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Articolo 328 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Giudice per le indagini preliminari

Dispositivo dell'art. 328 Codice di procedura penale

1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari(1).

1-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 commi 3-bis e 3-quater(2), le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente(3).

1-ter. [Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quater, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.](4)

1-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quinquies, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e le funzioni di giudice per l'udienza preliminare sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente(5).

Note

(1) Trattasi di un magistrato del tribunale nel cui circondario è stato commesso il reato, sia nei casi in cui è competente il tribunale sia qualora invece la competenza spetti per materia alla corte d'assise.
(2) Il riferimento ai commi 3-bis e 3-quater è stato aggiunte dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 1), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella l. 24 luglio 2008, n. 125.
(3) Tal comma è stato aggiunto dall’art. 12 del D.L. 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modificazioni, nella l. 20 gennaio 1992, n. 8.
(4) Comma aggiunto dall’art. 10-bis del D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito con modificazioni, nella l. 15 dicembre 2001, n. 438 ed è stato abrogato dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 2) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito con modificazioni, nella l. 24 luglio 2008, n. 125.
(5) L'ultimo comma è stato aggiunto dall’art. 2, comma 1, lett. b), n. 3), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni, nella l. 24 luglio 2008, n. 125.

Ratio Legis

A garanzia di taluni diritti fondamentali dell'individuo, il legislatore ha predisposto la figura del giudice per le indagini preliminari cui è affidata l'esercizio delle funzioni giurisdizionali nel corso della fase investigativa.

Spiegazione dell'art. 328 Codice di procedura penale

Nel corso della fase investigativa l'esercizio delle funzioni giurisdizionali è affidato alla competenza funzionale di un giudice monocratico denominato giudice per le indagini preliminari, privo di poteri di iniziativa nella conduzione dell'inchiesta, chiamato a provvedere nei casi previsti dalla legge sulle richiesta del pubblico ministero, delle parti private e dalla persona offesa dal reato.

Di regola le funzioni sono esercitate da un magistrato del tribunale nel cui circondario è stato commesso il reato, e ciò vale sia nel caso in cui competente per materia sia il tribunale, sia la Corte d'Assise.

Tale esigenza di concentrazione è presente anche nel caso in cui le funzioni investigative siano attribuite alle procure distrettuali, come previsto dall'articolo 51 commi 3 bis e quater e quinquies, per cui è competente il magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.

Massime relative all'art. 328 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 13222/2017

Nei procedimenti per i delitti indicati nell'art. 51, comma terzo-bis, cod. proc. pen., la competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari del capoluogo del distretto va individuata esclusivamente sulla base della notizia di reato iscritta nell'apposito registro previsto dall'art. 335 cod. proc. pen., non potendo attribuirsi rilievo - in difetto di iscrizione di uno di tali delitti - ad eventuali prospettazioni accusatorie circa il contesto di criminalità organizzata in cui sarebbero state commesse le condotte contestate. (Fattispecie in cui la S.C. ha confermato l'ordinanza del tribunale del riesame di rigetto dell'eccezione di incompetenza territoriale del G.i.p. circondariale in favore di quello distrettuale, in un procedimento rubricato per reati comuni, con riferimento al quale il P.M., in una memoria depositata dinanzi al tribunale, aveva prospettato che la commissione dei fatti era maturata in un contesto di criminalità organizzata).

Cass. pen. n. 28733/2001

In tema di ordinanza cautelare, non sussiste alcuna nullità allorquando sia indicato come luogo di adozione del provvedimento, rientrante nel concetto di data ai sensi dell'art. 111 c.p.p., una città diversa dalla sede del giudice ma pur sempre rientrante nella circoscrizione giudiziaria cui il magistrato sia addetto. (Applicando il principio la Corte ha ritenuto perfettamente integrato il requisito della data con l'indicazione di Treviso quale luogo di emissione del provvedimento, trattandosi di ordinanza del Gip del Tribunale di Venezia che aveva agito con competenza distrettuale ai sensi dell'art. 328 comma 1 bis c.p.p.).

Cass. pen. n. 5340/1999

Il gip distrettuale, competente, a norma dell'art. 328, comma 1 bis, c.p.p., in quanto procede per taluno dei reati indicati nell'art. 51, comma 3 bis, stesso codice, ed altri reati attratti per connessione nella sua competenza specifica, legittimamente emette una ordinanza applicativa di misura cautelare personale soltanto per i reati connessi, ove per i reati indicati nell'art. 51, comma 3 bis, fino a quel momento non sia stato conseguito un quadro indiziario di gravità corrispondente a quella richiesta dall'art. 273 del codice di rito. (Fattispecie nella quale la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha ritenuto analoga, e dunque legittima, la situazione in cui il giudice distrettuale abbia emesso l'ordinanza cautelare priva della contestazione della aggravante di cui all'art. 7 del D.L. n. 151 del 1991 - per essere stato il reato commesso avvalendosi, delle condizioni di cui all'art. 416 bis c.p. - evidentemente per carenza dei relativi gravi indizi, ma l'aggravante stessa risulti inclusa nella notizia di reato, così qualificando la natura delle indagini in corso, comprovata dal titolo di iscrizione del delitto nell'apposito registro).

Cass. pen. n. 3268/1999

L'art. 390, comma 1, c.p.p., che prevede per la convalida dell'arresto o del fermo la competenza del giudice per le indagini preliminari del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito e l'art. 391, comma 5, stesso codice, che prevede la competenza dello stesso giudice a disporre l'applicazione delle misure coercitive, configurano un'ipotesi di competenza funzionale. Dette norme derogano alla regola generale contenuta nell'art. 328 c.p.p., il quale prevede che per determinati reati (quelli indicati nell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p.) le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salvo specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto, nel cui ambito ha sede il giudice competente. Ne consegue che la convalida del fermo o dell'arresto, in quanto oggetto della specifica disposizione di legge di cui all'art. 390 succitato, rientra nella clausola di salvaguardia contenuta nel predetto art. 328

Cass. pen. n. 1630/1996

Ai fini dell'individuazione della speciale competenza per le indagini preliminari attribuita alla procura distrettuale antimafia ai sensi dell'art. 51, comma 3 bis, c.p.p., il criterio distintivo tra delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, e delitti che tali connotati non hanno, non può essere restrittivo, in quanto così opinando si vanificherebbe la ratio della norma che ha inteso accentrare nelle mani del procuratore della Repubblica distrettuale tutte le indagini comunque connesse a fatti di mafia, le quali presuppongono e comportano una più completa ed approfondita conoscenza del fenomeno criminoso; deve pertanto ritenersi applicabile la norma predetta, con conseguente attribuzione della competenza per lo svolgimento delle indagini preliminari alla procura distrettuale, anche in ipotesi diverse da quelle in cui sia stata contestata l'aggravante di cui all'art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (conv. in L. 12 luglio 1991, n. 203), il cui testo, riferendosi ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. ovvero ai fini di agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso, riproduce letteralmente il disposto del predetto comma 3 bis dell'art. 51 c.p.p. (Nella specie la Corte ha ritenuto la competenza della procura distrettuale - e del giudice per le indagini preliminari individuato ai sensi dell'art. 328, comma 1 bis, c.p.p. - nell'ipotesi di estorsione aggravata ai sensi dell'art. 628, comma 3, n. 3, c.p., per essere stata la violenza o minaccia posta in essere da soggetto appartenente ad associazione mafiosa).

Cass. pen. n. 1925/1995

L'incompetenza del giudice che ha disposto la misura cautelare è sindacabile in sede di impugnazione della misura stessa e nessuna preclusione sussiste, nel procedimento de libertate, al riconoscimento dell'incompetenza del Gip del tribunale non situato nel capoluogo del distretto giudiziario alla emissione di un provvedimento restrittivo per uno dei reati che, ai sensi dell'art. 328, comma 1 bis, c.p.p., è funzionalmente attribuito alla competenza del Gip del capoluogo del distretto. Il provvedimento custodiale emesso dal giudice incompetente è perciò nullo, ma la dichiarazione di nullità non ne determina la immediata inefficacia operando il principio della conservazione degli effetti e trovando applicazione l'art. 27 c.p.p. poiché a nulla rileva la circostanza che l'incompetenza funzionale sia constatata dal giudice del gravame e non direttamente dal giudice che ha emesso il provvedimento custodiale.

Cass. pen. n. 1086/1993

Al fine dell'individuazione del giudice per le indagini preliminari territorialmente competente ai sensi dell'art. 328, primo comma bis, c.p.p., il criterio per stabilire quando e come si debba ritenere che un delitto sia stato commesso avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p. o per agevolare l'attività di un'associazione per delinquere di tipo mafioso deve essere ancorato a un fattore di carattere temporale e a uno di natura funzionale. Sotto il primo profilo, si deve tener conto che nella fase iniziale delle indagini preliminari è possibile non disporre di prove sicure e spesso si dispone solo di ipotesi da verificare, onde ai fini della competenza speciale è sufficiente la presenza di specifici elementi indiziari, da sottoporre a verifica successiva. Sotto il secondo profilo, non può essere obliterata la circostanza che l'istituzione dell'ufficio di Procuratore nazionale antimafia risponde a finalità di coordinamento, ritenute primarie in indagini per fatti di mafia, che presuppongono e comportano una più completa e approfondita conoscenza del fenomeno mafioso.

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