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Articolo 304 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare

Dispositivo dell'art. 304 Codice di procedura penale

1. I termini previsti dall'articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi:

  1. a) nella fase del giudizio [465 ss.], durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore [486] ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore [477 2], sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova [508, 509] o a seguito di concessione di termini per la difesa [108, 519](1);
  2. b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati;
  3. c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544 commi 2 e 3;
  4. c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l'udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3(2);
  5. c-ter) nei casi previsti dall'articolo 545 bis, durante il tempo intercorrente tra la lettura del dispositivo indicato al comma 1 dello stesso articolo e l'udienza fissata per la decisione sulla eventuale sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva ai sensi dell'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689; in tal caso, la sospensione dei termini previsti dall'articolo 303 non può comunque avere durata superiore a sessanta giorni(7).

2. I termini previsti dall'articolo 303 possono essere altresì sospesi quando si procede per taluno dei reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti o di giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni(3).

3. Nei casi previsti dal comma 2, la sospensione è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310(4).

4. I termini previsti dall'articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, se l'udienza preliminare è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere a) e b), del presente articolo(5).

5. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, anche se riferite al giudizio abbreviato, e di cui al comma 4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi(6).

6. La durata della custodia cautelare [284, 285, 286] non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall'articolo 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell'ulteriore termine previsto dall'articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3bis) e i termini aumentati della metà previsti dall'articolo 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza [521]. A tal fine la pena dell'ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea.

7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lettera b).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


I termini previsti dall’articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell’articolo 310, nei seguenti casi:
[omissis]
c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l’udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3;
c-ter) nei casi previsti dall’articolo 545-bis, durante il tempo intercorrente tra la lettura del dispositivo indicato al comma 1 dello stesso articolo e l’udienza fissata per la decisione sulla eventuale sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689; in tal caso, la sospensione dei termini previsti dall’articolo 303 non può comunque avere durata superiore a sessanta giorni.
[omissis]

__________________

(1) Trattasi dei casi di rinuncia, revoca, incompatibilità, abbandono di precedente difensore o di nuove contestazioni effettuate durante il dibattimento, in cui il difensore può chiedere un termine al fine di organizzare una miglior difesa dell'assistito.
(2) Tale lettera è stata inserita dall'art. 2, lett. a), del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito in l. 5 giugno 2000, n. 144.
(3) Nelle ipotesi qui considerate sono ricompresi anche i delitti tipici della criminalità organizzata.
(4) Sussistendo i requisiti del comma secondo, la sospensione non opera ex officio, ma solo su richiesta del P.M. e qualora questa manchi si verificherà ex lege il congelamento del corso dei termini di custodia ex art. 297, comma 4, parimenti al caso in cui non venga pronunciato il provvedimento di sospensione.
(5) Il comma in esame è stato modificato dalla l. 8 agosto 1995, n. 332, che ha allargato l'operatività dell'istituto della sospensione dei termini di custodia anche alla fase dell'udienza preliminare.
(6) Viene qui in rilevo l'esigenza di garantire l'equità tra i coimputati rimasti estranei alle situazioni processuali integratrici delle suddette ipotesi di sospensione.
(7) Lettera aggiunta dall'art. 13, co. 1, lett. f) del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia).

Ratio Legis

La disposizione in esame fornisce copertura legislativa all'istituto della sospensione del termine di custodia cautelare, quale deroga all’ordinaria disciplina dei termini di durata massima di tale misura: lo scopo è quello di evitare l’uso improprio di istituti processuali per raggiungere la scadenza dei termini di durata.

Spiegazione dell'art. 304 Codice di procedura penale

All’interno delle deroghe alla disciplina ordinaria dei termini di durata massima della custodia cautelare, il codice annovera esplicitamente gli istituti della sospensione dei termini (art. 304 del c.p.p.) e della proroga dei termini (art. 305 del c.p.p.).

Il comma 1 dell’art. 304 c.p.p., dopo aver stabilito la competenza del giudice a provvedere, anche d’ufficio, con ordinanza appellabile ai sensi dell’art. 310 del c.p.p., vengono individuate varie situazioni atte a determinare la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. Tutte situazioni relative alla fase del giudizio:
  • come risulta dalla lett. a), nel caso di sospensione o rinvio del dibattimento per impedimento dell’imputato o del suo difensore oppure su richiesta di questi ultimi (però, la stasi non opera se la sospensione o il rinvio dell’udienza siano stati disposti per esigenze istruttorie o a seguito di concessione di termini a difesa);
  • secondo la lett. b), nel caso di sospensione o rinvio del dibattimento, dovuti alla mancata presentazione, all’allontanamento o alla mancata partecipazione di uno o più difensori, se gli imputati ne rimangono privi di assistenza;
  • la lett. c) prevede la sospensione dei termini di custodia durante la pendenza dei termini di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 544 del c.p.p. per la redazione differita dei motivi della sentenza.

Poi, la lett. c-bis) del comma 1 dell’art. 304 c.p.p. si occupa delle medesime situazioni appena viste, ma nell’ambito del giudizio abbreviato. Di conseguenza, la sospensione dei termini della custodia cautelare si ha nelle seguenti ipotesi:
  • sospensione o rinvio del giudizio abbreviato per impedimento dell’imputato o del suo difensore o su richiesta di questi ultimi (salvo che la sospensione o il rinvio siano disposti per esigenze istruttorie o per concessione di termini a difesa);
  • sospensione o rinvio del giudizio abbreviato per mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori, se gli imputati ne rimangono privi di assistenza;
  • durante la pendenza dei termini di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 544 del c.p.p. per la redazione differita dei motivi della sentenza.

Ancora, la riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022) ha introdotto la nuova lett. c-ter) nel comma 1 dell’art. 304 c.p.p.: nei casi previsti dall’art. 545 bis del c.p.p. (condanna a pena sostitutiva), i termini di custodia cautelare sono sospesi nell’intervallo di tempo tra la lettura del dispositivo di condanna a pena detentiva e l’udienza fissata per la decisione sull’eventuale sostituzione (la sospensione non può essere superiore a sessanta giorni).

Per comprendere tale ipotesi, occorre richiamare l’art. 545 bis del c.p.p. (anch’esso introdotto ex novo dalla riforma Cartabia).
La norma stabilisce che, nel caso di condanna a pena detentiva non superiore a quattro anni senza sospensione condizionale, dopo la lettura del dispositivo, qualora ce ne siano i presupposti, il giudice avvisa le parti che ci sono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una o più pene sostitutive. Se l’imputato dà il proprio consenso, il giudice, sentito il pubblico ministero, può percorrere due strade.
Innanzitutto, il giudice decide subito se concedere o meno la pena sostitutiva.
In secondo luogo, se ritiene di concedere la sostituzione, il giudice può sospendere il processo e i termini previsti per il deposito della motivazione, fissando un’apposita udienza non oltre sessanta giorni. Ebbene, la nuova lett. c-ter) del comma 1 dell’art. 304 c.p.p. si riferisce proprio a quest’ultima ipotesi.

Ai sensi del comma 2, nei casi di particolare complessità dei dibattimenti e dei giudizi abbreviati relativi ai gravi delitti di cui all'art. 407, comma 2 lett. a), il regime della sospensione può essere esteso anche al periodo di tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nella fase del giudizio.
In tal caso, il comma 3 precisa che la sospensione è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell’art. 310 del c.p.p..

Poi, il comma 4 precisa che la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare si anche nell’udienza preliminare per le seguenti cause:
  • sospensione o rinvio dell’udienza preliminare per impedimento dell’imputato o del suo difensore o su richiesta di questi ultimi (salvo che sospensione o rinvio per esigenze istruttorie o per concessione di termini a difesa);
  • sospensione o rinvio dell’udienza preliminare per mancata presentazione, allontanamento o mancata partecipazione di uno o più difensori, se gli imputati ne rimangono privi di assistenza.

Il comma 5 stabilisce che, nel processo cumulativo, la sospensione dei termini di custodia cautelare non si applica al coimputato estraneo alla causa che ha determinato la sospensione, quando quest’ultimo abbia chiesto che si proceda nei suoi confronti previa separazione dei processi.

Infine, Il comma 6 individua un limite, operante su due livelli.
In particolare, da un lato, avendo riguardo alla durata della custodia nelle diverse fasi del procedimento, si stabilisce che, anche nelle ipotesi di sospensione dei termini, tale durata non possa in ogni caso superare il doppio dei termini intermedi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 303 del c.p.p..
Dall’altro lato, avendo riguardo alla durata complessiva della custodia, si stabilisce che la durata non possa comunque superare i termini di cui al comma 4 dell’art. 303 del c.p.p. aumentati della metà o, quando risulti più favorevole, il tradizionale limite commisurato ai due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza (salva l'equiparazione dell'ergastolo alla pena massima temporanea).

Ai sensi dell’ultimo comma 7, nel computo dei termini di cui al comma 6, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1, salvo che per calcolare il limite della durata complessiva della custodia cautelare si veda l'art. 303 del c.p.p.).

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
L’introduzione di una udienza successiva a quella in cui il giudice dà lettura del dispositivo di condanna a pena detentiva entro i quattro anni, e quindi sostituibile ai sensi della legge 24 novembre 1981 n. 689, per le ragioni e gli scopi dettagliati nella apposita relazione all’articolo 545 bis c.p.p., a cui si rinvia, impone la necessità di stabilire una nuova causa di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, prevista dall’articolo 304 c.p.p.


La norma che disciplina la condanna a pena sostitutiva (art. 545 bis c.p.p.) prevede la sospensione del processo, se l’imputato o il suo difensore manifestano la volontà di non opporsi alla sostituzione e non è possibile decidere immediatamente. In tal caso, il giudice fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni.
Tale termine è necessitato dall’esigenza di verificare la possibilità concreta di sostituire la pena e di consentire alla parte stessa e all’Ufficio esecuzione penale esterna di intervenire per definire i contorni e i contenuti della pena sostitutiva da sottoporre al giudice.


La nuova causa di sospensione si inserisce pertanto a pieno titolo nel novero delle necessità processuali dettate dalla complessità dei fatti o da oggettive cause impeditive della prosecuzione del processo, che il giudice non può governare discrezionalmente, e deve essere espressamente prevista dalla legge per il suo carattere eccezionale e incidente sulla libertà personale. Da qui, la necessità di una norma ad hoc ad integrazione del catalogo di cui all’art. 304, co. 1 c.p.p. attraverso l’introduzione della nuova lettera c ter).


Quanto alla durata della sospensione, pur essendo previsti termini elastici commisurati all’esigenza concreta per le altre cause di sospensione, si è ritenuto opportuno limitare detta sospensione alla durata del termine ordinatorio di sessanta giorni, per non fare gravare sull’imputato in custodia cautelare eventuali ed incontrollabili ritardi nella definizione della pena sostitutiva derivanti dall’intervento dell’Ufficio di esecuzione penale esterna.

Massime relative all'art. 304 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 53234/2018

È legittimamente disposta la sospensione dei termini della custodia cautelare per tutti gli imputati quando la complessità del dibattimento riguardi l'espletamento di una perizia - nella specie relativa alla trascrizione delle intercettazioni - che presenta il carattere della necessità ed inevitabilità, anche se riguardante la posizione di uno solo di essi, posto che si tratta di un atto di natura oggettiva relativo al dibattimento senza distinzione tra le posizioni dei singoli imputati e che rientra nel potere discrezionale del giudice decidere se effettuare o meno la perizia medesima.

Cass. pen. n. 22289/2018

In tema di termini di durata della custodia cautelare, il rinvio dell'udienza su istanza della difesa "per ora tarda" determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., con la conseguenza che, ai sensi del comma 7 del medesimo articolo, nel computo del limite temporale massimo, pari al doppio dei termini di fase, deve tenersi conto del periodo di tempo compreso tra l'udienza rinviata e quella successiva. (In motivazione la Corte ha precisato che la testuale previsione dell'art. 304, comma 7, cod. proc. pen. consente il superamento del termine cautelare massimo di fase soltanto nelle ipotesi previste dall'art. 304, comma 1, lett. b), nelle quali il giudice è vincolato a disporre il rinvio per effetto della dichiarazione del difensore di non poter o non voler svolgere il suo ministero, come avviene nel caso di rinvio dell'udienza per l'astensione dei difensori).

Cass. pen. n. 21745/2018

Il giudizio di particolare complessità che, ai sensi dell'art. 304, comma 2, cod. proc. pen., legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare, ha carattere prognostico, dovendo essere formulato, alla stregua di criteri adeguatamente motivati, non con riguardo all'attività di studio degli atti, bensì in ragione dell'attività da compiere nel corso della celebrazione del dibattimento o del giudizio (Fattispecie relativa a sospensione disposta nel giudizio di appello in cui la Corte ha ritenuto irrilevanti, ai fini del giudizio di complessità, le circostanze relative alla gravità delle imputazioni ed alla complessità delle indagini svolte ed ha precisato che le circostanze relative alla complessità e molteplicità delle questioni da esaminare possono costituire motivi per ritenere complesso il dibattimento, ove incidano sui tempi della discussione o, più in generale, sulle attività da compiere nel corso del processo).

Cass. pen. n. 2211/2018

In tema di durata del sequestro di prevenzione, il rinvio contenuto nell'art. 24, comma 2, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. l159, all'art. 304 cod. proc. pen., secondo cui, ai fini del computo del relativo termine, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare in quanto applicabili, riguarda esclusivamente le ipotesi tipiche di sospensione di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 304 cit., salva espressa riserva di compatibilità, e non anche la disciplina dei termini massimi di custodia, prevista dal comma sesto del medesimo articolo, in quanto avente carattere eccezionale a garanzia della libertà personale.

Cass. pen. n. 37472/2017

In tema di sospensione del termine di un anno e sei mesi previsto per l'adozione del decreto di confisca dall'art. 24, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, il rinvio alle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare previste dall'art. 304 cod. proc. pen. ha carattere statico e recettizio delle singole cause di sospensione e non si estende, in assenza di un esplicito richiamo, all'intera disciplina prevista da tale norma, cosicchè non è necessaria una pronuncia esplicita, con ordinanza appellabile, che dichiari la sussistenza della singola causa di sospensione.

Cass. pen. n. 31632/2017

In tema di misure cautelari personali, il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare può essere deliberato anche dopo il deposito della sentenza, dovendosi rispettare, come unica condizione di legittimità del provvedimento sospensivo, quella che nel momento in cui esso viene adottato non siano già scaduti i termini di custodia cautelare che l'ordinanza intende sospendere.

Cass. pen. n. 25478/2017

La sospensione dei termini della custodia cautelare disposta, ai sensi dell'art. 304, comma secondo, cod. proc. pen., riguarda non solo i giorni di udienza e quelli di deliberazione della sentenza, ma anche i relativi intervalli temporali e, quindi, i cosiddetti "tempi morti" del processo che non superano il limite della ragionevolezza.

Cass. pen. n. 33217/2016

La sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, disposta ai sensi dell'art. 304, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., durante il periodo stabilito dall'art. 544, commi 2 e 3, cod. proc. pen. per la stesura della motivazione, cessa alla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice nel dispositivo, con la conseguenza che da tale data riprendono a decorrere i termini di fase della custodia cautelare, restando irrilevante a questi fini l'effettivo deposito della motivazione in un termine eventualmente più breve.

Cass. pen. n. 28663/2015

Il giudizio di complessità, ex art. 304, comma secondo c.p.p., che legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare, ha carattere prognostico, dovendo essere formulato non con riguardo all'attività espletata ed esaurita, bensì in ragione dell'attività da compiere ed implica un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente motivata l'ordinanza di sospensione dei termini che aveva fondato la valutazione di complessità del procedimento alla luce della struttura delle imputazioni, del numero degli imputati e di quello assai elevato di testimoni indicati nelle rispettive liste, nonché della necessità di trascrivere un rilevante numero di conversazioni intercettate).

Cass. pen. n. 13038/2015

La sospensione dei termini di custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento può essere legittimamente disposta solo se non sono scaduti i termini di fase e, una volta deliberata, è immediatamente operativa, non potendone essere differita la decorrenza al momento di naturale scadenza. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto che l'ordinanza di sospensione avesse "coperto" tutto il periodo intercorrente tra la sua adozione e la sentenza di primo grado, ivi compreso quello decorso "medio tempore" dopo una sentenza di incompetenza e fino alla ritrasmissione degli atti al giudice che aveva emesso il provvedimento di sospensione, sebbene il termine "ordinario" di fase non fosse ancora scaduto al momento della sentenza di incompetenza).

Cass. pen. n. 36208/2014

In tema di durata della custodia cautelare, l'astensione dei difensori dalle udienze, proclamato in conformità del codice di autoregolamentazione e prontamente comunicato al giudice, costituendo esercizio di un diritto di libertà, determina la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ex art. 304, comma primo, lett. a), cod. proc. pen., con la conseguenza che nel computo del limite temporale massimo pari al doppio dei termini di fase deve tenersi conto anche del periodo di tempo relativo al rinvio della udienza.

Cass. pen. n. 29556/2014

In tema di durata della custodia cautelare nei procedimenti per uno dei delitti di cui all'art. 407, comma secondo, lett. a), c.p.p., qualora il termine di fase sia stato sospeso per la particolare complessità del dibattimento o del giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 304, comma secondo, c.p.p., il termine massimo di durata della custodia, fissato nel doppio dei termini di fase dal sesto comma del predetto art. 304, non può essere superato sommando ad esso l'ulteriore termine eventualmente utilizzato, nella fase del giudizio per uno dei delitti citati, ai sensi dell'art. 303, comma primo, lett. b), n. 3 bis, c.p.p.

Cass. pen. n. 23872/2014

È legittima l'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare a norma dell'art. 304, comma primo, lett. a), c.p.p., richiesta dal pubblico ministero a seguito dell'accoglimento dell'istanza di rinvio del processo avanzata dal difensore dell'imputato al fine di attendere le determinazioni della Corte di cassazione, adita con ricorso avverso la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di ricusazione pronunciata dalla Corte d'appello, non essendo il differimento un atto dovuto.

Cass. pen. n. 50120/2013

È legittima l'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare a norma dell'art. 304, comma primo, lett. a), cod. proc. pen., richiesta dal pubblico ministero a seguito dell'accoglimento dell'istanza di rinvio del processo avanzata dal difensore dell'imputato al fine di attendere le determinazioni della Corte di cassazione, adita con ricorso avverso la declaratoria di inammissibilità dell'istanza di ricusazione pronunciata dalla Corte d'appello, non essendo il differimento un atto dovuto.

Cass. pen. n. 42879/2013

In tema di durata della custodia cautelare, l'applicazione del meccanismo di recupero previsto dall'art. 303, comma primo, lett. b), n. 3 bis., c.p.p., che consente il prolungamento dei termini di fase per mezzo dell'imputazione del periodo residuo a fasi diverse, non comporta l'aumento dei termini di massimi di custodia fissati dall'art. 304, comma sesto, c.p.p..

Cass. pen. n. 36638/2013

Il giudizio di complessità, ex art. 304, comma secondo c.p.p. - che legittima la sospensione dei termini di custodia cautelare - ha carattere prognostico, dovendo essere formulato non con riguardo all'attività espletata ed esaurita, bensì in ragione dell'attività da compiere ed implica un accertamento fattuale insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato. (Nella specie, la Corte ha ritenuto correttamente motivata la decisione adottata in sede di giudizio abbreviato, nel quale era stata disposta attività probatoria integrativa, ex art. 441 c.p.p., che aveva giustificato la complessità sulla scorta del numero elevato di testimoni da esaminare, del tempo necessario per la discussione finale, dei concomitanti impegni del giudice e del carico di lavoro dell'ufficio).

Cass. pen. n. 4823/2013

Il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare durante la pendenza del termine per il deposito della sentenza, prorogato dal giudicante ai sensi dell'art. 544, comma terzo, c.p.p., in considerazione della ritenuta particolare complessità della stesura della motivazione, può essere motivato anche soltanto attraverso il richiamo del disposto degli artt. 304, comma primo, lett. c) e dell'art. 544, comma terzo, c.p.p., che enunciano specificamente i presupposti che consentono la dilazione dell'ordinario termine di deposito della sentenza e, correlativamente, la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 27361/2011

È legittimo il provvedimento di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, in pendenza dei termini per la redazione della sentenza, ex art. 304, comma primo, lett. c), c.p.p., assunto d'ufficio, senza il previo contraddittorio delle parti.

Cass. pen. n. 10447/2009

Competente a disporre la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare (nella specie a norma dell'art. 304, comma secondo, c.p.p.), nelle more del giudizio di appello, dopo la trasmissione degli atti da parte del giudice di primo grado, è il giudice di secondo grado, anche se il decreto di citazione a giudizio non sia stato ancora emesso. (Nella specie la Corte ha precisato anche che per "giudice competente" si intende sempre l'organo giudiziario, escluso ogni riferimento alle persone fisiche che siano eventualmente chiamate a comporre il collegio, anche nel caso in questione, relativo a sospensione per dibattimento particolarmente complesso, essendo riferibile il principio dell'immutabilità del giudice, che si riferisce anche alle persone fisiche dell'organo collegiale, soltanto alla deliberazione della sentenza).

Cass. pen. n. 12372/2007

La sospensione dei termini di custodia cautelare di cui all'art. 304, comma primo, lett. c), c.p.p. rappresenta un'ipotesi di sospensione automatica che opera a vantaggio della successiva fase di appello e in relazione a tutti i reati oggetto della sentenza, a nulla rilevando che con riferimento ad alcuni di essi, non menzionati nell'ordinanza di sospensione adottata contestualmente alla lettura del dispositivo, sia stato emesso, dopo la lettura del dispositivo stesso, il provvedimento di ripristino della custodia cautelare di cui all'art. 307, comma secondo, c.p.p.

Cass. pen. n. 35199/2006

L'ordinanza che sospende i termini di durata della custodia cautelare durante il tempo di redazione dei motivi della sentenza può essere emessa con procedura de plano in quanto la norma non prevede esplicitamente che la decisione debba essere presa con le forme e le modalità della camera di consiglio.

Cass. pen. n. 5819/2004

Nel caso di processi a carico di più imputati, ad alcuni soltanto dei quali si riferiscano le cause di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare previste dall'art. 304, comma 1, lett. a) e b), e comma 4, è sufficiente, per escludere l'operatività della sospensione anche nei confronti degli altri imputati, che costoro, ai sensi del comma 5 dello stesso art. 304, chiedano la separazione della loro posizione, e non anche che questa venga effettivamente disposta.

Cass. pen. n. 5288/2004

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, nei casi previsti dal primo comma dell'art. 304 c.p.p., a differenza di quelli previsti dal comma successivo, prescinde da qualsiasi valutazione discrezionale, tanto da non richiedere neppure la richiesta del pubblico ministero, per cui il relativo provvedimento, di natura puramente dichiarativa e ricognitiva, può essere adottato anche dal giudice d'appello, ove non lo abbia fatto quello di primo grado.

Cass. pen. n. 34030/2003

La competenza a pronunciare il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare per il tempo necessario per la stesura della sentenza nei casi di cui all'art. 544, secondo e terzo comma, c.p.p. spetta anche al giudice di appello, qualora non vi abbia provveduto il giudice di primo grado.

Cass. pen. n. 43566/2002

In tema di termini di durata massima della custodia cautelare, poiché a norma dell'art. 304, commi 1 e 4, c.p.p. è consentita l'immediata appellabilità dell'ordinanza che ne dispone la sospensione, la mancata presentazione, da parte dell'interessato, dell'atto di appello nel termine perentorio stabilito dall'art. 310, comma 2, stesso codice, comporta, in virtù del fenomeno della preclusione endoprocessuale, l'inammissibilità della successiva e tardiva richiesta di declaratoria di estinzione della misura e di scarcerazione per sopravvenuta scadenza dei termini cautelari di fase, a nulla rilevando l'illegittimità dell'originaria sospensione. (Fattispecie relativa a provvedimento, non impugnato tempestivamente, di sospensione dei termini, disposto, a seguito di dichiarazione di ricusazione del giudice da parte dell'imputato, con effetti fino alla successiva udienza di rinvio, anziché fino alla data, anteriore, di reiezione dell'istanza e quindi, almeno sotto il profilo della durata della sospensione, illegittimo).

Cass. pen. n. 31421/2002

La presentazione della dichiarazione di ricusazione del giudice non determina automaticamente la sospensione dell'attività processuale e, conseguentemente, non comporta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, commi 1, lett. a) e 4, c.p.p., salvo che intervenga nel momento immediatamente precedente la deliberazione della sentenza, nel qual caso la sospensione dell'attività processuale ha luogo come effetto indiretto della richiesta dell'imputato, con la conseguenza che legittimamente il giudice dispone la sospensione di detti termini.

Cass. pen. n. 8094/2002

In tema di durata dei termini di custodia cautelare, l'art. 304, comma 6, c.p.p., come modificato dall'art. 2 del D.L. 24 novembre 2001 n. 341, conv. con modifiche nella legge 19 gennaio 2001 n. 4, nello stabilire che per effetto di cause di sospensione, la durata dei termini di fase della custodia cautelare «non può superare il doppio dei termini previsti dall'art. 303, comma 1, lett. b n. 3 bis», deve intendersi nel senso che detto ultimo termine, derivante dall'aumento di sei mesi previsto per la fase del giudizio di primo grado quando si procede per taluno dei delitti di cui all'art. 407, comma 2, lett. a c.p.p., non solo non è suscettibile di raddoppio, ma neppure è addizionabile al termine ordinario di fase raddoppiato.

Cass. pen. n. 42590/2001

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare prevista dall'art. 304, comma 2, c.p.p., (nella specie, per la particolare complessità del dibattimento) può essere disposta solo in relazione ai reati espressamente indicati nell'art. 407, comma secondo, lett. a), stesso codice, la cui previsione ha carattere tassativo e non può essere estesa a diverse, quantunque affini, figure criminose, dato il suo carattere eccezionale, che ne impone un'interpretazione restrittiva. (Fattispecie relativa a contestazione dei reati di cui agli artt. 71 e 74 della legge 22 dicembre 1975 n. 685, che la Corte ha ritenuto impropriamente equiparati a quelli previsti dagli artt. 73 e 80, comma 2, D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309).

Cass. pen. n. 40701/2001

In tema di sospensione dei termini della custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento, il giudice non può decidere sulla sola istanza del pubblico ministero, ma deve sentire anche il difensore o comunque porlo nella condizione di interloquire, scegliendo, a tal fine, le forme ritenute più opportune per assicurare alla difesa la conoscenza della richiesta della parte pubblica, nonché la possibilità di valutarla adeguatamente e di replicare; l'omissione di tali adempimenti determina una nullità generale a regime intermedio, che può essere rilevata o dedotta, al più tardi, nel giudizio di appello davanti al tribunale costituito ai sensi dell'art. 310 c.p.p., alla cui declaratoria consegue, ove sia nel frattempo scaduto il termine di fase, la perdita di efficacia della misura coercitiva e la scarcerazione dell'imputato «ora per allora». (Nell'affermare tale principio la Corte ha precisato che, ove l'istanza di sospensione venga formulata dal pubblico ministero fuori udienza, al giudice incombe l'obbligo di preavvertire la difesa ed instaurare un contraddittorio cartolare, con deposito di atti e scambio di memorie, ovvero orale, con la convocazione anche informale delle parti e relativa discussione).

Cass. pen. n. 34862/2001

La sospensione dei termini di custodia cautelare nel caso previsto dall'art. 304, comma 1, lett. c), c.p.p., e cioè nelle more del deposito di motivazione non contestuale della sentenza, riguarda la fase del giudizio in atto e deve, pertanto, essere disposta dal giudice di tale fase, pur non conseguendo dal relativo provvedimento la posposizione della data di decorrenza dei termini della fase successiva, che resta fissata in quella della pronuncia di sentenza di condanna ovvero in quella dell'eventuale, sopravvenuta esecuzione della custodia nei confronti di soggetto che, all'atto di tale pronuncia, fosse in stato di latitanza. Ne consegue che la sospensione già disposta nei confronti dei coimputati detenuti non opera per il latitante catturato in pendenza del deposito della motivazione, salva la facoltà del giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna di adottare anche nei suoi confronti apposito provvedimento.

La sospensione dei termini di durata della custodia cautelare nel caso previsto dall'art. 304, comma 1, lett. c), c.p.p. (pendenza dei termini di cui all'art. 544, commi 2 e 3, per la redazione della sentenza), è da ritenersi riferita alla fase del giudizio in atto e deve quindi essere disposta dal giudice di detta fase, pur non determinando un corrispondente slittamento in avanti della data di decorrenza dei termini della fase successiva, la quale rimane ancorata alla data di pronuncia della sentenza o all'eventuale, sopravvenuta esecuzione della custodia nei confronti di soggetto il quale, all'atto di detta pronuncia, fosse in stato di latitanza. Ne consegue che, verificandosi tale ultima ipotesi, ed in mancanza di un apposito provvedimento (che il giudice che ha pronunciato la sentenza può emettere, qualora all'atto della cattura del latitante il deposito della motivazione non sia ancora avvenuto), la sospensione non può valere a prolungare i termini di custodia applicabili al soggetto in questione.

Cass. pen. n. 34119/2001

L'art. 304, comma 6, c.p.p., nel testo modificato dall'art. 2, comma 2, del D.L. 24 novembre 2000 n. 341, convertito con modifiche in legge 19 gennaio 2001 n. 19, nel vietare che, per effetto delle sospensioni previste dai commi precedenti, venga superato il doppio dei termini di custodia cautelare previsti dal precedente art. 303, commi 1, 2 e 3, precisa che non si deve tener conto dell'ulteriore termine di sei mesi previsto dallo stesso art. 303, comma 1, lett. b), n. 3 bis, con ciò significando, quindi, che detto ultimo termine (introdotto dall'art. 2 comma 1, del citato D.L. n. 341/2000), viene ad essere sterilizzato, per cui non può essere aggiunto ai termini di durata massima della custodia cautelare, i quali restano pertanto inalterati.

Cass. pen. n. 29941/2001

La sospensione dei termini di custodia cautelare, disposta ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., cessa di operare qualora sopravvenga una causa di sospensione del procedimento a tempo indeterminato, come si verifica nel caso di rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione di una questione incidentale di legittimità costituzionale.

Cass. pen. n. 1623/2000

Nel computo dei termini di durata massima della custodia cautelare previsti dal comma 6 dell'art. 304 c.p.p., non si tiene conto, a norma del comma 7 del medesimo articolo, dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lett. b). Né a tal riguardo assume rilievo contrario la sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 292 del 1998, ove si è già affrontato il tema della durata massima della custodia in ipotesi di regressione del processo, in quanto, ferma restando la portata generale da annettere al limite sancito dall'art. 304, comma 6, c.p.p., altro e diverso è il problema relativo al calcolo di tale limite.

Cass. pen. n. 1324/2000

La motivazione dell'ordinanza che sospende il decorso dei termini di custodia cautelare alla stregua dei parametri di cui all'art. 304, secondo comma, c.p.p. e con riferimento alla particolare complessità del dibattimento, diventa un giudizio prognostico e come tale esula dalle concrete e contingenti modalità di esplicazione del dibattimento, purché determinate sulla base dei criteri legali e delle prassi organizzative. Ne consegue che l'ordinanza non è censurabile per motivi attinenti al successivo evolversi delle udienze (come, nella specie, per rinvii dovuti alla mancata comparizione di collaboranti o anche presunte carenze organizzative), né è possibile individuare nello status libertatis di altri coimputati argomento correttivo del fondamentale criterio fissato dalla legge.

Cass. pen. n. 115/2000

In tema di sospensione dei termini di durata massima di custodia cautelare, in sede di giudizio incidentale de libertate, salvo il caso di abnormità del provvedimento, non è deducibile alcuna questione inerente la mancata separazione dei processi, trattandosi di decisione adottata dal giudice di cognizione nella sua discrezionalità.

Cass. pen. n. 163/2000

La circostanza che l'art. 304, terzo comma, c.p.p., in tema di sospensione dei termini di custodia cautelare, non preveda, a differenza di quanto dispone l'art. 305, stesso codice in tema di proroga di quei termini, che sia sentito il difensore, non può essere intesa come possibilità che il procedimento per l'adozione del relativo provvedimento si svolga senza la sua partecipazione, e trova la sua spiegazione nel fatto che la prima norma si riferisce alla fase del giudizio, nella quale la partecipazione della difesa è obbligatoria e pertanto è assicurata la presenza del difensore, mentre la seconda norma si riferisce alla fase delle indagini preliminari, nella quale la partecipazione del difensore non è costante e deve essere assicurata di volta in volta, allorché il giudice è chiamato a decidere. (In motivazione, la S.C. ha precisato che, ove la richiesta del P.M. di sospensione dei termini di custodia venga avanzata in udienza pubblica, in tale sede può aver luogo l'audizione del difensore, mentre, qualora la richiesta venga formulata nell'intervallo tra un'udienza e l'altra, il contraddittorio deve essere assicurato o riservando l'audizione del difensore e la decisione nella prima udienza utile, oppure fissando un'apposita udienza in camera di consiglio, nelle forme e con le modalità previste dall'art. 127 c.p.p.).

Cass. pen. n. 4042/2000

Una volta instaurata la fase di appello, spetta al giudice d'appello la competenza ad adottare il provvedimento dichiarativo della sospensione ex lege dei termini di custodia cautelare, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. c), c.p.p., per il tempo corrispondente a quello a suo tempo fissato dal giudice di primo grado per la redazione e il deposito della sentenza.

Cass. pen. n. 3504/2000

Il dettato dell'art. 304, secondo comma, c.p.p., nel fare riferimento a “dibattimenti particolarmente complessi”, intende comprendere, in tale locuzione, le difficoltà e gli ostacoli attinenti sia al singolo processo, ivi inclusa l'esigenza di approfondimento della posizione di ciascun imputato e di escussione di numerosi testi, sia all'organizzazione di mezzi per la sua celebrazione. (Nella specie la Corte ha esemplificativamente indicato le esigenze di natura logistica connesse alla necessità di garantire l'incolumità dei testi e dei collaboranti o la traduzione degli imputati detenuti in luoghi diversi e lontani dalla sede del giudice).

In materia di sospensione dei termini della custodia cautelare, ogni decisione sulla applicazione della causa di sospensione assume autorità di giudicato “allo stato degli atti”, nel senso che ha effetto fin tanto che non intervenga un nuovo elemento che possa incidere sulla valutazione precedentemente espressa. Correlativamente, tenuto conto della connessione esistente tra l'esigenza di sospendere i termini di custodia e l'evoluzione dinamica del processo, deve ritenersi reiterabile l'istanza di sospensione ex art. 304 c.p.p., perché la medesima istanza va a incidere su una situazione che, in quanto non rimasta statica, va considerata “nuova” rispetto a quella precedentemente esaminata.

Cass. pen. n. 3431/1999

Configura un caso di paralisi dell'attività dibattimentale determinata da mancata assistenza difensiva la revoca in massa delle nomine dei difensori da parte degli imputati detenuti con nomina di altri difensori ai quali venga concesso termine a difesa, senza che rechi alcuna differenza la circostanza che l'iniziativa sia riferibile agli imputati o ai difensori. In tale ipotesi, ove sia adottato provvedimento di sospensione dei termini di prescrizione, gli effetti di esso si producono nei confronti di tutti gli imputati anche se alcuni non abbiano dato causa al comportamento ostruzionistico, in quanto costoro possono chiedere, per evitare conseguenze per loro pregiudizievoli, che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi a norma del comma quinto dell'art. 304 c.p.p.

Cass. pen. n. 5940/1999

Il provvedimento di sospensione dei termini custodiali durante la pendenza del termine per il deposito della sentenza non esige altra motivazione che il richiamo del disposto dell'art. 304, primo comma lett. c), e dell'art. 544, terzo comma c.p.p. in cui sono già specificamente enunciati i presupposti che consentono la dilazione dell'ordinario termine di deposito della sentenza e, correlativamente, la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, (complessità particolare della stesura della motivazione per il numero delle parti e/o per il numero e gravità delle imputazioni), senza alcuna necessità di ulteriori esplicazioni da parte del giudice.

Cass. pen. n. 2423/1999

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare disposta, ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., per i dibattimenti particolarmente complessi relativi ai reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), stesso codice non viene meno per il fatto che, all'esito del giudizio di merito, la contestazione, sulla cui base la sospensione era stata concessa, sia stata esclusa o modificata in senso più favorevole all'accusato; conseguentemente il periodo di sospensione non può essere computato nei termini di carcerazione successivi o in quelli massimi previsti dall'art. 303. (Fattispecie in tema di spaccio di sostanze stupefacenti in cui con la sentenza di primo grado era stata esclusa l'aggravante dell'ingente quantità).

Cass. pen. n. 4964/1999

Agli effetti della sospensione dei termini della custodia cautelare a norma dell'art. 304 comma 2 c.p.p., il presupposto della particolare complessità del dibattimento e quello riguardante la natura dei reati contestati a ciascun imputato, sono fra loro diversi, giacché mentre la difficoltà di trattazione del dibattimento relativo ad un processo plurisoggettivo corrisponde ad una situazione unitaria, l'oggetto delle imputazioni conserva, invece, carattere necessariamente individuale, connotando le posizioni dei singoli coimputati e differenziandole tra loro, anche ai fini della disciplina delle misure cautelari personali, in relazione alla diversa gravità dei delitti contestati a ciascuno di essi. La sospensione dei termini di custodia cautelare può pertanto essere disposta soltanto nei confronti degli imputati chiamati a rispondere di delitti inclusi nell'elencazione contenuta nell'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p.

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare che, nel caso previsto dall'art. 304, comma 2, c.p.p., è sottoposta alla duplice condizione che si tratti di taluno dei reati indicati nell'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. e che il dibattimento abbia carattere di particolare complessità, non può trovare applicazione nei confronti di quei coimputati per i quali manchi la prima di dette condizioni; e ciò a differenza di quanto si verifica nel caso di mancanza dell'altra condizione, nella quale ipotesi l'operatività della sospensione anche per i coimputati la cui singola posizione non sia particolarmente complessa risulta giustificabile ove si consideri che la difficoltà di trattazione del dibattimento relativo ad un processo plurisoggettivo corrisponde ad una situazione cumulativa unitaria, mentre l'oggetto delle imputazioni conserva sempre un carattere necessariamente individuale, connotando le posizioni dei singoli coimputati e differenziandole fra loro, anche ai fini della disciplina delle misure cautelari; ragion per cui la regola della inscindibilità, se può valere rispetto alla condizione della complessità del dibattimento perché coinvolgente le posizioni di tutti i coimputati ai quali fa capo la situazione processuale unitaria, non è applicabile, invece, in riferimento alla natura delle singole imputazioni, onde la sospensione non può che riferirsi ai soli imputati chiamati a rispondere di delitti compresi nell'elencazione di cui al citato art. 407, comma 2, lett. a).

Cass. pen. n. 4871/1999

In caso di procedimento nei confronti di più imputati, l'impedimento di alcuni di essi o dei loro difensori a comparire e la conseguente richiesta di rinvio comporta l'applicazione dell'art. 304, primo comma, lett. a) anche nei confronti di tutti quei restanti coimputati che, con la loro manifestata «non opposizione» al rinvio medesimo, ne abbiano accettato l'eventuale accoglimento. Ed invero solo la manifestazione di opposizione al rinvio per quel che concerne il proprio assistito, anche a costo di eventuale stralcio del procedimento a suo carico, impedisce l'applicabilità della sospensione dei termini di carcerazione preventiva per il relativo imputato, al quale conseguentemente la diversa eventuale decisione del giudice di non procedere allo stralcio per ragioni processuali non potrà essere addebitata come causa di sospensione del detto termine.

Cass. pen. n. 3440/1999

Ai fini della sospensione dei termini di custodia cautelare a norma dell'art. 304, comma 2, c.p.p., non può farsi riferimento a posizioni individuali differenziate, dato che la causa di sospensione per la complessità del dibattimento si basa su di una situazione che va valutata complessivamente e cumulativamente, sicché la eventuale sospensione deve riguardare indistintamente tutti gli imputati. Tuttavia, ove la sospensione dei termini di custodia cautelare sia stata disposta soltanto per alcuni degli imputati, tale provvedimento, anche se non perfettamente conforme al dettato normativo, mantiene pienamente la sua validità ove emesso in presenza dei presupposti richiesti dalla legge.

Cass. pen. n. 1462/1999

Ai fini della sospensione dei termini di custodia cautelare (art. 304, comma 2, c.p.p.), la particolare complessità del dibattimento può essere ritenuta dal giudice dell'appello ancor prima della decisione sulle richieste di rinnovazione dell'istruttoria, quando si mostri altamente gravoso e temporalmente dispendioso l'esame delle istanze avanzate dalle parti o quando ne appaia probabile l'accoglimento con conseguente appesantimento delle cadenze processuali. (Nell'affermare tale principio la Corte ha altresì precisato che la valutazione di particolare complessità del dibattimento da parte del giudice di appello può legittimamente essere effettuata anche con riferimento ad ulteriori e diversi parametri quali il numero degli imputati, la quantità e la qualità delle imputazioni, il numero e la difficoltà delle questioni da discutere).

Cass. pen. n. 596/1999

In tema di misure cautelari personali, il provvedimento con il quale il giudice dispone la sospensione dei termini di custodia cautelare a norma dell'art. 304 c.p.p. può essere adottato dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza anche dopo il deposito della motivazione, in quanto, ai sensi dell'art. 91 att. c.p.p., in materia di libertà personale la sua competenza funzionle permane fino a che gli atti sono depositati presso il suo ufficio.

In tema di misure cautelari personali, il provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare può essere deliberato anche da un giudice diverso da quello dinanzi al quale si è verificata la causa che ha dato luogo alla sospensione, dovendosi rispettare, come unica condizione di legittimità del provvedimento sospensivo, che nel momento in cui venga adottato non siano già scaduti i termini di custodia cautelare che l'ordinanza intende sospendere. Ed invero, specie con riferimento alla sospensione di cui al primo comma lett. c) dell'art. 304 c.p.p., il provvedimento di sospensione la cui natura è meramente dichiarativa non deve necessariamente essere pronunciato contestualmente al dispositivo della sentenza, ma può essere pronunciato anche in un momento successivo.

In tema di misure cautelari personali, le ipotesi di sospensione dei termini di custodia cautelare previste dall'art. 304, commi uno e due, c.p.p., si distinguono non solo perché solo le prime consentono di limitarne gli effetti ad alcuni degli imputati, escludendo cioè coloro cui le cause di sospensione non si riferiscono e che facciano richiesta di separazione del procedimento, ma anche perché la sospensione prevista dall'art. 304 comma 1 può essere disposta d'ufficio dal giudice, mentre quella prevista dall'art. 304 comma 2 presuppone la richiesta del P.M. (La Corte ha argomentato sul punto osservando che la distinzione trae origine non solo dalla dizione letterale della norma dell'art. 304 c.p.p., la quale a proposito delle sospensioni previste dal primo comma dispone che «i termini... sono sospesi», mentre con riferimento a quelle del secondo comma precisa che «i termini... possono... essere sospesi»; ma anche perché le situazioni previste dal primo comma sono specificamente disciplinate ed indicate dalla legge ed obiettivamente rilevabili dal giudice, il quale è tenuto a disporre la sospensione, con declaratoria meramente dichiarativa, senza margini per valutazioni discrezionali non appena una delle condizioni abbia a verificarsi).

Cass. pen. n. 3123/1999

Il rinvio dell'udienza dovuto a legittimo impedimento del difensore (ivi compreso quello determinato dall'adesione di quest'ultimo ad astensione collettiva dalle udienze), non comporta, quando non incida sulla sospensione dei termini di custodia cautelare (o perché trattasi di procedimento con imputato a piede libero o perché non è stato adottato lo specifico provvedimento previsto dall'art. 304, comma 1, lett. a, c.p.p.), la sospensione del corso della prescrizione, ai sensi dell'art. 159, comma 1, c.p.

Cass. pen. n. 12756/1998

Il differimento della udienza dibattimentale dovuto ad astensione conseguente a deliberazione assunta dagli organi rappresentativi degli avvocati o ad altro impedimento del difensore non determina la sospensione del corso della prescrizione se non nei casi in cui, essendo stata applicata una misura cautelare personale, siano sospesi i termini di durata della custodia cautelare a norma dell'art. 304, comma primo, lett. b) c.p.p. Qualora i termini di prescrizione siano prossimi a maturare è invece legittima la nomina di un difensore di ufficio, sussistendo in tal caso un motivo di urgenza ostativo del differimento dell'udienza.

Cass. pen. n. 4306/1998

La sospensione dei termini di durata della custodia cautelare in pendenza del deposito della motivazione della sentenza di condanna, opera non solo per gli imputati che, durante il giudizio, fossero già detenuti, ma anche per quelli che, giudicati in stato di libertà, siano sottoposti a misura cautelare dopo la lettura del dispositivo. Ed invero, pur essendo indubbio che, nell'ipotesi di custodia in carcere disposta o ripristinata contestualmente alla sentenza di condanna di primo o secondo grado, l'ordinanza cautelare conserva una propria autonomia, è, peraltro, innegabile che la sospensione dei termini di custodia cautelare è operante nei confronti della situazione processuale obiettivamente considerata e investe, quindi, tutti gli imputati che durante il periodo di sospensione si trovino o vengano a trovarsi colpiti da un titolo custodiale: con la conseguenza inevitabile che, allorché si tratti di sospensione in pendenza del termine per il deposito della motivazione, gli effetti sospensivi si producono anche nei riguardi di quegli imputati che erano liberi nel momento della lettura del dispositivo di sentenza e sono stati assoggettati a custodia cautelare nel periodo in cui non è ancora redatta la motivazione e la sospensione è operativa.

Cass. pen. n. 1875/1998

La sospensione dei termini di custodia cautelare per la redazione della sentenza non deve necessariamente essere pronunciata contestualmente al dispositivo, ma può esser disposta successivamente da un giudice diverso, anche in senso processuale. (Nella specie la Corte ha ritenuto legittima la sospensione emessa dal giudice di appello, cui gli atti erano stati trasmessi ex art. 590 c.p.p.).

Cass. pen. n. 3805/1998

La valutazione della particolare complessità del dibattimento, che giustifica la sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., non può riferirsi esclusivamente alla natura del processo ed al tempo necessario per l'assunzione delle prove, ma investe necessariamente la considerazione di tutta l'attività preparatoria e strumentale che richiede l'impiego di tempi tecnici, come è quella destinata a superare esigenze di ordine logistico, sempre che queste trovino la loro origine nel procedimento specifico e non invece in problemi organizzativi e strutturali (come le carenze di organico, la pendenza di altri processi, l'indisponibilità di aree e personale per la loro trattazione) connessi all'amministrazione della giustizia in generale. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto legittima causa di sospensione dei termini di custodia l'allungamento dei tempi del dibattimento derivante dalla necessaria predisposizione di una complessa strumentazione tecnica per l'esame di un collaborante in video-conferenza, considerata indispensabile per la sicurezza delle persone).

Cass. pen. n. 4204/1998

In caso di provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304 comma secondo c.p.p. adottato «per tutti gli imputati in stato di custodia cautelare», ad esso deve necessariamente far seguito altro analogo provvedimento sospensivo nei confronti di quegli imputati, pure attinti dalla medesima misura, ma precedentemente non detenuti, in quanto latitanti, i quali sono legittimati, sotto il profilo dell'interesse, a impugnare soltanto lo specifico provvedimento che li riguardi.

Cass. pen. n. 3940/1998

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare durante la stesura della motivazione della sentenza di primo grado, prevista dall'art. 304, comma primo, lett. c) c.p.p., opera a vantaggio della successiva fase di appello, in quanto la redazione della sentenza, nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell'art. 544 c.p.p., è necessariamente successiva alla sua pronuncia, che individua il momento di passaggio dalla fase di primo grado a quella di appello. (La S.C. ha chiarito che la competenza ad emettere il provvedimento di sospensione attribuita al giudice di primo grado, che pure ha oramai esaurito il suo compito nel procedimento, si giustifica con la circostanza che, sino al deposito della motivazione, non è ancora cominciato il decorso dei termini di impugnazione e che pertanto non è stato ancora investito del processo il giudice d'appello, aggiungendo che i termini custodiali della fase di appello cominciano a decorrere dalla data di scadenza del termine fissato dal giudice per il deposito della motivazione).

Cass. pen. n. 2139/1998

In materia cautelare competente all'emanazione dell'ordinanza di sospensione dei termini di fase, nella pendenza dei termini di deposito della motivazione, è il giudice procedente. Tuttavia l'eventuale omissione è emendabile, purché i termini non siano scaduti, da parte dello stesso giudice, con ordinanza emessa successivamente, e da parte di un giudice diverso purché investito della cognizione della ulteriore fase processuale nella quale provvede.

Cass. pen. n. 3327/1998

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare durante la stesura della motivazione della sentenza di primo grado, prevista dall'art. 304, comma primo, lett. c) c.p.p., opera a vantaggio della successiva fase di appello, in quanto la redazione della sentenza è necessariamente successiva alla sua pronuncia, che individua il momento di passaggio dalla fase di primo grado a quella di appello e, quindi, di decorrenza dei nuovi termini di fase. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il provvedimento di sospensione adottato dal giudice di primo grado contestualmente o anche successivamente alla sentenza non potrebbe valere a integrare un'eventuale deficienza del termine prodottasi nella fase di primo grado, perché ciò comporterebbe una palese violazione del diritto di libertà dell'imputato, mentre l'attribuzione di un potere siffatto a un giudice che ha oramai esaurito il suo compito nel procedimento si giustifica con la circostanza che egli, essendo in possesso degli atti, appare l'unico organo in grado di adottare, con cognizione di causa, le statuizioni più consone al contemperamento dei contrapposti interessi delle parti).

Cass. pen. n. 3053/1998

L'ordinanza di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, di cui all'art. 304 c.p.p., può intervenire durante tutta la fase del giudizio e quindi può essere pronunciata pure nel corso del dibattimento per difficoltà ed ostacoli — anche di ordine logistico attinenti all'organizzazione dei mezzi e strutture necessari per la celebrazione del dibattimento — inizialmente non prevedibili: l'eventuale mancanza di giustificazione dei «tempi morti» tra le udienze che precedono l'emissione di tale ordinanza, non incidono sulla legittimità di detto provvedimento atteso che lo stesso viene adottato ex ante in vista del futuro svolgimento e della conclusione del processo e non con riferimento alle udienze passate.

Cass. pen. n. 1668/1998

In sede di impugnativa dell'ordinanza di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare per ritenuta particolare complessità del dibattimento, ex art. 304, comma secondo, c.p.p., non è consentita la proposizione di questioni relative alla mancata separazione dei processi — trattandosi di questioni rimesse alla discrezionalità del giudice e non soggetta ad impugnazione — neppure sotto il profilo che la complessità del procedimento è stata determinata dalle scelte del pubblico ministero nel momento in cui esercita l'azione penale o successivamente dal giudice a norma degli artt. 17, 18 e 19 c.p.p.

Cass. pen. n. 608/1998

L'art. 304, comma secondo, c.p.p., nel richiamare, ai fini della sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, il concetto di complessità del dibattimento, ha inteso comprendere in tale locuzione non solo la complessità inerente alla trattazione e alla decisione del processo con riferimento alla esigenza di approfondimento delle posizioni di ciascun imputato e di assunzione di numerosi mezzi istruttori, ma anche tutte le difficoltà e tutti gli ostacoli di ordine logistico attinenti alla organizzazione dei mezzi e delle strutture necessari per la celebrazione del dibattimento, derivanti, ad esempio, dalla esigenza di tradurre imputati detenuti in luoghi distanti, assicurare la difesa degli imputati, tenendo conto degli impegni dei loro difensori, ottenere la presenza di collaboratori di giustizia impegnati anche in altri procedimenti, garantire la incolumità dei testi e degli stessi collaboratori di giustizia, fare fronte anche ai concomitanti impegni gravanti sui componenti del collegio.

Cass. pen. n. 674/1998

L'istituto della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare previsto dall'art. 304, comma secondo, c.p.p., basandosi sul dato oggettivo della complessità del dibattimento, e cioè su una situazione unitaria, contraddistinta anche dall'intreccio di incolpazioni correlate e accomunanti, non consente il riconoscimento di posizioni individuali differenziate; il che è avvalorato dalla circostanza che il legislatore ha invece espressamente previsto (art. 304, comma quinto, c.p.p.), previa separazione dei processi, la scindibilità dell'istituto della sospensione quando questo si fondi, come nelle ipotesi di cui al comma primo, lett. a) e b) e al comma 4 del medesimo articolo, su cause aventi natura personale. Tale impostazione risulta condivisa anche dalla Corte costituzionale, la quale ha avuto modo di precisare che la facoltà consentita al giudice dal comma secondo dell'art. 304 c.p.p. non può comportare, ove effettivamente esercitata, distinzioni individuali fra imputati nel processo, attenendo alla obiettiva complessità particolare del dibattimento e cioè a una situazione collettiva (o cumulativa) comune a tutti i soggetti partecipi, cosicché il richiamo al dato obiettivo della complessità del dibattimento è ostativo al riconoscimento di posizioni individuali differenziate.

Cass. pen. n. 433/1998

Il «congelamento» dei termini di custodia ai sensi dell'art. 297 comma quarto c.p.p. non è cumulabile con la «sospensione» disposta ai sensi dell'art. 304 comma secondo c.p.p.: quest'ultima, di più ampia portata, esclude — infatti — l'operatività del primo, limitata ai giorni delle udienze e della deliberazione della sentenza, sempreché non siano già «coperti» dal provvedimento sospensivo. Tra dette norme sussiste un rapporto di specialità, cosicché l'applicazione della disposizione «speciale» (quella dell'art. 304 comma secondo c.p.p.) esclude l'operatività di quella «generale» (dettata dall'art. 297 comma quarto c.p.p.).

Cass. pen. n. 2163/1998

Quando il difensore sia presente in udienza, il diritto di difesa deve comunque ritenersi assicurato anche se dal verbale non risultino le richieste o conclusioni assunte in relazione ai singoli provvedimenti in ordine ai quali il patrono abbia diritto di interloquire. (Nella specie la Corte - annullando il provvedimento del tribunale del riesame che aveva, a sua volta, annullato l'ordinanza del tribunale ordinario per non essere stato sentito il difensore nel momento in cui il giudice, su richiesta del P.M., aveva emesso l'ordinanza di sospensione dei termini della custodia cautelare per la particolare complessità del dibattimento - ha osservato che il patrono, presente in udienza, e quindi in grado di svolgere le sue funzioni difensive, non le aveva svolte per sua libera scelta, e non per impedimento frapposto dal presidente del collegio giudicante).

Cass. pen. n. 6669/1998

In tema di sospensione dei termini di custodia cautelare, e con riferimento all'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 304 c.p.p., la complessità del dibattimento non cessa di costituire un requisito oggettivo sol perché derivante dall'esercizio del potere discrezionale di riunione di processi, ex art. 17 c.p.p. Ciò in quanto tale potere è esercitato in conformità alle regole tassative di cui all'art. 17 c.p.p. citato, e nei limiti rigorosi da tale norma obiettivamente individuati, ai fini di conciliare l'interesse dell'ordinamento alla celebrazione contestuale dei procedimenti interferenti (simultaneus processus) con quello del singolo imputato alla definizione della propria posizione processuale (e non potendosi peraltro, escludere — in astratto — l'interesse anche di quest'ultimo ad un ampliamento e ad un'integrazione dell'ambito cognitivo del procedimento che specificamente lo riguarda).

Cass. pen. n. 6540/1998

In materia di sospensione dei termini di custodia cautelare nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 304 c.p.p., la separazione del processo in fase dibattimentale può incidere sulla efficacia della ordinanza di sospensione. Ciò nel caso in cui, a seguito della separazione, uno o più imputati si trovino ad essere tali in un dibattimento diverso da quello originario, che presenti difformità strutturali rispetto a quelle che costituivano la base dell'ordinanza di sospensione dei termini; quest'ultima, in base al principio del rebus sic stantibus che informa i provvedimenti in materia cautelare e del quale l'art. 299 c.p.p. costituisce applicazione, può essere rivista alla luce della nuova situazione creatasi, perché sia verificata la sua coerenza rispetto al dibattimento impostato a seguito della separazione ed al livello di novità che lo contraddistingue. In questa prospettiva compete al giudice di merito riconsiderare alla luce del presupposto normativo le imputazioni in esame, (alcune delle quali, pur se non riferite a tutti gli imputati, devono rientrare nella previsione dell'art. 407 comma secondo lett. a c.p.p.), e valutare se persista quella particolare complessità del dibattimento che della sospensione già disposta costituiva supporto.

Cass. pen. n. 4618/1998

In caso di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare ex art. 304, comma secondo, c.p.p., non può farsi luogo al riconoscimento di posizioni individuali differenziate tra imputati, sempreché si tratti di soggetti cui sia addebitato uno fra i reati indicati dall'art. 407, comma secondo, lett. a), c.p.p., basandosi la detta causa di sospensione su una situazione collettiva (o cumulativa), quale la complessità particolare del dibattimento, comune a tutti i partecipi, anche per le connessioni di vario tipo insite nell'intreccio delle varie posizioni.

Cass. pen. n. 3920/1997

I provvedimenti di sospensione e rinvio del dibattimento hanno, di norma carattere ordinatorio e rientrano nel potere discrezionale del giudice che procede. Tale discrezionalità è vincolata, però, nel caso di sopravvenienza di circostanze eccezionali, quali quelle disciplinate dall'art. 304 c.p.p. — impedimento o allontanamento, mancata presentazione o partecipazione di uno o più difensori che rendano privi di assistenza uno o più imputati — che costituiscono un ostacolo concreto, ed eventualmente giuridico, alla prosecuzione del dibattimento. Di conseguenza, la diffusa astensione dalle udienze, attuata dai difensori in adesione alla deliberazione degli organi professionali, legittima, privando uno o più imputati della necessaria assistenza tecnica, il rinvio o la sospensione del dibattimento e giustifica, conseguentemente, la sospensione dei termini di custodia cautelare. (Ha peraltro affermato la Corte che non è giuridicamente apprezzabile la manifesta volontà dei detenuti di prosecuzione del processo, stante l'impossibilità concreta di assicurare, anche attraverso difensori di ufficio, l'assistenza tecnica a uno o più imputati, e rientrando nell'insindacabile discrezionalità del giudice la valutazione in ordine alla separazione dei giudizi).

Cass. pen. n. 2969/1997

La sospensione della decorrenza dei termini massimi di custodia cautelare per il periodo necessario alla redazione della sentenza disposta all'esito del giudizio di primo grado, incide sui termini di fase relativi all'appello, che cominciano perciò a decorrere alla scadenza della proroga o con il deposito della sentenza e non sul termine relativo al primo grado.

Cass. pen. n. 4222/1997

La dichiarazione di ricusazione del giudice dell'udienza preliminare (ipotesi non disciplinata dall'art. 1 del D.L. 23 ottobre 1996 n. 553, convertito con modificazione in L. 23 dicembre 1996 n. 652, che riguarda esclusivamente la fase dibattimentale), non consentendo al giudice ricusato alcun vaglio preliminare in ordine alla fondatezza della dichiarazione stessa, ma imponendogli di sospendere comunque la propria attività, normalmente destinata ad esaurirsi in giornata, comporta, ai sensi del combinato disposto dei commi 1, lettera a) e 4 dell'art. 304 c.p.p., la pronuncia, da parte del medesimo giudice, di ordinanza sospensiva dei termini di custodia cautelare

Cass. pen. n. 2584/1997

Ai fini della formulazione del giudizio prognostico di particolare complessità, richiesto per dar luogo alla sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., deve ritenersi consentito al giudice prendere in considerazione non soltanto gli elementi già obiettivamente rilevabili, come il numero e la gravità delle imputazioni, il numero degli imputati, dei collaboratori e dei testimoni, valutando la probabile difficoltà della loro assunzione, ma anche quegli accertamenti che, pur non facendo parte dei mezzi di prova già ammessi, vi è fondato motivo di ritenere che, in relazione all'oggetto del giudizio e alle finalità del processo, debbono essere necessariamente acquisiti, costituendo un antecedente logico imprescindibile ai fini della formulazione di quel giudizio finale complessivo che si estrinseca nella sentenza e nella sua motivazione.

Cass. pen. n. 861/1997

Allorché la causa di sospensione dei termini della custodia cautelare si basi sul dato oggettivo della complessità del dibattimento, non può farsi luogo al riconoscimento di posizioni differenziate, ed è pertanto irrilevante la circostanza che la posizione soggettiva di taluni imputati non sia di particolare complessità.

Cass. pen. n. 1470/1997

In tema di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, verificandosi l'ipotesi di cui all'art. 304, comma primo, lett. b), c.p.p. (mancata partecipazione al dibattimento di uno o più difensori), nella quale rientra anche il caso dell'astensione degli avvocati dalle udienze per adesioni ad agitazioni di categoria, non operano, ai sensi di quanto espressamente previsto dal comma settimo del citato art. 304, i limiti massimi di fase di cui al precedente comma sesto, ma soltanto i limiti di durata complessiva della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 6571/1997

Il provvedimento di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, nel caso previsto dall'art. 304, comma 1, lett. c), c.p.p., può essere legittimamente emesso anche dopo la scadenza dei termini previsti dall'art. 544, commi secondo e terzo, per il deposito della sentenza, senza che questo abbia avuto luogo, non determinando la detta scadenza l'esaurimento della fase del giudizio in corso, la quale si conclude, invece, soltanto con la trasmissione degli atti al giudice dell'impugnazione, come desumibile anche dall'art. 91 att. c.p.p., che regola la competenza in ordine ai provvedimenti concernenti le misure cautelari.

Cass. pen. n. 174/1997

La causa di sospensione dei termini della custodia cautelare durante la fase del giudizio, rappresentata dalla complessità del dibattimento (art. 304, comma secondo, c.p.p.), quando si tratti di reati indicati nell'art. 407, comma secondo, c.p.p., ha natura obiettiva e non richiede perciò che all'imputato sia personalmente contestato uno di tali reati ma che, obiettivamente, il dibattimento tratti di tali reati, benché contestati ad alcuni e non a tutti gli imputati, acquistando — globalmente inteso — un carattere complesso, che non consente distinzioni tra le singole posizioni degli imputati.

Cass. pen. n. 272/1997

Ai fini dell'operatività o meno della causa di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare prevista dall'art. 304, comma 1, lett. a), c.p.p., nella parte in cui questo fa riferimento ad una «richiesta» proveniente dall'imputato o dal suo difensore, occorre verificare se tale richiesta sia basata soltanto su motivi personali o si tratti, invece, di richiesta basata su motivi espressamente previsti dalla legge e ricollegabili all'esigenza, di interesse pubblico, della celebrazione di un «giusto processo». In detta seconda ipotesi, ove dall'accoglimento della richiesta derivi, come conseguenza necessaria, la stasi del procedimento, questa non potrà risolversi in pregiudizio dell'imputato e comportare, quindi, anche la sospensione dei termini summenzionati. (Nella specie, in applicazione di tali principi, è stato escluso che potesse dar luogo a sospensione dei termini di durata della custodia cautelare il rinvio — peraltro non dovuto — del dibattimento in conseguenza della presentazione di un'istanza di ricusazione del giudice, cui aveva fatto seguito, nel corso del relativo procedimento incidentale, la proposizione di una questione di legittimità costituzionale, poi ritenuta non fondata).

Cass. pen. n. 4593/1996

L'ordinanza che, ai sensi dell'art. 304, comma secondo, c.p.p., dispone nella fase del giudizio la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, può essere legittimamente adottata anche prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, e ciò sia in quanto la fase predetta, cui la norma espressamente si riferisce, comprende anche quella degli atti introduttivi al dibattimento, sia perché la particolare complessità del dibattimento stesso può immediatamente apparire palese, ancor prima della relativa dichiarazione di apertura e dell'ammissione dei testi di accusa e difesa, in considerazione del numero degli imputati, della vastità delle imputazioni, della gravità dei reati e del numero dei testimoni semplicemente indicati dalle parti nelle rispettive liste.

Cass. pen. n. 4997/1996

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare disposta per il periodo necessario alla redazione della sentenza ai sensi dell'art. 304 comma primo, lett. c), opera sui termini previsti per la fase di appello rispetto alla quale determina un prolungamento dei termini massimi di custodia corrispondente a quello della sospensione.

Cass. pen. n. 4600/1996

La sospensione dei termini massimi di custodia cautelare per il tempo concesso per la redazione della sentenza, secondo quanto previsto dall'art. 304, comma 1, lett. c), deve essere disposta dal giudice di primo grado, che può farlo anche dopo la pronuncia della sentenza, purché non siano scaduti i termini di fase, ma incide sulla fase del primo grado e non su quella del giudizio d'appello per il quale i termini massimi di custodia cautelare decorrono dal giorno della pronuncia della sentenza di primo grado e non dal novantesimo giorno successivo a questo.

Cass. pen. n. 3680/1996

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare per quanto riguarda l'udienza preliminare (nella quale, come confermato nell'art. 303, lett. a) c.p.p. possono essere emesse sentenze a conclusione di giudizi abbreviati o di patteggiamento), è regolata autonomamente dal quarto comma dell'art. 304 c.p.p.; e poiché esso richiama solo le lett. a) e b) del primo comma deve escludersi che per i giudizi svoltisi nell'udienza preliminare sia applicabile la lett. c) del primo comma dell'art. 304 c.p.p.

Cass. pen. n. 3676/1996

In materia di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare (art. 304 c.p.p.), la competenza ad emettere il provvedimento sospensivo, ai fini della redazione della motivazione della sentenza, spetta al giudice che ha pronunziato la sentenza medesima. Per quanto concerne, poi, la fase di operatività della sospensione, deve ritenersi che il periodo di redazione della motivazione ricada già nella fase successiva a quella conclusa, ai sensi dell'art. 303 comma primo lett. b) e c) dalla «pronuncia» della sentenza; e pertanto ricada nella fase di appello.

Cass. pen. n. 3672/1996

In caso di sospensione dei termini di custodia cautelare, ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., «nei confronti di tutti gli imputati detenuti», cui abbia fatto seguito altro analogo provvedimento nei confronti di altri imputati, precedentemente non detenuti in quanto latitanti, questi ultimi hanno titolo, sotto il profilo dell'interesse, ad impugnare il provvedimento che li riguarda.

Cass. pen. n. 2646/1996

L'adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze deliberata dall'associazione di categoria non costituisce legittimo impedimento a norma dell'art. 486, comma 5, c.p.p. Ne consegue che il rinvio del dibattimento riconducibile a tale avvenimento legittima la sospensione dei termini di custodia ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. b) c.p.p. (In motivazione, la S.C. ha affermato che l'adesione del difensore allo sciopero di categoria non può configurarsi come legittimo impedimento che, nella prospettiva dell'art. 486, comma 5, c.p.p., è impedimento a comparire e si ricollega a situazioni oggettive, non dipendenti dalla volontà del soggetto «implicito», mentre l'astensione dallo svolgimento delle attività difensive in udienza costituisce una libera scelta del difensore, il quale non è affatto impedito a comparire, ma manifesta espressamente — o tacitamente, rimanendo assente — la volontà di aderire alla proclamata astensione. Sicché tale adesione deve essere inquadrata nella nozione di abbandono della difesa, sia pure giustificato come esercizio di un diritto costituzionalmente garantito, che non fa venir meno definitivamente l'assistenza fiduciaria, rendendo, invece, operante la previsione dell'art. 97, comma 4, c.p.p., sicché il giudice deve designare un sostituto del difensore di fiducia, ove immediatamente reperibile. Di conseguenza, il rinvio dell'udienza non discende da una diretta applicazione dell'art. 486, comma 5, c.p.p., ma dalla verificata assoluta impossibilità di assicurare la necessaria assistenza difensiva in udienza all'imputato per la non immediata reperibilità di un difensore che possa essere designato come sostituto).

Cass. pen. n. 2603/1996

In tema di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare a seguito di sospensione o rinvio del dibattimento per particolari ragioni, l'astensione degli avvocati dall'udienza, per l'adesione ad agitazioni di categoria, rientra nell'ipotesi «della mancata partecipazione di uno o più difensori» prevista dall'art. 304, comma 1, lett. b) c.p.p., con la conseguenza che del periodo di sospensione che ne è derivato non può tenersi conto, ai sensi del comma 7 della medesima disposizione, nel computo dei termini massimi della custodia. (Nell'occasione la Corte ha precisato che l'adesione del singolo difensore all'astensione collettiva proclamata dalle associazioni di categoria è pur sempre un atto volontario il quale, se da un lato giustifica e rende necessario il rinvio del dibattimento, da un altro non può essere anche incoraggiato o premiato con la sospensione dei termini di custodia).

Cass. pen. n. 1940/1996

In caso di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, disposta ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p. basandosi la detta causa di sospensione sul dato oggettivo della complessità del dibattimento, e cioè ad una situazione collettiva (o cumulativa) comune a tutti i soggetti partecipi, anche per le connessioni di vario tipo, insite nell'intreccio di incolpazioni correlate e accomunanti, non può farsi luogo al riconoscimento di posizioni individuali differenziate, salvo che si tratti (come previsto dall'attuale comma 5 dell'art. 304 c.p.p., quale sostituito dall'art. 15, comma 1, della L. 8 agosto 1995 n. 332), di coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscano e che chiedano procedersi nei loro confronti, previa separazione dei processi.

Cass. pen. n. 503/1996

L'ordinanza con la quale, ai sensi dell'art. 304, comma 1, lett. c) (già lett. b-bis), c.p.p., venga disposta la sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, in pendenza di quelli previsti per la redazione della sentenza dall'art. 544, commi 2 e 3 c.p.p., non deve necessariamente essere pronunciata contestualmente al dispositivo della sentenza predetta, ma può essere invece pronunciata anche in un momento successivo, senza che sia neppure richiesta, in quest'ultimo caso, l'identità fisica fra il giudice che pronuncia l'ordinanza e quello che ha pronunciato la sentenza.

Cass. pen. n. 4463/1996

Il potere discrezionale del giudice di sospendere i termini della custodia cautelare quando si proceda per i reati indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p., lettera a) e qualora il dibattimento sia particolarmente complesso deve, con riguardo a quest'ultima condizione, ritenersi sussistere sia per l'ipotesi in cui la complessità in questione derivi da esigenze strettamente processuali di approfondimento istruttorio, sia per quella in cui la stessa sia conseguenza di esigenze di carattere logistico. In ogni caso va puntualizzato che la situazione deve essere tale da non consentire, per esigenze istruttorie, di addivenire alla pronuncia della sentenza nel rispetto dei termini di cui all'art. 303 c.p.p., pur procedendosi nella fissazione delle udienze secondo criteri di normalità, oppure tale da non consentire, per esigenze logistiche di seguire detti criteri. (Affermando siffatto principio la Cassazione ha ritenuto che ai fini della sospensione di cui all'art. 304, comma 2, c.p.p. potessero valere, nell'ambito dei problemi organizzativi, solo quelli inerenti alla celebrazione del processo a carico dell'imputato — esempio: traduzione di imputati detenuti in luoghi lontani; necessità di mezzi particolari per garantire incolumità di testi e collaboratori — non potendosi invece far ricadere sul medesimo problemi riguardanti più in generale l'amministrazione della giustizia — esempio: carenza di organico; pendenza di altri processi).

Cass. pen. n. 3926/1996

Al fine della individuazione della particolare complessità del dibattimento che giustifica, ex art. 304, comma 2, c.p.p., la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, occorre fare riferimento alla situazione processuale oggettiva, con riguardo alle specifiche circostanze che inducono a prevedere una lunga durata del dibattimento stesso. Integrano siffatta situazione, tale da impedire la sollecita definizione del giudizio e da rendere indispensabile la sospensione dei termini, sia la difficoltà sia il tempo dell'espletamento di una rogatoria internazionale che renda impossibile la pronuncia della sentenza entro i termini di custodia cautelare.

Cass. pen. n. 3664/1995

La sospensione dei termini di durata della custodia cautelare (art. 304 c.p.p.) per sospensione e rinvio del dibattimento su richiesta dell'imputato o del suo difensore si applica anche in presenza di una richiesta implicita o adesiva a quella di altri. Il comportamento concreto adottato dall'imputato con la dichiarazione di «non opposizione» al differimento del dibattimento richiesto dal difensore di un coimputato, si risolve in una sostanziale adesione alla richiesta di rinvio da quello formulata e, per ciò stesso, in una implicita richiesta, anche personale, di differimento del dibattimento.

Cass. pen. n. 37/1995

L'istituto della sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, di cui all'art. 304 c.p.p., si applica anche nel processo penale a carico di imputati minorenni. (La Corte, nell'affermare tale principio, premesso che la disciplina del processo minorile non ritenga un sistema autonomo, ma si articola invece in un insieme di deroghe alle norme del processo ordinario che trovano applicazione per quanto non previsto dalle disposizioni contenute nel D.P.R. 22 settembre 1988, n. 488, ha precisato che nessuna norma speciale esclude o regola diversamente, rispetto al rito ordinario, l'istituto della sospensione dei termini della custodia cautelare e che esiste inoltre piena compatibilità fra detta sospensione, finalizzata alla tutela delle esigenze cautelari, e la disciplina della custodia cautelare di cui all'art. 23 del D.P.R. suddetto, che a tali esigenze espressamente si richiama).

Cass. pen. n. 2629/1995

L'ordinanza di sospensione dei termini massimi di custodia cautelare emessa ex art. 304 c.p.p. determinata dalla particolare complessità del dibattimento e dall'elevato numero degli imputati entra a far parte integrante dell'ordinanza applicativa della misura e ne segue le sorti. Quando perciò la posizione di uno degli indagati venga stralciata, l'ordinanza di proroga, unitamente al provvedimento che ha disposto le misure cautelari, deve essere trasmessa, ai sensi dell'art. 432 c.p.p., al giudice del dibattimento e continua ad esplicare i propri effetti ai fini del computo del termine di durata massima della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 1601/1995

La disciplina relativa alla sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare è applicabile anche nel giudizio di appello camerale.

Cass. pen. n. 1628/1995

Non può dubitarsi della legittimazione del pubblico ministero ad impugnare un'ordinanza reiettiva della sua richiesta di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare. Ciò risulta evidente dal richiamo operato dall'art. 304 comma 3 c.p.p. all'art. 310 c.p.p. il quale indica il pubblico ministero come il primo dei soggetti legittimato ad impugnare le ordinanze in materia di libertà, tra le quali rientra certamente quella che pronuncia sulla richiesta di sospensione dei suddetti termini.

Cass. pen. n. 2832/1995

È legittimo il rinvio del dibattimento ad altra udienza, con la conseguente applicazione della sospensione dei termini custodiali, ricorrendo la fattispecie di cui all'art. 304 c.p.p., allorché siano indicate, dal giudice di merito, con argomentazioni esenti da vizi o errori di diritto, le ragioni di fatto per le quali non sia possibile né separare la posizione processuale dell'imputato non scarcerato, né assicurare una valida difesa d'ufficio a tutti i coimputati del processo simultaneo a mezzo dell'unico avvocato presente in udienza, in periodo di astensione degli avvocati dalle udienze.

Cass. pen. n. 1284/1995

Gli artt. 304, secondo comma e 305, secondo comma c.p.p. disciplinano ciascuno un istituto diverso: quello della sospensione dei termini e quello della proroga della custodia cautelare. Il primo, che attiene al giudizio, dà luogo ad un prolungamento di durata ex ante indeterminata e riguarda sia i termini intermedi di fase, sia il termine di durata complessiva di cui all'art. 303, quarto comma c.p.p. Il secondo che concerne le indagini, opera per un periodo di tempo determinato e riguarda solo il termine di fase delle indagini preliminari. In ragione di tale diversità, il requisito che i termini siano prossimi a scadere, previsto solo in relazione alla proroga dell'art. 305, secondo comma c.p.p., non è estensibile alla sospensione.

Cass. pen. n. 543/1995

Avverso i provvedimenti di diniego della sospensione dei termini di custodia cautelare è ammesso l'appello davanti al tribunale indicato dall'art. 309, settimo comma, c.p.p. (La Corte ha precisato che la differenziazione tra gli strumenti impugnatori avverso le ordinanze di sospensione apparentemente risultante dall'art. 304, terzo comma, c.p.p. — in caso di sospensione, l'appello; in caso di diniego di sospensione, il solo ricorso per cassazione a norma dell'art. 568, secondo comma, c.p.p. — deriva da un esame strettamente letterale del disposto dell'art. 304 c.p.p. e del tutto avulso dal contesto normativo ove si colloca il regime dei rimedi de libertate; il tutto anche considerando che il richiamo all'art. 568, primo e secondo comma, c.p.p. si rivelerebbe del tutto inadeguato alla stregua dell'art. 310, primo comma, dello stesso codice, che ha costruito l'appello come mezzo generale di impugnazione «contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali», con l'eccezione dei provvedimenti suscettibili di riesame. Cosicché l'area dei provvedimenti assoggettabili ad appello è individuata con riferimento a tutte le ordinanze relative ad una misura cautelare personale diverse da quelle assoggettabili a riesame ai sensi dell'art. 309 comma primo).

Cass. pen. n. 3538/1994

L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare, adottata ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., non perde efficacia per l'intervenuto mutamento di composizione del collegio giudicante dal quale era stata emessa.

Cass. pen. n. 2670/1994

In tema di sospensione dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio, ai sensi dell'art. 304, comma 2, c.p.p., la relativa ordinanza può essere adottata anche fuori udienza ed è subordinata solo alla richiesta del P.M., non prevedendo il comma 3 del citato articolo né l'osservanza delle procedure previste dall'art. 127 c.p.p. né la previa audizione del difensore.

Cass. pen. n. 2720/1994

In tema di sospensione dei termini di custodia cautelare, l'art. 304, comma 2, c.p.p. prevede un potere discrezionale che il giudice può esercitare quando ricorrano due condizioni: che si tratti di reati indicati dall'art. 407, comma 2, lett. a), c.p.p. e che il dibattimento sia particolarmente complesso. L'ordinanza di sospensione deve essere motivata a pena di nullità; e la motivazione non può essere limitata alla dichiarazione della esistenza delle due condizioni che la rendono possibile, ma deve riguardare il carattere necessitato del concreto esercizio della facoltà di sospensione. (Nella specie, è stata annullata l'ordinanza del giudice di merito, sul rilievo che essa non aveva spiegato i motivi per i quali le poche udienze ancora necessarie per la conclusione del dibattimento non avrebbero potuto essere tenute in giorni più ravvicinati, in modo da consentire la pronunzia della sentenza nel rispetto dei termini di cui all'art. 303 c.p.p., senza ricorrere alla sospensione).

Cass. pen. n. 1697/1994

È nulla l'ordinanza di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, nei casi previsti dal secondo comma dell'art. 304 c.p.p., qualora il giudice la disponga senza avere sentito la difesa, trattandosi di provvedimento emesso nella fase del giudizio, affidato al potere discrezionale del giudice ed incidente sullo status libertatis dell'imputato. L'omessa partecipazione della difesa, violerebbe il principio di partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parità in ogni stato e grado del procedimento, fissato nell'art. 2 n. 3 della legge delega.

Cass. pen. n. 888/1994

La sospensione dei termini di custodia cautelare presuppone una sospensione o rinvio del dibattimento disposti per legittimo impedimento dell'imputato ovvero per altri motivi espressamente previsti, sicché, in pendenza di più procedimenti a suo carico, l'imputato ben può chiedere e ottenere il rinvio di uno dei procedimenti, sopportandone però le conseguenze sul computo dei termini massimi di custodia cautelare, posto che queste sono per sempre riferibili a una sua richiesta, ancorché implicita, la cui valutazione non può essere sostituita da quella del giudice.

Cass. pen. n. 250/1994

Appartenendo al giudizio abbreviato nel grado di appello una fase eventuale di assunzione di prove ed una fase di valutazione e decisione, parificate nella funzione al contenuto del dibattimento, non può escludersi di principio, senza procedere alla verifica puntuale della sussistenza delle condizioni richieste, l'applicabilità della normativa disciplinante la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare nelle ipotesi previste dall'art. 304, primo e secondo comma, c.p.p

Cass. pen. n. 224/1994

In materia di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare per sospensione e rinvio del dibattimento su richiesta dell'imputato o del suo difensore (art. 304, comma 1, lett. a, c.p.p.), quest'ultima può essere scritta o orale, individuale o collettiva, in caso di pluralità di imputati contestuale o successiva, e autonoma o adesiva a quella di altra parte. Ne consegue che i termini vanno sospesi anche nei confronti dell'imputato che, personalmente o tramite il difensore, ha aderito alla richiesta di rinvio formulata dal P.M., fondata sulla opportunità di una trattazione congiunta di tutte le imputazioni.

Cass. pen. n. 4257/1994

Poiché la nullità o inutilizzabilità di un atto possono rispettivamente comunicarsi o avere effetto solo su atti successivi ed in quanto dipendenti dall'atto nullo o inutilizzabile, e non su quelli antecedenti, che hanno una propria autonomia, logica e giuridica, la cui validità va commisurata alla normativa che li regola, la richiesta del pubblico ministero di sospensione del termine di durata della custodia cautelare, formulata ex art. 304, terzo comma, c.p.p., mantiene la sua piena efficacia, nell'ipotesi di invalidità del provvedimento che l'accoglie, anche in relazione al rinnovato provvedimento del giudice.

Cass. pen. n. 4221/1993

Nell'ipotesi di sospensione del procedimento per rimessione degli atti alla Corte costituzionale, non possono ritenersi sospesi anche i termini di custodia cautelare, neppure nel caso in cui la rimessione degli atti è stata determinata da un'eccezione di incostituzionalità proposta dall'imputato. (Nella specie la Suprema Corte ha affermato che non può ritenersi sospeso il termine dei dieci giorni previsto dall'art. 309 c.p.p., in favore dell'indagato sottoposto a misura, entro il quale deve essere depositata l'ordinanza che decide sul riesame proposto).

Cass. pen. n. 2445/1993

L'ordinanza di sospensione dei termini di custodia cautelare di cui all'art. 304, primo comma, c.p.p., può essere adottata successivamente al rinvio dell'udienza, purché prima del decorso del termine massimo di custodia.

Cass. pen. n. 3284/1992

In tema di determinazione della durata della custodia cautelare, la sospensione del decorso dei relativi termini nei casi previsti dall'art. 304, lett. a) c.p.p. dura — secondo quanto si deduce dalla lettera e dalla ratio della suddetta norma — dalla data in cui è disposto il rinvio a quella fissata per la nuova udienza dibattimentale.

Cass. pen. n. 2622/1992

La sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, prevista dall'art. 304 c.p.p., non opera allorché, pur a seguito di istanza formulata dall'imputato, il giudice ritenga necessaria la verifica di costituzionalità della norma cui detta istanza si riferisce (nella specie trattavasi dell'art. 37 c.p.p, in tema di ricusazione), e disponga pertanto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, sospendendo, nel frattempo, il procedimento.

Cass. pen. n. 2577/1992

La sospensione del procedimento dovuta alla rimessione degli atti alla Corte costituzionale, allorché non intervenuta nell'ambito del giudizio principale, ma in quello incidentale conseguente a istanza di ricusazione avanzata dall'imputato, comporta la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare.

Cass. pen. n. 2526/1992

La sospensione dei termini di custodia cautelare, prevista dall'art. 304, comma primo, c.p.p., è diretta ad evitare che l'imputato possa beneficiare di eventi o situazioni da lui determinati a fini meramente dilatori. Tale principio non si applica quando il legame tra l'istanza dell'imputato e il rinvio del dibattimento venga ad interrompersi poiché la causa che lo ha determinato trova origine nell'esercizio di attività processuali che la legge rende obbligatorie, indipendentemente dall'istanza dell'imputato, ponendosi questa solo come impulso all'espletamento di un'attività doverosa del giudice. Ne consegue l'inapplicabilità della sospensione dei termini di custodia cautelare nel caso in cui il processo sia stato sospeso per rimessione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio incidentale di costituzionalità di una norma.

Cass. pen. n. 1520/1992

Nell'estendere, con il disposto del primo comma dell'art. 251 att. c.p.p., la nuova disciplina sulla durata della custodia cautelare anche ai procedimenti regolati dalle norme anteriormente vigenti, il legislatore non ha inteso prevedere eccezioni per quanto concerne le modalità di calcolo dei termini massimi e di applicazione delle cause di sospensione al loro naturale decorso. (Fattispecie in tema di sospensione del corso della custodia cautelare).

Cass. pen. n. 1015/1992

La sospensione dei termini di custodia cautelare (art. 304 c.p.p.) si determina ogni qualvolta in un'attività processuale dell'imputato o del suo difensore sia configurabile una richiesta, anche implicita, di sospensione o di rinvio del dibattimento, perchè il richiedente, ben consapevole degli effetti della sua richiesta, ne accetta anche i riflessi sul computo di tali termini. (Nella specie il difensore dell'imputato si era opposto alla separazione dei giudizi dopo che il difensore di altri coimputati aveva richiesto il rinvio del processo per suo impedimento, cosicchè il dibattimento, nei confronti di tutti gli imputati, era stato rinviato a tempo indeterminato. La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso avverso la declaratoria della corte d'assise di sospensione dei termini di custodia cautelare).

Cass. pen. n. 321/1992

L'ordinanza di sospensione del termine di custodia cautelare emessa ai sensi dell'art. 304 c.p.p. non è ricorribile in cassazione ma soltanto appellabile ai sensi dell'art. 310 dello stesso codice, come espressamente previsto dal comma primo del citato art. 304, e l'impugnazione va devoluta al «tribunale della libertà», anche se esperita contro un provvedimento del giudice di secondo grado, stante il carattere generale di tale competenza relativa pure alle ordinanze in materia di misure cautelari processuali adottate nel corso del giudizio.

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