Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 669 terdecies Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Reclamo contro i provvedimenti cautelari

Dispositivo dell'art. 669 terdecies Codice di procedura civile

Contro l'ordinanza (1) con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo (2) nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore (3).

Il reclamo [contro i provvedimenti del pretore si propone al tribunale, quello] (4) contro i provvedimenti del giudice singolo (5) del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla corte d'appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa corte o, in mancanza, alla corte d'appello più vicina (6).

Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738 (7).

Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti(8). Non e' consentita la rimessione al primo giudice.

Il collegio, convocate le parti, pronuncia (9), non oltre i venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile (10) con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare (11).

Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento (12); tuttavia il presidente del tribunale o della corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione.

Note

(1) Il rimedio di cui alla norma si propone sotto forma di ricorso, contro le ordinanze con cui sono state respinte o accolte la richieste di misure cautelari, quindi tutti i provvedimenti in forma di ordinanza, pronunciati in tema di sequestri, denunce, provvedimenti d'urgenza e possessori, nonché a tutti i provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi speciali. Il termine perentorio è pari a quindici giorni dalla pronuncia del provvedimento che si vuole contestare.
(2) Si precisa che il reclamo consiste in un rimedio con cui è possibile far valere sia i vizi di rito che di merito, nonché per motivi rilevanti in fatto ed in diritto. Non si tratta però di un vero e proprio mezzo di impugnazione in senso stretto, in quanto viene utilizzato per contrastare provvedimenti inidonei a passare in giudicato e non pregiudica la possibilità di far valere eventuali fatti sopravvenuti.
(3) Tale comma è stato così sostituito dal D.L. 35/2005 con decorrenza dal 1 marzo 2006.
(4) Le parole inserite tra le parentesi quadre sono state soppresse dal D.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(5) Con l'espressione "giudice singolo del tribunale" si deve intendere il tribunale in composizione monocratica che decide in funzione di giudice unico di primo grado, in ragione della riforma apportata dal d.lgs. 19-2-1998, n. 51.
(6) Se i provvedimenti sono pronunciati dal giudice monocratico del Tribunale, l'organo competente a conoscere del reclamo è il collegio, del quale non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento oggetto di reclamo. Diversamente, i provvedimenti cautelari pronunciati dal collegio sono reclamabili ad un'altra sezione dello stesso Tribunale.
Infine, se i provvedimenti cautelari sono pronunciati dalla Corte d'Appello il reclamo dovrà essere proposto ad altra sezione della Corte d'Appello o, in mancanza, alla Corte d'appello più vicina.
(7) Le norme a cui fa riferimento questo comma sono quelle che regolano il procedimento camerale.
(8) Rientra tra le facoltà del collegio sia quella di assumere informazioni ex novo anche da parte di soggetti che non sono stati indicati precedentemente dalle parti sia quella di acquisire nuovi documenti.
(9) Il collegio, convocate le parti, pronuncia non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con cui conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. Infatti, il Presidente del collegio nomina, tra i componenti, un relatore che esplica agli altri componenti del collegio la questione oggetto di reclamo. Si tratta di un'udienza a porte chiuse che per l'appunto si svolge in camera di consiglio. Il collegio, in sede di reclamo, oltre ad analizzare il merito della vicenda verifica la presenza di eventuali errores in procedendo e in judicando, in cui può essere incorso il giudice nella emanazione del provvedimento cautelare.
(10) L'ordinanza pronunciata dal collegio sostituisce quella che ha accolto o negato la richiesta di misura cautelare oggetto del reclamo. La norma precisa che si tratta di un'ordinanza non impugnabile in quanto non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., ma può comunque essere oggetto di riesame con la possibilità della modifica o della revoca, ai sensi dell'art. 669decies.
Infatti, si precisa che il reclamo consiste sia in un rimedio sostitutivo, poiché non è consentita la rimessione al primo giudice, sia in un rimedio devolutivo, vista la possibilità di proporre sia circostanze e fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare, sia circostanze e motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo stesso.
(11) Nel caso in cui l'ordinanza che decide il reclamo confermi il provvedimento contestato significa che il collegio ha ritenuto sussistente l'esistenza dei presupposti che ne hanno giustificato la pronuncia. Diversamente, in caso di modifica il collegio ha modificato alcuni elementi del provvedimento, prendendo atto della modifica delle circostanze. Se invece il collegio decide per la revoca, il provvedimento viene rimosso per assenza originaria dei presupposti, siccome richiesti dalla legge o per il loro successivo venir meno.
(12) Come previsto espressamente dalla norma, la pendenza di reclamo non sospende l'efficacia del provvedimento reclamato il quale continua a produrre effetti, viste le esigenze cautelari cui è preposto. Tuttavia, il presidente del collegio può disporre la sospensione dell'efficacia del provvedimento cautelare se sussiste il pericolo di un grave danno per il resistente oppure può decidere di subordinare la sospensione alla prestazione di una congrua cauzione.

Ratio Legis

La norma in esame, così come modificata dalla L.80/2005, prevede la reclamabilità dell'ordinanza di rigetto o di accoglimento della misura cautelare, recependo le indicazioni della Corte Costituzionale indicate nella sentenza 253/1994, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma in analisi nella parte in cui non ammetteva il reclamo anche nei confronti dell'ordinanza con cui si rigettava la domanda di provvedimento cautelare.
Il rimedio di cui alla norma in esame si caratterizza per l'immediatezza con cui viene esaminato in maniera più approfondita il provvedimento cautelare emesso sulla base di una sommaria valutazione dei fatti che è in ogni caso destinato a protrarre la sua efficacia lungo la durata del giudizio di merito, il quale, notoriamente, si svolge in tempi abbastanza lunghi.

Spiegazione dell'art. 669 terdecies Codice di procedura civile

A seguito della riforma della norma in esame, oggetto del reclamo è sia l'ordinanza in forza della quale viene concesso il provvedimento cautelare che quella che lo nega.
Non è reclamabile il provvedimento reso inaudita altera parte ex art. 669 sexiex del c.p.c. comma 2, così come i provvedimenti, seppur resi con ordinanza, per mezzo dei quali sia dichiarata l'inefficacia del provvedimento cautelare ex art. 669 nonies del c.p.c., tra cui quello per mancato versamento della cauzione e per la dichiarazione di inesistenza del diritto cautelato, se non pronunciati nella stessa sentenza.

Secondo quanto disposto al primo comma, il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di 15 giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla notificazione se anteriore; la decorrenza del termine perentorio stabilito all'art. 669 terdecies presuppone, in mancanza di notificazione, la comunicazione integrale dell'ordinanza a cura del cancelliere.

Il secondo comma, invece, dispone che la competenza a decidere sul reclamo è sempre devoluta ad un organo collegiale. In conseguenza di ciò si avrà che:
  1. contro i provvedimenti del giudice singolo di tribunale, il reclamo si propone al collegio dello stesso tribunale, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato;
  2. contro i provvedimenti pronunciati dalla corte d'appello, il reclamo va proposto ad altra sezione della stessa ovvero, nel caso di corti di più ridotte dimensioni, alla Corte d'appello più vicina (la vicinanza dovrà calcolarsi in conformità a quanto disposto dall’'art. 5, L. 879/1980, ossia tenendo conto della distanza chilometrica ferroviaria e se del caso marittima, fra i capoluoghi di distretto.

Al procedimento di reclamo si applica la disciplina dettata dagli artt. 737 e 738 c.p.c., relativa ai procedimenti in camera di consiglio.
Il contraddittorio si instaura a seguito della notificazione del ricorso, il quale non necessita di una nuova procura alle liti; il reclamante ha l'onere di indicare dettagliatamente i motivi del reclamo, pena la declaratoria di inammissibilità del reclamo stesso.

Per quanto concerne i poteri istruttori che vanno riconosciuti al giudice del reclamo, la norma in esame dispone che il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti, mentre non è consentita la remissione al primo giudice; da ciò ne consegue che il giudice del reclamo, svolgendo la sua attività istruttoria nella stessa forma prevista dal giudice di primo grado, non dovrà limitarsi al solo controllo degli errori in procedendo o in iudicando, ma potrà riesaminare il provvedimento impugnato anche alla luce degli elementi di fatto e di diritto non considerati in prima istanza (ciò conferma che il reclamo non è una mera revisio prioris istantiae, ma un vero e proprio mezzo di impugnazione).

Il procedimento del reclamo si conclude con ordinanza non impugnabile, che deve essere emanata entro il termine di 20 giorni dal deposito del ricorso e per mezzo della quale si conferma, modifica o revoca la domanda cautelare.
Si ritiene in dottrina che il termine di 20 gg. abbia natura ordinatoria e che, pertanto, il suo mancato rispetto sia privo di conseguenze, salvo gli estremi del diniego di giustizia.

Il quinto comma si occupa, infine, della possibilità che venga disposta la sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato allorché, per motivi sopravvenuti, il provvedimento possa arrecare grave danno.
Secondo una prima tesi devono qualificarsi come motivi sopravvenuti quelli risultanti da fatti non esistenti al momento della emanazione del provvedimento; secondo altra tesi, invece, sarà il giudice con una nuova valutazione dei motivi di fatto e di diritto (che richiama quelli indicati nell'art. 669 septies del c.p.c. come “mutamenti delle circostanze” o “deduzioni di nuove ragioni di fatto e di diritto”) a giustificare la sospensione.
Il presidente del collegio che decide sul reclamo può subordinare l'efficacia esecutiva alla prestazione di una cauzione, nel qual caso l'esecuzione non è sospesa fino a quando la cauzione non venga versata.

Massime relative all'art. 669 terdecies Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 19889/2019

Il provvedimento con il quale il giudice dell'opposizione all'esecuzione, proposta prima che questa sia iniziata ed ai sensi del primo comma dell'art. 615 c.p.c., decide sull'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo è impugnabile col rimedio del reclamo ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. al Collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico - o nel cui circondario ha sede il giudice di pace - che ha emesso il provvedimento. (Principio enunciato ai sensi dell'art. 363, comma 1, c.p.c.).

Cass. civ. n. 6180/2019

L'ordinanza di rigetto del reclamo cautelare non è ricorribile per cassazione, neppure in ordine alle sole spese, perché è un provvedimento inidoneo a divenire cosa giudicata, formale e sostanziale, conservando i caratteri della provvisorietà e non decisorietà. Pertanto, dopo la novella dell'art. 669 septies c.p.c. da parte della l. n. 69 del 2009, la contestazione delle spese - ove il soccombente abbia agito "ante causam" e non intenda iniziare il giudizio di merito - va effettuata in sede di opposizione al precetto ovvero all'esecuzione, se iniziata, trattandosi di giudizio a cognizione piena in cui la condanna alle spese può essere ridiscussa senza limiti, come se l'ordinanza sul reclamo fosse, sul punto, titolo esecutivo stragiudiziale; qualora, invece, il giudizio di merito sia instaurato, resta, comunque, sempre impregiudicato il potere del giudice di rivalutare, all'esito, la pronuncia sulle spese adottata nella fase cautelare, in conseguenza della strumentalità, mantenuta dalla l. n. 80 del 2005, tra tutela cautelare e merito. (Nella specie, era stato impugnato per cassazione un provvedimento che aveva respinto il reclamo contro un'ordinanza di rigetto di una richiesta di sequestro giudiziario in corso di causa, condannando, altresì, il soccombente a rifondere le spese).

Cass. civ. n. 6039/2019

Nel sistema processuale delineatosi, in tema di procedimenti cautelari, a seguito delle modifiche di cui all'art. 2, comma 3, lett. e bis, del d.l. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella l. n. 80 del 2005, (così come nel precedente) contro i provvedimenti urgenti anticipatori degli effetti della sentenza di merito, emessi "ante causam" ai sensi dell'art. 700 c.p.c., non è proponibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., in quanto tali provvedimenti sono privi di stabilità e inidonei al giudicato, ancorché nessuna delle parti del procedimento cautelare abbia interesse ad iniziare l'azione di merito. peraltro il ricorso proposto non può essere esaminato, benché il ricorrente lo richieda, neppure come ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c., essendo anch'esso inammissibile finché l'istante non abbia iniziato il giudizio di merito.

Cass. civ. n. 20593/2015

Il provvedimento emesso ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., confermativo dell'ordinanza con la quale il giudice di prime cure abbia rigettato la richiesta di reintegra nel possesso, costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle spese di giudizio, sostituendo integralmente, in conseguenza dell'effetto devolutivo, l'ordinanza reclamata, sicché se l'esecuzione non ha avuto inizio in base al primo titolo esecutivo, va notificato il solo provvedimento emesso sul reclamo.

Cass. civ. n. 11370/2011

Il provvedimento col quale il Tribunale, provvedendo "ante causam", rigetti il reclamo avverso l'ordinanza di rigetto del ricorso cautelare, ovvero dichiari la cessazione della materia del contendere, e condanni il reclamante alle spese del giudizio non ha natura di sentenza e non è ricorribile per cassazione ai sensi dell'art. 111 cost.; ne consegue che il reclamante soccombente, ove non intenda iniziare il giudizio di merito ma intenda contestare la sola liquidazione delle spese in esso contenuta, deve farlo attraverso l'opposizione al precetto intimato sulla base del detto provvedimento o all'esecuzione iniziata sulla base di esso. (Fattispecie relativa a procedimento cautelare introdotto dopo l'entrata in vigore della riforma di cui alla legge, 18 giugno 2009, n. 69).

Cass. civ. n. 3124/2011

È inammissibile il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. avverso l'ordinanza con cui il tribunale, a norma dell'art. 669 terdecies c.p.c., abbia rigettato il reclamo proposto contro il rigetto ex art. 700 c.p.c. del provvedimento di sospensione cautelare dal lavoro, disposto dal datore di lavoro a seguito dell'instaurazione di un procedimento penale nei confronti del lavoratore, trattandosi di un provvedimento interinale, ontologicamente inidoneo ad incidere con efficacia di giudicato su posizioni giuridiche di natura sostanziale, dovendosi escludere che su tali caratteri abbiano inciso le modifiche introdotte dall'art. 2, comma 3, lettera e bis), del d.l. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, nella legge n. 80 del 2005, che ha disposto l'inapplicabilità ai provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. dell'art. 669 novies, primo comma, c.p.c., sulla perdita di efficacia del provvedimento cautelare in caso di mancato inizio tempestivo del procedimento di merito ovvero di estinzione di quello eventualmente avviato. (Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, c.p.c.).

Cass. civ. n. 23504/2010

L'ordinanza del tribunale che, in sede di reclamo ed in riforma del diniego da parte del giudice delegato del medesimo tribunale, abbia emesso un provvedimento cautelare, ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., non è ricorribile per cassazione, pur incidendo su posizioni di diritto soggettivo e pur quando il lamentato vizio abbia natura processuale (per avere essa disatteso l'eccezione d'inammissibilità del reclamo), difettando il requisito della definitività. Né la conclusione muta, allorché il ricorrente lamenti l'abnormità della decisione ed i suoi effetti gravi ed irreversibili, atteso che, sotto il primo profilo, l'impugnabilità di un provvedimento è in funzione del regime giuridico suo proprio e non della qualificabilità del vizio denunziato in termini di nullità processuale o invece di abnormità, mentre, sotto il secondo profilo, la gravità degli effetti non è, di per sé, elemento idoneo a riflettersi sulle caratteristiche giuridiche del provvedimento, in particolare sulla sua provvisorietà e strumentalità, le quali rendono inammissibile il ricorso per cassazione.

Cass. civ. n. 17211/2010

Il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. é inammissibile avverso l'ordinanza con cui il tribunale, a norma dell'art. 669 terdecies c.p.c., abbia rigettato il reclamo proposto contro il diniego di reintegrazione del possesso ex art. 703 c.p.c. e liquidato le spese del procedimento senza fissare un termine per la prosecuzione del giudizio di merito, atteso che il provvedimento suddetto incide su situazioni di rilevanza meramente processuale e non ha carattere decisorio né definitivo.

Cass. civ. n. 11093/2010

L'ordinanza che, in sede di reclamo, rigetti la richiesta di interdetto possessorio per motivi attinenti la giurisdizione ha natura decisoria e definitiva. La pronuncia di tale provvedimento, pertanto, esclude la proponibilità del regolamento preventivo di giurisdizione.

Cass. civ. n. 17266/2009

Il provvedimento con cui, in sede di reclamo ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c. ed in forza dell'art. 624, comma 2, c.p.c., come sostituito dall'art. 2, comma 3, lett. e), del D.L. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni nella legge n. 80 del 2005, e modificato dall'art. 18 della legge n. 52 del 2006, il tribunale disponga la revoca di un'ordinanza di sospensione dell'esecuzione, ha natura cautelare e provvisoria ed é, per tale ragione, privo di natura definitiva e decisoria; esso è, quindi, insuscettibile di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., che l'ultimo inciso del nuovo art. 616 c.p.c. (anteriormente alla sua soppressione per effetto dell'art. 49, comma 2, della legge 18 giugno 2009, n. 69) ammetteva implicitamente (sancendo la non impugnabilità della sentenza) soltanto avverso la sentenza che chiude il giudizio di opposizione all'esecuzione. Pertanto, nemmeno la circostanza che con esso sia stata disposta la condanna alle spese vale ad attribuire al detto provvedimento carattere di decisorietà e di definitività ai fini dell'esperimento del citato ricorso straordinario, neppure limitatamente alla statuizione sulle spese

Cass. civ. n. 16091/2009

In materia di procedimenti cautelari, è inammissibile la proposizione del regolamento di competenza, anche nell'ipotesi di duplice declaratoria d'incompetenza formulata in sede di giudizio di reclamo, sia in ragione della natura giuridica dei provvedimenti declinatori della competenza - che, in sede cautelare, non possono assurgere al "genus" della sentenza e sono, pertanto, inidonei ad instaurare la procedura di regolamento in quanto caratterizzati dalla provvisorietà e dalla riproponibilità illimitata - sia perché l'eventuale decisione, pronunciata in esito al procedimento disciplinato dall'art. 47 c.p.c., sarebbe priva del requisito della definitività, in ragione del peculiare regime giuridico del procedimento cautelare nel quale andrebbe ad inserirsi. (Nella fattispecie, e a seguito di reclamo contro un'ordinanza emessa in sede cautelare, il Tribunale del lavoro in composizione collegiale aveva declinato la propria competenza a favore della Corte d'appello, che, a sua volta, si era dichiarata incompetente ed aveva richiesto, d'ufficio, il regolamento di competenza)

L'organo giudiziario competente a decidere sul reclamo avverso un provvedimento cautelare emesso dal Tribunale del lavoro in composizione monocratica è il Tribunale del lavoro in composizione collegiale, così come stabilito in via generale dall'art. 669-terdecies c.p.c., e non la Corte d'appello, in mancanza di un'espressa disposizione derogatoria del regime giuridico ordinario del giudizio di reclamo cautelare. (Principio di diritto espresso nell'interesse della legge ai sensi dell'art. 363, terzo comma, c.p.c.).

Cass. civ. n. 14819/2009

La corte d'appello divisa in più sezioni è competente a decidere il reclamo avverso il provvedimento cautelare emesso da una sezione della medesima corte, a nulla rilevando la circostanza che vi sia una sola sezione per le controversie di lavoro (nel caso in cui il provvedimento cautelare sia stato emesso da detta sezione), poiché l'art. 669 terdecies, comma secondo, c.p.c. fa riferimento alla sola presenza di una pluralità di sezioni e non anche di una pluralità di sezioni specializzate. L'opportunità di attribuire il reclamo in materia di controversie di lavoro ad una sezione specializzata, ma appartenente ad altra corte di appello piuttosto che ad altra sezione della stessa corte, è valutazione riservata al legislatore, il quale, non introducendo alcuna distinzione nella norma di riferimento, ha mostrato di voler optare per la seconda alternativa.

Cass. civ. n. 2821/2009

I provvedimenti resi in sede di reclamo su provvedimenti cautelari ex art. 669 "terdecies" cod. proc. civ. hanno gli stessi caratteri di provvisorietà e non decisorietà tipici dell'ordinanza reclamata, essendo destinati a perdere efficacia per effetto della sentenza definitiva di merito e, pur coinvolgendo posizioni di diritto soggettivo, non statuiscono su di essi con la forza dell'atto giurisdizionale idoneo ad assumere autorità di giudicato. Né assume una autonoma consistenza la pronuncia sull'osservanza delle norme che regolano il processo cautelare, cui pure corrispondono diritti soggettivi delle parti, attesa la natura strumentale di tali disposizioni rispetto alla statuizione sui rapporti sostanziali, armonizzandosi tale soluzione con le linee del procedimento cautelare di cui agli artt. 669 "bis" e seguenti cod. proc. civ. introdotti dall'art. 74 della legge n. 353 del 1990 che, nel prevedere la riproponibilità della domanda respinta e la rivedibilità del provvedimento di accoglimento, ha rimesso la tutela delle posizioni delle parti solo agli strumenti interni al procedimento medesimo. Ne consegue che, ove si passi dalla fase cautelare e ordinatoria a quella della decisione definitiva, è inammissibile il ricorso per cassazione (pur proposto al solo fine del regolamento delle spese in applicazione del principio della soccombenza virtuale) che si limiti a dedurre la nullità della decisione sul reclamo per l'inosservanza delle norme processuali che ne regolano lo svolgimento e non si articoli sulla pretesa fondatezza (anche in termini di virtuale accoglibilità) della domanda sostanziale.

Cass. civ. n. 17299/2008

In materia di procedimenti cautelari non è ammissibile il regolamento di competenza attesa l'inidoneità dei provvedimenti emessi sia in prima istanza che dal collegio adito ex art. 669 terdecies c.p.c., la cui decisione è sostitutiva dell'atto reclamato ed ha identica natura e funzione ad acquisire efficacia definitiva, tanto più che, con riguardo al provvedimento declinatorio della competenza, l'art. 669 septies c.p.c. prevede che «l'ordinanza di incompetenza non preclude la riproposizione della domanda » ; ove, peraltro, dichiaratosi incompetente il primo giudice, anche il secondo, successivamente adito, abbia pronunciato un analogo provvedimento negativo della propria competenza, dovrà ritenersi applicabile, rispetto a tale decisione, la norma generale di cui all'art. 42 c.p.c. e, conseguentemente, ammettersi l'istanza di regolamento di competenza, non essendo ipotizzabile che l'ordinamento non preveda alcuno strumento processuale attraverso il quale dirimere una situazione in cui non vi sia, di fatto, un giudice obbligato, alfine, a conoscere della domanda cautelare, a meno di non ipotizzare, nel sistema così delineato, un potenziale vulnus ai principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost. (Nella specie, il tribunale, davanti al quale era stato proposto reclamo contro il diniego di provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. in materia di lavoro, aveva ritenuto che, a seguito dell'istituzione del giudice unico, dovesse affermarsi la competenza della corte d'appello, la quale aveva, a propria volta, declinato la competenza ; la S.C., affermando il principio di cui alla massima, ha affermato la competenza del Tribunale ritenendo che, stante la chiara formulazione dell'art. 669 terdecies c.p.c., non assumesse rilievo la generale competenza del giudice del lavoro ).

Cass. civ. n. 4879/2005

Il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. non è proponibile avverso l'ordinanza adottata dal tribunale in sede di reclamo contro provvedimento di natura cautelare, sia che modifichi, revochi o confermi il provvedimento reclamato, giacché trattasi di decisione non definitiva né decisoria, munita di efficacia temporanea, in quanto condizionata all'instaurazione e all'esito della causa di merito, e modificabile e revocabile nel corso della stessa. Né rileva il fatto che la riproponibilità dell'istanza cautelare sia ristretta nei limiti di cui all'art. 669 septies c.p.c., peraltro con il bilanciamento della facoltà di reclamo, derivando da ciò un carattere di definitività riguardante solo la cautela.

Cass. civ. n. 2058/2004

Nella disciplina dei procedimenti cautelari di cui agli artt. 669 bis ss. c.p.c., il principio della riproponibilità dell'istanza dopo l'ordinanza declinatoria della competenza (art. 669 septies, primo comma stesso codice) opera anche con riguardo al provvedimento, di pari contenuto, adottato dal tribunale sul reclamo ai sensi dell'art. 669 terdecies (nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale del 1994), che si sostituisce all'atto reclamato, con identica natura e funzione, e pertanto si sottrae ai mezzi d'impugnazione a norma del quarto comma del citato art. 669 terdecies, ivi compreso il rimedio del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.

Cass. civ. n. 1245/2004

Il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. è proponibile avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi siano definitivi ed abbiano carattere decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale: donde l'inammissibilità dell'impugnazione con tale mezzo dell'ordinanza adottata dal tribunale in sede di reclamo avverso provvedimento di natura cautelare o possessoria, giacché trattasi di decisione a carattere strumentale ed interinale operante per il limitato tempo del giudizio di merito e sino all'adozione delle determinazioni definitive all'esito di esso, come tale inidonea a conseguire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale che da quello sostanziale, senza che rilevi in contrario il fatto che vi sia stata condanna alla spese del giudizio, disponendo la parte al riguardo del rimedio di cui all'art. 669 septies c.p.c. Detta inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione deve essere affermata anche quando si deduca la «abnormità» del provvedimento medesimo, perché recante statuizioni eccedenti la funzione meramente cautelare.

Cass. civ. n. 1603/2001

In tema di denunzia di nuova opera o di danno temuto, il provvedimento di rigetto della istanza cautelare proposta non è una sentenza, ma un'ordinanza contro la quale è ammesso il reclamo, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 1994, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 669 terdecies c.p.c. nella parte in cui prevedeva il reclamo solo avverso l'ordinanza di concessione della tutela. E il giudice, con l'ordinanza di rigetto, come con quella di accoglimento, non deve emettere disposizioni per la trattazione della causa di merito, vertendosi non già in tema di azioni di reintegrazione o di manutenzione, ma di azioni dirette a ottenere le misure più immediate per evitare danni alla cosa posseduta, mediante un procedimento sommario che si esaurisce con l'emanazione del provvedimento di rigetto o di accoglimento della pretesa cautelare, mentre l'interessato può in un momento successivo instaurare il giudizio a cognizione ordinaria proponendo la domanda di merito al giudice competente.

Cass. civ. n. 5255/1999

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza che dichiara la tardività del reclamo proposto ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c. avverso un provvedimento cautelare, trattandosi di provvedimento non definitivo e non decisorio; tale carattere non muta e non può parlarsi di pregiudizio altrimenti non riparabile allorquando la causa sia ritenuta in decisione in quanto fino alla pronuncia della sentenza il giudice istruttore può revocare o modificare il provvedimento e dopo la sentenza tale potere spetta al giudice che l'ha pronunciata.

Cass. civ. n. 8178/1996

L'ordinanza resa dal tribunale, ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c., sul reclamo contro le determinazioni adottate dal pretore, dal giudice istruttore o dal giudice designato sull'istanza di misura cautelare, è priva di decisorietà, non soltanto quando confermi, modifichi o revochi tali determinazioni, in ragione della strumentalità e provvisorietà del provvedimento positivo, nonché della riproponibilità di quell'istanza in caso di provvedimento negativo, ma anche quando risolva la questione della competenza sulla domanda cautelare, oppure altra questione pregiudiziale inerente alla sua ammissibilità o proponibilità, dato che la definizione della connessa problematica, pur coinvolgendo diritti processuali, non può avere la separata consistenza di statuizione sui diritti stessi, suscettibile di assumere autorità vincolante di giudicato, perché inserita in un atto non decisorio sul rapporto sostanziale. Detta ordinanza, pertanto, anche con riferimento alle indicate questioni, non è impugnabile, né con il ricorso di cui all'art. 111, comma secondo della Costituzione, né con il ricorso per regolamento di competenza.

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 669 terdecies Codice di procedura civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Alessandro T. chiede
venerdì 11/12/2020 - Abruzzo
“Nell'ambito di una procedura esecutiva immobiliare l'aggiudicatario viene dichiarato decaduto ex art. 587 c.p.c. dal giudice dell'esecuzione ma il collegio, in sede di reclamo dell'aggiudicatario, dichiarato decaduto, ex art. 669 terdecies c.p.c., sospende e revoca il decreto di decadenza. Tuttavia nelle more del procedimento di reclamo al collegio il giudice fissa nuova vendita ma due giorni prima dell'asta il debitore esecutato deposita ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, ex art. 161 L.F., e il giudice dell'esecuzione dichiara improseguibile l'esecuzione immobiliare con provvedimento, si badi bene, emesso prima del provvedimento del collegio favorevole all'aggiudicatario. SI CHIEDE se per l'aggiudicatario ricominciano a decorrere i termini per il versamento del saldo prezzo, dal giorno della comunicazione del provvedimento favorevole, oppure se il giudice dell'esecuzione in ogni caso deve adottare un'ordinanza che disciplini il prosieguo di tale fase anche in considerazione della dichiarata improseguibilità della esecuzione immobiliare dichiarata in precedenza? Grazie. Cordiali saluti”
Consulenza legale i 17/12/2020
Il provvedimento con il quale il collegio, ex art. 669 terdecies del c.p.c., sospende e revoca il decreto di decadenza emesso in danno dell’aggiudicatario ex art. 587 del c.p.c., ha come sua immediata conseguenza la reviviscenza del provvedimento di aggiudicazione provvisoria.
Pertanto, è dalla comunicazione di tale provvedimento di revoca che devono farsi cominciare a decorrere nuovamente i termini per il versamento del saldo del prezzo, non potendo assumere alcuna rilevanza la circostanza che, ancor prima che il collegio adottasse il provvedimento di sospensione e revoca ex art. 669 terdecies del c.p.c., la procedura esecutiva sia stata dichiarata improseguibile ex art. 161 della l. fall..

Ciò che conta nella vicenda esposta, infatti, è la data di emissione del decreto di aggiudicazione a cui è stata ridata efficacia, la quale risulta anteriore alla dichiarazione di improseguibilità della procedura esecutiva.

In tal senso può peraltro argomentarsi sulla base delle seguenti ulteriori considerazioni.
L’insieme delle norme che il codice di procedura civile detta in tema di esecuzione forzata è improntato ad un principio che può ritenersi di carattere generale, ossia quello secondo cui occorre dare stabilità alla singola aggiudicazione, poiché dalla stabilità di questa ne deriva la stabilità del sistema della vendita forzata, con particolare riferimento all’aspetto della tutela del credito e del c.d. credit recovery.
A tal proposito si vuole richiamare quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3709 dell’8 febbraio 2019, in cui è detto che “Il favor legis di cui gode l’aggiudicatario, anche provvisorio, non trova la propria giustificazione nella esigenza di tutela di una posizione giuridica individuale, bensì nell’interesse, di matrice pubblicistica, alla stabilità degli effetti delle vendite giudiziarie, quale momento essenziale per non disincentivare la partecipazione alle aste e quindi per garantire la fruttuosità delle stesse, in ossequio al principio costituzionale di ragionevole durata del processo”.

Diverse sono le fonti normative nelle quali trova fondamento il principio dell’intangibilità dell’aggiudicazione e, conseguentemente, della salvezza dell’acquisto dell’aggiudicatario.
In particolare, si intende fare riferimento alle seguenti norme:
  1. l’art. 2929 del c.c., nella parte in cui dispone che la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario;
  2. il secondo comma dell’art. 632 del c.p.c., il quale opera una distinzione tra estinzione del processo esecutivo intervenuta prima o dopo l’aggiudicazione o assegnazione, disponendo per questo secondo caso che la somma ricavata va consegnata al debitore, e con ciò lasciando chiaramente intendere che l’aggiudicazione sopravvive a tale estinzione;
  3. l’art. 187 bis delle disp. att. c.p.c., il quale, richiamando il secondo comma dell’art. 632 del c.p.c., fa salvi, nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, gli effetti degli atti di aggiudicazione, anche provvisoria, o di assegnazione, intervenuti prima della dichiarazione di estinzione o chiusura anticipata del processo esecutivo;
  4. l’art. 18 della l. fall., secondo cui, anche in caso di revoca del fallimento, vanno fatti salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.

A quest’ultimo proposito si ritiene possa essere utile richiamare la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I civile, n. 2433 del 30.01.2009, in cui si afferma il segue principio di diritto: “In tema di liquidazione fallimentare, gli effetti dell’aggiudicazione, anche provvisoria, restano fermi nei confronti degli aggiudicatari qualora si verifichi la causa di chiusura del fallimento di cui all’art. 118 della l. fall., primo comma, n. 2, trattandosi di evento assimilabile ad una causa di estinzione del processo esecutivo, le cui norme in materia di vendita trovano applicazione, in quanto compatibili, ai sensi dell’art. 105 della l. fall., “ratione temporis” vigente e, con esse, in particolare, l’art. 187 bis delle disp. att. c.p.c., che assicura l’intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti degli atti esecutivi compiuti”.

Anche il concordato preventivo determina, ex art. 168 Legge fallimentare, una stasi della procedura esecutiva qualificabile in termini di improcedibilità, la quale, tuttavia, non priva di validità gli atti fino a quel momento posti in essere in sede di esecuzione, tra cui eventualmente anche l’aggiudicazione.
Quest’ultima, infatti, in virtù del principio dell’intangibilità ricavabile dal citato art. 187 disp. Att. C.p.c., è destinata a rimanere valida, con la conseguenza che non viene meno l’obbligo dell’aggiudicatario di versare il relativo prezzo né, tantomeno, l’obbligo del giudice dell’esecuzione di emettere il decreto di trasferimento a seguito del pagamento del saldo, in quanto atto dovuto e non già atto di ulteriore proseguimento dell’esecuzione.

In tale ipotesi, ovviamente, qualora il processo esecutivo dovesse essere dichiarato estinto, troverà applicazione il disposto di cui al secondo comma dell’art. 632 c.p.c., con la conseguenza che le eventuali somme nel frattempo ricavate dalla vendita coattiva (o dall’assegnazione) del bene pignorato andranno restituite al debitore e non distribuite ai creditori.


Parreschi G. F. chiede
martedì 10/04/2018 - Toscana
“Buongiorno avvocato.
ho letto la Vs.nota nr.10 art.669 terdecies e vorrei chiedere: Io sono terzo opponente ad esecuzione immobiliare in quanto ho usucapito una parte dell'immobile esecutato; a seguito opposizione dei creditori la causa (in merito all'usucapione) è in Cassazione.L'ordinanza con cui il G.E.dichiarava non legittimato a procedere il cessionario procedente(in quanto non in grado di provare il credito per cui si procede) è stata riformata con ordinanza ex art.669 terdecies del Collegio a seguito di reclamo che il cessionario procedente notificava all'esecutato in Cancelleria(poichè sempre assente) ma non notificava a me e ad un creditore intervenuto.L'ordinanza del collegio è del 9 112017. La notifica in cancelleria all'esecutato è regolare o andava fatta all'indirizzo anagrafico ?La notifica doveva essere fatta anche a me ed al creditore pretermesso? quale rimedio possiamo azionare io ed il creditore? Nel fascicolo telematico dell'esecuzione non c'è traccia del reclamo ma viene depositata solo l'ordinanza riformata del collegio:è regolare? Vi chiedo di voler dare risposte con riferimento agli articoli di legge e sentenze di cassazione.Vi ringrazio farò seguire il versamento.”
Consulenza legale i 19/04/2018
L’esame della documentazione inviata ha consentito di ricostruire una vicenda processuale alquanto intricata. Abbiamo infatti una procedura esecutiva immobiliare, nell’ambito della quale il cliente ha proposto opposizione di terzo ex art. 619 del c.p.c. sul presupposto dell’avvenuto acquisto per usucapione di una parte dell’immobile pignorato, acquisto dichiarato con precedente sentenza.
A seguito dell’opposizione di terzo il processo esecutivo veniva sospeso; ma anche il giudizio di opposizione veniva a sua volta sospeso ex art. 295 del c.p.c. per aver il Giudice ritenuto la pregiudizialità dell’opposizione ex art. 404 del c.p.c. promossa dai creditori nei confronti della sentenza che aveva accertato l’usucapione.
L’impugnazione proposta ex art. 404 c.p.c. veniva accolta in grado di appello. A seguito di ciò, uno dei creditori presentava istanza volta alla prosecuzione del processo esecutivo. Detta istanza veniva tuttavia rigettata per difetto di legittimazione attiva del creditore istante, con ordinanza che confermava la già disposta sospensione della procedura esecutiva.
Avverso tale ultima ordinanza il creditore istante proponeva reclamo ex art. 669 terdecies del c.p.c., norma applicabile in virtù del richiamo operato dall’art. 624, comma 2 del c.p.c.
In accoglimento del reclamo, il Collegio revocava l’ordinanza che aveva confermato la sospensione del processo esecutivo.
Ora, riguardo all’ordinanza emessa in sede di reclamo, il cliente solleva una serie di interrogativi:
  1. regolarità o meno della notifica al debitore, eseguita presso la Cancelleria;
  2. mancata notifica dell’ordinanza collegiale al cliente (quale opponente ex art. 619 c.p.c.) nonché ad un creditore intervenuto e rimedi eventualmente azionabili;
  3. assenza degli atti relativi al procedimento di reclamo all’interno del fascicolo telematico dell'esecuzione, eccezion fatta per l’ordinanza collegiale.
Per quanto riguarda la questione sub 1), la notifica al debitore può essere validamente effettuata in cancelleria in mancanza di valida elezione di domicilio della parte.
In particolare, con riferimento al processo esecutivo l’art. 492, comma 2 del c.p.c. prevede che l’atto di pignoramento debba contenere l'invito al debitore ad effettuare, presso la cancelleria del giudice dell'esecuzione, la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio in uno dei comuni del circondario in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione, con l'avvertimento che, in mancanza ovvero in caso di irreperibilità presso la residenza dichiarata o il domicilio eletto, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice.
Per quanto riguarda, invece, la mancata notifica dell’ordinanza emessa in sede di reclamo al terzo che ha proposto opposizione ex art. 619 c.p.c., occorre osservare che la notificazione di un provvedimento del Giudice ad istanza di parte viene collegata alla produzione di determinati effetti processuali (quale, nel caso delle sentenze, la decorrenza dei termini brevi per le impugnazioni).
Nel caso in esame non vi è alcuna esigenza di questo tipo. Occorre tenere presente che il provvedimento emesso all’esito del reclamo è un’ordinanza non impugnabile per espresso disposto dell’art. 669 terdecies c.p.c. Per costante orientamento giurisprudenziale, l’ordinanza collegiale pronunciata a seguito del reclamo, essendo inidonea al giudicato, non è impugnabile neppure con ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost. (così, tra le tante, Cass. VI, ord. 4292/2015; Cass. VI, 3124/2011; Cass. I, ord. 23504/2010; Cass. VI, ord. 17211/2010).
Pertanto il creditore istante non aveva alcun onere di notifica del provvedimento, essendo sufficiente ai fini della sua conoscibilità la comunicazione da parte della Cancelleria.
Per quanto riguarda l’ultima parte del quesito, la circostanza che nel fascicolo telematico dell’esecuzione non vi sia traccia del fascicolo relativo al reclamo può essere spiegata tenendo presente che la fase eventuale di reclamo, pur innestandosi nel procedimento esecutivo, costituisce un procedimento distinto che avrà normalmente un proprio numero di ruolo. Non è comunque ravvisabile alcun vizio che possa esser fatto valere al fine di inficiare eventualmente la validità dell’ordinanza collegiale in esame.