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Articolo 809 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Numero degli arbitri

Dispositivo dell'art. 809 Codice di procedura civile

Gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari.

La convenzione d'arbitrato deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli(1) (2).

In caso d'indicazione di un numero pari di arbitri, un ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810. Se manca l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordano al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti dall'articolo 810 (3).

Note

(1) Secondo il disposto della norma in esame le parti possono nominare uno o più arbitri, purché sempre in numero dispari. Questo assicura che il collegio arbitrale giunga in ogni caso ad una decisione, evitando situazioni di stallo. La nomina degli arbitri deve avvenire
sin dal momento della costituzione del collegio, con la conseguenza che non viene considerata valida la clausola compromissoria che affidi la soluzione di possibili controversie a due arbitri e preveda la nomina di un terzo arbitro, da parte dei due arbitri già nominati, unicamente in via del tutto eventuale e subordinata, per il caso di disaccordo di questi ultimi nel giudizio da emettere.
(2) Per procedere alla nomina è necessario che nella convenzione d'arbitrato siano segnalate le generalità o le indicazioni sufficienti per una loro chiara indicazione. Le parti possono attribuire ad un terzo o all'autorità giudiziaria, purché siano in ogni caso indicati il numero degli arbitri e le modalità della nomina. La nomina deve essere effettuata dalla parte personalmente o dal suo rappresentante legale, ma non dal difensore munito di semplice procura alle liti e deve essere effettuata per iscritto.
(3) Sono le parti stesse a concordare la nomina degli arbitri o le modalità per nominarli. Questo è espressione del fondamentale principio di imparzialità, pertanto la designazione degli arbitri non può essere rimessa all'arbitrio di uno solo dei contendenti.

Ratio Legis

Scopo della norma è quello di garantire l'operatività e l'imparzialità del collegio arbitrale: l'operatività viene espressa dall'obbligo di nominare un numero dispari di arbitri e consente di arrivare sempre e comunque a una decisione, mentre l'imparzialità viene soddisfatta dalla cooperazione di entrambe le parti alla nomina degli arbitri, necessaria premessa contro abusi della parte più forte.

Spiegazione dell'art. 809 Codice di procedura civile

Nessuna modifica è stata apportata alle disposizioni che disciplinano i criteri di individuazione degli arbitri (che devono sempre rimanere in numero dispari) e i rimedi previsti per il caso di mancata indicazione degli stessi arbitri o di una loro indicazione in numero pari.

Per quanto concerne la comunicazione dell’atto di nomina, non si richiede più la notifica a mezzo di ufficiale giudiziario, ma è sufficiente la semplice notifica per iscritto, con implicito riconoscimento dell'utilizzo delle nuove modalità di notifica.

Si riteneva che la nomina dell’arbitro dovesse essere necessariamente fatta dalle parti o dal procuratore munito del relativo potere negoziale; tuttavia, l’art. 816 bis del c.p.c. adesso legittima il difensore a compiere qualsiasi atto processuale, compresa la nomina degli arbitri, purchè munito di procura alle liti non contenente espresse limitazioni.

La norma in esame si ispira sostanzialmente al principio della paritaria partecipazione alla nomina degli arbitri di tutte le parti coinvolte nella controversia, e ciò onde rispettare il principio di imparzialità degli arbitri.
Trattasi di principio garantito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dall’art. 111 Cost., il quale deve intendersi rispettato anche nel caso in cui la convenzione di arbitrato rimandi per le modalità di nomina degli arbitri al regolamento di un'istituzione arbitrale permanente (Camere arbitrali), o attribuisca tale potere di nomina ad un terzo o all'autorità giudiziaria.

Sia il principio dettato nel primo comma di questa norma che il sistema suppletivo previsto al terzo comma per il caso di indicazione di un numero pari di arbitri, non trovano applicazione relativamente all'arbitrato irrituale.

Secondo quanto dettato al secondo comma, le modalità ed il numero degli arbitri vanno specificati nella convenzione arbitrale, sia essa compromesso o clausola compromissoria.
La previsione che la nomina degli arbitri provenga da ciascuna delle parti impedisce il verificarsi di prevaricazioni del più forte contro il più debole (principio di imparzialità), mentre la previsione del numero dispari consente di giungere sempre ad una deliberazione (principio di operatività).

Qualora la convenzione arbitrale dovesse indicare un numero pari di arbitri, l'ulteriore arbitro sarà nominato o con accordo delle parti oppure dal Presidente del Tribunale.
Nell’ipotesi di omessa indicazione del numero degli arbitri così come in assenza di accordo delle parti, la legge prevede che essi siano tre.
In caso di nomina successiva degli arbitri, su accordo delle parti, si dice che le stesse pongono in essere un c.d. patto in bianco, il cui contenuto è preventivamente convenuto tra le parti.

Massime relative all'art. 809 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 9839/2011

In considerazione della natura privatistica dell'arbitrato - che rinviene il suo fondamento nel potere delle parti di disporre liberamente dei propri diritti e che, perciò, non è riconducibile alla giurisdizione - deve ritenersi che la disciplina della procura "ad litem" contenuta nel codice di rito civile non sia estensibile automaticamente al procedimento arbitrale, salvo diversa volontà delle parti espressamente manifestata nell'atto di conferimento del potere agli arbitri; ne consegue che, ove manchi tale esplicito richiamo, l'atto introduttivo del giudizio arbitrale può essere effettuato, in conformità a quanto previsto nell'apposita clausola compromissoria, anche tramite lettera raccomandata proveniente dall'avvocato di una delle parti sfornito di procura alle liti. (Principio enunciato in riferimento ad una fattispecie regolata, "ratione temporis", dalla legge 5 gennaio 1994, n. 25, di riforma dell'arbitrato, prima che sulla materia intervenisse la successiva riforma di cui agli artt. 20-25 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40). (Rigetta, App. Bologna, 02/03/2004).

Cass. civ. n. 19994/2004

In tema di arbitrato, la clausola compromissoria che stabilisca un modo di nomina degli arbitri di impossibile attuazione pratica, è nulla ai sensi dell'art. 809, secondo e terzo comma, c.p.c., ma ciò non comporta l'inesistenza del lodo arbitrale, che si verifica invece nelle sole ipotesi in cui, per inesistenza del compromesso o della clausola compromissoria, o per essere la materia affidata alla decisione degli arbitri estranea a quelle suscettibili di formare oggetto di compromesso, viene a mancare in radice la potestas decidendi, costituendo, quindi, la pronuncia arbitrale una vera e propria usurpazione di potere. Al di fuori di tali ipotesi, le eventuali difformità dai requisiti e dalle forme del giudizio arbitrale possono provocare solo la nullità del lodo che, una volta rilevata, non impedisce il passaggio alla fase rescissoria per l'accertamento della eventuale nullità del compromesso prevista dall'art. 829, primo comma, n. 1, c.p.c.

Cass. civ. n. 15134/2000

La nomina dell'arbitro, quale atto negoziale di integrazione del compromesso e della clausola compromissoria, deve essere fatta personalmente dalle parti — o da procuratore munito del relativo potere negoziale —, mentre la procura alle liti relativa al giudizio arbitrale non legittima il difensore alla nomina dell'arbitro nell'interesse del suo assistito (non potendo la stessa essere configurata, di per sé, come mandato speciale rispetto alla nomina), a meno che, in essa, non possa ravvisarsi anche un mandato a procedere a tale designazione, e salva sempre la facoltà di ratifica da parte dell'interessato (con conseguente sanatoria del vizio della designazione), che non può desumersi automaticamente dal mero conferimento della procura, necessitando, a sua volta, del concorso di altri elementi di fatto (la cui valutazione è, peraltro, di esclusiva competenza del giudice di merito).

Cass. civ. n. 4831/1997

Se più parti hanno contrattualmente stabilito di devolvere la decisione di determinate controversie tra le stesse alla competenza di un collegio arbitrale costituito da tre arbitri, da nominare ai sensi dell'art. 809 c.p.c., tale clausola compromissoria è valida se si accerta, a posteriori e in base al petitum e alla causa petendi, che i centri di interesse sono polarizzati in due soli gruppi omogenei, ossia sostanzialmente in due parti, sì da giustificare l'applicazione di un meccanismo binario per la nomina degli arbitri.

Cass. civ. n. 8608/1990

È valida la clausola compromissoria per arbitrato rituale con la quale le parti rimettano ad un terzo, già identificato nella clausola stessa, la nomina di uno degli arbitri, in quanto ciò soddisfa l'esigenza dell'accordo in ordine al meccanismo di designazione, dovendosi esso ritenere perfezionato con l'assenso dato al negozio, il quale implica anche adesione alla clausola che contempla la composizione del collegio arbitrale e le modalità della sua costituzione.

Cass. civ. n. 2983/1988

La clausola compromissoria cosiddetta binaria, che devolva determinate controversie alla decisione di tre arbitri, due dei quali da nominare da ciascuna delle parti, ed il terzo, in caso di disaccordo, dal presidente del tribunale, può trovare applicazione in una lite con pluralità di parti, e, quindi, può configurare una deroga convenzionale alla competenza dell'autorità giudiziaria, solo quando, in base ad una valutazione da compiersi — a posteriori — risulti lo spontaneo raggruppamento degli interessi in gioco in due soli gruppi omogenei e contrapposti, cioè in due sole parti sostanziali, e sempreché tale raggruppamento sia compatibile con il tipo di azione proposta in giudizio, in quanto, ove l'azione stessa, secondo la generale e astratta previsione del legislatore, introduca un litisconsorzio necessariamente caratterizzato dalla presenza di più di due centri autonomi di interessi, non riconducibili nella suddetta previsione bipolare, resta irrilevante ogni eventuale anomalo affiancamento degli atteggiamenti difensivi di parti contrapposte, derivante da valutazioni peculiari estranee alla struttura ed alla regolamentazione normativa dell'azione medesima. Pertanto deve escludersi l'operatività di quella clausola con riguardo alla controversia promossa da uno o più soci di una società di persone, a norma dell'art. 2259 terzo comma c.c., per conseguire la revoca dell'amministratore in relazione a fatti di cattiva gestione in pregiudizio della società, poiché, rispetto a tale domanda, l'amministratore revocando e la società (ovvero, in difetto di vocatio della stessa, tutti gli altri soci), ancorché assumano in concreto un atteggiamento di comune difesa, costituiscono due parti necessariamente distinte, alla stregua della sopra indicata valutazione della natura intrinseca della domanda stessa, in quanto portatrici di interessi contrapposti, sicché la lite acquista una consistenza almeno tripolare, ostativa alla applicabilità del meccanismo binario di nomina degli arbitri.

Cass. civ. n. 6925/1983

Il requisito dell'identificazione dell'arbitro o degli arbitri chiamati a pronunciarsi su una determinata controversia, affinché una clausola compromissoria per arbitrato estero possa introdurre una valida deroga alla giurisdizione del giudice italiano, non può essere escluso per il fatto che la clausola medesima faccia generico riferimento ad organi di associazioni internazionali di categoria, ove si tratti di organi preesistenti o permanenti, con composizione predeterminata secondo gli accordi generali che regolano quelle associazioni, sicché, anche alla stregua della prassi commerciale internazionale, non vi siano dubbi sull'individuazione del collegio arbitrale (nella specie, in un rapporto di compravendita di pelli, l'International council of hide and skin sellers in Londra).

Cass. civ. n. 5489/1982

La clausola compromissoria che prevede la nomina del terzo arbitro mediante «accordo delle parti», non è affetta da nullità, ai sensi dell'art. 809 c.p.c., per mancata determinazione delle modalità di nomina di tale arbitro, tenuto conto che la nomina stessa non risulta di impossibile attuazione pratica, perché, in difetto di accordo, trova applicazione analogica l'art. 810 c.p.c., non conseguente possibilità per le parti di chiedere che essa venga effettuata dal presidente del tribunale.

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