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Articolo 394 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Procedimento in sede di rinvio

Dispositivo dell'art. 394 Codice di procedura civile

In sede di rinvio si osservano le norme stabilite per il procedimento davanti al giudice al quale la Corte ha rinviato la causa. In ogni caso deve essere prodotta copia autentica della sentenza di cassazione.

Le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata (1).

Nel giudizio di rinvio può deferirsi il giuramento decisorio, ma le parti non possono prendere conclusioni diverse da quelle prese nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che la necessità delle nuove conclusioni sorga dalla sentenza di cassazione (2).

Note

(1) Ciò significa che le parti non possono ampliare il thema decidendum e che esse sono soggette alle preclusioni e decadenze già verificatesi nel giudizio in cui è stata adottata la sentenza cassata.
(2) Il divieto di nuove conclusioni è sottoposto ad alcuni limiti oltre quelli espressamente previsti dalla norma: innanzitutto si ritiene sempre possibile far valere lo ius superveniens (ad es. una nuova legge, una dichiarazione di illegittimità costituzionale etc.); inoltre, si ritiene possibile dedurre nuovi fatti verificatisi in un momento successivo a quello utile per la loro deduzione. Quanto al divieto di nuove conclusioni istruttorie oltre all'eccezione del giuramento decisorio, la giurisprudenza ritiene possibile per il giudice disporre una consulenza tecnica [v. 191] un'ispezione [v. 118] ovvero un interrogatorio libero [v. 116], mentre alle parti è consentito produrre nuovi documenti che non si siano potuti produrre prima per causa di forza maggiore.

Spiegazione dell'art. 394 Codice di procedura civile

Al giudizio di rinvio, sia proprio che improprio, si applicano le norme dettate per il procedimento davanti al giudice al quale è rinviato il procedimento.
Il richiamo a tali norme va inteso in senso relativo, ossia nel senso che esse sono applicabili solo nella misura in cui risultino compatibili con la particolare funzione del giudizio di rinvio e con la disciplina specifica assegnata alla fase rescissoria.
Per fare un esempio, non è ammissibile nel giudizio di rinvio l'intervento di terzi, anche solo nei limiti concessi dall'art. 344 del c.p.c..
Secondo quanto espressamente richiesto dalla norma, le parti devono produrre copia autentica della sentenza di cassazione; in giurisprudenza si ritiene che l'inadempimento di tale onere determini l'improcedibilità del giudizio.

Nel giudizio di rinvio le parti assumono la stessa posizione processuale che avevano nel procedimento che si è concluso con la sentenza cassata; da ciò ne deriva che sono definitivamente cristallizzate le preclusioni e le situazioni processuali che si sono verificate a carico di ciascuna di esse, con conseguente impossibilità di ampliare il thema decidendum.

Si dice a tal proposito che il processo in sede di rinvio deve ritenersi un "processo chiuso", destinato esclusivamente alla nuova statuizione del giudice.
Nella realtà processuale la possibilità di nuove conclusioni è ammessa quando la necessità di esse sorga dalla sentenza di cassazione, in riferimento alla situazione processuale creata dalla sentenza.

La possibilità di formulare nuove conclusioni ricorre anche nel caso in cui la stessa sentenza di cassazione abbia prodotto un mutamento della materia del contendere, attraverso una diversa definizione del rapporto.
Si qualifica come domanda nuova anche la proposizione della querela di falso, ex art. 221 del c.p.c. contro documenti già acquisiti nelle precedenti fasi processuali conclusi con la pronuncia della sentenza cassata.

Il giudizio di rinvio si definisce anche come processo ad istruzione sostanzialmente chiusa, essendo preclusa la richiesta di nuove prove, fatta eccezione per le ipotesi in cui siano state eccezionalmente consentite nuove conclusioni.
Infatti, se il giudice di rinvio, sulla scorta di nuove prove ammesse senza alcun limite, si convincesse che i fatti sono diversi da quelli accertati in precedenza, il principio di diritto, enunciato dalla Corte di Cassazione, non potrebbe più trovare applicazione, restando così legittimamente inosservato.

Il divieto di nuove prove ammette un’espressa eccezione nella possibilità di deferire il giuramento decisorio, purché questo riguardi fatti ancora controversi; tale eccezione viene giustificata in considerazione del fatto che il giudice del rinvio non muta il precedente giudizio di fatto, ma ne formula uno nuovo alla stregua delle risultanze del giuramento.
Secondo la giurisprudenza la norma in esame, inoltre, non impedisca al giudice di disporre l'interrogatorio libero delle parti.

Oggetto del giudizio di rinvio è la decisione della causa nei capi cassati della sentenza di merito e in quelli eventualmente dipendenti.
Il principio di diritto enunciato dalla Corte non ha soltanto forza persuasiva o di autorevole orientamento, dal quale il giudice potrebbe, motivatamente, dissentire, ma anche forza vincolante, con effetto preclusivo sia nell'ambito del processo in corso, sia in un eventuale futuro processo.
Il giudice del rinvio può sottrarsi al vincolo del principio di diritto in caso di ius superveniens, così come in caso di sopravvenuta incostituzionalità della norma sulla quale la Corte ha fondato il principio di diritto.

Non risulta, invece, deducibile come ius superveniens un eventuale successivo mutamento della giurisprudenza sulla norma, neppure se il nuovo orientamento giurisprudenziale fosse stato creato dalla stessa Corte di Cassazione.

Il giudizio di rinvio improprio, invece, riprende il giudizio dalla rinnovazione dell'atto annullato o dal compimento delle attività omesse, mentre, in caso di cassazione per nullità della sentenza, determinata da un vizio proprio di questa, si risolve nella pronuncia della nuova decisione della causa.
In questo caso, dal momento che il giudizio deve cominciare ex novo, il giudice di primo grado può riesaminare liberamente la controversia e valutare i fatti di causa senza essere vincolato da pregresse statuizioni.

La sentenza pronunciata dal giudice di rinvio è soggetta alle impugnazioni ordinariamente esperibili contro le sentenze emesse in quel grado di giudizio.
Conseguentemente, ove il giudice di rinvio sia stato un giudice d'appello, la sua sentenza potrà formare oggetto di ricorso per cassazione, con il quale si potrà denunciare l'inosservanza del principio di diritto; sindacando l'esercizio dei poteri del medesimo giudice di rinvio, la Corte avrà il potere-dovere di interpretare il contenuto e l'ampiezza della propria precedente statuizione, compiendo tutte le necessarie indagini, anche di fatto.

Il collegio della Corte di Cassazione che dovrà essere chiamato a decidere potrà essere composto anche dagli stessi magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento con rinvio.

Qualora il giudice di rinvio non si sia attenuto ai principi fissati dalla sentenza di cassazione, è configurabile l'ipotesi di error in procedendo, che consente la deduzione, in sede di legittimità, del vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza ex art. 360 del c.p.c., n. 5 .
All'esito del nuovo ricorso per cassazione, in caso di accoglimento dello stesso, la Corte potrà rinnovare il proprio sindacato di legittimità, e conseguentemente, potrà pronunciare, se del caso, sentenza di annullamento con o senza rinvio, anche previo esercizio dei poteri decisori sul merito ex art. 384 del c.p.c..

Massime relative all'art. 394 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 27337/2019

I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l'una e per l'altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell'art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, il giudice non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la "potestas iudicandi" del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell'applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione "ex novo" dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse. (Nella specie, relativa a un giudizio di rinvio ricadente in tale ultima ipotesi, perché, rispetto alla decisione cassata, era stata censurata l'identificazione del giustificato motivo oggettivo di recesso esclusivamente con l'esistenza di condizioni congiunturali aziendali sfavorevoli, dovendosi invece verificare la sussistenza di ragioni intese ad una diversa e maggiormente economica organizzazione del lavoro, la S.C. ha ritenuto che la valutazione circa la giustificazione del recesso non era affatto preclusa dalla pronuncia rescindente).

Cass. civ. n. 25918/2019

Qualora la parte civile abbia infruttuosamente esercitato l'azione civile in sede penale, nel giudizio di rinvio disposto dal giudice di legittimità ai sensi dell'art. 622 c.p.p. in seguito ad annullamento della sentenza penale per i soli effetti civili, il contenuto della domanda della parte civile non può essere ridotto o ampliato, né il giudice del rinvio può ammettere domande nuove volte ad ottenere la liquidazione del danno, ove in sede penale la parte civile abbia chiesto solamente una condanna generica, al di fuori dell'ipotesi di cui all'art. 539 c.p.p., riflettente la fattispecie di cui all'art. 278 c.p.c. relativa alla pronuncia non definitiva con riserva al prosieguo per la liquidazione dei danni.

Cass. civ. n. 25917/2019

Nel giudizio civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. si determina una piena "translatio" del giudizio sulla domanda civile, sicché la Corte di appello civile competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, ai fini della valutazione dell'elemento soggettivo e oggettivo dell'illecito ex art. 2043 c.c., applica i criteri di accertamento della responsabilità civile, i quali non sono sovrapponibili ai più rigorosi canoni di valutazione penalistici, funzionali all'esercizio della potestà punitiva statale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia della corte d'appello – adita, quale giudice del rinvio, a seguito della cassazione, su ricorso delle parti civili, della sentenza di assoluzione di un medico imputato di omicidio colposo per avere prematuramente dimesso un paziente operato alla mano e deceduto per emorragia interna – che, rivalutando il fatto dal punto di vista civilistico, aveva ritenuto provata la grave negligenza del sanitario consistita nell'incompleta, imprudente e imperita valutazione del complesso quadro clinico in cui versava la vittima in quanto tossicodipendente e affetta da gravi patologie).

Cass. civ. n. 16506/2019

Nel giudizio di rinvio ex art. 392 e ss. c.p.c. riassunto dall'appellato, la declaratoria di contumacia dell'originario appellante non comporta l'improcedibilità dell'appello originario, nè il passaggio in giudicato nei suoi confronti della sentenza di primo grado.

Cass. civ. n. 5137/2019

La riassunzione della causa - a seguito di cassazione della sentenza - dinanzi al giudice di rinvio instaura un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l'altro, ogni possibilità di presentare nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell'ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Corte di cassazione. Conseguentemente, nel giudizio di rinvio non possono essere proposti dalle parti, né presi in esame dal giudice, motivi di impugnazione differenti da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata e che continuano a delimitare, da un lato, l'effetto devolutivo dello stesso gravame e, dall'altro, la formazione del giudicato interno.

Cass. civ. n. 4070/2019

In caso di cassazione con rinvio, il giudice di merito, se è tenuto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte per le questioni già decise, per gli altri aspetti della controversia rimasti impregiudicati o non definiti nelle precorse fasi del giudizio deve esaminare "ex novo" il fatto della lite e pronunciarsi su tutte le eccezioni sollevate e pretermesse nei precedenti stati processuali, indipendentemente dalla relativa riproposizione, senza che rilevi l'eventuale contumacia della parte interessata, che non può implicare rinuncia o abbandono delle richieste già specificamente rassegnate od acquisite al giudizio; ne consegue che dalla contumacia della parte nel giudizio di rinvio non può derivare la rinuncia alle domande riproposte nel grado di appello e, pertanto, non sussiste alcuna preclusione da giudicato interno.

Cass. civ. n. 636/2019

Il giudice del rinvio è investito della controversia nei limiti segnati dalla decisione di legittimità relativamente alle questioni da essa decise e non può, quindi, riesaminare gli antecedenti logici e giuridici delle stesse. Ne consegue che il giudice di rinvio, in virtù del "dictum" della Corte remittente sulla censura di contraddittorietà di un lodo arbitrale in quanto tenuto ad accertare se, nel risarcimento del danno da risoluzione, si fosse tenuto conto delle anticipazioni effettuate dal committente alla ditta appaltatrice ha, correttamente, ritenuto assorbite, nel rispetto del "thema decidendum" e del giudicato implicito, le questioni sollevate sulla tardività delle riserve e sul quantum risarcitorio.

Cass. civ. n. 167/2019

Nell'ipotesi di cassazione con rinvio innanzi al giudice di primo ed unico grado, la sentenza del giudice di rinvio (salvo il caso di rinvio cd. restitutorio) è impugnabile in via ordinaria solo con ricorso per cassazione, senza che rilevi l'intervenuta modifica, sopravvenuta nelle more, del regime di impugnabilità della decisione cassata, atteso che il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà luogo ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte territoriale che aveva dichiarato inammissibile l'impugnazione della sentenza del tribunale, di rigetto dell'opposizione all'esecuzione pronunciata in sede di rinvio "prosecutorio", non trovando applicazione ai giudizi non più pendenti in primo grado l'art. 49 della l. n. 69 del 2009, che ha reintrodotto l'appellabilità di dette sentenze).

Cass. civ. n. 30184/2018

In sede di giudizio di rinvio il giudice è obbligato a pronunciare sulle questioni dichiarate assorbite dalla sentenza di cassazione soltanto se esse siano state espressamente riproposte davanti a lui, non ravvisandosi alcun obbligo officioso di esame in mancanza di tale riproposizione.

Cass. civ. n. 26108/2018

Nel giudizio di rinvio, configurato dall'art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente "chiusa", é preclusa l'acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, anche se consistenti in una perizia d'ufficio disposta in altro giudizio, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall'impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore.(Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudice del rinvio avesse correttamente disposto una consulenza tecnica d'ufficio, in quanto funzionale all'applicazione del principio di diritto fissato dalla decisione di annullamento con rinvio che aveva ritenuto ammissibili alcuni documenti).

Cass. civ. n. 22989/2018

In tema di giudizio di rinvio, l'efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio opera solo con riferimento ai fatti che il principio di diritto enunciato presuppone come pacifici o come già accertati definitivamente in sede di merito. In caso diverso, quando la cassazione avvenga sia per vizi di violazione di legge che per vizi di motivazione, essa non incide sul potere del giudice di rinvio non solo di riesaminare i fatti, oggetto di discussione nelle precedenti fasi, non presupposti dal principio di diritto, ma anche, nei limiti in cui non si siano già verificate preclusioni processuali o decadenze, di accertarne di nuovi da apprezzare in concorso con quelli già oggetto di prova. (Nella specie, S.C. ha ritenuto che non avesse esorbitato dai limiti del giudizio di rinvio la corte di appello che, in applicazione del principio di diritto espresso dalla sentenza di cassazione, aveva rigettato la domanda del ricorrente sulla base dell'accertamento di nuovi fatti rispetto a quelli presi in considerazione nella sentenza cassata).

Cass. civ. n. 15506/2018

Il giudice del rinvio, al quale la causa sia rimessa dalla Corte di cassazione anche perché decida sulle spese del giudizio di legittimità, è tenuto a provvedere sulle spese delle fasi di impugnazione, se rigetta l'appello, e su quelle dell'intero giudizio, se riforma la sentenza di primo grado, secondo il principio della soccombenza applicato all'esito globale del giudizio, piuttosto che ai diversi gradi dello stesso ed al loro risultato.

Cass. civ. n. 14302/2018

Nel giudizio di rinvio ex art. 383 c.p.c., ove il giudice, omettendo di definire la fase rescissoria, si sia pronunciato su una nuova domanda, irritualmente proposta dal ricorrente in seno allo stesso giudizio, tale fase va intesa non come impropria prosecuzione del giudizio di rinvio, ma quale giudizio iniziato "ex novo", sicché le parti sono reintegrate nella pienezza di tutti i poteri processuali propri del giudizio di primo grado e il giudice può riesaminare liberamente la controversia, senza i vincoli di statuizioni pregresse. (Nella specie, a seguito della cassazione con rinvio di una sentenza nella quale il Giudice di pace si era pronunciato unicamente su un motivo di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., e non sui motivi di opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., pure contestualmente proposti, il giudice del rinvio aveva invece deciso esclusivamente un motivo di opposizione all'esecuzione. La S.C., ritenendo che tale fase integrasse un nuovo giudizio di primo grado, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la relativa sentenza, da ritenersi impugnabile con l'appello).

Cass. civ. n. 21096/2017

Nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione, non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un'esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 c.p.c.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione.

Cass. civ. n. 16660/2017

Nel giudizio di rinvio, i limiti dei poteri attribuiti al giudice sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l'una e per l'altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto solo ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nel caso, invece, di cassazione con rinvio per vizio di motivazione, da solo o cumulato con il vizio di violazione di legge, il giudice è investito del potere di valutare liberamente i fatti già accertati ed anche d’indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo, in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata.

Cass. civ. n. 10213/2017

Il giudizio di rinvio conseguente a cassazione, pur dotato di autonomia, non dà vita ad un nuovo procedimento, ma rappresenta una fase ulteriore di quello originario, da ritenersi unico ed unitario, sicchè tale giudizio, ove mutino le regole del processo, resta soggettose non diversamente previstoalla legge processuale vigente al momento in cui venne introdotto il processo di primo grado. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto applicabile ad un giudizio iniziato, in primo grado, nel 1996, l'art. 92 c.p.c. nel testo previgente alle modifiche introdotte dall'art. 2, comma 1, della l.n. 263 del 2005).

Cass. civ. n. 9768/2017

Nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394,comma 3, c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, non sono ammesse nuove conclusioni e richieste di nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio, salvo il caso in cui la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, così da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perché ritenuti erroneamente privi di rilievo.

Cass. civ. n. 403/2017

In materia di giudizio di rinvio, per effetto del principio di preclusione delle questioni che avrebbero dovuto essere prospettate o rilevate di ufficio dalla Cassazione, deve ritenersi inibito alle parti, al giudice di rinvio ed allo stesso giudice di legittimità, eventualmente investito dopo il rinvio, di porre per la prima volta in discussione l'esistenza della legittimazione processuale nel giudizio di primo grado e la nullità della costituzione del rapporto processuale per difetto di rappresentanza organica, in quella fase, dell'organo costituito per l'ente.

Cass. civ. n. 20289/2015

In tema di spese processuali, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, si deve attenere al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo, piuttosto che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché non deve liquidare le spese con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione all'esito finale della lite, può legittimamente pervenire ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, ovvero, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione - e, tuttavia, complessivamente soccombente - al rimborso delle stesse in favore della controparte.

Cass. civ. n. 19424/2015

Nel giudizio di rinvio, configurato dall'art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente "chiusa", é preclusa l'acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, anche se consistenti in una perizia d'ufficio disposta in altro giudizio, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall'impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore.

Cass. civ. n. 16171/2015

In tema di giudizio di rinvio, il principio della rilevabilità del giudicato (sia interno che esterno) in ogni stato e grado del giudizio deve essere coordinato con i principi che disciplinano il giudizio di rinvio e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d'ufficio nel giudizio di legittimità, ma anche quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza, ancorché non dedotte o rilevate in quel giudizio, sicché il giudice di rinvio non può prendere in esame neppure la questione concernente l'esistenza di un giudicato esterno o (come nella specie) interno, qualora l'esistenza di quest'ultimo, pur potendo essere allegata o rilevata, risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla sentenza di cassazione con rinvio.

Cass. civ. n. 15868/2015

In materia di spese processuali la parte, già soccombente nei due gradi di giudizio di merito ma poi vittoriosa all'esito del giudizio di rinvio conseguente a quello di cassazione, ha diritto ad ottenere la liquidazione non solo delle spese processuali relative al giudizio di rinvio e a quello di cassazione, ma anche di quelle sostenute nei primi due gradi di merito, sicché, ove ne abbia fatto richiesta, la mancata statuizione, sul punto, del giudice del rinvio integra un'omissione censurabile in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 7710/2015

Nel giudizio di rinvio non è ammissibile l'intervento volontario del terzo che non versi in una delle situazioni previste dall'art. 404 cod. proc. civ. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'ammissibilità dell'intervento, nel giudizio ex art. 394 cod. proc. civ., del soggetto titolare di un'obbligazione di garanzia rispetto a quella ancora oggetto di lite, sul rilievo che egli vantasse una situazione soggettiva né autonoma rispetto a quella delle parti del rapporto obbligatorio, ma semmai accessoria ad una di esse, né tantomeno incompatibile).

Cass. civ. n. 7175/2015

Il giudizio in grado si appello sulle domande civili, celebrato a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza penale, presenta struttura "chiusa", ai sensi dell'art. 394 cod. proc. civ., sicché nello stesso non è consentito l'intervento del terzo che non abbia partecipato al processo penale, se non nei limiti in cui egli deduca la titolarità di un diritto autonomo, tale da legittimare la proposizione dell'opposizione di terzo ex art. 404 cod. proc. civ. (In forza di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito non aveva autorizzato la chiamata in causa, da parte del danneggiante - ai sensi dell'art. 106 cod. proc. civ. - del proprio assicuratore).

Cass. civ. n. 4290/2015

Nelle ipotesi di rinvio cosiddetto improprio o restitutorio da parte della Corte di cassazione, che ricorre quando, per qualsiasi ragione di carattere processuale, il giudizio "a quo" si sia concluso senza una pronuncia nel merito della controversia, il giudice di rinvio può esaminare tutte le questioni ritualmente proposte che non incidono sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato e sugli effetti che questo ha sulla decisione della causa.

Cass. civ. n. 24129/2014

In tema di risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, lo "ius superveniens" di cui all'art. 32, commi 5, 6 e 7 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si applica anche in sede di giudizio di rinvio, sempreché sulla questione risarcitoria non sia intervenuto il giudicato interno.

Cass. civ. n. 23073/2014

Nel giudizio di rinvio le parti conservano la stessa posizione processuale assunta nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza annullata, ed ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse, nonché, in genere, alle difese svolte, ha l'effetto di richiamare univocamente ed integralmente domande, eccezioni e difese già spiegate nel giudizio originario, sicché, per la validità dell'atto riassuntivo, non è indispensabile che in esso siano riprodotte tutte le domande della parte in modo specifico, ma è sufficiente che sia richiamato - senza necessità di integrale e testuale riproduzione - l'atto introduttivo in base al quale sia determinabile "per relationem" il contenuto dell'atto di riassunzione, nonché il provvedimento in forza del quale è avvenuta la riassunzione medesima. Ne consegue, inoltre, che il giudice innanzi al quale sia stato riassunto il processo non incorre nel vizio di ultrapetizione quando abbia pronunciato su tutta la domanda proposta nel giudizio in cui fu emessa la sentenza annullata, e non sulle sole diverse conclusioni formulate con l'atto di riassunzione, atteso che, a seguito della riassunzione, prosegue il processo originario.

Cass. civ. n. 19301/2014

In tema di giudizio di rinvio, rientrano nell'ambito dello "ius superveniens", che travalica il principio di diritto enunciato nella sentenza di annullamento, anche i mutamenti normativi prodotti dalle sentenze della Corte di giustizia UE, che hanno efficacia immediata nell'ordinamento nazionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di rinvio, che aveva respinto la domanda avanzata dall'INAIL in sede di regresso per prestazioni erogate in favore di persone trasportate a bordo di veicoli adibiti al trasporto di cose senza applicare la sentenza della Corte di giustizia UE del 19 aprile 2007, C-356/05, sopravvenuta all'annullamento con rinvio).

Cass. civ. n. 14809/2014

La caratteristica del giudizio di rinvio come giudizio "chiuso", non solo per l'oggetto, ma anche per i soggetti, non preclude che vi intervengano singoli condomini a sostegno del condominio, rappresentato dall'amministratore, in controversia con altri condomini per la tutela dei diritti della collettività, atteso che i condomini intervenienti non sono terzi rispetto al condominio, ma si identificano con tale parte in giudizio.

Cass. civ. n. 12633/2014

Il carattere "chiuso" del giudizio di rinvio non osta a che in esso le parti possano depositare documenti formatisi successivamente al deposito del ricorso in riassunzione ex art. 392 cod. proc. civ. o che non sia stato possibile produrre prima per causa di forza maggiore.

Cass. civ. n. 8872/2014

Nel giudizio di rinvio, allorché la corte di cassazione abbia dichiarato la nullità della sentenza di appello per una ragione (nella specie, per avere indebitamente dato ingresso ad una domanda non ritualmente proposta in primo grado) che, in forza del principio di cui all'art. 159, primo comma, cod. proc. civ., non abbia posto nel nulla tutto il giudizio di appello svoltosi fino al momento della decisione, il giudice è investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa sulla base di quanto acquisito sino al momento della emissione della sentenza cassata, fermo restando, per le parti, il limite posto dall'art. 394 cod. proc. civ., con conseguente impossibilità di richiedere nuove prove (salvo il deferimento del giuramento decisorio), di depositare nuovi documenti (ad eccezione di quelli che era stato impossibile produrre prima per causa di forza maggiore) o di prendere nuove conclusioni.

Cass. civ. n. 5535/2014

Il giudice di rinvio non può procedere ad unica, globale, liquidazione per le spese di giudizio di cassazione e le spese del giudizio di rinvio, ma deve procedere a liquidazione distinta per ciascuno di tali giudizi, in modo da consentire alla parte interessata di verificare se, per ognuno di essi, siano stati rispettati i limiti delle relative tariffe.

Cass. civ. n. 900/2014

La configurazione del giudizio di rinvio quale giudizio ad istruzione sostanzialmente chiusa, in cui è preclusa la formulazione di nuove conclusioni e quindi la proposizione di nuove domande o eccezioni e la richiesta di nuove prove, salvo che la necessità di nuove conclusioni sorga dalla stessa sentenza di cassazione, non osta all'esercizio, in sede di rinvio, dei poteri istruttori esercitabili d'ufficio dal giudice del lavoro anche in appello (art. 437 cod. proc. civ.), limitatamente ai fatti già allegati dalle parti, o comunque acquisiti al processo ritualmente, nella fase processuale antecedente al giudizio di cassazione, in quanto i limiti all'ammissione delle prove concernono l'attività delle parti e non si estendono ai poteri del giudice, ed in particolare a quelli esercitabili di ufficio.

Cass. civ. n. 27094/2013

La riassunzione del giudizio davanti al giudice del rinvio, eseguita con notificazione presso il domiciliatario ovvero al difensore costituito nelle pregresse fasi di merito, anzichè alla parte personalmente, è nulla, ma - data la possibilità di ricollegare tali soggetti con precedenti designazioni della stessa parte - non è inesistente. Ne consegue che, in applicazione dell'art. 291 cod. proc. civ., il giudice del rinvio non può dichiarare, in tale ipotesi, l'estinzione del processo, ma, a meno che la parte intimata non si sia costituita, sanando la nullità, deve ordinare la rinnovazione della notificazione. Se, nonostante l'invalidità, il giudizio sia proseguito, la Corte Suprema, a cui la questione venga dedotta, deve dichiarare la nullità e cassare la sentenza impugnata con rinvio, quand'anche nelle more delle precorse fasi processuali sia decorso il termine perentorio stabilito dall'art. 393 cod. proc. civ., potendo la menzionata nullità essere sanata con effetto retroattivo dalla riassunzione della causa dinanzi al giudice del rinvio, ritualmente eseguita dall'una o dall'altra parte in lite, con le forme prescritte dall'art. 392, secondo comma, cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 26828/2013

Nei giudizi di impugnativa di un licenziamento, il cosiddetto "aliunde perceptum", come fatto sopravvenuto dedotto nel primo momento utile, è rilevabile anche nel giudizio di rinvio, ove solo in occasione del suo svolgimento ne sia stata possibile la rilevazione e le relative circostanze di fatto siano state ritualmente acquisite al processo.

Cass. civ. n. 19545/2013

L'eccezione di prescrizione presuntiva e l'eccezione di prescrizione estintiva non sono reciprocamente fungibili, nè rappresentano espressioni di un'attività difensiva sostanzialmente unitaria, costituendo, invece, rispettivamente, una difesa fondata su una mera presunzione legale di avvenuta estinzione del diritto azionato dalla controparte e una difesa volta a determinare l'estinzione dell'avverso diritto. Ne consegue che, proposta originariamente la prima, non è consentito alla stessa parte invocare in suo luogo, nel corso del giudizio di rinvio, la seconda, o viceversa.

Cass. civ. n. 16180/2013

Nel giudizio di rinvio, ai sensi dell'art. 394, terzo comma, c.p.c., non sono ammesse nuove prove, ad eccezione del giuramento decisorio; tuttavia, nel caso in cui la sentenza d'appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, così da richiedere l'accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perché ritenuti erroneamente privi di rilievo, sono ammissibili anche le nuove prove che servano a supportare tale nuovo accertamento, non operando rispetto ad esse la preclusione di cui all'art. 345, terzo comma, c.p.c..

Cass. civ. n. 8381/2013

Nel giudizio di rinvio, i limiti dei poteri attribuiti al giudice sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l'una e per l'altra ragione: nella prima ipotesi, infatti, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad unifomarsi, ai sensi dell'art. 384, primo comma, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, trattandosi di preclusione processuale che opera su tutte le questioni costituenti il presupposto logico ed inderogabile della pronuncia di cassazione, prospettate dalle parti o rilevate d'ufficio.

Cass. civ. n. 7978/2013

In caso di cassazione con rinvio, la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di appello cassata non costituisce domanda nuova, in quanto la ripetizione - che non è inquadrabile nell'istituto della "condictio indebiti" - è diretta alla restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza che, nel caducare il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall'origine, determina il sorgere dell'obbligazione e della pretesa restitutoria che non poteva essere esercitata se non a seguito e per effetto della sentenza rescindente. (Nella specie, a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo, emesso per il pagamento delle spese relative a prestazioni socio-assistenziali a favore di malati psichici stabilizzati per l'anno 1993, i convenuti avevano chiesto in via riconvenzionale - e la relativa domanda era stata accolta dalla corte territoriale - la restituzione delle ulteriori somme già trattenute dall'Azienda ospedaliera per gli anni precedenti; intervenuta la cassazione della decisione, il giudice del rinvio, in conformità al principio di cui alla massima, aveva esaminato e deciso, accogliendola, la domanda di restituzione delle somme precedentemente corrisposte in esecuzione della sentenza annullata).

Cass. civ. n. 11928/2012

La mancata segnalazione, da parte del giudice, di una questione sollevata d'ufficio che comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, modificando il quadro fattuale, determina nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa delle stesse, private dell'esercizio del contraddittorio, con le connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie sulla questione che ha condotto alla decisione solitaria. Qualora la violazione, nei termini suindicati, si sia verificata nel giudizio di appello, la sua deduzione in cassazione determina, se fondata, l'annullamento della sentenza con rinvio, affinché in tale sede, in applicazione dell'art. 394, terzo comma, cod. proc. civ., sia dato spazio alle attività processuali che la parte abbia lamentato di non aver potuto svolgere a causa della decisione solidariamente adottata dal giudice. (In applicazione di questo principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione impugnata la quale aveva ritenuto legittimo l'operato della Commissione Tributaria Provinciale, che aveva disposto l'annullamento di un atto impositivo sulla base di un motivo non dedotto dalle parti).

Cass. civ. n. 3186/2012

Il giudice del rinvio, al quale la S.C. abbia demandato il compito di procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, non può sottrarvisi adducendo la tardività delle relative istanze istruttorie.

Cass. civ. n. 17690/2011

In sede di giudizio di rinvio, il divieto per le parti, stabilito dal terzo comma dell'art. 394, terzo comma, c.p.c., di formulare nuove conclusioni e, quindi, di proporre domande ed eccezioni nuove o di prospettare nuove tesi difensive, trova deroga allorché si faccia valere la sopravvenuta formazione del giudicato esterno, il quale, facendo stato ad ogni effetto tra le parti, deve essere preso in considerazione dal giudice del rinvio se intervenuto - come fatto impeditivo, estintivo o modificativo della pretesa azionata - in un momento successivo a quello della sua possibile allegazione nelle pregresse fasi processuali.

Cass. civ. n. 7781/2011

La natura c.d. "chiusa" del giudizio di rinvio - il quale integra una nuova ed autonoma fase processuale di natura rescissoria - non comporta alcuna deroga al generale principio di diritto processuale "tempus regit actum", in virtù del quale l'atto processuale è soggetto alla disciplina vigente al momento in cui viene compiuto, sebbene successiva all'introduzione del giudizio. Ne consegue che la sentenza pronunciata all'esito del giudizio di rinvio deve essere impugnata con il mezzo previsto dalla legge vigente al momento dell'impugnazione. (Nella specie, la S.C., in un giudizio di opposizione ed ordinanza ingiunzione in base alla legge 24 novembre 1981, n. 689, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice di pace pubblicata successivamente all'entrata in vigore del d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40, il cui art. 26, modificando l'art. 23 della citata legge n. 689, ha introdotto, senza distinzioni di sorta, la regola della appellabilità).

Cass. civ. n. 7656/2011

Il giudizio di rinvio deve svolgersi entro i limiti segnati dalla sentenza di annullamento e non si può estendere a questioni che, pur non esaminate specificamente, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d'ufficio, costituiscono il presupposto logico - giuridico della sentenza stessa, formando oggetto di giudicato implicito ed interno, poiché il loro riesame verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio della loro intangibilità, con la conseguenza che deve escludersi la possibilità per il giudice del rinvio di sindacare la improponibilità della domanda, dipendente da qualunque causa, anche da inosservanza di modalità o di termini, pur essendo la stessa rilevabile d'ufficio in qualunque stato e grado del processo. (In applicazione del principio, la S.C. ha annullato la sentenza della Commissione tributaria regionale che, in sede di rinvio, aveva rilevato di ufficio la decadenza parziale del contribuente dal diritto al rimborso di ritenute IRPEF, per tardività dell'istanza).

Cass. civ. n. 199/2011

In tema di controversie soggette al rito del lavoro, la sentenza di cassazione con rinvio avente ad oggetto soltanto il danno da mancata retribuzione vincola il giudice di rinvio, che non può provvedere al risarcimento del "danno pensionistico" derivante dall'omissione contributiva relativa alle retribuzioni non corrisposte, ai sensi sia dell'art. 384, secondo comma, c.p.c., che impone al giudice di uniformarsi a quanto stabilito dal S.C., sia dell'art. 394, secondo comma, c.p.c., che limita la posizione delle parti a quella già definita nel procedimento in cui fu pronunciata la sentenza cassata.

Cass. civ. n. 19015/2010

Incorre nel vizio di omessa pronuncia la sentenza emessa dal giudice di rinvio che non decida sulla questione che, essendo stata espressamente dichiarata assorbita dalla sentenza di cassazione, sia stata ritualmente sottoposta al suo esame.

Cass. civ. n. 7996/2010

Ove la Corte di cassazione cassi con rinvio la sentenza d'appello per mancata integrazione del contraddittorio, il giudizio di rinvio ha carattere restitutorio - con conseguente facoltà di allegazione e di prova, nei limiti consentiti dalla fase processuale nella quale l'integrazione avviene - soltanto per i soggetti chiamati in causa indebitamente pretermessi, mentre le parti che erano già presenti in giudizio hanno la possibilità di compiere deduzioni difensive ed istruttorie solo nella misura in cui esse servano per contrastare la linea difensiva dei chiamati.

Cass. civ. n. 7983/2010

Poiché il giudizio di rinvio costituisce la prosecuzione del giudizio di primo o di secondo grado conclusosi con la pronuncia della sentenza cassata, la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio di merito.

Cass. civ. n. 26241/2009

In ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di Cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla "regola" giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell'ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur non specificamente esaminate in quanto non poste dalle parti o non rilevate d'ufficio, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia di annullamento, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio di intangibilità. (Nella specie, in applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha escluso che il giudice di rinvio, cui era demandato l'accertamento in ordine al non avvenuto recapito dell'atto di intimazione del licenziamento, potesse estendere la propria indagine all'ammissibilità dei presupposti del predetto accertamento).

Cass. civ. n. 15602/2009

Nel giudizio di rinvio, è precluso qualsiasi riesame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, non solo in ordine agli "errores in judicando" relativi al diritto sostanziale, ma anche per le violazioni di norme processuali, tutte le volte in cui il principio sia stato enunciato rispetto a un fatto con valenza processuale. Pertanto, quando la Corte abbia affermato, in relazione ad un atto amministrativo impugnato davanti al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, la sua idoneità a ledere una posizione giuridica soggettiva giuridicamente protetta e la sua autonoma impugnabilità, tale qualificazione non può essere rimessa in discussione, in sede di rinvio, sulla base di profili diversi, quali il carattere endoprocedimentale dell'atto.

Cass. civ. n. 7256/2008

Sebbene nel giudizio di rinvio le parti non possano rendere conclusioni diverse da quelle assunte nel giudizio nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata delle norme di cui agli artt. 394, primo comma e 345, primo comma, c.p.c. (in particolare con riferimento ai principi volti ad assicurare l'effettività della tutela dei diritti e la ragionevole durata del processo), non può ritenersi nuova la domanda diretta ad ottenere il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza impugnata.

Cass. civ. n. 2463/2008

I vizi revocatori non possono essere denunciati nel giudizio di cassazione né, tantomeno, in quello di rinvio, che è un giudizio chiuso, limitato al solo riesame dei punti che la sentenza di appello non aveva esaminato o che la Corte di cassazione abbia indicato come meritevoli di nuova considerazione; ne consegue che l'errore di fatto o il dolo della parte, asseritamente tali da viziare la sentenza pronunciata dal giudice di rinvio, potranno essere fatti valere, sussistendone i presupposti, solo con lo strumento della revocazione avverso quest'ultima sentenza.

Cass. civ. n. 27082/2007

L'eccezione di illegittimità costituzionale può essere proposta anche nel giudizio di rinvio, ancorchè si riferisca alla medesima norma su cui si basa il principio di diritto formulato dalla Corte di Cassazione, atteso che l'effetto vincolante di detto principio nel giudizio di rinvio opera con esclusivo riferimento all'interpretazione del contenuto della norma, non anche con riguardo alla sua validità costituzionale, la cui attestazione non compete al giudice ordinario.

Cass. civ. n. 16888/2006

Nel giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di accoglimento dell'azione di cui all'art. 2031 c.c., costituisce domanda nuova quella di indennizzo per l'ingiustificato arricchimento, attesa la diversità degli elementi costitutivi della causa petendi previsti dall'art. 2041 c.c. (arricchimento a danno di una persona e mancanza di causa di tale arricchimento) rispetto a quelli richiesti per la configurabilità della negotiorum gestio (intenzione di gestire un affare altrui, spontaneità dell'intervento, impossibilità di intervenire da parte dell'interessato, alienità dell'affare, utilità dell'inizio della gestione), la quale comporta l'inammissibilità della predetta domanda, essendo preclusa alle parti, in relazione alla struttura chiusa del giudizio di rinvio, la proposizione di questioni che introducano un thema decidendum diverso da quello discusso nelle precedenti fasi processuali, ed in relazione al quale la Corte di Cassazione ha enunciato il principio di diritto.

Cass. civ. n. 9859/2006

Il principio secondo cui il giudizio di rinvio costituisce un giudizio a carattere «chiuso» tendente a una nuova pronuncia (nell'ambito fissato dalla sentenza di legittimità) in sostituzione di quella cassata, nel quale le parti sono obbligate a riproporre la controversia nei medesimi termini e nel medesimo stato d'istruzione anteriore a quest'ultima decisione, senza possibilità di svolgere alcuna nuova attività probatoria o assertiva, trova deroga nel caso in cui fatti sopravvenuti o la sentenza di cassazione, che abbia prodotto una modificazione della materia del contendere, rendano necessaria una ulteriore attività del genere di quella sopra indicata, sì che quest'ultima, in tale seconda ipotesi, venga a dipendere strettamente dalle statuizioni della Suprema Corte. (Fattispecie nella quale la necessità di una ulteriore attività probatoria derivava dalla sentenza di cassazione, che aveva affermato la natura risarcitoria, e non recuperatoria, dell'azione intentata dall'AIMA nei confronti di un produttore il quale aveva esposto dati falsi onde far conseguire ad altro soggetto indebite erogazioni).

Cass. civ. n. 9395/2006

Il giudice di rinvio è vincolato dalla sentenza di cassazione che dispone il rinvio anche nell'ipotesi in cui sia stato riscontrato un vizio della motivazione, pur potendo procedere ad una rivalutazione dei fatti già accertati ed indagare, eventualmente, su altri fatti, al fine di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi. Nell'attività di controllo relativa all'uniformazione del giudice di rinvio al dictum enunciato dalla Corte di cassazione, ove sia in discussione, in rapporto all'entità del petitum concretamente individuata dal giudice di rinvio, la portata del decisum della sentenza di cassazione, il giudice di legittimità deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa e al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte, con la quale la pronuncia rescindente non può essersi posta in contrasto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza emessa in sede di rinvio e relativa ad un nuovo esame delle valutazioni concernenti la sussistenza di una giusta causa di licenziamento, rilevando la conformazione del giudice di rinvio all'ambito di rivalutazione dei fatti della causa individuato in sede di cassazione, con il quale si era stabilito che il diritto costituzionale di libertà sindacale non consentiva di considerare inadempimento del contratto di lavoro il comportamento funzionale al suo esercizio, ferma restando, però, la necessità di considerare anche la tutela di altri diritti fondamentali la cui consistenza necessariamente limitava i modi di esercizio dell'attività sindacale, ragion per cui doveva ritenersi che il giudice del merito si era attenuto al dictum della Corte di cassazione, avendo correttamente proceduto ad un bilanciamento degli interessi in conflitto, concludendo nel senso che la legittima attività di proselitismo e di concorrenza rispetto ad altre organizzazioni sindacali, nonché la contestazione di scelte dell'impresa, non giustificava l'adozione di espressioni diffamatorie di singole persone, che andavano, perciò, valutate come inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di lavoro e che potevano legittimare il licenziamento per giusta causa del lavoratore inadempiente).

Cass. civ. n. 16588/2005

In tema di risarcimento del danno, l'ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell'evento dannoso (art. 1227 comma primo c.c.) va distinta da quella disciplinata dal secondo comma del medesimo articolo, che prevede un comportamento dello stesso danneggiato, successivo all'evento e che abbia prodotto un aggravamento del danno, inserendosi, in via esclusiva, nello sviluppo delle conseguenze, ovvero che non abbia contribuito a ridurne l'entità. Ne consegue che qualora la sentenza impugnata sia stata cassata e rinviata al giudice d'appello per una nuova valutazione dei medesimi fatti nell'ambito della disciplina di cui al secondo comma, cioè al fine di determinare il risarcimento spettante al danneggiato in proporzione al concorso causale del suo comportamento, il giudice del rinvio non può attribuire al danneggiato la responsabilità esclusiva dell'evento.

Cass. civ. n. 15797/2005

La cassazione di una sentenza per omesso esame di un punto decisivo della controversia, che costituisce vizio di attività e non di giudizio del giudice, non limita in alcun modo il potere-dovere del medesimo, in sede di rinvio, di valutare il punto decisivo con la stessa ampiezza dei poteri del giudice del quale è stata cassata la sentenza. Pertanto, se il punto decisivo attiene all'interpretazione della volontà contrattuale, il giudice di rinvio ha tutti i poteri di indagine e di ricerca riservati al giudice di merito per l'assolvimento di tale compito istituzionale.

Cass. civ. n. 12855/2005

Con riguardo ad azione di responsabilità, che il creditore di una società abbia promosso nei confronti dei suoi amministratori ai sensi dell'art. 2394 c.c., deve ritenersi deducibile e rilevabile nel giudizio di rinvio il difetto di legittimazione del creditore medesimo, ove l'indicato difetto si ricolleghi a fatto – come la dichiarazione di fallimento della società, implicante l'assorbimento dell'azione dei creditori in quella esperibile dal curatore a norma dell'art. 146, secondo comma, legge fall. – sopravvenuto dopo l'instaurazione del giudizio di legittimità ed in questo non ritualmente acquisito – come nel caso in cui la documentazione relativa alla dichiarazione di fallimento della società sia stata prodotta senza il rispetto delle forme previste dall'art. 372 c.p.c. – e pertanto non invocabile in tale sede, né esaminabile con la sentenza di cassazione con rinvio.

Cass. civ. n. 11962/2005

In ragione della struttura «chiusa» propria del giudizio di rinvio, cioè della cristallizzazione della posizione delle parti nei termini in cui era rimasta definita nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione e più precisamente fino all'ultimo momento utile nel quale detta posizione poteva subire eventuali specificazioni (nei limiti e nelle forme previste per il giudizio di legittimità, specie quelle dell'art. 372 c.p.c.), il giudice di rinvio, al fine di procedere al giudizio nei termini rimessigli dalla cassazione con rinvio, può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti, senza violare il divieto di esame di punti non prospettati o prospettabili dalle parti fino a quel momento, soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essere avvenuta la loro verificazione dopo quel momento, non era stata possibile l'allegazione, con l'eccezione che la nuova attività assertiva ed istruttoria non sia giustificata proprio dalle statuizioni della Corte di cassazione in sede di rinvio. Ne consegue che, allorquando il giudice del rinvio sia chiamato a prendere in considerazione un fatto che si assuma integrare da una parte una pretesa cessazione della materia del contendere, intanto può esaminarlo in quanto si sia verificato successivamente all'udienza di discussione in cassazione, posto che, ove esso si fosse verificato prima, l'udienza stessa sarebbe stata il momento ultimo entro il quale sarebbe dovuta avvenirne l'allegazione. Pertanto, in questo caso, il fatto in questione resta non esaminabile ed allo stesso modo restano inesaminabili gli eventuali documenti con i quali si voglia farlo constare.

Allorquando venga disposta la cassazione con rinvio della pronuncia con cui in grado di appello sia stato erroneamente dichiarato inammissibile l'appello avverso un'ordinanza di convalida di licenza o sfratto per finita locazione, pronunciata irritualmente nonostante l'opposizione dell'intimato e come tale impugnabile con l'appello, il giudice di rinvio, al quale sia prospettato dal locatore l'avvenuto rilascio dell'immobile locato (in forza di esecuzione dell'ordinanza di convalida irrituale) già al momento dell'udienza di discussione avanti alla S.C., non può, nella contestazione del conduttore, decidere il giudizio di rinvio con una pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere, sia perché la circostanza di fatto che dovrebbe dimostrare tale cessazione non è deducibile nel giudizio di rinvio in quanto avrebbe dovuto dedursi avanti alla Corte di cassazione, sia perché la suddetta contestazione del conduttore esclude che ricorra un'effettiva cessazione della materia del contendere. Ne consegue che il giudice di rinvio deve procedere alla decisione sul merito della domanda di finita locazione, dando rilievo per il caso di sua ritenuta fondatezza, al rilascio dell'immobile, soltanto per escludere la sussistenza di un interesse ad una condanna al rilascio del medesimo.

Cass. civ. n. 8357/2005

Il giudizio di rinvio è un giudizio chiuso, nel quale, dovendo il giudice limitarsi a completare il sillogismo giudiziale applicando il dictum della Cassazione a un materiale di cognizione già completo, le parti sono obbligate a riproporre la controversia negli stessi termini e nello stesso stato d'istruzione anteriore alla sentenza cassata, senza possibilità di dedurre prove ed eccezioni nuove; tuttavia è in facoltà delle parti chiarire e rendere più espliciti gli articolati di prova testimoniale in precedenza dedotti, soprattutto se le integrazioni proposte, in quanto chiarificatrici del fatto già compiutamente descritto, avrebbero potuto essere sollecitate nel corso dell'interrogatorio del teste, dalle parti o dal giudice ai sensi dell'art. 253 c.p.c.

Cass. civ. n. 8244/2005

All'accoglimento del ricorso per cassazione per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia consegue che la corte del rinvio, quale nuovo giudice di merito, deve limitare il riesame dei fatti in ordine ai quali il rinvio è stato disposto alle sole circostanze attinenti ai punti decisivi indicati nella sentenza di cassazione, nonchè a quelle che risultino legate ad essi da un nesso di dipendenza logica (giusta il principio del ne bis in idem applicabile anche all'annullamento di vizio di motivazione), valutando nuovamente quei punti della controversia ritenuti, nella sentenza di annullamento, potenzialmente idonei a giustificare una decisione diversa rispetto a quella annullata, salvo il suo potere di un nuovo apprezzamento complessivo della vicenda processuale, ma fermi, peraltro, i rilievi contenuti nella sentenza di cassazione in relazione alle statuizioni di appello cassate (nella specie, accertata in sede di appello la esatta data di una vicenda di fatto senza che, sul punto, vi fosse stata contestazione tra le parti e senza che la Corte di cassazione in sede di cassazione con rinvio avesse, in parte qua osservato alcunché, il giudice di rinvio aveva inopinatamente ritenuto incerta tale data, con statuizione nuovamente cassata dalla Corte di cassazione).

Cass. civ. n. 6260/2005

In tema di giudizio di rinvio, il principio processuale della rilevabilità del giudicato (sia interno che esterno) – in ogni stato e grado del giudizio – deve essere coordinato con i principi, parimenti processuali, che disciplinano il giudizio di rinvio e, segnatamente, con la prospettata efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, che riguarda non solo le questioni dedotte dalle parti o rilevate d'ufficio dal giudice – nel giudizio di legittimità – ma anche le questioni che costituiscano il necessario presupposto della sentenza, ancorché non siano state dedotte o rilevate in quel giudizio. Ne consegue che il giudice di rinvio non può prendere in esame neanche la questione concernente l'esistenza di un giudicato esterno o (come nella specie) interno, ove l'esistenza dello stesso giudicato – pur potendo essere allegata o rilevata – risulti tuttavia esclusa, quantomeno implicitamente, dalla sentenza di cassazione con rinvio.

Cass. civ. n. 19950/2004

Il giudizio di rinvio quale disciplinato dagli artt. 392 e ss. c.p.c. è un processo ad istruzione sostanzialmente «chiusa», in cui è preclusa la proposizione di nuove domande; in proposito non rileva che sia fatta valere la nullità di un contratto, che è di per sé rilevabile d'ufficio anche in ogni stato e grado del giudizio, atteso che, dovendo il principio della rilevabilità d'ufficio della nullità coordinarsi con quello della domanda, ove la prima sentenza della Corte di cassazione abbia statuito che la domanda volta a dichiarare la nullità del contratto era preclusa per tardiva proposizione, non è possibile esaminarla in sede di rinvio se non quale eccezione.

Cass. civ. n. 9474/2004

Poiché il giudizio di rinvio è a cognizione limitata, in quanto il thema decidendum è predeterminato nella precedente fase del processo nell'ambito dei capi della sentenza cassati o da essi dipendenti, il giudice di rinvio non può conoscere di una domanda che, pur non essendo nuova, non sia stata oggetto del ricorso per cassazione. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva ritenuto inammissibile la richiesta, riformulata in sede di rinvio, di condanna del creditore a rimborsare, ex art. 1215 c.c. le spese per l'offerta reale e il deposito; la S.C., nel confermarla, ha rilevato che la sentenza d'appello era stata impugnata soltanto relativamente al credito controverso, trascurando l'omissione di pronuncia in ordine alle spese suindicate, oggetto di autonoma domanda di rimborso).

Cass. civ. n. 8497/2004

Qualora la sentenza impugnata venga cessata per omessa pronuncia, il giudizio sull'eventuale novità della domanda sulla quale non vi è stata pronuncia, deve essere effettuato dal giudice di rinvio, e non può pertanto essere affrontato in sede di legittimità.

Cass. civ. n. 7501/2004

Qualora la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio abbia avuto ad oggetto l'accertamento di un inadempimento contrattuale, ben può il giudice del rinvio prendere in esame il diverso problema, successivo ed eventuale, del nesso di causalità tra il comportamento denunziato e i danni asseritamente subiti dal contraente non inadempiente. (Nella specie, relativa ad omessa comunicazione del passaggio di tutte le azioni della società debitrice ad un nuovo soggetto incorporante, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice del rinvio, che aveva escluso obblighi risarcitori, giacché l'incorporante aveva incluso integralmente l'incorporata (e quindi il patrimonio che dava garanzia di solvibilità), né era stato provato che la nuova società fosse in condizioni patrimoniali diverse dalla precedente).

Cass. civ. n. 3621/2004

In sede di giudizio di rinvio il giudice può prendere in esame fatti impeditivi, modificativi o estintivi intervenuti in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle pregresse fasi processuali e, tra questi, anche la sopravvenuta formazione del giudicato esterno, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, che risulti da nuovi documenti che le parti, ex art. 345, c.p.c. (nel testo anteriore alla modifica introdotta dall'art. 52 della legge n. 353 del 1990), possono produrre in appello sino alla rimessione della causa al collegio.

Cass. civ. n. 3109/2004

Il giudizio di rinvio quale disciplinato dagli artt. 392 e ss. c.p.c. è un processo ad istruzione sostanzialmente «chiusa» in cui è preclusa la proposizione di nuove domande od eccezioni e la richiesta di nuove prove, nonchè conclusioni diverse, salvo che queste, nei limiti dell'attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di cassazione, mantenendo il giudice di rinvio gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunziato la sentenza cassata. Ne consegue che il giudice di rinvio deve decidere la controversia sulla base del principio enunziato nella sentenza rescindente e non alla stregua di un presunto accordo intervenuto tra le parti in ordine alle somme dovute dal soccombente.

Cass. civ. n. 19217/2003

In caso di cassazione con rinvio (segnatamente, per vizi di motivazione), il giudice del rinvio conserva tutti i poteri di indagine e di valutazione della prova e può compiere anche ulteriori accertamenti, purché essi trovino giustificazione nella sentenza di annullamento con rinvio e nell'esigenza di colmare le lacune e le insufficienze da questa riscontrate. Detto principio, pertanto, non opera in ordine ai fatti che la sentenza di cassazione ha considerato come definitivamente accertati, per non essere investiti dall'impugnazione, né in via principale né in via incidentale, e sui quali la pronuncia di annullamento è stata fondata; in tal caso, un nuovo e diverso accertamento dei fatti deve ritenersi precluso nel giudizio di rinvio.

Cass. civ. n. 3970/2003

In tema di giudicato interno, è fondata l'eccezione – rilevabile d'ufficio in cassazione, anche nel caso di controricorso dichiarato inammissibile – tendente a dichiarare l'esistenza della preclusione per il giudice del rinvio (a seguito di un primo giudizio di cassazione) – ad esaminare la domanda per la mancata impugnazione della pronuncia di rigetto, quand'anche vi sia stata accettazione del contraddittorio da parte dell'impugnato, atteso che tale accettazione non ha nel giudizio di impugnazione (e ancor più nel giudizio di impugnazione a seguito di rinvio da parte della Cassazione) lo stesso effetto che ha nel giudizio di primo grado. Infatti, se in quest'ultimo l'accettazione del contraddittorio consente di superare il limite posto dalle regole processuali nell'interesse e in favore dei privati, nel giudizio di rinvio (come, e ancor più, che in quello di appello) la delimitazione della res litigiosa è data dall'interesse pubblico e, quindi, non è nella disponibilità delle parti.

Cass. civ. n. 495/2003

Nel giudizio di rinvio le parti possono rassegnare nuove conclusioni rispetto a quelle formulate nel precedente giudizio di merito soltanto se siano inquadrabili nell'ambito dei profili di cui la Corte abbia rimesso la valutazione al giudice di rinvio. (Nella specie, la S.C., in applicazione di siffatto principio di diritto, in un giudizio avente ad oggetto una domanda di risarcimento dei danni derivanti da un incidente stradale, ha affermato che i danni dipendenti dalla morte sopravvenuta possono essere chiesti soltanto se attengono alle conseguenze del fatto illecito che, avendo formato oggetto della sentenza di annullamento, sono rimesse al giudice di rinvio, non essendo invece ammissibile la domanda di maggiori danni attinenti alle «voci» di danno la cui liquidazione da parte del giudice del merito sia stata confermata dalla Cassazione, divenendo perciò definitiva).

Cass. civ. n. 17266/2002

L'efficacia preclusiva della sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Corte di cassazione concerne non solamente le questioni dedotte nel giudizio di legittimità, ma anche quelle che in tale giudizio potevano essere prospettate dalle parti o rilevate d'ufficio dalla stessa Corte come necessario presupposto della sentenza (in applicazione di questo principio la Suprema Corte ha rigettato il ricorso con cui per la prima volta veniva rilevata, avverso la sentenza resa dal giudice del rinvio, la mancanza della necessaria autorizzazione del giudice delegato per la validità o l'efficacia di una fideiussione stipulata da una società in amministrazione controllata). Ad un tale riguardo la Corte ha posto in luce come, sul punto, si fosse ormai formato il giudicato interno in quanto la precedente sentenza di annullamento con rinvio presupponeva l'esistenza e l'efficacia della fideiussione.

Cass. civ. n. 9843/2002

La riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura non già come atto di impugnazione, ma come attività di impulso processuale volta a riattivare la prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata e, come tale, instaura un processo chiuso nel quale è alle parti preclusa ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, prove (eccetto il giuramento decisorio), nonché conclusioni diverse – salvo che queste, intese nell'ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di cassazione – ed il giudice di rinvio ha gli stessi poteri del giudice di merito che ha pronunziato la sentenza cassata; ne consegue che non possono essere proposti dalle parti e presi in esame dal giudice di rinvio motivi di impugnazione diversi da quelli proposti nel giudizio d'appello conclusosi con la sentenza cassata e che, in relazione al carattere dispositivo dell'impugnazione, i poteri del giudice di rinvio vanno determinati con esclusivo riferimento alle iniziative legittimamente assente dalle parti, onde, in assenza di impugnazioni incidentali della parte parzialmente vittoriosa, la decisione del giudice non può essere meno favorevole, nei confronti dell'impugnante, di quanto non sia stata la sentenza oggetto di gravame.

Cass. civ. n. 11180/2001

L'onere di produrre la sentenza di cassazione nel giudizio di rinvio, non grava a pena di decadenza sulla parte che ha riassunto la causa, con la conseguenza che il suo mancato rispetto ad opera di quest'ultima non determina l'improcedibilità del giudizio, ma impone al giudice l'assegnazione alle parti, pena l'estinzione del procedimento, di un termine per procedere al suddetto incombente. (Nella specie la Corte ha cassato la sentenza con cui il Conciliatore aveva dichiarato improcedibile il giudizio di rinvio, per avere la parte che aveva proceduto alla riassunzione depositato copia della sentenza rescindente solo all'udienza di discussione).

Cass. civ. n. 13906/2000

Il carattere chiuso del giudizio di rinvio – che comporta che esso è limitato al riesame dei punti che la Corte di cassazione ha indicato come meritevoli di nuova considerazione – non esclude che, ove il punto da riesaminare abbia assunto carattere assorbente nella decisione cassata che invece abbia tralasciato di esaminare altri motivi di appello, tali motivi possano essere nuovamente proposti – purché nella originaria formulazione – al giudice di rinvio per l'eventualità che egli non condivida l'impostazione della decisione contenuta nella sentenza cassata. (Nella specie la sentenza cassata aveva ritenuto illegittimo il licenziamento di un dipendente di una industria chimica per l'assorbente ragione del mancato rispetto del termine per la contestazione previsto dal C.C.N.L.; la Corte di cassazione aveva cassato tale sentenza per l'omessa motivazione sulla portata della clausola contrattuale applicata e sulla natura, contrattuale o meno, degli addebiti; nell'atto di riassunzione il lavoratore aveva fatto esclusivo riferimento alla norma contrattuale in questione; il giudizio di rinvio si era concluso con una dichiarazione di legittimità dell'atto di recesso, sul rilievo dell'inapplicabilità del termine contrattualmente stabilito non essendo gli addebiti di natura esclusivamente contrattuale; nel successivo giudizio in sede di legittimità la S.C. ha ritenuto inammissibili i motivi di censura riguardanti la forma e il contenuto dell'atto di licenziamento in considerazione della loro mancata riproposizione nel giudizio di rinvio).

Cass. civ. n. 12276/2000

Nel giudizio di rinvio, dato il carattere «chiuso» del relativo procedimento, che comporta che la controversia deve essere riproposta nello stato di istruzione nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, non è consentita la produzione di nuovi documenti (nella specie, verbali di procedimento penale utilizzabili in controversia di lavoro vertente su licenziamento disciplinare), salvo che fatti sopravvenuti o la stessa sentenza di cassazione rendano necessaria un'ulteriore attività probatoria.

Cass. civ. n. 1437/2000

I limiti del giudizio di rinvio non sono soltanto quelli che derivano dal divieto di ampliare il thema decidendum, prendendo nuove conclusioni, ma altresì quelli inerenti alle preclusioni che discendono dal giudicato implicito formatosi con la sentenza di cassazione, onde neppure le questioni conoscibili di ufficio, non rilevate dalla Corte Suprema, possono in sede di rinvio essere dedotte o comunque esaminate, giacché il loro riesame tende a porre nel nulla o a limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto col principio della loro intangibilità. Pertanto deve escludersi che il giudice di rinvio possa sindacare la sentenza della Corte, colà ove (eventualmente incorrendo nella violazione degli artt. 102, 331 e 382 c.p.c.) abbia disposto il rinvio della causa al giudice di secondo grado, anziché a quello di primo.

Cass. civ. n. 5897/1999

La sentenza di cassazione con rinvio è vincolante anche con riguardo all'individuazione delle parti del processo, e, pertanto, rende inammissibile l'atto di riassunzione in sede di rinvio, ove proposto da un soggetto che in base ad essa risulti estraneo al giudizio di legittimità, ma non anche nel caso in cui l'atto di riassunzione sia proposto dalla medesima persona giuridica individuata come parte dalla sentenza di cassazione, la quale abbia soltanto mutato la sua denominazione.

Cass. civ. n. 465/1999

Nel giudizio di rinvio le parti non possono prendere nuove conclusioni, diverse da quelle adottate nel precedente giudizio di merito, salvo che la necessità sorga dalla sentenza di Cassazione, restando irrilevante che la controparte non ne abbia rilevato l'inammissibilità. (Nella specie la S.C., cassando la sentenza emessa all'esito del giudizio di rinvio che aveva accolto la domanda di indennità di occupazione non costituente oggetto del precedente giudizio che verteva sull'indennità di esproprio, ha affermato che la domanda di indennità di occupazione non può essere considerata accessoria rispetto a quella di indennità di esproprio, essendo l'occupazione e l'espropriazione fenomeni ontologicamente diversi, anche se l'indennità dovuta per la prima è commisurabile all'importo liquidabile per l'indennità relativa alla seconda).

Cass. civ. n. 11743/1998

Il giudizio che si celebra a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza penale ai fini civili è un giudizio di rinvio in sede civile e grado d'appello cui sono applicabili le disposizioni dell'art. 394 c.p.c. relative ai limiti propri dello stesso. Consegue che non è consentito l'allargamento del giudizio con l'intervento di terzi. Pertanto, chi non ha partecipato al processo penale, non può neanche intervenire adesivamente in sede di rinvio per gli interessi civili, a meno che non sia titolare, nei confronti di entrambe le parti di un diritto autonomo che la legittimerebbe a proporre opposizione di terzo, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., al fine di escludere un pregiudizio giuridico attuale che dall'esecuzione della sentenza potrebbe derivargli.

Cass. civ. n. 3532/1998

Il carattere cosiddetto chiuso del relativo giudizio comporta che innanzi al giudice di rinvio la controversia deve essere riproposta nei termini e nello stato di istruzione in cui si trovava il procedimento nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, salvo che fatti sopravvenuti o la stessa sentenza di cassazione, che abbia prodotto una modificazione della materia del contendere, rendano necessaria un'ulteriore attività assertiva e probatoria.

Cass. civ. n. 10598/1997

Il sindacato della Corte di cassazione sulla sentenza del giudice di rinvio, gravata di ricorso per infedele esecuzione dei compiti affidati con la precedente pronunzia di annullamento, si risolve nel controllo dei poteri propri di detto giudice per effetto di tale affidamento, e dell'osservanza dei relativi limiti la cui estensione varia a seconda che l'annullamento stesso sia avvenuto per violazione di norme di diritto, ovvero per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia. Nella prima ipotesi, infatti, egli è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell'art. 384, comma primo, c.p.c., al principio di diritto enunciato nella sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda – invece – la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio all'esame dei soli punti specificati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell'ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza logica del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati.

Cass. civ. n. 9095/1997

I poteri del giudice di rinvio sono diversi secondo che la sentenza sia stata annullata per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ovvero per omessa o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, atteso che solo in quest'ultima ipotesi l'annullamento travolge la valutazione dei fatti compiuta in sede d'appello, onde il giudice di rinvio è libero di riesaminare ex novo tutte le risultanze processuali e di risolvere le questioni devolutegli senza limitazione di sorta.

Cass. civ. n. 6416/1997

Qualora in accoglimento del ricorso della parte civile la Corte di cassazione annulli la sentenza penale limitatamente alle disposizioni civili con rinvio della causa al giudice civile competente in grado in appello, questi è chiamato a compiere il riesame della controversia nei limiti tracciati dal giudicato penale.

Cass. civ. n. 10972/1996

Il carattere «chiuso» del giudizio di rinvio, come delineato dall'art. 394 c.p.c., preclude di sollevare in esso le questioni effettivamente rilevabili, e non rilevate, in sede di cassazione, non anche quelle la cui rilevabilità sia rimasta su un piano meramente potenziale, come si verifica rispetto alla questione dell'inammissibilità di domanda nuova in fase d'appello ex art. 345 c.p.c., ove i motivi del ricorso per cassazione inerenti alla domanda stessa siano stati considerati assorbiti dalla sentenza di annullamento con rinvio

Cass. civ. n. 3816/1996

Il carattere «chiuso» del giudizio di rinvio (art. 394 comma terzo c.p.c.) comporta, anche nel rito del lavoro, il divieto per le parti di prendere conclusioni diverse e di svolgere attività assertive e probatorie, eccettuato il giuramento decisorio, diverse da quelle già espletate nel giudizio in cui fu pronunciata la sentenza di cassazione. Ne deriva, che al di fuori della predetta ipotesi, è inammissibile in sede di rinvio la prova testimoniale già dedotta tardivamente in appello, non comportando lo svolgimento del giudizio di rinvio alcuna riapertura dei termini processuali.

Cass. civ. n. 2264/1996

Anche nel rito del lavoro, nel giudizio di rinvio è preclusa alle parti – salva l'eccezione, espressamente prevista, del giuramento – ogni possibilità di nuove prove, nonché di conclusioni diverse, intese nell'ampio senso di nuove attività assertive o probatorie ed anche di nuove produzioni documentali, rimanendo esclusa la possibilità di invocare in contrario i poteri officiosi del giudice del lavoro di cui all'art. 421 c.p.c., e segnatamente quelli del giudice d'appello (art. 437 c.p.c.), atteso che tali poteri riguardano il processo del lavoro limitatamente ai primi due gradi di giudizio e non si estendono anche al grado di cassazione, del quale il giudizio di rinvio costituisce uno stadio. Né in contrario può invocarsi il principio secondo cui la potestas iudicandi del giudice di rinvio nel rito del lavoro, oltre ad estrinsecarsi nella valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, può comportare anche la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione, atteso che l'applicazione di detto principio è sempre subordinato al rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse.

Cass. civ. n. 66/1996

In sede di rinvio, il divieto di nuove conclusioni implica che la parte non possa proporre domande o eccezioni nuove, o dedurre nuove prove, tale proposizione o deduzione esigendo necessariamente nuove conclusioni, ma non esclude la possibilità di abbandonare (anche solo per effetto dell'omessa riproposizione delle medesime) conclusioni precedentemente adottate, restringendo così il thema decidendum. Ne consegue l'inammissibilità dei motivi di ricorso (avverso la sentenza conclusiva del giudizio di rinvio) relativi a questioni estranee al limitato (thema decidendum) risultante dall'abbandono predetto, non rilevando (ai fini dell'esclusione di detta inammissibilità) che tali questioni (nonostante la loro estraneità al thema decidendum come fissato dalle impugnazioni e dalla richiesta delle parti) siano state egualmente esaminate dal giudice di rinvio.

Cass. civ. n. 3912/1995

Il giudizio che si celebra a seguito di annullamento, da parte della Corte di cassazione, delle disposizioni civili della sentenza penale è un giudizio di rinvio in sede civile ed in grado d'appello, sicché, in mancanza di diversa regolamentazione, sono ad esso applicabili le disposizioni dell'art. 394 c.p.c., relative ai limiti propri allo stesso. In tale giudizio, che è a cognizione limitata ed il cui thema decidendum è insuperabilmente fissato, sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo, dalla sentenza di cassazione che lo dispone, non è consentito l'intervento di terzi in causa, che comporterebbe l'inammissibile introduzione di una nuova ed autonoma situazione di diritto o di interesse. (Nella specie, la Suprema Corte, enunciando il principio di diritto di cui alla massima, ha confermato la sentenza del merito che aveva dichiarato inammissibile l'intervento spiegato nel giudizio di rinvio dall'Inail per esercitare l'azione di surroga relativamente agli importi erogati al danneggiato, proprio assicurato, a titolo di indennità per l'invalidità temporanea e permanente conseguitagli dal sinistro).

Cass. civ. n. 3795/1994

Nel giudizio di rinvio dalla Cassazione non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di una esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 c.p.c.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere in mancanza di diversa esplicita statuizione – che il contraddittorio sia stato da questo ritenuto integro, né può essere disposto l'intervento jussu judicis, che è incompatibile con le norme che disciplinano il giudizio di rinvio, nel quale verrebbero introdotte parti e conclusioni diverse rispetto al giudizio di appello, contro il preciso divieto dell'art. 394 c.p.c.

Cass. civ. n. 11767/1990

Le questioni costituenti oggetto dei motivi di ricorso per cassazione espressamente dichiarati assorbiti debbono ritenersi, per definizione, non decise e possono essere, quindi, riproposte del tutto impregiudicate all'esame del giudice di rinvio.

Cass. civ. n. 11691/1990

Nel giudizio di rinvio il divieto di prendere nuove conclusioni non implica altresì il divieto del frazionamento di esso in più fasi, onde è consentita la scissione della pronuncia sull'an debeatur da quella sul quantum, riservata quest'ultima al prosieguo del giudizio, anche senza la adesione della parte interessata, ancorché nel pregresso giudizio di merito sia stata proposta domanda di risarcimento dei danni da liquidarsi in corso di causa, non costituendo, rispetto a quest'ultima, domanda nuova, non importando mutamento della causa petendi né ampliamento del petitum, quella successivamente proposta di condanna generica al risarcimento con rinvio della liquidazione del quantum ad una successiva fase dello stesso giudizio.

Cass. civ. n. 10632/1990

Il divieto di proporre l'eccezione di prescrizione per la prima volta in sede di rinvio, ai sensi dell'art. 394 terzo comma c.p.c., può trovare deroga quando la sentenza di cassazione abbia dato una diversa definizione del rapporto dedotto in giudizio, o comunque prodotto un radicale mutamento della materia del contendere, sì da richiedere nuove conclusioni delle parti, non anche, pertanto, in relazione all'eventualità che la sentenza medesima esprima un cambiamento d'indirizzo giurisprudenziale, senza il quale la parte convenuta avrebbe confidato nel disconoscimento del diritto nei suoi confronti azionato (e quindi nella non necessità di opporne la prescrizione).

Cass. civ. n. 10585/1990

Nell'ipotesi di annullamento per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e per vizi di motivazione, la circostanza che la potestas iudicandi del giudice di rinvio sia limitata — in mancanza di novità derivanti dalla sentenza di cassazione — alla rivalutazione dei fatti accertati non esclude la possibilità di disporre una consulenza tecnica d'ufficio quale normale mezzo di valutazione sotto il profilo tecnico di fatti già acquisiti, fermo restando che il giudice, ove abbia commesso al consulente, in violazione dei vincoli propri del giudizio di rinvio dei limiti propri dell'indagine tecnica, lo svolgimento di accertamenti o la formulazione di valutazioni giuridiche o di merito inammissibili, non può risolvere la controversia in base ad un richiamo alle conclusioni della consulenza (ancorché la detta violazione stessa), potendo condividere tali conclusioni solo in base ad una propria autonoma (e sufficiente) motivazione, che sia basata sulla valutazione di elementi di prova legittimamente acquisiti al processo e tenga conto delle contrarie deduzioni delle parti tradottesi in osservazioni e rilievi specifici e concreti.

Cass. civ. n. 978/1990

La regola enunciata dall'art. 394, comma terzo, c.p.c., per cui le parti possono prendere nel giudizio di rinvio conclusioni nuove se ne sorge la necessità a seguito della sentenza di cassazione opera quante volte la sentenza della cassazione abbia diversamente definito il rapporto dedotto in giudizio od a questo sia stata data una diversa disciplina dallo jus superveniens, si da rendere necessario un nuovo sistema difensivo. Ne consegue che non sono invece proponibili per la prima volta in sede di rinvio eccezioni attinenti ai fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, che avrebbero potuto in precedenza essere proposte e che non siano derivate, né rese necessarie per effetto dell'applicabile jus superveniens. (Nel caso, si verteva in tema di riscatto di fondi rustici e, in base al principio sopra enunciato, la corte ha ritenuto che il retrattato non potesse opporre in sede di rinvio la simulazione del contratto di affitto, dopo aver affidato la propria difesa all'eccezione di decadenza per tardivo pagamento del prezzo, rivelatasi infondata alla luce dello jus superveniens costituito dalla L. 8 gennaio 1979, n. 2).

La parte, che, a seguito dell'accoglimento del proprio ricorso per cassazione, abbia riproposto in sede di rinvio le domande, difese ed eccezioni già fatte valere con l'atto d'appello, non ha anche l'onere di ripresentare le istanze istruttorie pure dedotte in appello a sostegno delle sue richieste di merito, dovendosi in tal caso considerare operante il principio, che per il giudizio di appello si desume dall'art. 346 c.p.c., secondo il quale l'onere di riproporre le domande ed eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice di primo grado perché ritenute assorbite non riguarda anche le istanze istruttorie, giacché queste si intendono implicitamente richiamate con la riproposizione delle domande ed eccezioni a sostegno delle quali sono state formulate.

Cass. civ. n. 116/1990

Nel giudizio di rinvio il giudice può prendere in considerazione fatti nuovi incidenti sulla posizione delle parti e sulle loro pretese senza con ciò violare il divieto di esaminare punti non prospettati dalle parti nelle fasi precedenti, a condizione che si tratti di fatti impeditivi, estintivi o modificativi intervenuti in un momento successivo a quello della loro possibile allegazione nelle fasi pregresse del giudizio di merito. (Nella specie la S.C. ha cassato la pronuncia del giudice di rinvio — che in un giudizio avente ad oggetto la legittimità del licenziamento — aveva ritenuto precluso al datore di lavoro, già vittorioso nella precedente fase di merito — la possibilità di eccepire la compensatio lucri cum damno al fine della quantificazione del danno risarcibile spettante al lavoratore).

Cass. civ. n. 4644/1989

Nel giudizio di rinvio, i limiti all'ammissione delle prove concernono l'attività delle parti e non si estendono ai poteri del giudice, il quale, dovendo riesaminare la causa nel senso indicato dalla sentenza di annullamento, può ben avvertire la necessità, secondo le circostanze, di disporre una consulenza tecnica o di rinnovare quella già espletata nei pregressi gradi del giudizio di merito (e ritenuta non esauriente o soddisfacente allo scopo), salva la sola ipotesi in cui la consulenza, piuttosto che come mezzo di valutazione, si ponga come mezzo di acquisizione delle prove.

Cass. civ. n. 6561/1988

Nel giudizio di rinvio dopo la cassazione della sentenza impugnata le parti debbono riproporre la controversia negli stessi termini e nello stato di istruzione in cui si trovava nel procedimento in cui era stata pronunciata la sentenza cassata, salvo che fatti sopravvenuti o la stessa sentenza di annullamento rendano necessaria un'ulteriore attività difensiva. Pertanto mentre può essere ammessa una prova testimoniale già precedentemente dedotta, ancorché con una migliore formulazione dei capitoli di prova, non è consentito — in mancanza di una valida giustificazione — l'indicazione e l'escussione di nuovi testimoni.

Cass. civ. n. 4795/1988

Nel giudizio di rinvio anche ove sia possibile, in conseguenza della pronuncia della Cassazione, una nuova attività assertiva o probatoria, questa può essere estrinsecata all'udienza di precisazione delle conclusioni, senza che il giudice abbia alcun obbligo di fissare un'udienza destinata alla formulazione delle eventuali richieste istruttorie delle parti.

Cass. civ. n. 2686/1988

Le questioni pregiudiziali, ivi incluse quelle inerenti alla competenza, che non siano state dedotte o rilevanti in sede di legittimità, non possono essere sollevate davanti al giudice di rinvio, né in sede di ulteriore ricorso avverso la sentenza del giudice medesimo, per effetto del giudicato formatosi con la pronuncia di cassazione, che si estende necessariamente ai presupposti impliciti della relativa decisione.

Cass. civ. n. 1207/1985

Le questioni che insorgano per effetto di modificazioni della disciplina legislativa sono deducibili per la prima volta in sede di rinvio, non ostandovi il divieto di cui all'art. 394 c.p.c., solo quando le modificazioni medesime siano intervenute in un momento successivo a quello della possibile allegazione nelle pregresse fasi del processo, e sempreché vengano invocate a sostegno delle domande e delle eccezioni già ritualmente introdotte in causa e devolute alla cognizione del giudice di rinvio. (Nella specie, in controversia promossa per denunciare la violazione di brevetto per prodotto farmaceutico, il giudizio di rinvio verteva sull'accertamento del requisito della novità intrinseca dell'invenzione. La S.C., alla stregua del principio di cui sopra, ha ritenuto che il convenuto non poteva dedurre per la prima volta la liceità del proprio comportamento fino alla sentenza della Corte costituzionale dichiarativa dell'illegittimità dell'art. 14 del R.D. 29 giugno 1939, n. 1127 in tema di nullità dei brevetti per invenzioni di medicamenti, trattamenti di sentenza anteriore alla precisazione delle conclusioni nel precedente grado d'appello, né poteva invocare la nuova disciplina del D.P.R. 22 giugno 1979, n. 338, successiva a detto giudizio d'appello, per far valere pretese, quali quelle contemplate dagli artt. 2 e 84 del decreto medesimo, estranee all'oggetto del giudizio di rinvio).

Cass. civ. n. 3549/1984

Ai sensi dell'art. 394, terzo comma, c.p.c., il giudizio di rinvio è ad istruzione «chiusa», con divieto per le parti di prendere conclusioni diverse e svolgere attività assertiva e probatoria (eccettuato il giuramento decisorio) diversa da quella già espletata nel giudizio in cui fu pronunziata la sentenza cassata, salvo che l'esigenza di nuova e diversa attività difensiva sorga dalla stessa sentenza di cassazione, come nei casi di ritenuta applicabilità di una legge sopravvenuta, implicante la rilevanza e conseguente necessità di accertamento di nuovi elementi di fatto, o di riscontro di vizi processuali che abbiano impedito il pieno esercizio dei diritti spettanti ai contendenti, ovvero di diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso.

Cass. civ. n. 2456/1984

Nel giudizio di rinvio, che è giudizio a cognizione limitata il cui thema decidendum è insuperabilmente fissato, sia sul piano oggettivo che su quello soggettivo, dalla sentenza di cassazione che lo dispone, non è consentito l'intervento di terzi in causa che comporterebbe l'inammissibile introduzione di una nuova ed autonoma situazione di diritto o di interesse con la domanda della tutela relativa.

Cass. civ. n. 1910/1984

In armonia con il principio costituzionale del diritto alla difesa, come l'improponibilità di nuove eccezioni nel giudizio di appello, disposta dall'art. 437, secondo comma, c.p.c., va intesa come limitata alle eccezioni proponibili (e tuttavia non proposte) nel giudizio di primo grado così, analogamente, nel giudizio di rinvio, sono precluse le sole eccezioni che sarebbe stato possibile proporre nelle precedenti fasi di merito, mentre sono invece consentite quelle con cui (in ordine alle situazioni ancora sub iudice) si facciano valere fatti sopravvenuti (nella specie, formazione del giudicato esterno), ancorché ciò implichi una impostazione delle questioni diversa da quella conseguente alla sentenza di cassazione.

Cass. civ. n. 127/1981

La deducibilità del giuramento decisorio nel giudizio di rinvio, consentita dall'art. 394, terzo comma, c.p.c., in deroga alla regola dell'immutabilità delle conclusioni, è limitata esclusivamente alla materia ancora controversa, alla quale è circoscritto l'esame del giudice di rinvio, onde tale mezzo istruttorio non può essere dedotto in ordine a fatti da considerare definitivamente accertati.

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