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Articolo 786 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Direzione delle operazioni

Dispositivo dell'art. 786 Codice di procedura civile

Le operazioni di divisione (1) sono dirette dal giudice istruttore, il quale, anche nel corso di esse, può delegarne (2) la direzione a un notaio(3) [790; disp. att. 194].

Note

(1) Le operazioni di divisione si suddividono in diverse fasi: nella prima avviene la determinazione della massa da dividersi, nella seconda si verifica l'individuazione delle quote e nell'ultima avviene l'estrazione e l'assegnazione delle stesse agli aventi diritto.
(2) Il giudice può disporre anche d'ufficio la delega al notaio, in quanto non si richiede il consenso delle parti.
(3) Si precisa che nel caso in cui il giudice attribuisca al notaio la delega alle operazioni, la natura della divisione resta sempre giudiziale.

Spiegazione dell'art. 786 Codice di procedura civile

La seconda fase del processo di scioglimento della comunione consiste nella c.d. attuazione del diritto alla divisione e si risolve nelle operazioni divisorie vere e proprie.
Ad essa si giunge solo se la prima fase termina con il riconoscimento della sussistenza del diritto a dividere, anche quando il contrasto tra i condividenti attiene esclusivamente al quomodo della divisione.

Generalmente, in applicazione del principio generale di cui all'art. 175 del c.p.c., la direzione delle operazioni di divisione è conferita al giudice istruttore.
Il valore dei beni da dividere viene determinato in base ai prezzi di mercato correnti al momento della decisione, tenuto conto dei fatti sopravvenuti in corso di causa, ma tale valore va aggiornato anche in appello.
Pertanto, se nel lasso di tempo che intercorre tra la stima e la divisione interviene un mutamento di valore dei beni, occorre procedere ad un adeguamento dell'originario valore di stima.

In sede di verifica della consistenza dei beni comuni e di predisposizione di un piano di riparto, il giudice può fare ricorso all’ausilio dell'opera di un esperto, il quale, secondo quanto disposto dall’art. 194 delle disp. att. c.p.c., può essere nominato d'ufficio o su istanza di parte (a tale nomina si può procedere anche nel caso di delega dello svolgimento delle operazioni al notaio).

Particolarmente delicato ed importante è il ruolo che l’esperto viene ad assumere in ordine alla verifica della legittimità urbanistica del bene ex Legge n. 47/1985, tenuto conto che in presenza di un immobile privo dei requisiti di commerciabilità dovrà rigettarsi la domanda di divisione per impossibilità giuridica relativa dell'oggetto del giudizio.

La norma prevede che le operazioni di divisione possano essere delegate al notaio, costituendo la delega qui prevista un'applicazione della previsione di carattere generale di cui al secondo comma dell'art. 68 del c.p.c., per effetto del quale, nei casi individuati legislativamente, il giudice può affidare il compimento di determinate attività al notaio.
Costituisce questo un modo alternativo di svolgimento delle operazioni divisionali (il giudice "commette" non si fa "assistere"), a cui il giudice istruttore ha facoltà di fare ricorso d'ufficio, senza la richiesta e il consenso delle parti (rientra nella sua discrezionalità la decisione se ricorrere alla delega per il compimento integrale delle operazioni divisorie o di singoli atti).

Seppure nulla sia disposto in ordine alla revocabilità della delega, è diffusa la tesi secondo cui non può essere preclusa al giudice la facoltà di revocare tale delega ove si manifesti la sua inutilità in ragione del comportamento del professionista nello svolgimento del compito che gli è stato affidato, o anche in caso di rinunzia alla delega da parte dello stesso; in questo caso il giudice potrebbe avocare a sé le operazioni incompiute o delegare un altro notaio.
Al conferimento dell’incarico si provvede con ordinanza, per la quale non è richiesta un’apposita motivazione, costituendo una deroga al personale esercizio da parte del giudice delle operazioni di divisione.
A differenza di ciò che accade nel caso in cui le operazioni divisorie siano dirette dal giudice (essendo in questo caso le parti rappresentate dai loro difensori), dinanzi al notaio le suddette operazioni devono svolgersi alla presenza personale delle parti.

Discussa è la natura di questa forma di divisione (c.d. divisione notarile giudiziale).
Secondo la tesi c.d. contrattuale la divisione muterebbe natura per assumere quella contrattuale, argomentandosi dalla natura privatistica del notaio, dalla necessaria presenza di tutte le parti alle operazioni di divisione e dalla considerazione che i provvedimenti che chiudono il giudizio su accordo delle parti sono soggetti alle impugnative negoziali.
Al contrario, i sostenitori della tesi processuale pongono in evidenza come la delega in questione non possa considerarsi eccezionale in un contesto di generalizzata delegabilità al notaio delle procedure esecutive; a ciò si aggiunge che l'attività del notaio riceve sempre l'avallo del giudice attraverso un suo provvedimento al quale va ricondotto l'effetto divisorio, il che comporta che il professionista agisce come mero ausiliario del giudice.

Si ritiene che siano intrasferibili al notaio i poteri ordinatori, poiché il medesimo, allorchè si renda necessario compiere attività di carattere tecnico pratico nella formazione della massa da dividere e delle relative quote, può farsi assistere da un esperto, ma non può nominarlo direttamente, dovendo avanzare istanza al giudice che vi provvede.
L'eventuale nomina dell'esperto effettuata dal notaio sarebbe affetta da nullità che, in forza di quanto disposto dall’art. 157 del c.p.c., va eccepita dalla parte nella prima istanza o nella prima difesa successiva al suo compimento (in caso contrario si realizza la sanatoria).
A ciò si aggiunga che il notaio è carente di potere decisorio, considerato che secondo quanto disposto dall’art. 790 del c.p.c., ove sorgano contestazioni questi non può risolverle ma deve redigere processo verbale e trasmetterlo al giudice istruttore, il quale, con decreto, fissa l'udienza di trattazione.

Massime relative all'art. 786 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 1665/2017

In tema di giudizio di scioglimento della comunione, il giudice, nel risolvere con sentenza gli incidenti cognitivi tipici (quali le contestazioni sul diritto alla divisione, le controversie sulla necessità della vendita e le contestazioni sul progetto di divisione), ben può regolarne anche le spese di lite, trattandosi di provvedimenti potenzialmente definitivi perché, diversamente da quanto accade nel processo dichiarativo, quello di scioglimento della comunione non è fisiologicamente destinato a chiudersi con una decisione di merito.

Cass. civ. n. 1910/1958

Per poter delegare ad un notaio la direzione delle operazioni materiali e tecniche della divisione, senza, peraltro, attribuirgli poteri decisori sulle questioni che eventualmente possono insorgere nel corso delle operazioni, non è richiesto il consenso delle parti interessate essendo riservata al giudice la facoltà di avvalersi e meno dell'opera del pubblico ufficiale. b) Non ogni questione, insorta nel corso delle operazioni di divisione, costituisce causa idonea di sospensione di esse, richiedendosi, a tal fine, una contestazione concreta ed effettiva in ordine al modus ed ai criteri delle operazioni, che non siano già stati determinati dal giudice. c) La disposizione, contenuta nell'art. 96 c.p.c., non restringe le ipotesi di condanna al risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ad uno piuttosto che ad altro grado del giudizio, ma va applicata in ordine a qualsiasi grado di esso. Pertanto, deve ritenersi arbitraria un'interpretazione della citata disposizione, tendente a limitare l'applicazione di essa al solo giudizio di primo grado. d) Il principio, secondo cui le spese dei giudizi di divisione gravano sulla massa, con conseguente proporzionale incidenza sui singoli condividenti in ragione delle quote di ciascuno, va applicato soltanto in ordine alle operazioni di divisione condotte per il soddisfacimento del comune interesse dei condividenti. Viceversa, trova applicazione il principio della soccombenza in ordine alle contestazioni insorte nel particolare interesse di taluno dei condividendi ed in ordine alla risoluzione degli incidenti.

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