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Articolo 487 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Forma dei provvedimenti del giudice

Dispositivo dell'art. 487 Codice di procedura civile

Salvo che la legge disponga altrimenti (1), i provvedimenti del giudice dell'esecuzione sono dati con ordinanza (2), che può essere dal giudice stesso modificata o revocata finché non abbia avuto esecuzione.

Per le ordinanze del giudice dell'esecuzione si osservano le disposizioni degli articoli 176 e seguenti in quanto applicabili (3) e quella dell'articolo 186 [287, 617].

Note

(1) I provvedimenti del giudice dell'esecuzione che rivestono la forma del decreto e non dell'ordinanza sono ad esempio il compenso al custode (v. 65), l'audizione degli interessati (v. 485), l'assegnazione o la vendita (v. 530), la pignorabilità dei crediti alimentari ([v. 545), il modo ed il termine per il versamento del prezzo (v. 574), il trasferimento del bene espropriato (v. 586 e 590), la decadenza dell'aggiudicatario (v. 587), la liquidazione delle spese di esecuzione (v. 611), le direttive per eliminare difficoltà sorte nel corso dell'esecuzione (v. 613).
(2) La legge ha previsto la forma dell'ordinanza dal momento che il giudice dell'esecuzione ha, normalmente, solo poteri direttivi. Tuttavia, nei casi in cui il giudice dell'esecuzione eserciti poteri decisori, le ordinanze saranno impugnabili con il ricorso per Cassazione di cui all'art. 111 Cost., il quale si propone avverso provvedimenti resi in forma di sentenza o che, in ogni caso, rivestano i caratteri della decisorietà.
(3) L'opinione prevalente in dottrina ritiene che alle ordinanze del giudice dell'esecuzione non siano applicabili gli articoli 177 1 e 178. Infatti, contro le ordinanze del giudice dell'esecuzione non è proponibile il reclamo al collegio, salvo che per le ordinanze con le quali si dichiara l'estinzione del processo. Il modo corretto per far valere eventuali illegittimità delle ordinanze del giudice dell'esecuzione è quello delle opposizioni.

Ratio Legis

La norma in analisi è espressione del parallelismo tra il giudice dell'esecuzione ed il giudice istruttore, in quanto anche i provvedimenti dell'organo che dirige il procedimento esecutivo devono essere pronunciati e comunicati negli stessi modi delle ordinanze dell'istruttore. Diversamente, revocabilità e modificabilità, persistono fino a quando le ordinanze stesse non hanno avuto esecuzione (le ordinanze del giudice istruttore per converso, possono essere modificate o revocate anche in sede di decisione della causa).

Spiegazione dell'art. 487 Codice di procedura civile

Il giudice dell’esecuzione adotta i suoi provvedimenti con ordinanza, fatti salvi i casi in cui la legge disponga diversamente.
Deve rivestire, ad esempio, la forma del decreto (e non dell’ordinanza), il provvedimento con il quale il giudice dell’esecuzione liquida il compenso al custode, quello di assegnazione o di vendita, quello con cui viene disposto il modo ed il termine per il versamento del prezzo, ecc.
Può anche accadere che il giudice dell’esecuzione pronunci sentenza, ma soltanto nel caso in cui lo stesso cumuli in sé anche le funzioni di giudice istruttore.

La forma dell’ordinanza è stata scelta in quanto il giudice dell’esecuzione ha normalmente solo poteri direttivi.
Soltanto nel caso in cui, attraverso l’ordinanza, il giudice dell’esecuzione eserciti poteri decisori, la stessa sarà impugnabile con il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. (ricorso che si propone avverso i provvedimenti resi in forma di sentenza o che, comunque, rivestano i caratteri della decisorietà).
Il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta eseguito, non è revocabile o modificabile da parte dello stesso giudice, ma potrà essere impugnato con le forme e nei termini di cui all’art. 617 del c.p.c., senza che l'avvenuta esecuzione osti all'esame nel merito dei motivi dell'opposizione agli atti esecutivi.

L'esecuzione dell'ordinanza si individua nella realizzazione dell'atto processuale immediatamente conseguente e dipendente dalla stessa; da ciò parte della dottrina ne ha dedotto l’irrevocabilità delle ordinanze che abbiano la caratteristica di produrre immediatamente i propri effetti al momento della pronuncia e che non richiedano, dunque, attuazione (sono tali, ad esempio, le ordinanze di distribuzione del ricavato e di assegnazione dei beni pignorati).

Per quanto concerne specificatamente i provvedimenti del giudice dell'esecuzione preordinati al trasferimento del bene espropriando, si ritiene che questi siano revocabili fino a quando non sia stato pronunciato il decreto di trasferimento, perché è ad esso che consegue l'effetto traslativo (e non alla mera ordinanza di aggiudicazione).

Con riferimento alla disciplina delle ordinanze, il secondo comma della norma in esame sancisce l’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt.176 e ss. c.p.c. e dell’art. 186 cpc.
Tuttavia, secondo l’opinione prevalente in dottrina, non sono applicabili gli artt. 176 e 177 c.p.c., non essendo possibile proporre avverso un’ordinanza del giudice dell’esecuzione il reclamo al collegio, salvo che per le ordinanze con le quali si dichiara l’estinzione del processo.
Eventuali illegittimità delle ordinanze del giudice dell’esecuzione potranno dunque farsi valere con lo strumento delle opposizioni.

Si ritiene infine applicabile anche alle ordinanze del giudice dell'esecuzione la procedura di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 ss. c.p.c.

Massime relative all'art. 487 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 21665/2015

È inammissibile il regolamento di competenza contro il provvedimento del giudice dell'esecuzione che abbia affermato o negato la propria competenza, posto che, stante la particolare natura e struttura del processo di esecuzione, va esclusa l'applicabilità nel medesimo, in via generale, delle impugnazioni previste per il processo di cognizione, sicché gli eventuali vizi possono essere fatti valere, oltre che attraverso l'istanza di revoca, solo attraverso il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, potendosi considerare l'errore sulla competenza come rientrante nel concetto di "irregolarità" di cui all'art. 617 c.p.c. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 1891/2015

Le ordinanze del giudice dell'esecuzione, non più revocabili per aver avuto attuazione, sono suscettibili di correzione nei casi e nelle forme previste dagli artt. 287 e 288 c.p.c., trattandosi di disposizioni espressione di una esigenza di ordine generale propria ad ogni tipo di processo, sicché, in assenza di una diversa e specifica disciplina, sono applicabili anche ai provvedimenti resi nel processo di esecuzione.

Cass. civ. n. 5934/2013

In tema di espropriazione forzata immobiliare, la revoca dell'aggiudicazione ex art. 487 c.p.c. opera con efficacia "ex tunc", travolgendo "ab initio" il subprocedimento di vendita (dall'avviso di vendita fino al provvedimento di aggiudicazione) e comportando il venir meno dell'obbligazione di pagare il prezzo nel termine sancito dall'ordinanza di cui all'art. 569, terzo comma, del medesimo codice, con conseguente irrilevanza, di tutte le vicende connesse all'adempimento di detta obbligazione (In applicazione di tale principio, la S.C., ha confermato la sentenza impugnata che, accertata l'intervenuta revoca dell'aggiudicazione, aveva ritenuto irrilevante l'anteriorità, rispetto ad essa, della scadenza del termine di pagamento del prezzo ed inoperante la decadenza sancita dall'art. 587 c.p.c.).

Cass. civ. n. 3723/2012

Il provvedimento del giudice dell'esecuzione di rigetto dell'istanza di modifica o di revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioè opponibili o reclamabili) solo quando, pur rimanendo inalterata la posizione delle parti rispetto a tale precedente provvedimento, possa loro derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del diniego, altrimenti consentendosi, mediante l'opposizione agli atti o il reclamo contro il provvedimento negativo, di riaprire a favore della parte decadutane la possibilità di far valere i vizi da cui era affetto il provvedimento precedente. Il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca o modifica, che non arrechi alla parte alcun ulteriore pregiudizio, neppure è ricorribile per Cassazione, ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. per far valere eventuali vizi formali, che avrebbero dovuto essere oggetto (nei termini di cui all'art. 617 c.p.c.) di opposizione agli atti avverso l'ordinanza precedente.

Cass. civ. n. 26185/2011

In tema di esecuzione forzata, il potere del giudice dell'esecuzione di revocare i propri provvedimenti, ai sensi dell'art. 487 c.p.c., concorre con quello delle parti di impugnarli con opposizione agli atti esecutivi, con la conseguenza che, qualora, proposta tale opposizione, il giudice revochi l'ordinanza opposta, l'opponente perde interesse all'instaurazione del giudizio di merito sull'opposizione, finalizzato alla rimozione del provvedimento stesso. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva negato l'interesse del debitore esecutato a proseguire nell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza di assegnazione di somme pignorate, avendo il giudice dell'esecuzione, nel caso di specie, adottato un provvedimento non meramente provvisorio, ma di definitiva revoca dell'ordinanza impugnata).

Cass. civ. n. 19392/2011

Non è ammissibile il ricorso straordinario per Cassazione, di cui all'art. 111, settimo comma, Cost., avverso l'ordinanza adottata dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 487, primo comma, c.p.c., sia che con con questa revochi o modifichi un proprio precedente provvedimento, sia che rigetti l'istanza di revoca di una precedente ordinanza, trattandosi in entrambi i casi di pronuncia ordinatoria del processo esecutivo, che va sempre impugnata col rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi.

Cass. civ. n. 1498/2007

In tema di processo di esecuzione, con riferimento alla espropriazione immobiliare, il trasferimento dell'immobile aggiudicato è l'effetto di una fattispecie complessa, costituita dall'aggiudicazione, dal successivo versamento del prezzo e dal decreto di trasferimento: poichè all'ordinanza di aggiudicazione si dà esecuzione emettendo il decreto di trasferimento, la stessa può essere revocata fin quando il decreto non sia emanato.

Cass. civ. n. 21106/2005

In tema di esecuzione forzata, il mancato esercizio del potere del giudice dell'esecuzione di rilevare d'ufficio l'eventuale nullità dell'aggiudicazione non è censurabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 5238/2004

I provvedimenti emessi dal giudice dell'esecuzione sono normalmente assunti, ai sensi dell'art. 487, primo comma, c.p.c., con ordinanza, e sono modificabili o revocabili finchè non abbiano avuto esecuzione, costituendo anch'essi espressione del potere di direzione del processo e, in quanto diversamente regolanti quanto già disciplinato dal provvedimento precedentemente adottato, sono soggetti a riesame mediante opposizione agli atti esecutivi.

Il provvedimento del giudice dell'esecuzione di diniego della modifica o della revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioèopponibili o reclamabili) solo quando all'istante, pur rimanendo inalterata la sua posizione giuridica che tale precedente provvedimento fonda, possa derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del rigetto.

Cass. civ. n. 14103/2003

Con riguardo alla vendita di beni mobili ad offerte private, prevista dall'art. 106 legge fall. e sottratta alle regole dell'aggiudicazione in esito ad incanto, le disposizioni del giudice delegato devono ritenersi suscettibili di sospensione, revoca o modificazione anche per motivi di opportunità e convenienza fino a quando la vendita non risulti conclusa e il prezzo versato, ancorché sia già intervenuta l'autorizzazione a vendere, da parte del giudice delegato, al curatore.

Cass. civ. n. 1936/2003

In tema di esecuzione forzata, il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione, nel corso di un processo di espropriazione forzata immobiliare, dichiara la nullità dell'aggiudicazione pronunciata all'esito dell'incanto (nella specie, in quanto tenuto nell'ufficio del giudice anzichè nell'aula d'udienza usualmente utilizzata a questo fine), fissando un nuovo incanto, non è giuridicamente inesistente, in quanto è adottato dal giudice dell'esecuzione in forza del potere di revoca dei propri provvedimenti (art. 487, primo comma, c.p.c.), esercitabile per ragioni determinate da vizi del provvedimento, oltre che da valutazioni di inopportunità, originaria o sopravvenuta, sino a quando l'ordinanza di aggiudicazione provvisoria non abbia avuto definitiva esecuzione con la pronunzia del decreto di trasferimento del bene.

Cass. civ. n. 5164/2001

Nell'espropriazione forzata immobiliare, l'ordinanza che dispone l'incanto trova il suo momento esecutivo (art. 487 c.p.c.) nell'aggiudicazione, con la conseguenza che, finché non si sia avuta aggiudicazione, detta ordinanza può sempre essere revocata dal giudice che l'ha emessa (fattispecie in cui la revoca dell'ordinanza de qua era intervenuta prima del compimento dell'incanto).

Cass. civ. n. 2848/1998

Il potere del giudice dell'esecuzione di revocare o modificare le ordinanze emesse concorre con quello delle parti di impugnarle con opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), che permane, a differenza del primo, pur se l'ordinanza, di contenuto positivo, ha avuto esecuzione (art. 487, primo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 1943/1998

I provvedimenti emessi dal pretore in qualità di giudice dell'esecuzione sulle istanze di revoca o modifica di un proprio, precedente provvedimento non sono impugnabili con il ricorso straordinario per Cassazione ex art. 111 Cost., poiché il provvedimento reso su dette istanze può risolversi o in una modifica pregiudizievole della situazione in cui, in precedenza, versava una parte, ed allora questa potrà impugnarlo (a seconda dei casi) con l'opposizione agli atti o con reclamo, ovvero in una statuizione non arrecante, alla predetta, alcun ulteriore pregiudizio, ed allora questa, non trovandosi in una posizione di soccombenza diversa da quella in cui già si trovava, non è legittimata alla proposizione del ricorso senza aver prima esperito gli altri mezzi di impugnazione contenziosa accordatale dall'ordinamento per rimuovere detta situazione.

Cass. civ. n. 2867/1997

In tema di espropriazione forzata immobiliare, il decreto di trasferimento indicato nell'art. 586 c.p.c. è atto del processo esecutivo che può essere revocato dal giudice dell'esecuzione quando questi accerti che prima della sua emanazione non è stato versato il prezzo dell'aggiudicazione con le modalità indicate nell'ordinanza di vendita.

Cass. civ. n. 12016/1995

I provvedimenti del giudice dell'esecuzione adottati con la forma del decreto o dell'ordinanza sono insuscettibili di impugnazione quando siano destinati soltanto a risolvere difficoltà di ordine materiale insorte nel corso dell'esecuzione. Qualora, invece, detto giudice affronti anche per implicito una questione di competenza, il relativo provvedimento, qualunque sia la forma in cui sia stato adottato, può essere impugnato con il regolamento di competenza, presentando un vero e proprio contenuto decisorio. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato ammissibile il regolamento di competenza contro l'ordinanza con la quale il Pretore, giudice dell'esecuzione, aveva accolto l'istanza del creditore procedente di assegnazione delle somme pignorate, malgrado l'eccezione di incompetenza territoriale sollevata dal debitore esecutato).

Cass. civ. n. 2316/1994

In tema di esecuzione forzata immobiliare, l'ordinanza di vendita all'incanto di un immobile seguita da aggiudicazione provvisoria costituisce, ancorché siano state presentate offerte di aumento del sesto, un provvedimento conclusivo di una fase del procedimento che, con l'aggiudicazione, ha avuto esecuzione e che non può essere, pertanto, più revocata o modificata, ai sensi dell'art. 487 c.p.c., ma solo impugnata con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi, previsto dall'art. 617 c.p.c.

Cass. civ. n. 4442/1985

Il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dichiara inammissibile un'offerta di aumento di sesto perché fatta da persona che non ha partecipato alla gara per l'aggiudicazione all'incanto di un immobile, ha natura decisoria e pertanto non è revocabile dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'art. 487 c.p.c., spettando al tribunale in sede di cognizione di verificarne l'esattezza e la legittimità. Il provvedimento del giudice dell'esecuzione che dichiara inammissibile la domanda di revoca proposta a norma dell'art. 487 c.p.c., contro un precedente provvedimento di inammissibilità di un'offerta di aumento di sesto perché fatta da persona che non aveva partecipato alla gara per l'aggiudicazione all'incanto di un immobile, ha carattere decisorio, in quanto risolve, nell'ambito dei poteri spettanti al giudice dell'esecuzione, il contrasto di interessi tra la posizione soggettiva dell'aggiudicatario e la pretesa dell'offerente con aumento di sesto, ed è pertanto impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione.

Il provvedimento del giudice dell'esecuzione che dichiara inammissibile la domanda di revoca proposta a norma dell'art. 487 c.p.c., contro un precedente provvedimento di inammissibilità di un'offerta di aumento di sesto perché fatta da persona che non aveva partecipato alla gara per l'aggiudicazione all'incanto di un immobile, ha carattere decisorio, in quanto risolve, nell'ambito dei poteri spettanti al giudice dell'esecuzione, il contrasto di interessi tra la posizione soggettiva dell'aggiudicatario e la pretesa dell'offerente con aumento di sesto, ed è pertanto impugnabile con ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione.

Cass. civ. n. 1733/1978

Il provvedimento di conversione del pignoramento — pur essendo un atto esecutivo, suscettibile, in quanto tale, di opposizione ex art. 617 c.p.c. — è pur sempre revocabile e modificabile dal giudice dell'esecuzione sino a che non abbia avuto esecuzione e sempre che la modifica o la revoca non rechino pregiudizio per i diritti eventualmente già acquisiti. Pertanto, qualora la conversione già disposta non sia stata ancora eseguita e non siasi proceduto alla vendita o all'assegnazione, il giudice dell'esecuzione può, su istanza del debitore, revocare il precedente provvedimento e disporre la conversione del pignoramento con il deposito di una somma di minore ammontare.

Cass. civ. n. 1955/1963

La procedura di correzione degli errori materiali, nonostante sia compresa fra le norme del processo di cognizione vero e proprio (artt. 287 e ss. c.p.c.) è applicabile anche al processo esecutivo, non soltanto con riferimento alle sentenze che concludono gli episodi di cognizione dello stesso e che di fatto non siano state appellate ma anche alle ordinanze del giudice dell'esecuzione che, a norma dell'art. 487 c.p.c., sono assimilate a quelle del giudice istruttore del processo di cognizione e assoggettate alla disciplina di cui agli artt. 176 e ss. (in quanto applicabili) e 186 del codice di rito, se tali ultimi provvedimenti, a prescindere dalla loro impugnabilità, non siano più, per essere stati eseguiti, revocabili dal giudice nell'esercizio del potere-dovere di rilevare ex officio l'eventuale invalidità, inesistenza del provvedimento e di disporre la conseguente revoca nel limite temporale dell'avvenuta esecuzione.

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Alessandro S. chiede
giovedì 30/07/2020 - Friuli-Venezia
“Quale rimedi e' possibile esperire avverso il rigetto di una istanza di revoca di un aggiudicazione all'asta di un immobile nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare. Chiedo anche quale sia l'organo giurisdizionale competente e se possibile l'allegazione giurisprudenziale aggiornata pertinente all'oggetto della mia richiesta.Grazie”
Consulenza legale i 05/08/2020
La revoca dell’aggiudicazione di un immobile trova fondamento nel disposto dell’art. 487 del c.p.c., ai sensi del quale le ordinanze del giudice dell’esecuzione possono essere dallo stesso giudice modificate o revocate, finché non abbiano avuto esecuzione.
Ora, sull'argomento la giurisprudenza (Cass. Civ., Sez. III, n. 3723/2012) ha chiarito che “il provvedimento del giudice dell'esecuzione di rigetto dell'istanza di modifica o di revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioè opponibili o reclamabili) solo quando, pur rimanendo inalterata la posizione delle parti rispetto a tale precedente provvedimento, possa loro derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del diniego”. In caso contrario, spiega la Suprema Corte, si consentirebbe, “mediante l'opposizione agli atti o il reclamo contro il provvedimento negativo, di riaprire a favore della parte decadutane la possibilità di far valere i vizi da cui era affetto il provvedimento precedente”.
Inoltre, prosegue la sentenza in commento, il provvedimento di rigetto dell'istanza di revoca o modifica, che non arrechi alla parte alcun ulteriore pregiudizio, neppure è ricorribile per Cassazione, ai sensi dell'art. 111, settimo comma, Cost. per far valere eventuali vizi formali, che avrebbero dovuto essere oggetto (nei termini di cui all'art. 617 del c.p.c.) di opposizione agli atti avverso l'ordinanza precedente.
Anche secondo la più risalente Cass. Civ., Sez. III, n. 5238/2004, “il provvedimento del giudice dell'esecuzione di diniego della modifica o della revoca di un proprio precedente provvedimento rientra nel novero degli atti esecutivi impugnabili (e cioè opponibili o reclamabili) solo quando all'istante, pur rimanendo inalterata la sua posizione giuridica che tale precedente provvedimento fonda, possa derivare pregiudizio dagli argomenti addotti dal giudice a sostegno del rigetto”.
Nel caso in esame, occorre, pertanto, verificare se il provvedimento di rigetto che si intende impugnare sia suscettibile di arrecare tale ulteriore pregiudizio, a sua volta derivante dalle motivazioni utilizzate dal giudice nel rigettare l'istanza.