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Articolo 389 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Domande conseguenti alla cassazione

Dispositivo dell'art. 389 Codice di procedura civile

Le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio e, in caso di cassazione senza rinvio, al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata [disp. att. 144] (1).

Note

(1) Per ribadire l'autonomia di tali domande si prevede che esse vengano proposte con separato atto di citazione da notificarsi personalmente alla parte. Tra le domande conseguenti alla cassazione della sentenza assai frequente è quella di rimborso delle spese giudiziarie relative ai precedenti gradi di giudizio, poste a carico del soccombente che risulti vincitore in sede di ricorso. La norma non si applica alle domande conseguenti all'accoglimento dell'istanza di regolamento di competenza [v. 42] atteso che in tal caso ogni domanda va proposta al giudice dichiarato competente.

Spiegazione dell'art. 389 Codice di procedura civile

Il principio espresso da questa norma può sinteticamente raccogliersi nel brocardo “spoliatus ante omnia restituendus” ed è applicabile sia ai casi di cassazione con rinvio che a quelli di cassazione senza rinvio.
A seguito del giudizio di cassazione sorge in capo alla parte vittoriosa il diritto alla restituzione delle attribuzioni, patrimoniali e non, compiute in esecuzione della sentenza annullata.

La norma non si riferisce soltanto alle domande di restituzione, ma anche a quelle di riduzione in pristino e, ancora più in generale, a tutte quelle domande che possono proporsi a seguito della sopravvenuta inefficacia del provvedimento impugnato o, meglio, della caducazione del titolo in forza del quale tali adempimenti fossero stati eventualmente effettuati.

L'azione di restituzione, a cui fa riferimento la presente norma, non è riconducibile allo schema della condictio indebiti, in quanto si ricollega ad una esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla sentenza cassata, prescindendosi da valutazioni sulla buona o mala fede dell'accipiens.

Non occorre una pronuncia restitutoria o di ripristino da parte del giudice di rinvio quando, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, sia posto nuovamente in essere il titolo giustificativo di condanna ad eseguire la medesima prestazione.

Qualora la domanda abbia ad oggetto la restituzione di somme, gli interessi legali sono dovuti dal giorno del pagamento e non da quello della domanda; inoltre, dato che si tratta di un ordinario credito restitutorio, si esclude la possibilità di cumulare interessi e rivalutazione.

Risulta estremamente generico il concetto di "altra" domanda conseguente.
Tra queste, a titolo meramente esemplificativo, possono ricomprendersi:
  1. la domanda di risarcimento del danno derivante dalla privazione della disponibilità e del godimento del bene nel periodo intercorso tra l'esecuzione, forzata o spontanea, della sentenza poi cassata e la successiva reintegrazione nel possesso del bene stesso;
  2. la domanda con cui viene richiesta la restituzione delle spese giudiziali, rimborsate alla parte vincitrice nel giudizio di merito, ma soccombente in Cassazione, ovvero anche al suo difensore distrattario;
  3. la domanda inerente la restituzione della cauzione disposta ai sensi dell'art. 373 del c.p.c..

Devono, invece, ritenersi escluse le domande di risarcimento del danno proposte ai sensi dell'art. 96 del c.p.c. o derivanti dall'impossibilità della restituzione o del ripristino, in quanto si tratta di domande autonome.

Per quanto concerne la competenza a provvedere, può osservarsi che, salvo il caso di cassazione senza rinvio, le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione, si propongono al giudice di rinvio; in caso di cassazione con rinvio, invece, la competenza appartiene al giudice che ha emesso la sentenza cassata.
Tale competenza, qualificata come funzionale ed inderogabile, viene meno quando il giudizio di rinvio si sia estinto per mancata riassunzione nei termini, con la conseguenza che dette domande vanno proposte al giudice competente secondo le regole ordinarie.
In ogni caso, la parte può decidere, in alternativa e considerata la diversità dei petita, di far valere il proprio diritto alla restituzione in un autonomo giudizio ordinario, purchè nell'ordinario termine decennale di prescrizione.

Una conferma dell'autonomia della domanda conseguente alla cassazione, la si può dedurre dall'art. 144 delle disp. att. c.p.c., il quale dispone che dette domande si propongono con apposito atto di citazione, il quale andrà notificato personalmente alla parte ex artt. 137 e ss c.p.c., distinto, almeno concettualmente, dalla citazione in riassunzione di cui al secondo comma dell’art. 392 del c.p.c..

Il giudice di rinvio, al quale sono proposte queste domande, ne può disporre la riunione alla causa di merito, ma può anche provvedervi separatamente.

La prescrizione delle domande previste dalla presente norma e conseguenti alla cassazione non può che decorrere dalla data stessa della sentenza, trattandosi di azione conseguente direttamente alla sopravvenuta inefficacia della decisione cassata e, pertanto, immediatamente esperibile dal momento della caducazione del titolo esecutivo precedentemente azionato dalla controparte.

Corollario della natura del giudizio di restituzione si ritiene che sia il divieto di proporre per la prima volta, insieme alle domande di restituzione, la domanda di risarcimento del maggior danno per svalutazione monetaria.

Non rientrano nel campo di applicazione di questa norma le domande conseguenti alla sentenza che abbia accolto l'istanza di regolamento di competenza, dovendo queste essere sempre proposte davanti al giudice indicato come competente in via ordinaria.

Massime relative all'art. 389 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 9245/2020

L'azione di restituzione proposta, a norma dell'art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d'appello poi annullata, non è riconducibile allo schema della ripetizione d'indebito ed è soggetta all'ordinario termine decennale di prescrizione. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO MILANO, 19/10/2017).

Cass. civ. n. 25355/2018

In tema di cassazione con rinvio, le domande di restituzione o di riduzione in pristino di cui all'art. 389 c.p.c. possono essere proposte al giudice designato dalla S.C. ai sensi dell'art. 383 c.p.c. anche in via autonoma rispetto a quelle oggetto del giudizio di rinvio. (Rigetta, CORTE D'APPELLO NAPOLI, 23/06/2016).

Cass. civ. n. 17374/2018

L'art. 389 c.p.c. è disposizione che riguarda sia l'esecuzione spontanea che quella coatta e comprende le domande di restituzione e di riduzione in pristino di ciò che è stato pagato in base a sentenza di appello cassata ed a sentenza di primo grado confermata in appello e poi cassata, ma non quelle presentate in appello dal soccombente in primo grado, in previsione dell'eventuale riforma del titolo di condanna. In particolare, la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione non è tenuta, in relazione alle prestazioni eseguite in forza della decisione d'appello annullata, a dimostrare un suo diritto preesistente alla sentenza cassata e da questa leso, poiché la predetta norma tende a ripristinare la situazione di fatto esistente prima di tale sentenza, illegittimamente modificata in virtù di un titolo rescindibile e la cui rescissione opera "ex tunc", senza che vengano in rilievo valutazioni sulla buona o mala fede dell'"accipiens" rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato una domanda di restituzione perché ritenuta generica e non provata, nonostante il titolo di condanna fosse stato caducato e la sua avvenuta esecuzione non fosse contestata).

Cass. civ. n. 23816/2014

Nel giudizio promosso ex art. 389 cod. proc. civ. operano gli ordinari criteri di ripartizione dell'onere della prova, sicché, ove il datore di lavoro agisca per la restituzione delle somme versate al lavoratore in forza della declaratoria di illegittimità del licenziamento, parzialmente annullata con limitazione del risarcimento del danno ad alcune sole mensilità, spetta al lavoratore, che deduca in compensazione quanto effettivamente a lui spettante, provare i fatti su cui si fonda l'eccezione.

Cass. civ. n. 20229/2014

L'art. 389 cod. proc. civ. non si applica - né è configurabile un'interpretazione estensiva della norma - nell'ipotesi in cui il ricorso per cassazione sia stato respinto con conferma della decisione impugnata poiché l'interesse alla restituzione non sorge dalla decisione di legittimità, di mero rigetto, né è configurabile una lesione dei diritti della parte rimasta soccombente in primo grado, la quale può chiedere la restituzione di quanto corrisposto in forza della sentenza di prime cure sin dal giudizio di appello, non trattandosi di domanda nuova.

Cass. civ. n. 5391/2013

L'azione proposta a norma dell'art. 389 c.p.c. prescinde da ogni valutazione soggettiva circa il contegno dell'"accipiens", sicché, per il semplice fatto che una sentenza esecutiva sia stata riformata all'esito del giudizio di cassazione, colui che abbia adempiuto una prestazione successivamente risultata non dovuta ha diritto di essere indennizzato dell'intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma versata comprensiva degli interessi legali a partire dal giorno del pagamento.

Cass. civ. n. 19153/2012

In ipotesi di cassazione con rinvio il giudizio di rinvio e quello avente ad oggetto la restituzione dei beni consegnati o delle somme pagate in virtù della sentenza cassata sono tra loro autonomi, onde possono essere celebrati separatamente e non v'è necessità di riunirli. Tuttavia, tale reciproca autonomia non è assoluta, in quanto viene meno nel caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello sulle restituzioni, con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata: e, ricorrendo tale ipotesi, giudice delle restituzioni dovrà rigettare la domanda innanzi a lui proposta.

Cass. civ. n. 12218/2012

In sede di legittimità non è mai ammissibile una pronuncia di restituzione delle somme corrisposte sulla base della sentenza cassata, neanche nel caso in cui la Corte di cassazione, annullando la sentenza impugnata, decida la causa nel merito, ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ., in quanto per tale domanda accessoria non opera, in mancanza di espressa previsione, l'eccezione al principio generale secondo cui alla Corte compete solo il giudizio rescindente, sicché la stessa, ove il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, va proposta al giudice che ha pronunciato quest'ultima, a norma dell'art. 389 c.p.c.

Cass. civ. n. 21699/2011

L'azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta, a norma dell'art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d'appello poi annullata, non è riconducibile allo schema della ripetizione d'indebito, perchè si collega ad un'esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall'esistenza del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesa); né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell'"accipiens", non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. Ne consegue che chi ha eseguito un pagamento non dovuto, per effetto di una sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ha diritto ad essere indennizzato dell'intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma con gli interessi legali a partire dal giorno del pagamento.

Cass. civ. n. 10174/2011

In tema di giurisdizione, sulle domande di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione di sentenza cassata per difetto di giurisdizione, con rimessione delle parti al giudice amministrativo, sussiste la giurisdizione di quest'ultimo, configurandosi la fattispecie della "cassazione con rinvio", in relazione alla quale l'art. 389 c.p.c. prevede la competenza del giudice di rinvio a conoscerne. (Principio enunciato in una fattispecie di pagamento in esecuzione di un lodo arbitrale impugnato per nullità davanti alla corte d'appello la cui sentenza sul merito era stata cassata dalle S. U. per difetto di giurisdizione del giudice ordinario).

Cass. civ. n. 9480/2010

L'azione di restituzione che venga proposta, ai sensi dell'art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d'appello poi annullata, non va ricondotta allo schema della "condictio indebiti", ma si ricollega ad una specifica ed autonoma esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, restando irrilevante la buona o mala fede dell'"accipiens", che, di conseguenza, non è tenuto a sopportare il rischio dell'attuazione della tutela giurisdizionale invocata con riguardo alla decorrenza degli interessi applicabili. (Nel caso di specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale aveva liquidato gli interessi dal giorno del pagamento, anziché da quello della pubblicazione della sentenza di cassazione con rinvio, la quale aveva accolto il ricorso, facendo applicazione dello "ius supervenius" costituito dall'art. 3, comma sessantacinquesimo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che aveva mutato il quadro normativo di riferimento con efficacia retroattiva).

Cass. civ. n. 13461/2006

Le domande di restituzione o di riduzione in pristino, in caso di cassazione senza rinvio, rientrano, ex art. 389 c.p.c., nella competenza funzionale del giudice che ha pronunciato la sentenza cassata o che, come nella specie, si è pronunciato sul lodo arbitrale annullato dalla Suprema Corte.

Cass. civ. n. 10386/2005

In tema di giudizio di rinvio, la domanda di risarcimento del danno conseguente alla privazione del bene, dal cui godimento la parte è stata estromessa per effetto dell'esecuzione forzata o coattiva della sentenza cassata, si fonda sul criterio che, una volta annullato il titolo che ha causato la privazione del bene, colui che l'ha sofferta ha diritto di vedersi restituito nella medesima situazione nella quale egli si sarebbe trovato in mancanza di quella privazione, in quanto la parte che invoca la tutela giurisdizionale assume su di sé i rischi collegati all'attuazione di questa. Ne consegue che è irrilevante lo stato soggettivo di chi ha attuato il provvedimento giurisdizionale non ancora definitivo e che la misura del danno risarcibile deve coprire l'intero pregiudizio economico subito dal soggetto leso. (Nella specie, relativa ad azione per il ripristino di contratto di locazione, il conduttore era coattivamente rientrato nella detenzione dell'immobile in forza di sentenza poi cassata; la Corte di cassazione in applicazione del principio soprariportato ha respinto tutti i motivi di ricorso concernenti la quantificazione del risarcimento dovuto).

Cass. civ. n. 9229/2005

In tema di cassazione con rinvio, nel codice di rito non si rinviene alcun divieto o impedimento a promuovere separatamente avanti al giudice designato dalla S.C. ai sensi dell'art. 383 c.p.c. il giudizio di rinvio e quello per le restituzioni o la riduzione in pristino, essendo anzi tale possibilità desumibile dalla espressa previsione nell'art. 389 c.p.c. di un giudizio autonomo per la restituzione o la riduzione in pristino. Né, qualora i due giudizi promossi separatamente non vengano riuniti, sussiste violazione dell'art. 273 c.p.c. (o dell'art. 274 c.p.c.) e, a seguito della decisione separata, del principio del ne bis in idem giacché le causae petendi dei due giudizi sono diverse, in quanto in quello di restituzione o di riduzione in pristino il diritto oggetto del giudizio è solo quello a conseguire tali effetti, mentre nel giudizio di rinvio ha luogo, nei limiti della disposta cassazione, una nuova pronuncia sul thema decidendi della controversia.

Cass. civ. n. 2130/2005

La disposizione recata dall'art. 389 c.p.c., secondo cui in caso di cassazione senza rinvio la domanda di restituzione o di riduzione in pristino ed ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione si propongono al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, va interpretata nel senso di escludere che si sia voluto indicare il giudice che sarebbe stato, o sia divenuto successivamente, competente a pronunziare la sentenza; di conseguenza, la circostanza che, per effetto dell'introduzione del giudice unico, il giudice che ha pronunziato quale giudice di appello la sentenza cassata non abbia più funzioni di appello (salvo per gli appelli proposti prima del 31 dicembre 1999), bensì funzioni di giudice di primo grado, non ha alcun rilievo, posto che il giudizio per le restituzioni non è un giudizio di appello.

Cass. civ. n. 13736/2004

In caso di cassazione con rinvio della sentenza d'appello che abbia condannato la parte soccombente nel grado al pagamento delle spese processuali in favore della parte vittoriosa, la prima può proporre a norma dell'art. 389 c.p.c. la domanda di restituzione delle somme che ha versato in esecuzione della sentenza di condanna, salvo che non sia stata disposta la distrazione in favore del difensore dichiaratosi antistatario, nel qual caso è invece quest'ultimo obbligato alla restituzione.

In caso di cassazione con rinvio, competente a decidere sulla domanda di restituzione di quanto prestato in esecuzione della sentenza d'appello poi cassata, come su tutte le azioni conseguenti all'annullamento della pronunzia d'appello, è il giudice di rinvio, la cui pronuncia è ricorribile in cassazione e non appellabile; nè il regime di impugnazione muta qualora il giudice di rinvio abbia adottato prima una sentenza parziale e poi quella definitiva del giudizio.

Cass. civ. n. 12190/2004

Le domande di restituzione o di riduzione in pristino della parte che ha eseguito una prestazione in base ad una sentenza poi cassata (nella specie, sentenza del giudice ordinario di condanna al pagamento di somma di denaro) può essere proposta, oltre che nell'eventuale giudizio di rinvio (ove la cassazione della sentenza sia stata pronunciata con rinvio ad altro giudice), anche in separata sede (come nel caso, quale quello di specie, di cassazione senza rinvio della sentenza del G.O. per avere la S.C. ravvisato la giurisdizione del giudice amministrativo), atteso che le predette domande sono del tutto autonome da quelle dell'eventuale giudizio di rinvio, assolvendo all'esigenza di garantire all'interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, a prescindere dal successivo sviluppo del giudizio (nella specie, da celebrarsi dinanzi al giudice amministrativo, e non a quello ordinario).

Cass. civ. n. 11490/2004

In caso di cassazione con rinvio, la domanda di restituzione di quanto prestato in esecuzione della sentenza d'appello poi cassata può essere proposta non solo introducendo con atto di citazione un nuovo, distinto giudizio ma anche in sede di atto di riassunzione con la comparsa di risposta con la quale la parte interessata si costituisce nel giudizio riassunto davanti al giudice di rinvio. Ne consegue che, anche nel regime anteriore alla novella del codice di procedura civile del 1990, è inammissibile la domanda formulata soltanto all'udienza di precisazione delle conclusioni, preclusa ai sensi dell'art. 184 c.p.c.

Cass. civ. n. 9917/2004

In caso di cassazione con rinvio la domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di appello, successivamente cassata, non costituisce domanda nuova in quanto la ripetizione — che non è inquadrabile nell'istituto della condictio indebiti — è diretta alla restaurazione della situazione patrimoniale precedente alla sentenza che, nel caducare il titolo del pagamento rendendolo indebito sin dall'origine, determina il sorgere dell'obbligazione e della pretesa restitutoria che non poteva essere esercitata se non a seguito e per effetto della sentenza rescindente.

Cass. civ. n. 88/2004

In tema di impugnazioni civili ed in ipotesi di giudizio di rinvio, la parte può proporre a norma dell'art. 389 c.p.c. la domanda di restituzione delle somme che ha versato in esecuzione della sentenza di condanna alle spese processuali poi annullata, anche nei confronti dell'avvocato distrattario, ma non può pretendere il rimborso delle spese che ha sopportato per la propria difesa a norma dell'art. 2043 c.c. e, quindi, a titolo di risarcimento del danno.

Cass. civ. n. 6579/2003

Il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una decisione successivamente cassata, ovvero di sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge per il solo fatto della cassazione o della riforma della sentenza e può essere richiesto automaticamente, se del caso, anche con procedimento monitorio.

Cass. civ. n. 2480/2003

La domanda di restituzione o riduzione in pristino della parte che ha eseguito delle prestazioni in base a sentenza cassata, prevista dall'art. 389 c.p.c., può essere proposta nello stesso giudizio di rinvio oppure in separata sede, e, in tale seconda ipotesi, il giudice non è tenuto a riunire i due processi, perchè le domande di restituzione o riduzione in pristino sono del tutto autonome da quelle del giudizio di rinvio e prescindono completamente dalla fondatezza o meno di quest'ultima, assolvendo all'esigenza di garantire all'interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, e la loro definizione non deve essere procrastinata dall'istruzione e risoluzione della lite principale; nè è tenuto a sospendere il giudizio sulle restituzioni, neanche in vista della possibile compensazione del credito vantato dall'attore con il controcredito invocato dal convenuto nella causa di rinvio o in altri processi da questi intentati contro l'avversario, perchè la compensazione giudiziale di cui all'art. 1243 c.c. presuppone che sia lo stesso giudice a procedere all'accertamento dei reciproci debiti e crediti, onde, non potendo la stessa operare nell'ipotesi di separati giudizi, deve in tal caso scartarsi ogni possibilità di applicazione degli artt. 295 o 337 c.p.c.

Cass. civ. n. 15031/2001

La cassazione della sentenza impugnata, per inammissibilità di una domanda nuova in appello integra un'ipotesi di cassazione senza rinvio e, pertanto, la competenza a conoscere delle domande di restituzione e di ogni altra conseguente alla cassazione della sentenza — come quella relativa al capo sulle spese in conseguenza dell'accoglimento in appello della domanda inammissibile — spetta al giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, a norma dell'art. 389 c.p.c.

Cass. civ. n. 11261/2000

La proposizione davanti al giudice di rinvio delle domande conseguenti alla sentenza di cassazione è prevista dall'art. 389 c.p.c. soltanto per il caso in cui il giudizio di rinvio sia stato validamente instaurato. La predetta norma non ha, peraltro, carattere cogente, potendo la parte interessata proporre le relative istanze in via autonoma dinanzi al giudice competente in sede ordinaria, con le modalità di introduzione del giudizio previste dall'art. 144 att. c.p.c.

Cass. civ. n. 1819/1999

La domanda di restituzione o di convalida di sequestro conservativo conseguente alla sentenza di cassazione, in pendenza del giudizio di rinvio, si propone al giudice del rinvio, la cui competenza funzionale persiste anche nella ipotesi in cui la domanda di cui si tratta pervenga alla sua cognizione successivamente all'esaurimento dello stesso giudizio di rinvio.

Cass. civ. n. 1210/1999

La pronuncia di restituzione della somma che una parte abbia pagato in forza di una sentenza poi cassata, può essere omessa dal giudice di rinvio quando questi, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, ponga nuovamente in essere il titolo giustificativo di detto pagamento condannando la medesima parte al versamento di una somma pari o superiore.

Cass. civ. n. 49/1999

Anche quando la Corte di cassazione, annullando la sentenza impugnata, decide la causa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.p. così come modificato dalla L. n. 353 del 1990, non è ammissibile nella stessa sede di legittimità, la domanda di restituzione delle somme corrisposte sulla base delle sentenze di merito, dato che per tale domanda accessoria non opera, in mancanza di espressa previsione, l'eccezione al principio generale secondo cui alla Corte compete solo il giudizio rescindente e la stessa, ove il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, va proposta al giudice che ha pronunciato la medesima, a norma dell'art. 389 (la cassazione con pronuncia nel merito integrando una nuova ipotesi di cassazione senza rinvio), mentre, in caso di pagamento eseguito in forza della sentenza di primo grado, essa avrebbe potuto essere rivolta al giudice di appello.

Cass. civ. n. 12851/1998

Nei procedimenti endofallimentari di verifica ed accertamento dei crediti, l'azione prevista dall'art. 389 c.p.c. (domande conseguenti alla cassazione) non si sottrae al principio inderogabile ed operante ope legis della par condicio che domina i procedimenti concorsuali.

Cass. civ. n. 10393/1996

Qualora nel giudizio di rinvio debba essere ordinata la restituzione di somma corrisposta in base alla sentenza d'appello, a seguito dell'annullamento di tale pronuncia da parte della Corte di cassazione e del rigetto della domanda in questione da parte del giudice di rinvio, e il soggetto tenuto alla restituzione eccepisca in compensazione un credito riconosciuto in un capo confermato della sentenza di primo grado, il giudice di rinvio deve anche d'ufficio rilevare l'estinzione del debito nel caso in cui il suo pagamento risulti dalla documentazione ritualmente prodotta, sulla base del principio della rilevabilità d'ufficio (anche in appello) dell'avvenuto pagamento, fatto che spiega effetti giuridici a prescindere dalla proposizione della relativa eccezione (procedimento svoltosi con il rito del lavoro).

Cass. civ. n. 5265/1996

Ai sensi dell'art. 389 c.p.c., secondo cui, dopo l'annullamento di una sentenza in sede di legittimità, al giudice di rinvio possono essere rivolte le domande di restituzione e di riduzione in pristino nonché ogni altra conseguente alla sentenza di cassazione, a tale giudice possono essere proposte anche le domande di risarcimento del danno conseguente alla privazione del bene dal cui godimento la parte è stata estromessa per effetto dell'esecuzione forzata o coattiva della sentenza cassata, riconducibili al novero delle indicate domande di restituzione e ripristino.

Cass. civ. n. 11214/1994

In relazione all'art. 389 c.p.c., il principio secondo cui (in sede di rinvio) la risoluzione della lite principale non deve ritardare la pronuncia sulla domanda di restituzione di quanto versato in esecuzione della sentenza cassata va correlato alla previsione valida, in linea generale, nel processo civile ordinario ma non nel nuovo processo del lavoro (caratterizzato dalla normale trattazione della causa in un'unica udienza di discussione) — che la prolungata istruttoria relativa alla domanda principale comporti il ritardo del provvedimento di restituzione. Pertanto, correttamente il giudice del lavoro — esaminando congiuntamente la domanda di restituzione e quella principale — provvede negativamente in ordine ad entrambe, giacché le due pronunce sono in tal caso necessariamente interdipendenti, non essendo giustificato sul piano razionale ordinare la restituzione della somma pagata e contemporaneamente rinnovare l'edizione del titolo giustificativo del pagamento della stessa, per la riconosciuta infondatezza delle ragioni della parte condannata dalla sentenza cassata.

Cass. civ. n. 2052/1993

L'art. 389 c.p.c. autorizza a proporre davanti al giudice di rinvio, oltre le domande restitutorie o riparatorie conseguenti alla cassazione della sentenza di merito, ogni altra domanda che, sia pure in modo indiretto, si ricolleghi alla sopravvenuta inefficacia del provvedimento impugnato, restando, peraltro, esclusa la ravvisabilità di un siffatto collegamento fra la (diversa) qualificazione giuridica del rapporto operata dalla sentenza di cassazione e qualsiasi ulteriore pretesa, dipendente da tale qualificazione, ma non fatta valere tempestivamente in giudizio, atteso che una simile pretesa non è in stretto rapporto di conseguenzialità con la pronuncia di merito cassata.

Cass. civ. n. 6077/1990

Il giudice di rinvio, il quale ritenga definitivamente soccombente la parte vittoriosa in cassazione, non può condannare la controparte alla restituzione delle somme riscosse a titolo di spesa, in forza della sentenza cassata, ma deve detrarre dall'ammontare complessivo delle spese liquidate a carico del soccombente l'importo dal medesimo in precedenza versato.

Cass. civ. n. 2841/1989

L'azione di restituzione o riduzione in ripristino, che venga proposta, a norma dell'art. 389 c.p.c., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d'appello poi annullata, non è riconducibile nello schema della condictio indebiti, perché si collega ad un'esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall'esistenza o meno del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesta), né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dello accipiens, non potendo venire in rilievo stati soggettivi, rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti. Pertanto, ove si tratti di restituzione di somme, gli interessi legali, in applicazione delle regole generali sui crediti pecuniari, devono essere riconosciuti dal giorno del pagamento (non da quello della domanda), e, con pari decorrenza, vanno attribuiti gli eventuali ulteriori danni di cui all'art. 1224, secondo comma c.c.

Cass. civ. n. 2612/1989

Nel caso di riforma od annullamento della sentenza, costituente titolo esecutivo, di condanna al pagamento delle spese e degli onorari in favore del difensore della parte già vittoriosa, il quale abbia reso la dichiarazione di cui all'art. 83 c.p.c., tenuto alla restituzione delle somme pagate a detto titolo è lo stesso difensore distrattario, il quale, come titolare di un autonomo rapporto instauratosi direttamente con la parte già soccombente, è l'unico legittimato passivo rispetto all'azione di ripetizione d'indebito oggettivo proposto da tale parte, in favore della quale la restituzione di dette somme può essere disposta, oltre che in un giudizio autonomamente instaurato a tal fine, anche dal giudice dell'impugnazione o, in caso di cassazione, dal giudice di rinvio, ai sensi dell'art. 389 c.p.c.

Cass. civ. n. 4268/1986

La competenza funzionale del giudice di rinvio sulle domande di restituzione in pristino e di risarcimento danni conseguenti alla cassazione della sentenza viene meno quando il giudizio di rinvio si sia estinto per mancata riassunzione in termini, con la conseguenza che le dette domande vanno proposte al giudice competente secondo le norme ordinarie del codice di rito senza che sia necessario che quell'estinzione sia stata dichiarata dallo stesso giudice di rinvio potendo anche essere rilevata, ed accertata incidenter tantum, dal giudice successivamente investito della domanda di restituzione in base alle regole ordinarie di competenza.

Cass. civ. n. 6421/1984

La pronuncia di restituzione della somma, che una parte abbia pagato in forza della sentenza cassata, può essere omessa dal giudice di rinvio, quando, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, ponga nuovamente in essere il titolo giustificativo di detto pagamento, condannando cioè la medesima parte al versamento di una somma pari o superiore.

Cass. civ. n. 7048/1982

La domanda di restituzione di somme pagate in forza di una sentenza d'appello cassata può proporsi davanti al giudice di rinvio, la cui competenza è stabilita dall'art. 389 c.p.c., e dinanzi al quale, pertanto, non può farsi questione né di mancanza del doppio grado di giurisdizione, né di novità della domanda, atteso che il diritto alla restituzione dipende direttamente dalla sentenza di cassazione che determina la caducazione del titolo per effetto del quale il pagamento è avvenuto.

Cass. civ. n. 4275/1980

Il giudizio che attiene alle domande di restituzione conseguenti alla sentenza di cassazione, e che va proposto al giudice di rinvio a norma dell'art. 389 c.p.c., non può essere espletato autonomamente e non deve essere necessariamente riunito al giudizio di merito in sede di rinvio, essendo una mera facoltà della parte interessata alle restituzioni chiedere le stesse nel giudizio di rinvio o in via autonoma, mentre costituisce una mera facoltà del giudice di rinvio operare la riunione delle due domande.

Cass. civ. n. 5766/1979

A norma dell'art. 389 c.p.c., la domanda di restituzione delle spese giudiziali pagate alla controparte in adempimento della sentenza d'appello successivamente cassata è, ancorché nuova, ammissibile in sede di rinvio; pertanto, il giudice di tale fase, qualora trascuri di esaminarla, incorre nel vizio di omessa pronuncia.

Cass. civ. n. 259/1970

Cassata con rinvio la sentenza del giudice di appello che, confermando quella di primo grado, aveva disposto il rilascio, successivamente eseguito, di un immobile a favore dell'attore, non può il giudice del rinvio omettere di ordinare la restituzione del bene sul rilievo che, in base ad altro titolo, l'attore potrebbe riottenere la consegna dello stesso.

Cass. civ. n. 149/1967

Esauritosi il giudizio di rinvio con la pronuncia sul merito della controversia, la domanda di restituzione, di cui all'art. 389 c.p.c., non è più proponibile davanti al giudice di rinvio, dovendo essa proporsi dinanzi al giudice di merito competente secondo le comuni regole sulla competenza.

Cass. civ. n. 514/1966

La competenza a giudicare sulle domande volte ad ottenere la cancellazione dell'ipoteca giudiziale, iscritta in base ad una sentenza cassata, spetta, ai sensi dell'art. 389 c.p.c., al giudice di rinvio. Esauritosi il giudizio di rinvio con la pronuncia sul merito della controversia, non sono più ulteriormente proponibili davanti allo stesso giudice le domande conseguenti alla cassazione di cui all'art. 389 c.p.c. Tali domande restano, quindi, attribuite alla competenza del giudice di primo grado, secondo le ordinarie regole di competenza.

Cass. civ. n. 1744/1964

Sulla domanda di restituzione immediata sulle somme pagate in esecuzione della condanna alle spese, contenuta nella sentenza cassata, il giudice di rinvio deve pronunciarsi separatamente per rimettere le parti nella situazione di fatto e di diritto in cui si trovavano prima della pronuncia della sentenza cassata e non può subordinare tale decisione all'esito della lite principale ed alla successiva pronuncia di condanna alle spese.

Cass. civ. n. 52/1964

Il principio secondo il quale il giudice di rinvio deve provvedere sulla domanda di restituzione di quanto pagato in esecuzione di una sentenza poi cassata senza subordinare la relativa decisione all'esito finale della lite principale, è applicabile quando la domanda sia autonomamente proposta o quando, proposta congiuntamente a quella di merito, su questa il giudice di rinvio non decida definitivamente; il principio stesso non si applica quando il giudice di rinvio decide contestualmente sia sulla domanda di restituzione delle spese sia su quella di merito e ritiene definitivamente soccombente la parte che fu vittoriosa in cassazione; in tal caso egli non può condannare la controparte alla restituzione delle spese riscosse in virtù della sentenza poi cassata, ma deve detrarre dall'ammontare complessivo delle spese dovute dal soccombente, quella parte che è stata da lui precedentemente versata.

Cass. civ. n. 510/1962

Dalla cessazione della competenza del giudice di rinvio non deriva la perdita definitiva dei diritti alla restituzione, alla riduzione in pristino, ecc... essendo questi diritti non meramente processuali, ma anche di ordine sostanziale, derivanti dal generale principio della ripetizione dell'indebito. La competenza del giudice di rinvio ad emettere qualsiasi pronuncia restitutoria e conseguenziale alla sentenza della Corte di cassazione cessa, innanzi tutto, nell'ipotesi di estinzione del giudizio di rinvio, per mancata riassunzione nel termine perentorio di un anno dalla pronuncia della Suprema Corte, e per il verificarsi di una causa estintiva successiva alla riassunzione. Inoltre, la competenza del giudice di rinvio a provvedere sulle domande di restituzione, di riduzione in pristino, ecc... viene meno anche nel caso che il processo di rinvio siasi, in qualsiasi tempo, chiuso dinanzi a lui con sentenza definitiva, senza che gli siano state proposte dette domande, e senza, quindi, ch'egli abbia avuto possibilità di pronunciarsi sulle stesse.

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Consulenze legali
relative all'articolo 389 Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Rosanna R. chiede
sabato 16/04/2016 - Lombardia
Se l'Inps ha richiesto la restituzione delle somme pensionistiche pagate a seguito delle sentenze del Tribunale poi annullate dalla Cassazione senza rivolgersi al giudice, come previsto dall'art. 389 c.p.c., puo' richiedere gli interessi dal pagamento al saldo con imputazione ai sensi dell'art. 1194 c.c.?
Inoltre,per la suddetta restituzione, trattandosi di somme pensionistiche indebite ( quote della mia pensione non spettante in misura interama ridotta) e' sicuramente da escludere la possibilita' di applicare l'art. 69 comma 3 della legge 153/69 , norma speciale INPS ma ridotta) che in deroga alle norme del c.c. prevede la non applicabilita' degli interessi alle prestazioni indebite????
Consulenza legale i 23/04/2016
In generale, come ampiamente illustrato nella risposta al precedente quesito (attinente la medesima questione in fatto), in seguito alla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione che riforma la sentenza di appello facendo venire meno il titolo per la spettanza di determinate somme di denaro già corrisposte, la parte vittoriosa dinanzi alla Corte di Cassazione deve proporre apposita azione giudiziale volta al recupero della somma indebitamente corrisposta (in esecuzione della sentenza di merito).
E' stato inoltre specificato che, in generale, la parte vittoriosa ha diritto "all'indennizzo dell'intera diminuzione patrimoniale subita" (cfr. Cassazione Civile, n. 21699/2011), comprensivo degli interessi legali maturati con decorrenza dal giorno del pagamento (cfr. Cassazione Civile, Sez. III, 5 marzo 2013, n. 5931).
Viene ora richiesto se, con particolare riferimento al caso di specie, l'INPS possa richiedere informalmente, quindi senza la proposizione della relativa azione al Giudice competente (cioè, al Giudice che aveva disposto la condanna al pagamento delle somme in favore del contribuente), non solo la somma capitale, ma anche gli interessi legali.
E' evidente che è facoltà dell'INPS richiedere in via informale al contribuente la restituzione della somma capitale e, contestualmente, degli interessi maturati; tuttavia, a prescindere dalla quantificazione della somma richiesta, giacché occorre proporre una separata azione giudiziale, si ritiene che tale richiesta informale difficilmente potrebbe costituire un titolo per l'esecuzione (poiché in tale comunicazione non vi sarebbe indicato un credito certo, liquido ed esigibile), pertanto un eventuale inadempimento del contribuente difficilmente potrebbe comportare delle conseguenze.
Ancora, con riferimento alla eventuale spettanza degli interessi, in secondo luogo, viene richiesto se, nonostante la vigenza del principio generale sopra richiamato (spettanza degli interessi maturati dal momento del pagamento), con riferimento alle prestazioni previdenziali corrisposte al contribuente in maniera indebita, sia applicabile un'eccezione in virtù della quale il contribuente sarebbe tenuto a restituire solamente la somma capitale e non gli interessi maturati con decorrenza dal pagamento.
Si conferma che l'art. 69, comma 3, della Legge 30 aprile 1969, n. 153, stabilisce che "le somme dovute all'Istituto nazionale della previdenza sociale, per prestazioni indebitamente percepite, non possono essere gravate da interessi salvo che la indebita percezione sia dovuta a dolo dell'interessato".
Pertanto, alla luce della norma richiamata, e ritornando anche al primo quesito, laddove l'INPS richiedesse informalmente la somma capitale e gli interessi, potrebbe eccepirsi, laddove si avesse interesse a dilazionare il momento della restituzione delle somme
- l'assenza di titolo per richiedere tali somme (non potendo tale titolo indentificarsi nella sentenza della Corte di Cassazione proprio perché occorre una nuova sentenza del Giudice di merito)
- e, in ogni caso, la mancata spettanza degli interessi legali (in virtù della norma speciale richiamata).
E', infine, doveroso ricordare come la Giurisprudenza abbia precisato che "Il divieto di gravare di interessi gli indebiti da recuperare, salvo il dolo dell'interessato, stabilito dall'art. 69 comma 1 e 3, l. 30 aprile 1969 n. 153, riguarda le sole prestazioni di previdenza sociale e di disoccupazione e non anche le indebite erogazioni dei fondi integrativi aziendali" (T.A.R., (Lazio), Sez. III, 30 dicembre 2003, n. 13363; in senso conforme, cfr. T.A.R. Roma, (Lazio), Sez. III, 25 novembre 2003, n. 10656).

Rosanna R. chiede
lunedì 21/03/2016 - Lombardia
“devo restituire somme riscosse in esecuzione di sentenza 1.o grado
confermata in appello poi cassata in cassazione . Le somme sono state pagate per riconosciuto diritto all'applicazione di norma pensionistica sul cumulo pensione/retribuzione, diritto non riconosciuto in Cassazione. I giudici del Tribunale hanno ordinato di pagare le differenze di pensione. L'Inps sia in appello che in Cassazione non ha richiesto la restituzione di quanto pagato.
La Cassazione nella sentenza a me sfavorevole ha interpretato la norma senza indicare nulla sulle somme pagate. La richiesta di restituzione delle somme e eventuali interessi successiva alla sentenza Cassazione ( decisa nel merito senza rinvio ), deve essere proposta dall'Inps a un giudice ai sensi del art. 389 c.p.c. o puo' pervenire dall'Inps che decide in autonomia la restituzione ???”
Consulenza legale i 29/03/2016
Con il presente quesito viene richiesto se la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, la quale nulla statuisca con riferimento alla condanna della parte soccombente alla restituzione di quanto percepito in esecuzione della sentenza di primo grado (poi riformata in appello ed in Cassazione), costituisca un titolo esecutivo valido per chiedere la restituzione delle somme, o al contrario, se la parte vittoriosa debba proporre la relativa domanda al giudice che aveva disposto la spettanza della somma.
Con particolare riferimento alle sentenze della Corte di Cassazione, la Giurisprudenza ha chiarito che: "in ordine alle domande restitutorie (...), si osserva che in sede di legittimità non è mai ammissibile una pronuncia di restituzione delle somme corrisposte sulla base della sentenza cassata, neanche nel caso in cui la Corte di cassazione, annullando la sentenza impugnata, decida la causa nel merito, ai sensi dell'art. 384 del c.p.c., in quanto per tale domanda accessoria non opera, in mancanza di espressa previsione, l'eccezione al principio generale secondo cui alla Corte compete solo il giudizio rescindente, sicchè la stessa, ove il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, va proposta al giudice che ha pronunciato quest'ultima, a norma dell'art. 389 del c.p.c. (Cassazione Civile, Sez. III, 18 gennaio 2016, n. 667).
Nello stesso senso aveva già statuito la Cassazione Civile, Sez. III, 17 luglio 2012, n. 12218: "in caso di annullamento della sentenza impugnata con decisione della causa nel merito (integrante una nuova ipotesi di cassazione senza rinvio), la domanda di restituzione delle somme corrisposte sulla base della pronunzia cassata va proposta al giudice che l'ha emanata".
In sostanza, nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione, la domanda di restituzione delle somme già percepite non potrebbe essere introdotta; al contrario, tale domanda deve essere espressamente formulata dalla parte vittoriosa in apposita azione da proporre al giudice che aveva disposto la spettanza della somma.
La parte vittoriosa, tramite la proposizione di tale azione, può ottenere sia la restituzione della somma versata, sia il riconoscimento degli interessi legali con decorrenza dal giorno del pagamento: "L'azione proposta a norma dell'art. 389 c.p.c. prescinde da ogni valutazione soggettiva circa il contegno dell'“accipiens”, sicché, per il semplice fatto che una sentenza esecutiva sia stata riformata all'esito del giudizio di cassazione, colui che abbia adempiuto una prestazione successivamente risultata non dovuta ha diritto di essere indennizzato dell'intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma versata comprensiva degli interessi legali a partire dal giorno del pagamento" (Cassazione Civile, Sez. III, 5 marzo 2013, n. 5391).
Infine, al fine di chiarire ulteriormente il meccanismo della domanda di restituzione, tramite la proposizione di apposita azione, si ritiene utile evidenziare anche la seguente pronuncia: "Nel giudizio di rinvio si possono trattare le domande di restituzione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguente alla cassazione della sentenza di cassazione. Ciò, peraltro, non significa che l'art. 389 c.p.c. contenga un criterio inderogabile in favore del giudice di rinvio. In particolare le domande di restituzione o di riduzione in pristino, proposte dalla parte che ha eseguito una prestazione in esecuzione di una sentenza poi cassata possono essere proposte, oltre che nell'eventuale giudizio di rinvio (ove la cassazione della sentenza sia stata pronunciata con rinvio a altro giudice), anche in separata sede. Le predette domande, infatti, sono del tutto autonome da quelle dell'eventuale giudizio di rinvio, assolvendo all'esigenza di garantire all'interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, a prescindere dal successivo sviluppo del giudizio (Cassazione Civile, Sez. III, 28 giugno 2012, n. 10863).