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Articolo 416 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Presentazione della richiesta del pubblico ministero

Dispositivo dell'art. 416 Codice di procedura penale

1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice(1). La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso previsto dall'articolo 415 bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'articolo 415 bis, comma 3.

2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate [357-373] e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari [294, 401](2). Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato [253] sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove [259].

2-bis. [Qualora si proceda per i reati di cui all'articolo 589, secondo comma, e 589 bis del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari](3).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


[omissis]
2-bis. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 589-bis del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari.

__________________

(1) Il P.M. esercita l'azione penale attraverso la richiesta di rinvio a giudizio nei procedimenti per i reati di competenza della corte d'assise e del tribunale collegiale e nei procedimenti per i reati di competenza del tribunale monocratico diversi da quelli menzionati nell'art. 550
(2) Si tratta del fascicolo del P.M., il quale in ogni caso può, ai fini di indagine, trattenere copia della documentazione e degli atti trasmessi al giudice.
(3) Comma abrogato dall'art. 98, co. 1, lett. a) del d.lgs. n. 150 del 2022 (c.d. riforma "Cartabia"). L'abrogazione del comma 2-bis dell'art. 416 c.p.p. deve essere letta alla luce dell'introduzione dell'art. 407-bis c.p.p., che prevede i termini per l'esercizio dell'azione penale.

Ratio Legis

Questa disposizione riflette quanto disposto dal principio di obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost.: in virtù di tale principio, il pubblico ministero – ricevuta la notizia di reato e in presenza di precisi presupposti definiti ex lege – è tenuto ad esercitare l’azione penale.

Spiegazione dell'art. 416 Codice di procedura penale

L’art. 416 c.p.p. disciplina la presentazione della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero.

La richiesta di rinvio a giudizio è l’atto con cui il pubblico ministero esercita l’azione penale nel procedimento penale ordinario: con questo atto, il pubblico ministero chiede al giudice che l’imputato sia chiamato a rispondere in dibattimento del reato descritto nel capo di imputazione.

La decisione in merito alla richiesta del pubblico ministero viene adottata all’esito della cd. udienza preliminare, celebrata da un magistrato appartenente all’ufficio del giudice per le indagini preliminari (ma non lo stesso magistrato che ha svolto le funzioni di g.i.p. nel medesimo procedimento, ai sensi del comma 2-bis dell’art. 34 del c.p.p.): è il giudice dell’udienza preliminare. Se ritiene che sussistano i presupposti per accogliere la richiesta di rinvio a giudizio, il g.u.p. emana il decreto che dispone il giudizio (art. 429 del c.p.p.). In caso contrario, il g.u.p. pronuncia sentenza di non luogo a procedere (art. 425 del c.p.p.).

Ai sensi del comma 1, il pubblico ministero deve depositare la richiesta di rinvio a giudizio nella cancelleria del giudice entro il termine di conclusione delle indagini preliminari (art. 405 del c.p.p.), anche se prorogato (art. 406 del c.p.p.). Peraltro, come precisato dal comma 2 del nuovo art. 407 bis del c.p.p. (introdotto dalla riforma Cartabia, d.lgs. n. 150 del 2022), il termine per l’esercizio dell’azione penale è di tre mesi nei casi ordinari e di nove mesi nei casi previsti dall’art. 407, comma 2 c.p.p. (ossia, quando il termine massimo di conclusione delle indagini è di due anni).

Sempre il comma 1 dell’art. 416 c.p.p. precisa che la richiesta di rinvio a giudizio è nulla se prima non è stato notificato all’indagato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis del c.p.p., nonché l’invito a presentarsi a rendere l’interrogatorio ai sensi dell’art. 375, comma 3 c.p.p. se l’indagato ha chiesto di essere interrogato entro venti giorni dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini (art. 415 bis, comma 3 c.p.p.).

Poi, il comma 2 stabilisce che, insieme alla richiesta di rinvio a giudizio, il pubblico ministero deve trasmettere anche il fascicolo delle indagini preliminari: ossia, il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione delle indagini svolte e i verbali degli atti compiuti davanti al g.i.p.. Inoltre, al fascicolo devono essere allegati il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, se non devono essere custoditi altrove (ad esempio, come nel caso in cui corpo del reato o cosa pertinente al reato è un’automobile).

Entro cinque giorni dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio, il giudice fissa con decreto il giorno, l’ora ed il luogo dell’udienza preliminare, provvedendo alla nomina di un difensore d’ufficio all’imputato che ne sia privo (art. 418 del c.p.p.).

Massime relative all'art. 416 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 24475/2017

Nel caso di restituzione degli atti al P.M., a seguito di dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio per omessa notifica dell'avviso di cui all'art. 415 bis cod. proc. pen. all'imputato, non è dovuta la rinnovazione del predetto avviso nei confronti del difensore del medesimo che ne sia stato in precedenza destinatario, in quanto già legalmente informato dell'esistenza del procedimento a suo carico, del contenuto dell'accusa e dell'intenzione del P.M. di promuovere l'azione penale.

Cass. pen. n. 12768/2007

La nullità derivante dall'omessa traduzione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari inviato all'indagato che ignori la lingua italiana è di ordine generale ma non assoluta (cosiddetta a regime intermedio) in quanto non concerne l'omessa citazione dell'imputato ma la sua partecipazione (consapevole) al giudizio. Pertanto, tale nullità non è più deducibile, perché sanata, vuoi allorquando l'imputato abbia chiesto che si proceda con il rito abbreviato, vuoi allorquando l'imputato abbia comunque assunto una condotta processuale incompatibile con la deducibilità della nullità. (Mass. redaz.).

Cass. pen. n. 27990/2004

Non è qualificabile come abnorme, e non può essere, quindi, oggetto di ricorso per cassazione, il provvedimento con il quale il giudice dell'udienza preliminare dichiari la nullità della richiesta di rinvio a giudizio per ritenuta genericità o indeterminatezza del capo d'imputazione.

Cass. pen. n. 21376/2004

Il mancato deposito insieme con la richiesta di rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 416 c.p.p., di parte della documentazione relativa alle indagini espletate non è causa di nullità della richiesta stessa, comportando soltanto l'inutilizzabilità degli atti non trasmessi.

Cass. pen. n. 704/2004

Non dà luogo a nullità della richiesta di rinvio a giudizio, ai sensi dell'art. 416, comma 1, c.p.p., il fatto che l'invito all'imputato a presentarsi per rendere l'interrogatorio da lui richiesto a seguito dell'avviso previsto dall'art. 416 bis c.p.p. non sia stato notificato con l'osservanza del termine di tre giorni stabilito dall'art. 375, comma 4, c.p.p.

Cass. pen. n. 32363/2002

La richiesta di rinvio a giudizio è nulla ex art. 416, comma 1, c.p.p. (nel testo novellato dall'art. 2, comma 2, della legge 16 luglio 1997, n. 234) se non preceduta dall'avviso di conclusione delle indagini preliminari completo degli avvertimenti di cui all'art. 415 bis, comma 3, c.p.p., ma la detta nullità non ricorre nell'ipotesi in cui detto avviso sia validamente notificato all'indagato e l'interrogatorio non abbia poi, di fatto, avuto luogo in quanto quest'ultimo, pur essendosi presentato, si sia rifiutato di rispondere.

Cass. pen. n. 4501/2002

In tema di giudizio abbreviato, qualora il prossimo congiunto, alla cui assunzione sia stata condizionata la richiesta di accesso al rito, si avvalga della facoltà di non rendere testimonianza ai sensi dell'art. 199 c.p.p., ben possono essere utilizzate le dichiarazioni da lui rese nel corso delle indagini preliminari, ancorché viziate da nullità relativa per l'omissione dell'avviso della facoltà di astensione, atteso che con la scelta del rito l'imputato ha acconsentito all'utilizzazione di tutti gli elementi di prova acquisiti dal pubblico ministero ed inseriti nel fascicolo di cui all'art. 416 comma 2 c.p.p.

Cass. pen. n. 937/2002

L'invito a presentarsi per rendere interrogatorio, che a norma dell'art. 416, comma 1, c.p.p. (nel testo novellato dal'art. 2, comma 2, della legge 16 luglio 1997 n. 234 e antecedente alla modifica apportata dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479) deve precedere la richiesta di rinvio a giudizio, ha la finalità di rendere possibile all'indagato di esporre le sue difese in ordine all'imputazione prima dell'esercizio dell'azione penale, onde essere eventualmente in grado di evitare il rinvio a giudizio. Ne consegue che non spiega alcuna conseguenza invalidante l'omissione di questa formalità nel caso in cui l'imputato ha chiesto ed ottenuto di essere giudicato con rito abbreviato, poiché, con l'accettazione di un giudizio allo stato degli atti, egli non tende a impedire la devoluzione del processo al giudice del dibattimento, ma vuole solo difendersi dall'accusa davanti al giudice per l'udienza preliminare.

Cass. pen. n. 43236/2001

L'omissione dell'invito all'imputato a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'art. 375 c.p.p. non dà luogo alla nullità della richiesta di rinvio a giudizio prevista dall'art. 416, comma 1, c.p.p. (nella formulazione introdotta dall'art. 2 della legge 16 luglio 1997 n. 234 e antecedente alle ulteriori modifiche apportate dall'art. 17 della legge 16 dicembre 1999 n. 479), qualora l'imputato, sottoposto a misura cautelare, abbia a suo tempo reso l'interrogatorio «di garanzia» ai sensi dell'art. 294 c.p.p. e non abbia poi chiesto di essere nuovamente interrogato ovvero non siano stati compiuti dal pubblico ministero ulteriori atti d'indagine dai quali derivasse, ai fini del completamento del contraddittorio tra accusa e difesa, la necessità di una rinnovazione dell'atto.

Cass. pen. n. 23385/2001

In tema di garanzie difensive, dopo l'interrogatorio dell'indagato effettuato ai sensi dell'art. 294 c.p.p. è superfluo l'invito a rendere un ulteriore interrogatorio ai sensi degli artt. 416, comma 1, e 375, comma 3, c.p.p., atteso che la ratio di tali disposizioni è quella di consentire all'indagato, portandolo a conoscenza della contestazione emergente dalle sommarie indagini svolte, di esporre le proprie difese attraverso l'interrogatorio che la legge gli dà facoltà di rendere, obiettivo già realizzatosi con l'interrogatorio reso ai sensi del citato art. 294 c.p.p.

Cass. pen. n. 164/2001

L'art. 416, comma 1, c.p.p., nella parte in cui prevede, a pena di nullità, che la richiesta di rinvio a giudizio debba essere preceduta dall'invito a comparire per rendere l'interrogatorio, rivolto alla persona sottoposta a indagini la quale abbia avanzato richiesta in tal senso, non può dirsi osservato qualora la richiesta anzidetta sia stata inoltrata al giudice prima ancora della data stabilita per l'interrogatorio, nulla rilevando in contrario che l'imputato abbia poi avuto modo di esplicitare le sue difese in sede di udienza preliminare.

Cass. pen. n. 2752/2000

La nullità della richiesta di rinvio a giudizio, prevista dall'art. 416, comma 1, c.p.p. (nel testo novellato dall'art. 2, comma 2, della legge 16 luglio 1997 n. 234) per il caso in cui detta richiesta non sia preceduta dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio, non è configurabile quando, provvedutosi validamente all'effettuazione dell'invito, l'interrogatorio non abbia poi, di fatto, avuto luogo. (Nella specie, per rifiuto della persona sottoposta a indagini di rispondere in assenza del difensore).

Cass. pen. n. 14594/1999

Il P.M., a norma dell'art. 416, secondo comma, c.p.p., nel momento in cui formula la richiesta di rinvio a giudizio, ha l'obbligo di allegare l'intera documentazione raccolta nel corso delle indagini preliminari, non essendogli consentito di esercitare un potere di selezione su tale materiale. Tuttavia la norma citata introduce una netta distinzione fra «la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari» da un lato e «il corpo del reato» dall'altro. Ed invero, mentre i primi debbono essere allegati al fascicolo del dibattimento, gli altri lo sono solo qualora non «debbano essere custoditi altrove». Ne consegue che, quando il corpo di reato o le cose ad esso pertinenti presentano una apprezzabile mole d'ingombro, non sono allegati al fascicolo, ma vengono altrove custoditi.

Cass. pen. n. 10795/1999

Gli artt. 416 c.p.p. e 130 att. c.p.p., delegando al P.M. l'onere di formare il fascicolo da trasmettere al giudice per le indagini preliminari insieme con la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati, attribuiscono in via esclusiva al potere delibativo dell'organo di accusa il compito di individuare e allegare quegli atti che attengono, strettamente, ai soggetti e all'oggetto del rinvio a giudizio, con la conseguenza che non può ipotizzarsi, a carico dello stesso P.M., alcun obbligo di allegazione di atti che riguardino persone estranee a tale oggetto ovvero afferiscano a indagini diverse o ancora in corso di sviluppo. (In motivazione, la S.C. ha osservato che l'obbligo del P.M. di trasmissione, nei limiti sopra precisati, dell'intera documentazione raccolta nel corso delle indagini è presidiato, in caso di inosservanza, solo dalla sanzione dell'inutilizzabilità degli atti non trasmessi, non essendo prevista un'autonoma sanzione di invalidità per il mancato deposito degli atti, indipendentemente dalla loro utilizzazione).

Cass. pen. n. 9828/1999

L'imputato, qualora lamenti l'inosservanza, da parte del pubblico ministero, dell'obbligo di trasmettere, con la richiesta di rinvio a giudizio, tutti gli atti d'indagine concernenti la posizione oggetto di detta richiesta (come sancito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 145 del 1991), non può limitarsi a indicare l'atto o gli atti che gli risultano non trasmessi, ma deve anche adempiere all'onere - derivantegli dal principio generale della rilevanza che è sotteso, governandola, all'intera materia della prova - di allegarne o richiamarne il contenuto al fine di consentire al giudice di valutarne, appunto, la rilevanza con riguardo ad un qualunque aspetto della posizione soggettiva del deducente; e ciò fermo restando che, in ogni caso, la mancata trasmissione di atti non può mai dar luogo a nullità dell'udienza preliminare e del decreto di rinvio a giudizio, ma implica soltanto l'inutilizzabilità degli atti non trasmessi. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la S.C. ha rigettato il ricorso dell'imputato, giudicando in primo grado con rito abbreviato, il quale aveva sostenuto la nullità dell'udienza preliminare e degli atti successivi sull'assunto che, qualora egli avesse avuto tempestiva conoscenza dell'atto d'indagine di cui lamentava la mancata trasmissione da parte del pubblico ministero, avrebbe potuto determinarsi a compiere scelte processuali diverse da quella adottata)

Cass. pen. n. 4707/1999

La violazione dell'obbligo del P.M. di trasmettere al giudice per le indagini preliminari l'intera documentazione raccolta nel corso delle indagini è sanzionata esclusivamente dall'inutilizzabilità degli atti non trasmessi. (Fattispecie relativa alla mancata trasmissione al G.i.p. di un verbale di dichiarazioni rese da un chiamante in correità).

Cass. pen. n. 3233/1998

Non è abnorme il provvedimento del Gip il quale, decidendo su una richiesta di rinvio a giudizio relativa a numerose persone imputate, disponga la restituzione degli atti al P.M. perché formuli la propria richiesta relativamente alla posizione di un imputato nei confronti del quale non sia stata sollevata nessuna imputazione, sebbene il suo nominativo sia ricompreso nella lista degli imputati. Infatti, il principio della tassatività degli esiti dell'udienza preliminare non opera nell'ipotesi in cui manchi l'imputazione, e, in tal caso, la restituzione degli atti al P.M., lungi dal determinare una stasi irrimediabile del procedimento, rappresenta l'unico mezzo per superare il blocco dello stesso, determinato dall'impossibilità di decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio, e, quindi, per assicurare al processo il suo corso normale.

Cass. pen. n. 6950/1998

Non è configurabile inosservanza da parte del P.M. dell'obbligo di cui all'art. 416, comma 2, c.p.p., di depositare, con la richiesta di rinvio a giudizio, tutta la documentazione relativa alle indagini espletate, allorché, pur difettando l'immediata disponibilità di parte del materiale probatorio, esso risulti, in base agli atti, trasmesso sicché la difesa è in condizione di chiederne l'acquisizione al fine di prenderne visione ed estrarne copia. (Fattispecie in cui sono state ritenute utilizzabili due videocassette con le quali erano stati ripresi i fatti di causa, pur mancanti dagli atti, ma i cui verbali di sequestro erano stati regolarmente allegati).

Cass. pen. n. 5500/1998

L'inosservanza dell'obbligo del P.M. di depositare tutti gli atti di indagine con la richiesta di rinvio a giudizio comporta la sola conseguenza della inutilizzabilità degli atti non trasmessi tempestivamente, non essendo prevista una sanzione autonoma di nullità degli atti, indipendentemente dalla loro utilizzabilità.

Cass. pen. n. 5364/1997

In materia di prove, l'inutilizzabilità degli atti, non trasmessi al giudice dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 416, comma secondo, c.p.p., è una sanzione di carattere generale che non è limitata ad una sola fase processuale, ma può essere rilevata di ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Purtuttavia detti atti possono essere acquisiti, e conseguentemente utilizzati, dal giudice del dibattimento ex art. 507 c.p.p., attesa la natura sostanziale di tale norma che è diretta alla ricerca della verità, indipendentemente dalle vicende processuali che determinano la decadenza della parte al diritto alla prova. (Nella fattispecie, il giudice di primo grado aveva disposto l'acquisizione agli atti, in forza dell'art. 507 c.p.p., di tabulati relativi a conversazioni telefoniche che non erano stati prodotti per l'udienza preliminare; la corte d'appello aveva poi ritenuto che i tabulati stessi non potevano essere utilizzati ai fini della decisione non essendo stati depositati dal P.M. per l'udienza preliminare. La Suprema Corte, in applicazione del principio di cui in massima, ha annullato con rinvio la sentenza della corte di merito facendo obbligo al giudice del rinvio di riesaminare il materiale probatorio anche sulla base delle risultanze dei suddetti tabulati che l'impugnata sentenza aveva escluso dal novero delle prove utilizzabili ai fini della decisione).

Cass. pen. n. 4464/1996

Le funzioni attribuite dalla legge allo speciale collegio per i reati ministeriali previsto dall'art. 7 della legge Cost. 16 gennaio 1989 n. 1 comprendono anche quella di provvedere, previa celebrazione dell'udienza preliminare, sulla richiesta di rinvio a giudizio, dovendosi escludere, dal complessivo esame del quadro normativo delineato dalla citata legge costituzionale n. 1/1989 e dalla legge ordinaria di attuazione 5 giugno 1989 n. 219, che detta funzione spetti al giudice per le indagini preliminari, né ostando a tale conclusione l'eventuale situazione di incompatibilità che potrebbe determinarsi nel caso per cui, nel corso delle indagini preliminari, siano stati adottati provvedimenti applicativi di misure cautelari personali, posto che, in detta eventualità, ben potrebbero trovare applicazione gli ordinari istituti processuali dell'astensione e della ricusazione, attesa anche la presenza, espressamente prevista dalla legge, di tre membri supplenti, oltre ai tre effettivi, sì che sarebbe sempre possibile provvedere alle necessarie sostituzioni.

Cass. pen. n. 4108/1996

L'inosservanza dell'obbligo del P.M. di trasmettere al Gip l'intera documentazione raccolta nel corso delle indagini preliminari è sanzionata esclusivamente dall'inutilizzabilità degli atti non trasmessi, non essendo prevista un'autonoma sanzione di invalidità per il mancato deposito degli atti, indipendentemente dalla loro utilizzazione o meno.

Cass. pen. n. 4999/1996

Spetta al collegio per i reati ministeriali decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio: né a tale conclusione può opporsi che in tal modo, avendo detto collegio svolto l'istruttoria, si violerebbe il principio ricavabile dalle norme vigenti, di separazione tra organi delle indagini ed organi deputati a conoscere nel merito delle stesse. Il sistema predisposto dal legislatore costituzionale non prevede invero detta incompatibilità e d'altro canto il rinvio alle norme vigenti di cui all'art. 9 comma quinto della L.C. 16 gennaio 1989 n. 1 non riguarda l'organo della procedura, ma la struttura della medesima (così in particolare dovrà distinguersi tra atti del collegio da raccogliersi sul fascicolo del dibattimento e quelli da inserirsi nel fascicolo del pubblico ministero).

Cass. pen. n. 1455/1995

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 405 e 416 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevedono, rispettivamente per l'esercizio dell'azione penale e per il rinvio a giudizio, l'obbligo del previo interrogatorio dell'indagato. Infatti, non sussiste violazione del diritto di difesa in quanto questo è costituzionalmente garantito «in ogni stato e grado del giudizio», per cui il diritto stesso è menomato dall'omessa previsione nel nuovo codice di rito, di un obbligo a carico del pubblico ministero di sentire, prima della richiesta di rinvio a giudizio, la persona iscritta nel registro delle notizie di reato o anche di procedere nei confronti della stessa a una formale contestazione, durante il corso delle indagini preliminari: poiché il P.M. esercita l'azione penale con la richiesta di rinvio a giudizio, a seguito della quale l'indagato assume la posizione di imputato (art. 60 c.p.p.), lo stesso ha tutta la possibilità di difendersi nel dibattimento, e a partire da tale momento in tutte le fasi successive (cioè appunto «in ogni stato e grado del giudizio»), essendo questa la sede specifica nella quale vanno acquisite le prove.

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