art. 197, lettere a) e b), c.p.p.; ne consegue che le dichiarazioni rese dalla persona che avrebbe dovuto essere sentita come indagata (con le relative forme) sono inutilizzabili, ai sensi del secondo comma dell'art. 63 c.p.p., oltre che contro chi le ha rilasciate, anche nei confronti del terzo chiamato in correità o reità ove attengano al medesimo reato ascritto al terzo o a reato connesso o collegato.

Cass. pen. n. 3444/1997

In materia di dichiarazioni indizianti al fine di individuare la qualificazione da attribuire al soggetto che rende dichiarazioni nel processo e farne derivare la eventuale inutilizzabilità ovvero il tipo d'apprezzamento che bisogna farne, occorre avere riguardo alla qualifica in quel momento da attribuire allo stesso secondo il tipo di interesse personale specifico che la legge vuole sia protetto con la particolare disciplina prevista dall'art. 210 c.p.p., sempre che la qualifica medesima di imputato o indagato del medesimo reato ovvero di reato connesso presenti i requisiti della concretezza e della attualità e non appaia meramente astratta e potenziale, con riferimento ad eventuali successivi accertamenti o ad altri sviluppo investigativi.

Cass. pen. n. 1203/1996

Il divieto di utilizzazione "erga omnes" delle dichiarazioni rese in assenza delle garanzie difensive da persona che sin dall'inizio doveva essere sentita in qualità di imputato o di persona sottoposta a indagini, sancito dall'art. 63 comma 2 c.p.p., si applica anche alle dichiarazioni rese da indagato o imputato di reato connesso o collegato ai sensi dell'art. 371 comma 2, lett. b).

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