Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 391 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Pronuncia sulla rinuncia

Dispositivo dell'art. 391 Codice di procedura civile

Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge la Corte provvede con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento fissati per la pubblica udienza. Provvede il presidente, con decreto, se non è stata ancora fissata la data della decisione.

Il decreto, l’ordinanza o la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese.

Il decreto ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione.

La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale. (1) (2)

Note

(1) Articolo modificato dall'art. 1-bis, D.L. 31/08/2016, n. 168, così come inserito dall'allegato alla legge di conversione L. 25/10/2016, n. 197 con decorrenza dal 30/10/2016 ed applicazione ai ricorsi depositati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del suddetto decreto, nonché a quelli già depositati alla medesima data per i quali non è stata fissata udienza o adunanza in camera di consiglio.
(2) Ai fini dell'estinzione del processo non è necessario che la rinuncia del ricorrente sia accettata dalle altre parti [v. 390]; tuttavia la loro adesione produce un effetto favorevole per il rinunciante in quanto impedisce alla Corte di condannarlo al pagamento delle spese processuali.

Spiegazione dell'art. 391 Codice di procedura civile

Nella sua precedente formulazione, la norma in esame prevedeva che sulla rinuncia al ricorso dovesse in ogni caso decidere la stessa Corte, prevedendosi una differenza soltanto in relazione alla forma assunta dal provvedimento che decideva in merito (sentenza, nel caso in cui la Corte doveva decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, ordinanza in tutti gli altri casi).

Adesso, invece, in quest'ultima ipotesi, a decidere sulla rinuncia non è più la Corte ma il Presidente, ed il provvedimento dallo stesso emesso dovrà avere la forma del decreto.

A seguito della riforma, alla fattispecie della rinuncia viene anche affiancata quella dell'estinzione del processo disposta per legge, prevedendosi una eguale disciplina per entrambe le ipotesi.

Ulteriore modifica riguarda il caso in cui, a differenza dal passato, non è prevista la condanna alle spese nei confronti del rinunciante ma della parte che con il suo comportamento ha dato causa all'estinzione del processo.
Tale condanna non va più inserita automaticamente nella sentenza e nel decreto, ma prevista solo come eventualità rimessa alla discrezione della Corte.
Se le altre parti aderiscono alla rinuncia, il rinunciante non è condannato al pagamento delle spese.

Il legislatore ha anche stabilito un termine a partire dal quale il decreto assume efficacia di titolo esecutivo, disponendo espressamene che tale effetto si produce se nessuna delle parti chiede la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto stesso.

A seguito della riforma operata dall’art. 1 bis, comma 1, lett. h) e i), del D.L. 168/2016, conv. in L. 197/2016, sono stati modificati rispettivamente gli articoli 390 e 391 c.p.c., prevedendosi un ampliamento dei termini per rinunciare al ricorso (il che si coordina con la soppressione del n. 3 dell’art. 375 del c.p.c.).


Massime relative all'art. 391 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 10140/2020

La rinuncia al ricorso per cassazione produce l'estinzione del processo anche in assenza di accettazione, non avendo tale atto carattere "accettizio" per essere produttivo di effetti processuali e, determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, comporta il venir meno dell'interesse a contrastare l'impugnazione, fatta salva, comunque, la condanna del rinunciante alle spese del giudizio. (Dichiara inammissibile, COMM.TRIB.REG. L'AQUILA, 11/03/2011).

Cass. civ. n. 9474/2020

Quando alla rinuncia al ricorso per cassazione non abbia fatto seguito l'accettazione dell'altra parte, pur estinguendosi il processo, non opera l'art. 391, comma 4, c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, che esclude la condanna alle spese in danno del rinunciante, spettando al giudice il potere discrezionale di negarla solo in presenza di specifiche circostanze meritevoli di apprezzamento, idonee a giustificare la deroga alla regola generale della condanna del rinunciante al rimborso delle spese sostenute dalle altre parti. (Dichiara estinto il processo, CORTE D'APPELLO MILANO, 27/05/2016).

Cass. civ. n. 14922/2015

In caso di rinuncia al ricorso per cassazione intervenuta dopo la fissazione dell'udienza pubblica o camerale e della relativa comunicazione alle parti, ai sensi dell'art. 377 cod. proc. civ., non può trovare applicazione l'art. 391, comma 1, cod. proc. civ., che riguarda l'ipotesi in cui il procedimento di trattazione non abbia avuto inizio, e l'estinzione del processo va dichiarata con ordinanza, tale essendo la forma di decisione collegiale prevista dall'art. 375, n. 3, cod. proc. civ. per provvedere in ordine all'estinzione in ogni caso diverso dalla rinuncia.

Cass. civ. n. 19980/2014

L'art. 391, primo comma, cod. proc. civ. (nel testo sostituito dall'art. 15 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), alludendo ai "casi di estinzione del processo disposta per legge", si riferisce sia alle ipotesi in cui l'estinzione del processo è disposta direttamente dalla legge, senza necessità di comportamenti diretti ad integrare la fattispecie estintiva, sia a quelle in cui tali comportamenti siano necessari poiché l'effetto estintivo è previsto dalla norma in ragione del verificarsi all'esterno del processo di cassazione di determinati fatti che poi devono essere rappresentati e fatti constare. Ne consegue che, ricorrendone i presupposti di legge e salvo che si debba necessariamente pronunciare sentenza ovvero ordinanza camerale ai sensi degli artt. 375, n. 3, e 380 bis cod. proc. civ., in entrambi i casi è possibile procedere alla dichiarazione di estinzione con decreto ai sensi dell'art. 391 cod. proc. civ.

Il decreto di cui all'art. 391, primo comma, cod. proc. civ. ha la medesima funzione (di pronuncia sulla fattispecie estintiva) e il medesimo effetto (di attestazione che il processo di cassazione deve chiudersi perché si è verificato un fenomeno estintivo) che l'ordinamento processuale riconosce alla sentenza o all'ordinanza, con la differenza che, mentre nei confronti dei suddetti provvedimenti è ammessa solo la revocazione ex art. 391 bis cod. proc. civ., avverso il decreto presidenziale l'art. 391, terzo comma, cod. proc. civ., individua, quale rimedio, il deposito di un'istanza di sollecitazione alla fissazione dell'udienza (collegiale) per la trattazione del ricorso. Tale istanza - che, non avendo carattere impugnatorio, non deve essere motivata - va depositata nel termine, da ritenersi perentorio (salva la generale possibilità di rimessione in termini prevista dall'art. 153, secondo comma, cod. proc. civ., aggiunto dall'art. 45, comma 19, della legge 18 giugno 2009, n. 69), di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, indipendentemente dal fatto che quest'ultimo rechi o meno una pronuncia sulle spese.

Cass. civ. n. 15817/2009

In tema di giudizio di cassazione, l'art. 391, terzo comma, c.p.c., come novellato dall'art. 15 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40, nel prevedere che il decreto presidenziale di estinzione del processo abbia efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chieda la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione, attribuisce alle parti in causa, che non ritengano esaustivo il provvedimento presidenziale di estinzione emanato a seguito della rinunzia, la possibilità di chiedere alla Corte di pronunciarsi sulla controversia, senza imporre l'onere di indicare i motivi di tale richiesta.Tale disposizione, infatti, non configurando un rimedio di carattere impugnatorio, consente alle parti di chiedere il passaggio ad una fase successiva per un esame completo della controversia, nell'ambito della quale la Corte può valutare se l'istanza di estinzione sia stata correttamente emanata oppure, in caso contrario, procedere all'esame del ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 9883/2006

In tema di processo in cassazione, deve ritenersi di immediata applicazione, in quanto non concerne le regole relative alla proposizione del ricorso per cassazione, la disposizione dell'art. 391 c.p.c., come novellato dall'art. 15 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40, secondo cui, in caso di rinunzia al ricorso, il presidente, qualora non occorra decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento, provvede con decreto alla dichiarazione di estinzione del processo che ha efficacia di titolo esecutivo se nessuna delle parti chiede la fissazione dell'udienza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto medesimo.

Cass. civ. n. 8115/2006

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese processuali, qualora, a seguito dell'intervenuta accettazione della rinunzia al ricorso per cassazione, sia dichiarata, con decreto del presidente della medesima Corte, la estinzione del giudizio, ai sensi dell'art. 391 c.p.c., come sostituito dall'art. 15 del D.L.vo 2 febbraio 2006, n. 40.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 391 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

N. C. chiede
venerdì 03/03/2023 - Calabria
“Salve, dopo aver avuto sentenza sfavorevole in Appello per una causa civile, ho fatto ricorso a Dicembre 2022 in Cassazione sempre con lo stesso legale che dopo aver depositato il ricorso ha rinunciato all'incarico.
Chiedo di sapere se in caso di ritiro del ricorso posso venire comunque condannato alle spese di cassazione nel caso la controparte si opponga al ritiro.
Grazie”
Consulenza legale i 14/03/2023
Ai sensi dell’art. 390 Codice di procedura civile
"La parte può rinunciare al ricorso principale o incidentale finché non sia cominciata la relazione all'udienza, o sino alla data dell'adunanza camerale.
La rinuncia deve farsi con atto sottoscritto dalla parte e dal suo avvocato o anche da questo solo se è munito di mandato speciale a tale effetto.
Del deposito dell'atto di rinuncia è data comunicazione alle parti costituite a cura della cancelleria"
.
L’art. 391 del c.p.c. prevede espressamente che
"Sulla rinuncia e nei casi di estinzione del processo disposta per legge la Corte provvede con ordinanza in camera di consiglio, salvo che debba decidere altri ricorsi contro lo stesso provvedimento fissati per la pubblica udienza. Provvede il presidente, con decreto, se non è stata ancora fissata la data della decisione.
Il decreto, l’ordinanza o la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese [...]".

La formulazione della norma è chiara nel prevedere che la Corte possa pronunciare una condanna alle spese in caso di rinuncia, ma detta pronuncia non è obbligatoria.
E’ possibile, infatti, che la Corte, a suo insandacabile giudizio, decida sulla condanna o non si pronunci per nulla sulle spese.
Difatti, "Nei giudizi di rinuncia al ricorso per Cassazione, la mancata pronuncia circa le spese processuali è manifestazione della discrezionalità riconosciuta alla Suprema Corte in merito alla condanna per le stesse; il difetto di statuizione non è pertanto ascrivibile a errore materiale. La ratio sottostante la solo eventuale condanna alle spese è da rinvenirsi nel particolare favore con cui l’istituto della rinuncia è visto dal legislatore" (Cass. civ., sez. I, ord., 26 ottobre 2022, n. 31692).
C’è anche da rilevare, però, che ai sensi dell’ultimo comma dell’art.391 c.p.c. la controparte può chiedere, entro dieci giorni dalla comunicazione della rinuncia, che la Cassazione si pronunci nel merito del ricorso.
In tal caso il giudizio non si estinguerà ed il processo seguirà il suo corso e la condanna alle spese seguirà la soccombenza. Verrà in sostanza condannata alle spese la parte che avrà perso la causa.