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Articolo 813 ter Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Responsabilitą degli arbitri

Dispositivo dell'art. 813 ter Codice di procedura civile

(1)Risponde dei danni cagionati alle parti l'arbitro che:

  1. 1) con dolo o colpa grave ha omesso o ritardato atti dovuti ed è stato perciò dichiarato decaduto, ovvero ha rinunciato all'incarico senza giustificato motivo;
  2. 2) con dolo o colpa grave ha omesso o impedito la pronuncia del lodo entro il termine fissato a norma degli articoli 820 o 826.

Fuori dai precedenti casi, gli arbitri rispondono esclusivamente per dolo o colpa grave entro i limiti previsti dall'articolo 2, commi 2 e 3, della legge 13 aprile 1988, n. 117(2).

L'azione di responsabilità può essere proposta in pendenza del giudizio arbitrale soltanto nel caso previsto dal primo comma, n. 1).

Se è stato pronunciato il lodo, l'azione di responsabilità può essere proposta soltanto dopo l'accoglimento dell'impugnazione con sentenza. passata in giudicato e per i motivi per cui l'impugnazione è stata accolta.

Se la responsabilità non dipende da dolo dell'arbitro, la misura del risarcimento non può superare una somma pari al triplo del compenso convenuto o, in mancanza di determinazione convenzionale, pari al triplo del compenso previsto dalla tariffa applicabile.

Nei casi di responsabilità dell'arbitro il corrispettivo e il rimborso delle spese non gli sono dovuti o, nel caso di nullità parziale del lodo, sono soggetti a riduzione.

Ciascun arbitro risponde solo del fatto proprio.

Note

(1) Questo articolo è stato aggiunto dal D.Lgs.40/2006
(2) La norma in analisi riprende il previgente II comma dell'art.813, estendendo agli arbitri la disciplina prevista per i magistrati dall'art.2 della l. n.117/1988. Di conseguenza la responsabilità degli arbitri viene in rilievo nei soli casi di condotte compiute con dolo o colpa grave.
Si precisa che al fine di evitare un uso pretestuoso dell'azione di responsabilità degli arbitri, la legge ammette l'esperibilità di tale azione in pendenza della procedura arbitrale, solo in caso di omissione o ritardo di atti dovuti posta in essere con dolo o colpa grave, per il quale l'arbitro sia stato decaduto.

Spiegazione dell'art. 813 ter Codice di procedura civile

L’art. 813 ter disciplina la responsabilità degli arbitri in modo analogo a quella del giudice, con i necessari adattamenti.
La norma deve essere coordinata con l’art. 813 bis del c.p.c. relativo ai presupposti per la decadenza degli arbitri per i casi di omissione o ritardo nel compimento di un atto relativo alle funzioni arbitrali; al ricorrere di tali omissioni, è possibile reagire all’inadempimento con l'azione di responsabilità promossa nei confronti degli arbitri.

Sotto il profilo del rapporto contrattuale tra le parti e gli arbitri, restano fermi, in capo a questi ultimi, gli obblighi di:
a) pronunciare il lodo nel termine stabilito;
b) non rinunciare all'incarico senza giustificato motivo;
c) non ritardare gli atti del processo.

Al fine di evitare un uso distorto e strumentale dell’azione di responsabilità in esame (la cui minaccia potrebbe costituire un ingiusto strumento di pressione nei confronti degli arbitri), il D.Lgs. 2.2.2006, n. 40 prevede che l'esperibilità dell'azione di responsabilità, in pendenza del giudizio arbitrale, possa ammettersi esclusivamente in caso di omissione o ritardo di atti dovuti, purché con dolo o colpa grave e a condizione che l'arbitro sia stato dichiarato decaduto.

E’ anche previsto un limite per la quantificazione del danno risarcibile, il quale non può superare il triplo del compenso convenuto o, in mancanza di determinazione convenzionale, del compenso ricavabile dalla tariffa applicabile; tuttavia, se la responsabilità dipende da dolo dell'arbitro, non sussistono limiti nel quantum, analogamente a quanto accade per la responsabilità dei giudici ordinari.
Nel momento in cui si dovesse accertare la responsabilità dell'arbitro, il corrispettivo e il rimborso delle spese non saranno più dovuti e, se corrisposti, devono essere restituiti; in caso di nullità parziale del lodo, il compenso e le spese sono soggette a riduzione.
L'ultimo comma della norma costituisce una sorta di disposizione di chiusura, ed è volto a chiarire che ciascun arbitro risponde solo del fatto proprio, escludendosi, dunque, che gli arbitri possano essere tenuti a rispondere solidalmente tra loro.

I motivi che possono legittimare gli arbitri a rinunciare al loro mandato senza subire alcun pregiudizio sono di varia natura e possono riguardare sia gli arbitri stessi che le parti.
Sotto il primo aspetto sono tali, ad esempio la malattia o il trasferimento, oppure particolari situazioni di conflitto o contrasto con le parti o con gli arbitri.
Anche il ritardo delle parti nell'assolvimento degli adempimenti loro spettanti è causa di legittima rinuncia degli arbitri; sono da considerare cause legittime di rinuncia il ritardo delle parti nell'avviare il processo ordinario su una questione pregiudiziale; la mancata riassunzione del giudizio arbitrale, nel caso in cui un componente del collegio arbitrale sia stato escluso dalla partecipazione al giudizio; il tardivo allargamento del thema decidendum , che impedisca agli arbitri di svolgere compiutamente la funzione loro affidata.

La rinuncia non è soggetta ad alcuna formalità, purchè venga comunicata a tutte le parti.
Qualora l’azione di responsabilità dovesse essere fondata sulla rinuncia ingiustificata, spetta alle parti di provare l'esistenza del danno, mentre spetta all'arbitro rimosso di provare la legittimità della propria rinuncia.

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