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Articolo 611 Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 477)

[Aggiornato al 11/01/2024]

Procedimento

Dispositivo dell'art. 611 Codice di procedura penale

1. La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica(2).

1-bis. Nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell’articolo 442 il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione in pubblica udienza. Gli stessi possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione:

  1. a) sui ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l’osservanza delle forme previste dall’articolo 127;
  2. b) sui ricorsi avverso sentenze pronunciate all’esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma dell’articolo 598 bis, salvo che l’appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale(3).

1-ter. Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la corte dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127(3).

1-quater. Negli stessi casi di cui al comma 1-bis, la corte può disporre d’ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, dandone comunicazione alle parti mediante l’avviso di fissazione dell’udienza(3).

1-quinquies. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127, l’avviso di fissazione dell’udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell’udienza e i termini di cui ai commi 1 e 1-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica(3).

1-sexies. Se ritiene di dare al fatto una definizione giuridica diversa, la corte dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l’avviso di fissazione della nuova udienza(3).

[2. Nello stesso modo la corte procede quando è stata richiesta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Se non dichiara l'inammissibilità, la corte fissa la data per la decisione del ricorso in udienza pubblica](1).

Note

***DIFFERENZE RISPETTO ALLA FORMULAZIONE PREVIGENTE***
(in verde le modifiche e in "[omissis]" le parti della norma non toccate dalla riforma)


Procedimento in camera di consiglio
(Procedimento in camera di consiglio)
1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell'articolo 442. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica.
1. La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica.
1-bis. Nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell’articolo 442 il procuratore generale e i difensori possono chiedere la trattazione in pubblica udienza. Gli stessi possono chiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione:
a) sui ricorsi per i quali la legge prevede la trattazione con l’osservanza delle forme previste dall’articolo 127;
b) sui ricorsi avverso sentenze pronunciate all’esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma dell’articolo 598-bis, salvo che l’appello abbia avuto esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.
1-ter. Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate, a pena di decadenza, nel termine di dieci giorni dalla ricezione dell’avviso di fissazione dell’udienza. Quando ritiene ammissibile la richiesta proposta, la corte dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. La cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà trattato in udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127.
1-quater. Negli stessi casi di cui al comma 1-bis, la corte può disporre d’ufficio la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione del procuratore generale e dei difensori per la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame, dandone comunicazione alle parti mediante l’avviso di fissazione dell’udienza.
1-quinquies. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127, l’avviso di fissazione dell’udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell’udienza e i termini di cui ai commi 1 e 1-ter sono ridotti a cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, a dieci giorni per le memorie e a tre giorni per le memorie di replica.
1-sexies. Se ritiene di dare al fatto una definizione giuridica diversa, la corte dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l’avviso di fissazione della nuova udienza.

__________________

(1) Il secondo comma è stato abrogato dall'art. 6, comma 3, della l. 26 marzo 2001, n. 128.
(2) Rubrica e comma sostituiti dall'art. 35, co. 1, lett. a) n. 1 del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").
(3) Comma introdotto dall'art. 35, co. 1, lett. a) n. 2 del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. "Riforma Cartabia").

Ratio Legis

Come per il giudizio di appello, a fini di efficienza e di accelerazione, il legislatore ha previsto che, di regola, il giudizio di Cassazione si svolga in camera di consiglio non partecipata. Però, in specifici casi, su istanza di parte o anche d’ufficio, può essere disposta la trattazione in udienza pubblica o in camera di consiglio con partecipazione delle parti.

Spiegazione dell'art. 611 Codice di procedura penale

L’art. 611 c.p.p., che disciplina il procedimento in Cassazione, è stato modificato dalla riforma Cartabia (d.lgs. n. 150 del 2022).

A norma del comma 1 (modificato dalla riforma Cartabia), di regola, la Corte di Cassazione decide in camera di consiglio non partecipata, sulla base di un contraddittorio in forma cartolare: se non è diversamente stabilito, la Corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Proprio al fine del contraddittorio cartolare, fino a quindici giorni prima dell’udienza, il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie. Fino a cinque giorni prima dell’udienza, è possibile presentare memorie di replica.

Però, la riforma Cartabia (con i nuovi commi da 1-bis a 1-sexies) ha previsto che, in determinate ipotesi, su richiesta delle parti o anche d’ufficio, può essere disposta la trattazione in udienza pubblica o in camera di consiglio con partecipazione delle parti.

Infatti, il nuovo comma 1-bis stabilisce che il procuratore generale e i difensori possono richiedere la trattazione in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata.
Innanzitutto, le parti possono richiedere la trattazione in pubblica udienza nei procedimenti per la decisione sui ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o all’esito di giudizio abbreviato.
Ancora, le parti possono richiedere la trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione nei procedimenti per la decisione sui seguenti ricorsi:
  • su ricorsi per cui la legge prevede la trattazione nelle forme previste dall’art. 127 del c.p.p.;
  • su ricorsi contro sentenze di appello pronunciate in camera di consiglio non partecipata (art. 598 bis del c.p.p.), salvo che l’appello abbia avuto per oggetto solo la specie o la misura della pena (anche con riguardo al giudizio di comparazione tra circostanze) o l’applicabilità delle attenuanti generiche, di pene sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario.

Il comma 1-ter precisa che, a pena di decadenza, le parti devono presentare la richiesta di trattazione in udienza pubblica o in camera di consiglio partecipata entro dieci giorni dalla ricezione dell’avviso dell’udienza. Una volta presentate, le richieste sono irrevocabili.
Se ritiene ammissibile la richiesta, la Corte dispone che l’udienza si celebri con la partecipazione delle parti. La cancelleria dà avviso del provvedimento al procuratore generale e ai difensori, indicando se vi sarà udienza pubblica o camera di consiglio partecipata.

Inoltre, ai sensi del nuovo comma 1-quater, in virtù della rilevanza delle questioni sottoposte al giudice di legittimità, la Corte di Cassazione può disporre d’ufficio l’udienza pubblica o la camera di consiglio partecipata negli stessi casi in cui le parti possono presentare tale richiesta. In questa ipotesi, la Corte ne darà comunicazione alle parti con l’avviso di fissazione dell’udienza.

Il comma 1-quinquies precisa che, nei procedimenti in camera di consiglio partecipata, l’avviso di fissazione dell’udienza è comunicato o notificato almeno venti giorni prima dell’udienza. In tal caso, c’è una riduzione dei termini: cinque giorni per la richiesta di intervenire in udienza, dieci giorni per le memorie e tre giorni per le memorie di replica.

Infine, a norma del comma 1-sexies, se la Corte ritiene di modificare la qualificazione giuridica del fatto, essa dispone con ordinanza il rinvio per la trattazione in udienza pubblica o in camera di consiglio partecipata, indicando la ragione del rinvio e dandone comunicazione alle parti con l’avviso di fissazione della nuova udienza.

Relazione al D.Lgs. 150/2022

(Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150: "Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari")

1 
Le modifiche all’art. 611 c.p.p. attuano le direttive di cui alla legge delega e perseguono gli obiettivi del risparmio di risorse giudiziarie e dell’abbattimento dei tempi del processo, incentivando la celebrazione del giudizio davanti alla Corte di cassazione in camera di consiglio con contraddittorio “cartolare”, in linea con l’analogo intervento apportato nella disciplina del giudizio di appello.
Il chiaro senso della legge delega è di imporre come regola generale del procedimento innanzi alla Corte di cassazione, in deroga a qualsiasi altra disposizione di segno contrario, il modello dell’udienza camerale “non partecipata”.


La stessa delega contempla tre eccezioni a tale regola:
a) quando, nei procedimenti diversi da quelli per i quali già oggi l’art. 611 c.p.p. prevede il contraddittorio meramente cartolare, una delle parti faccia richiesta di discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio;
b) quando, negli stessi casi, la Corte di cassazione disponga d’ufficio l’udienza partecipata;
c) quando la Corte di cassazione intenda dare al fatto una definizione giuridica diversa.


Ulteriore eccezione al modello camerale “non partecipato” è quella, implicita nel sistema e già oggi sottratta al regime dell’art. 611 c.p.p., delle disposizioni codicistiche o di leggi speciali che disciplinano il procedimento camerale con modalità e scansioni temporali incompatibili con il rito cartolare dell’art. 611 c.p.p.: così è, ad esempio, per il ricorso per cassazione contro la sentenza della corte d'appello sull’esistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione, a norma dell'articolo 706 c.p.p.. (cui si applica la procedura prevista dall’art. 704 c.p.p., che prevede che le parti siano sentite e, se comparsa, anche la persona di cui è chiesta l’estradizione) o per il ricorso per cassazione contro la sentenza che decide sulla richiesta di esecuzione del mandato di arresto europeo, a norma dell’art. 22 l. 22 aprile 2005, n. 69, la cui procedura contempla termini così brevi da essere incompatibili con la tempistica, pur contratta, prevista dal nuovo art. 611, comma 1 quinquies, c.p.p.


Se, dunque, l’udienza camerale “non partecipata” diventa la regola, nel modellarne la disciplina è stato necessario chiarire i rapporti fra il nuovo modello procedimentale di cui all’art. 611 c.p.p. e il procedimento camerale tradizionale, disciplinato dall’art. 127 c.p.p., onde evitare che il richiamo all’osservanza delle forme di cui all’art. 127 c.p.p. contenuto in altre norme dello stesso codice (artt. 32, comma 1; 48, comma 1; 311, comma 5; 325, comma 3, per effetto del rinvio all’art. 311, comma 5; 625 bis, comma 4, c.p.p.) possa indurre il dubbio che in tali casi la trattazione del ricorso debba comunque avvenire in udienza “partecipata”.


Per evitare qualsiasi dubbio interpretativo sul perimetro applicativo del nuovo regime dell’art. 611 c.p.p., pertanto, la disposizione prevede che la Corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori “se non è diversamente stabilito” (con ciò facendo salva l’applicazione delle diverse e incompatibili procedure dettate da altre disposizioni normative) e “in deroga a quanto previsto dall’articolo 127” (onde rendere chiaro il contenuto derogatorio dell’art. 611 c.p.p. rispetto a qualsiasi altra disposizione che, pure, prescriva l’osservanza dell’art. 127 c.p.p.)


Le forme di trattazione del ricorso con rito camerale “non partecipato” vengono previste dal nuovo comma 1 dell’art. 611 c.p.p., che già racchiude la disciplina delle decisioni in camera di consiglio, secondo la seguente cadenza temporale: termine fino a quindici giorni prima dell’udienza, per la presentazione delle richieste del procuratore generale, dei motivi nuovi e delle memorie di tutte le parti; termine fino a cinque giorni prima dell’udienza, per le eventuali memorie di replica.


Nel comma 1 bis si introduce la norma generale che consente, sia nei procedimenti per i quali è prevista l’udienza pubblica, sia in quelli per i quali è prevista la trattazione nelle forme previste dall’art. 127 c.p.p., la scelta della trattazione orale, in alternativa alla trattazione scritta, che diviene il rito “ordinario” davanti alla Corte di cassazione.
La delega, al riguardo, manda al delegato di «prevedere che la trattazione dei ricorsi davanti alla Corte di cassazione avvenga con contraddittorio scritto senza l’intervento dei difensori, salva, nei casi non contemplati dall’articolo 611 del codice di procedura penale, la richiesta delle parti di discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata [...]».


Il legislatore delegante, quindi, consente una deroga al rito cartolare per i soli «casi non contemplati dall’articolo 611 del codice di procedura penale»; esclude, di conseguenza, la possibilità di udienza “partecipata” nei casi per i quali l’art. 611 c.p.p. già oggi prevede il procedimento in camera di consiglio senza l’intervento delle parti (casi particolarmente previsti dalla legge, quali quelli di cui agli artt. 428 e 612 c.p.p. e tutti i ricorsi contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell'art. 442 c.p.p.).


Per tale motivo, si è limitata la potestà delle parti (di tutte le parti, come da espressa previsione della legge delega) di attivare il rito “orale” nei soli procedimenti per la decisione su ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell’art. 442 c.p.p., nonché in quelli da trattare con le forme previste dall’art. 127 c.p.p., prevedendo che in tali casi il procuratore generale e i difensori possano chiedere la trattazione in pubblica udienza (nel caso di ricorsi contro le sentenze pronunciate nel dibattimento o ai sensi dell’art. 442 c.p.p.) o in camera di consiglio con la loro partecipazione (nel caso di ricorsi da trattare nelle forme previste dall’art. 127 c.p.p.).


Per ragioni di coerenza logica e sistematica e per non disincentivare il ricorso al rito cartolare in appello, si è prevista che la stessa facoltà sia concessa alle parti a fronte di ricorsi avverso sentenze pronunciate all’esito di udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, a norma del nuovo art. 598 bis c.p.p., quando si tratti di ricorsi per i quali, in caso di udienza “partecipata” in appello, si sarebbe dovuto procedere con udienza pubblica (con esclusione, quindi, dei ricorsi avverso sentenze di appello aventi esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario: tutti casi per cui la vigente disciplina prevede il rito camerale in appello).


Nei commi 1 ter e 1 quater sono previste le scansioni successive alla richiesta di partecipazione all’udienza del procuratore generale e dei difensori delle parti ed è altresì disciplinata la possibilità che la Corte stessa disponga l’udienza “partecipata”, pubblica o in camera di consiglio, quando lo consiglino la rilevanza delle questioni sottoposte al suo esame: potestà che, in stretta aderenza al criterio di delega («prevedere che, negli stessi casi, la Corte di cassazione possa disporre, anche in assenza di una richiesta di parte, la trattazione con discussione orale in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata») la Corte potrà esercitare nei soli casi in cui è consentita analoga facoltà alle parti.


Nel comma 1 quinquies, ferma restando la distinzione fra trattazione scritta e orale di cui ai commi precedenti, si prevedono termini ridotti, sia per la presentazione dell’eventuale richiesta di intervento in udienza, che per il deposito di memorie e repliche, fissando anche un termine minimo di comparizione (venti giorni) più ampio rispetto a quello previsto in generale dall’art. 127 c.p.p.
Nel giudizio dinanzi alla Suprema Corte, infatti, il rito camerale assume necessariamente cadenze diverse rispetto a quelle previste dall’art. 127 c.p.p., non potendosi comprimere eccessivamente i termini spettanti alle parti per esercitare il contraddittorio scritto.


Completa l’intervento sull’art. 611 c.p.p. la previsione, inserita nel comma 1 sexies, a tutela del contraddittorio nel caso in cui emerga la possibilità di una ridefinizione giuridica del fatto contestato, in aderenza alla giurisprudenza CEDU di riferimento (a partire dalla nota sentenza Drassich c. Italia dell'11 dicembre 2007) e del consolidato orientamento della Suprema Corte che, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, esclude la compressione o la limitazione del diritto al contraddittorio quando la diversa qualificazione giuridica del fatto non avvenga a sorpresa e l'imputato e il suo difensore siano stati posti in condizione di interloquire sulla questione (Cfr., fra le più recenti, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27905 del 03/05/2021, Rv. 281817-03).

Massime relative all'art. 611 Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 14038/2018

L'art. 611 cod. proc. pen., che prevede, per il giudizio di cassazione, la presentazione di motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell'udienza in camera di consiglio, si applica anche per il procedimento in udienza pubblica, in quanto disposizione finalizzata a garantire la pienezza e l'effettività del contraddittorio ed a consentire al giudice di conoscere tempestivamente le varie questioni prospettate.

Cass. pen. n. 50437/2017

Il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione deve svolgersi nella forma ordinaria dell'udienza camerale non partecipata, prevista dall'art. 611 cod. proc. pen., anche in caso di istanza di procedere nelle forme dell'udienza pubblica o del rito camerale partecipato, in quanto il principio di pubblicità dell'udienza, qualora l'interessato ne abbia fatto richiesta, affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 93 del 2010 e dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo con la sentenza del 13 novembre 2007, nella causa Bocellari e Rizza c. Italia, si riferisce esclusivamente alla fase di merito.

Cass. pen. n. 1315/2017

Nel caso di annullamento senza rinvio, disposto nell'ambito di rito camerale "non partecipato", di un'ordinanza della Corte di appello che erroneamente abbia dichiarato inammissibile l'impugnazione proposta avverso una sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda, la successiva fase del giudizio di legittimità, avente ad oggetto la decisione di primo grado - una volta qualificato l'appello come ricorso per cassazione -, richiede necessariamente la fissazione di udienza pubblica, poiché, in tal caso, il diritto al contraddittorio prevale sul principio di economia processuale, salvo che non sussistano i presupposti per procedere ex art. 610 cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 51207/2015

In tema di ricorso per cassazione deciso nelle forme del rito camerale non partecipato ai sensi dell'art. 611 cod. proc. pen., l'acquisizione della requisitoria scritta del procuratore generale non è presupposto necessario ai fini della fissazione della data dell'udienza e della trattazione del ricorso.

Cass. pen. n. 1417/2013

Nel giudizio di legittimità, è inammissibile il deposito in udienza ad opera della parte civile di una comparsa conclusionale che non si limiti al riepilogo delle proprie conclusioni, ma abbia la consistenza di vera e propria memoria, in violazione dei termini stabiliti dall'art. 611 c.p.p., applicabili anche all'udienza pubblica.

Cass. pen. n. 8960/2012

Non sono suscettibili di considerazione nel giudizio di legittimità, nella specie camerale, le memorie e le produzioni difensive intempestivamente presentate per inosservanza del termine dilatorio di cui all'art. 611 cod. proc. pen.

Cass. pen. n. 23185/2011

È irrilevante, e non costituisce causa di nullità, la mancanza, nella requisitoria scritta presentata dal Procuratore Generale ai sensi dell'art. 611 c.p.p., dei motivi posti a fondamento della richiesta di dichiarare inammissibile il ricorso del'imputato, non essendo tale requisito imposto né richiesto dalla legge processuale.

Cass. pen. n. 13569/2009

Il procedimento per la trattazione in sede di legittimità dei ricorsi in materia di misure di prevenzione (camera di consiglio non partecipata) non trova ostacolo nella sentenza 13 novembre 2007 della Corte europea per i diritti dell'uomo, in c. Bocellari c. Italia, in quanto tale pronuncia, nell'affermare la necessità che le persone sottoposte a un procedimento di prevenzione possano almeno sollecitare una trattazione in pubblica udienza, non si riferisce al giudizio innanzi alla Corte di cassazione.

Cass. pen. n. 5466/2004

Nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 c.p.p., quando il ricorso dell'imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, ne va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, anche se i motivi di ricorso da lui proposti riguardino esclusivamente la pena inflitta, purché la domanda di restituzione o risarcimento del danno sia stata accolta in sede di merito e, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un'attività diretta a contrastare la pretesa dell'imputato per la tutela dei propri interessi. (Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabile l'interesse della parte civile a ottenere con sollecitudine la pronuncia definitiva del giudizio, idonea a realizzare la sua pretesa risarcitoria o restitutoria, anche nell'ipotesi di ricorso dell'imputato ictu oculi inammissibile perché proposto esclusivamente per lamentare l'entità della pena patteggiata in appello e, come tale, assegnato all'apposita sezione di cui all'art. 610, comma 1, c.p.p.).

Cass. pen. n. 14451/2003

In tema di rimessione, l'istanza di sospensione del processo di merito presentata, ai sensi dell'art. 47, comma 1, c.p.p., alla Corte di cassazione va trattata e decisa con procedura de plano e non con quella camerale, in considerazione della natura cautelare del provvedimento richiesto, diretto a paralizzare con urgenza il pregiudizio, imminente e irreparabile, che potrebbe derivare dall'illegittima prosecuzione del processo principale in costanza del predetto procedimento incidentale.

Cass. pen. n. 10156/2002

Nel giudizio di cassazione non comporta automatica nullità della sentenza di appello l'omessa motivazione in ordine ai motivi nuovi ritualmente depositati dall'appellante, dovendo il giudice di legittimità valutare se non si tratti di motivi manifestamente infondati o altrimenti inammissibili o comunque non concernenti un punto decisivo, oppure se la motivazione della sentenza impugnata non contenga argomentazioni e accertamenti che risultino incompatibili con tali motivi o siano tali da consentire alla Corte stessa di procedere ad una integrazione della motivazione sulla base degli argomenti posti a fondamento delle sentenze di primo e di secondo grado.

Cass. pen. n. 3853/1999

Il ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide nel merito sulla ricusazione, va trattato, in difetto di diversa previsione, con il rito camerale non partecipato stabilito in via generale davanti alla Suprema Corte dall'art. 611 c.p.p.

Cass. pen. n. 2559/1998

I motivi nuovi devono consistere in un'ulteriore illustrazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono l'originaria richiesta rivolta al giudice dell'impugnazione, nei limiti dei capi o punti della decisione oggetto del gravame, e pertanto non possono consistere in deduzioni riguardanti parti del provvedimento gravato che non sono state oggetto della primitiva impugnazione, frustrandosi altrimenti i termini prescritti dalla legge e la cui inosservanza è sanzionata con l'inammissibilità del gravame. (Fattispecie relativa a ricorso per cassazione).

Cass. pen. n. 4683/1998

I «motivi nuovi» a sostegno dell'impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell'art. 585, quarto comma, c.p.p., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, c.p.p.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, c.p.p.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell'originario atto di gravame ai sensi dell'art. 581, lett. a), c.p.p.

Cass. pen. n. 3379/1995

Non è consentito al difensore l'intervento nella camera di consiglio fissata in cassazione per la trattazione di istanza di ricusazione, in quanto l'osservanza, nel giudizio di legittimità, delle forme di cui all'art. 127 c.p.p., è prevista, a norma dell'art. 611, comma 1, stesso codice, solo nei casi espressamente stabiliti, tra i quali non rientra la materia della ricusazione.

Cass. pen. n. 1856/1994

L'avviso al difensore dell'udienza camerale, fissata nel giudizio di cassazione a seguito della richiesta del P.G. di declaratoria di inammissibilità del ricorso, qualora oltre all'indicazione di tale richiesta non contenga l'enunciazione della causa dedotta a sostegno della stessa non vulnera gli aspetti essenziali di garanzia cui è deputato l'atto che di per sè mira a tutelare la possibilità dell'attivarsi della difesa: quest'ultima infatti ha comunque la possibilità di esaminare gli atti giacenti in cancelleria a sua disposizione e di presentare quindi motivi nuovi e/o memorie avversanti le richieste del P.G.

Cass. pen. n. 295/1994

Il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti va deciso con il procedimento in camera di consiglio, giusto il disposto dell'art. 611 c.p.p., quando si tratti di sentenze non emesse nel dibattimento, ed invece in pubblica udienza nel caso di sentenze emesse dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione, nelle ipotesi in cui il giudice abbia ritenuto ingiustificato il dissenso del P.M.

Cass. pen. n. 14/1993

Il procedimento in camera di consiglio innanzi alla Cassazione relativamente ai ricorsi in materia di sequestri deve svolgersi nelle forme di cui all'art. 127 c.p.p. e non in quelle di cui all'art. 611 dello stesso codice. (A sostegno del principio di cui in massima la Cassazione ha, tra l'altro rilevato che a favore dell'applicazione della trattazione orale del ricorso secondo la generale previsione di cui al succitato art. 127, milita il rinvio operato dall'art. 325, comma terzo, c.p.p., al precedente art. 311, comma quarto in quanto tale ultima norma, prevedendo una discussione necessariamente orale e la possibilità di enunciare motivi nuovi prima del suo inizio, delinea un modulo procedimentale incompatibile con quello dell'art. 611 c.p.p. che è basato unicamente su atti scritti).

Cass. pen. n. 7007/1991

Nei procedimenti che proseguono con il vecchio rito, trattati in appello o in sede di rinvio in Camera di consiglio a norma dell'art. 599 c.p.p. il ricorso per cassazione è regolato per quanto riguarda la forma, i termini e la trattazione dalle nuove norme processuali e deve svolgersi con il rito camerale e con l'osservanza delle disposizioni di cui agli artt. 610, quinto comma, e 611 c.p.p., e non con le forme dell'art. 127 dello stesso codice.

Cass. pen. n. 6706/1991

Anche quando il giudizio abbreviato si è svolto nelle forme previste dall'art. 247 delle norme transitorie relative al nuovo codice di procedura penale, il ricorso per cassazione deve essere proposto nei termini e nelle forme rispettivamente previsti dagli artt. 585 e 581 ed il relativo procedimento deve essere trattato in udienza pubblica, secondo l'espressa previsione dell'art. 611, comma primo, c.p.p.

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