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Articolo 7 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 28/12/2023]

Competenza del giudice di pace

Dispositivo dell'art. 7 Codice di procedura civile

(1)(2)Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a diecimila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice (3)(4).

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi venticinquemila euro(4).

È competente qualunque ne sia il valore:

  1. 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
  2. 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case;
  3. 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la nomale tollerabilità;
  4. 3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali;
  5. [4) per le cause di opposizione alle sanzioni amministrative irrogate in base all'articolo 75 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.](5)

Note

(1) L'art. 7 c.p.c., così come indicato, sarà in vigore fino al 31 ottobre 2025.
Si riporta il testo modificato dal D. Lgs. 13 luglio 2017, n. 116, con entrata in vigore dal 31 ottobre 2021:
"Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a trentamila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.
Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi cinquantamila euro.
È competente qualunque ne sia il valore:
1) per le cause relative ad apposizione di termini;
2) per le cause in materia di condominio negli edifici, come definite ai sensi dell'art. 71-quater delle disposizioni per l'attuazione del codice civile;
3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità;
3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali;
3-ter) per le cause nelle materie di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, Sezione VI del codice civile, fatta eccezione per quella delle distanze nelle costruzioni;
3-quater) per le cause relative alle materie di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, Sezione VII del codice civile, fatta eccezione per quella delle distanze di cui agli articoli 905, 906 e 907 del medesimo codice;
3-quinquies) per le cause in materia di stillicidio e di acque di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, sezioni VIII e IX del codice civile;
3-sexies) per le cause in materia di occupazione e di invenzione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III, sezione I del codice civile;
3-septies) per le cause in materia di specificazione, unione e commistione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III, sezione II del codice civile;
3-octies) per le cause in materia di enfiteusi di cui al libro terzo, titolo IV del codice civile;
3-novies) per le cause in materia di esercizio delle servitù prediali;
3-decies) per le cause di impugnazione del regolamento e delle deliberazioni di cui agli articoli 1107 e 1109 del codice civile;
3-undecies) per le cause in materia di diritti ed obblighi del possessore nella restituzione della cosa, di cui al libro terzo, titolo VIII, Capo II, Sezione I del codice civile.
Il giudice di pace è altresì competente, purché il valore della controversia, da determinarsi a norma dell'art. 15, non sia superiore a trentamila euro:
1) per le cause in materia di usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari;
2) per le cause in materia di riordinamento della proprietà rurale di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, sezione II del codice civile;
3) per le cause in materia di accessione;
4) per le cause in materia di superficie.
Quando una causa di competenza del giudice di pace a norma dei commi terzo, numeri da 3-ter) a 3-undecies), e quarto è proposta, contro la stessa parte, congiuntamente ad un'altra causa di competenza del tribunale, le relative domande, anche in assenza di altre ragioni di connessione, sono proposte innanzi al tribunale affinché siano decise nello stesso processo."
(2) Il D.Lgs. 13 luglio 2017, n. 116 ha disposto (con l'art. 32, comma 5) che "A decorrere dal 31 ottobre 2021 ai procedimenti civili contenziosi, di volontaria giurisdizione e di espropriazione forzata introdotti dinanzi al giudice di pace a norma dell'articolo 27 si applicano le disposizioni, anche regolamentari, in materia di processo civile telematico per i procedimenti di competenza del tribunale vigenti alla medesima data. Per i procedimenti di cui all'articolo 27, comma 1, lettera a), numero 1, lettera c), numero 2), e comma 3, lettera d), capoverso «Art. 60-bis», e lettera e), la disposizione del primo periodo si applica a decorrere dal 31 ottobre 2025".
(3) La competenza del giudice di pace indicata al primo comma dell'articolo in esame configura un'ipotesi di competenza mista, cioè di materia e valore insieme.

(4) Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia"), come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".
(5) Numero abrogato dal D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito con modificazioni dalla L. 20 dicembre 1995, n. 534.

Brocardi

Ratione materiae
Ratione valoris

Spiegazione dell'art. 7 Codice di procedura civile

Il primo termine che va analizzato è quello di “competenza”, contenuto nella rubrica di questa norma.
Quando si parla di competenza ci si riferisce alla misura della giurisdizionee che spetta a ciascun ufficio giudiziario.
Per riuscire a distribuire le cause fra giudici diversi (esempio Giudice di Pace e Tribunale), il legislatore ha individuato due diversi criteri, tra loro concorrenti, ossia quello della materia e quello del valore.
Con il criterio della materia si fa riferimento al tipo di diritto su cui si controverte, mentre con il criterio del valore si fa riferimento al valore economico (espresso in termini monetari) di ciò che costituisce oggetto della controversia.
Ai predetti due criteri si aggiunge quello del territorio, a cui è necessario ricorrere allorché si debba distribuire una causa tra più giudici dello stesso tipo.

La presente norma prende in esame e definisce la competenza del Giudice di Pace.

Si tratta di un magistrato onorario, istituito con la Legge 21.11.1991 n. 374, che ha sostituito la figura del giudice conciliatore.
I Giudici di Pace vengono selezionati tra persone che hanno conseguito la laurea in giurisprudenza e superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, ovvero che hanno esercitato funzioni giudiziarie, notarili, insegnato materie giuridiche nelle università e funzioni inerenti alle qualifiche dirigenziali delle cancellerie e segreterie giudiziarie.

La competenza del Giudice di Pace è limitata ai giudizi di cognizione, compresi il procedimento monitorio e le opposizioni di cui all'art. 615 del c.p.c. e all’art. 619 del c.p.c., nonché le controversie che possono sorgere in sede di distribuzione della somma ricavata dalla vendita.
Restano invece esclusi dalla sua competenza i procedimenti esecutivi e quelli cautelari (fatta eccezione per quelli di istruzione preventiva, che il primo comma dell’art. 693 del c.p.c. consente implicitamente di attribuire anche al Giudice di Pace).

Il primo comma della norma introduce un tipo di competenza che viene definita mista, in quanto attiene a tutte le cause che abbiano ad oggetto beni mobili, ma il cui valore non sia superiore a diecimila euro (per la determinazione del valore ci si deve riferire agli artt. 10 e ss di questo stesso codice).

La definizione di beni mobili la si ritrova all’art. 813 del c.c., il quale definisce tali tutti quei beni che, pur essendo uniti al suolo, non formano con questo un corpo unico.
Si è ritenuto che non sia necessario che la controversia riguardi il bene mobile in sé e che la competenza di questo Giudice si possa estendere anche alle azioni esperite per l’attuazione di un obbligo pecuniario sinallagmaticamente collegato con un immobile (un esempio concreto lo si può individuare nell’azione con cui si chiede un risarcimento in conseguenza dei danni subiti da un immobile altrui, purché la misura del risarcimento rientri nei militi della competenza per valore qui fissati).

Secondo altro orientamento, al Giudice di Pace sarebbe possibile rivolgersi anche per tutte le cause che hanno ad oggetto l’esercizio di un diritto personale di godimento su beni immobili; in questo senso si argomenta dall’art. 813 c.c., norma che estende le disposizioni concernenti gli immobili ai diritti reali su di esse ed alle azioni relative, mentre per tutti gli altri tipi di diritti rende applicabili le disposizioni concernenti i beni mobili.

Per quanto concerne la riserva contenuta nell’ultima parte del primo comma, si ritiene che sia priva di un reale valore precettivo, in quanto la stessa sussistenza di una diversa norma che attribuisce una determinata causa alla competenza per materia di altro giudice, sarebbe stata da sola sufficiente ad escludere la competenza per valore del Giudice di Pace, essendo il criterio del valore residuale rispetto a quello della materia.

Passando adesso all’esame del secondo comma della norma, va intanto osservato che, secondo la tesi diffusasi in giurisprudenza, la competenza qui prevista deve intendersi come competenza per materia, ma con un limite di valore.
Il principale compito richiesto all’interprete, in relazione a tale comma, è quello di cercare di stabilire con esattezza cosa si intende per cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti.
Ora, il primo concetto che va analizzato è quello di “causa di risarcimento del danno”, espressione nella quale si ritiene che vi si debbano far rientrare sia le azioni di responsabilità nei confronti del danneggiante e del proprietario del veicolo (ex art. 2054 del c.c.) sia le azioni contro la società assicuratrice o l’impresa designata (ex artt. 18 e ss. Legge n. 990/1969).
Per danno si ritiene che debba intendersi sia quello arrecato alle cose che quello arrecato alle persone.
La causa del danno, a sua volta, deve necessariamente trovare la sua origine nella circolazione di veicoli e natanti, il che, infatti, ha portato ad escludere che possano farsi rientrare nella competenza del Giudice di Pace le azioni esperite nei confronti della pubblica amministrazione proprietaria della strada per il risarcimento dei danni da insidia o trabocchetto (sarebbero questi ultimi la causa del danno, e non la circolazione).

Per quanto concerne la nozione di circolazione, la giurisprudenza sembra ormai orientata ad accettare la tesi secondo cui con tale espressione ci si deve riferire alla circolazione dei veicoli su strade pubbliche o di uso pubblico o comunque su strade o aree private con situazioni di traffico equiparabili a quelle di una strada pubblica.

Per il concetto di veicolo non ci si può che riferire alle norme del codice della strada che se ne occupano, ossia l'art. 46 del Codice della strada e l'art. 47 del Codice della strada; in generale vi si fanno rientrare tutte le macchine di qualsiasi specie che circolano sulle strade (per la giurisprudenza di legittimità anche i tram ed ogni altro mezzo che circoli su rotaie).

Oltre che da un veicolo, il danno può essere prodotto dalla circolazione di un natante; su tale concetto, alla tesi della dottrina secondo cui occorre fare riferimento all’art. 136 del codice della navigazione, si contrappone quella della giurisprudenza, secondo cui il termine deve intendersi riferito a qualunque mezzo nautico per il quale è obbligatoria l’assicurazione per la responsabilità civile (ossia motoscafi e imbarcazioni di stazza lorda non superiore a 25 tonnellate, muniti di motore entro o fuori bordo di potenza superiore a 3 Hp).

Deve in ogni caso escludersi il danno arrecato da aeromobili, il quale vi può rientrare solo in base alla competenza per valore.

Il terzo ed ultimo comma della norma individua, infine, le materie che rientrano nella competenza esclusiva del Giudice di Pace, qualunque ne sia il valore.
Analizziamole singolarmente.

1.a) Cause relative ad apposizioni di termini
Ricorre una causa di tale tipo, ex art. 951 del c.c., tutte le volte in cui oggetto della domanda sia la semplice e materiale apposizione di segni esteriori visibili per delimitare un confine prestabilito e sul quale non vi sono contestazioni (diversa, invece, è l’azione di regolamento di confini prevista dall’art. 950 del c.c., la quale presuppone una situazione controversa di incertezza sul confine)

1.b) Cause relative all’osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi o delle siepi
Anche tale parte della norma deve interpretarsi in senso restrittivo, ossia come riferita alle sole piantagioni, con esclusione dunque di quelle cause che possano riguardare altri elementi, quali fossi, cisterne, tubi, ecc.
Tra tali cause, inoltre, non vi si possono far rientrare né la risoluzione in via incidentale di una questione di proprietà o di confini, nè una eventuale domanda accessoria di risarcimento danni eccedente la competenza per valore del Giudice di Pace.
Sussiste contrasto di opinioni in ordine alla proponibilità o meno dinanzi al Giudice di Pace dell’azione volta a far recidere rami protesi o radici ex art. 896 del c.c., in quanto, mentre la dottrina è orientata per la tesi positiva (ritenendo che non vi sia differenza, almeno sul piano degli effetti, tra la recisione dei rami protesi e la rimozione di alberi a distanza non legale), la giurisprudenza si è espressa negativamente, argomentando dalla considerazione che tale azione è sostanzialmente volta a tutelare la lesione di un diritto reale (non si tratterebbe, dunque, di una causa mobiliare).

2. Cause relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi di condominio di case.
La distinzione tra misura e modalità d’uso dei servizi di condominio trova la sua spiegazione nel fatto che in un primo momento le cause del primo tipo venivano attribuite alla competenza per materia del Pretore, mentre quelle del secondo tipo al conciliatore.
Con la Legge n. 353/1990 tutte le cause in materia di servizi condominiali vennero attribuite alla competenza del pretore e, ancora successivamente, con la Legge n. 374/1991 al Giudice di Pace.
Nel concetto di causa relativa alla misura dell’uso di un servizio comune devono farsi rientrare le cause nelle quali si controverta della estensione del diritto di uso dei singoli condomini su un determinato servizio comune (un esempio può essere la controversia nata dall’impugnazione della delibera condominiale con cui si limita a determinate ore del giorno l’uso del cortile comune da parte di alcuni condomini), mentre per causa relativa alla modalità d’uso deve intendersi quella in cui si discuta del modo in cui il diritto d’uso debba essere esercitato (un esempio ne è la controversia con cui si discuta della legittimità o meno di usare uno spazio condominiale per la sosta di autovetture).

Devono intendersi escluse dalla competenza di questo giudice, invece, almeno secondo la tesi giurisprudenziale prevalente, tutte quelle cause nelle quali si discuta della negazione nei confronti di uno o più condomini del diritto d’uso di un determinato servizio o bene comune (un caso molto ricorrente è quello della legittimità o meno della modificazione degli infissi nella facciata esterna di un edificio).

3. Cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni
Come può notarsi dalla semplice lettura di tale norma, al Giudice di Pace si possono rivolgere non soltanto i proprietari, ma anche i detentori ed i possessori degli immobili, ma con una limitazione: deve trattarsi di immobili adibiti a civile abitazione, dovendosi dunque escludere gli immobili industriali o commerciali, per i quali la competenza spetta al Tribunale (tale scelta si ritiene trovi la sua giustificazione nel fatto che in questo caso occorrerà fare una valutazione più complessa, in quanto sarà necessario contemperare gli interessi della produzione con quelli della proprietà).
Oggetto del giudizio può essere sia l’inibitoria delle immissioni che il risarcimento dei danni patiti in conseguenza delle stesse immissioni (ovviamente, in questo secondo caso, occorrerà rispettare il limite della competenza per valore del Giudice di Pace).

3 bis. Cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali
Particolare attenzione va prestata al fatto che il Giudice di Pace è competente in tale materia solo quando la controversia riguardi gli interessi o gli accessori, mentre se la domanda viene cumulata con quella relativa al pagamento delle prestazioni previdenziali o assistenziali, la competenza spetta al Tribunale quale giudice del lavoro (un facile esempio ricorre nel caso in cui l’ente previdenziale abbia già provveduto al pagamento del capitale, senza liquidare alcuna somma a titolo di interessi o accessori)

La norma in esame recava anche un numero 4), il quale attribuiva al Giudice di Pace la competenza in materia di cause di opposizione a sanzioni amministrative irrogate ex art. 75 DPR n. 309/1990 (Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti), numero abrogato dall’art. 1 d.l. n. 432/1995, convertito con modificazioni nella Legge n. 534/1995.

Tale abrogazione diede origine ad un ampio dibattito sulla opportunità di attribuire nuovamente al Giudice di Pace la competenza in materia di giudizi di opposizione alle ordinanze ingiunzioni di cui alla Legge n. 689/1981.
Fu proprio a seguito di tale dibattito che, in forza dell’art. 6 comma 3 del D.lgs. 150/2011 (introduttivo del c.d. processo civile a tre riti), venne attribuita al Giudice di Pace la competenza sul giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione, salvo che ricorrano le eccezioni di cui ai successivi due commi (nel qual caso la competenza spetta al Tribunale) ovvero che via sia altra disposizione di legge che prescriva una diversa competenza.

Massime relative all'art. 7 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 36967/2021

Le controversie che vedono messo in discussione il diritto del condomino ad un determinato uso della cosa comune (nella specie, la realizzazione di un cancello scorrevole nell'androne condominiale ed in adiacenza a tre appartamenti di proprietà di altro condomino, al fine di delimitare la proprietà comune da quella privata), non rientrano nella competenza del giudice di pace ex art. 7 c.p.c., ma sono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore, atteso che in esse non si controverte sui limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione, relativi al modo più conveniente ed opportuno con cui detta facoltà debba esercitarsi, venendo piuttosto in gioco un vero e proprio conflitto tra proprietà individuale e proprietà condominiale. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 35818/2021

La domanda volta all'eliminazione di una cancellata installata da un condomino su un pianerottolo comune appartiene alla competenza del tribunale, trattandosi di controversia a tutela dell'essenza del diritto all'uso di un bene comune e della libertà di esercizio di tale uso e, pertanto, non annoverabile tra quelle relative "alla misura e modalità di uso dei servizi di condominio di case", devolute alla competenza del giudice di pace dall'art. 7, comma 3, n. 2), c.p.c. (Regola competenza).

Cass. civ. n. 28041/2019

In tema di controversie aventi ad oggetto il pagamento di canoni di locazione, ancorché di importo non eccedente il limite di cinquemila euro di cui all'art. 7, comma 1, c.p.c., resta esclusa la competenza del giudice di pace, atteso che la pretesa creditoria ha la propria fonte in un rapporto locativo, materia da ritenersi riservata alla competenza del tribunale.

Cass. civ. n. 19946/2019

In tema di immissioni, la competenza del giudice di pace ex art. 7, comma 3, n. 3, c.p.c. è tassativamente circoscritta alle cause tra proprietari e detentori di immobili ad uso abitativo, esulando da essa le controversie relative ad immissioni provenienti da impianti industriali, agricoli o destinati ad uso commerciale, giacché la norma processuale non copre l'intero ambito applicativo dell'art. 844 c.c.. Sicché, qualora l'immobile, seppure a prevalente destinazione abitativa, sia utilizzato anche per scopi diversi, ai fini della determinazione della competenza occorre dare rilievo non già alla destinazione prevalente, né alla classificazione catastale del bene, ma alla fonte dei fenomeni denunciati. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato la competenza del tribunale su una domanda avente ad oggetto la cessazione di immissioni di rumore derivanti dallo svolgimento di feste e ricevimenti con intrattenimento musicale negli spazi esterni di un immobile, concessi dai proprietari a terzi dietro pagamento di un corrispettivo per ciascun evento, non essendo tali fenomeni immissivi ricollegabili in alcun modo all'ordinaria destinazione del bene ad uso abitativo).

Cass. civ. n. 32243/2018

In tema di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, la competenza del giudice di pace deve essere attribuita per materia in ordine alle controversie aventi ad oggetto opposizione a verbale di accertamento, ex art. 7 del d.lgs. n. 150 del 2011, nonché prioritariamente per materia, con limite di valore nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 6, comma 5, del citato decreto, per quelle aventi ad oggetto opposizione ad ordinanza-ingiunzione. Gli stessi criteri di competenza vanno altresì applicati con riferimento all'impugnativa del preavviso di fermo, in quanto azione di accertamento negativo, sia essa volta a contestare i presupposti della formazione del titolo esecutivo, quale opposizione tardiva all'ordinanza-ingiunzione ("opposizione c.d. recuperatoria"), ovvero a contestare fatti impeditivi, modificativi od estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo ("opposizione c.d. preventiva").

Cass. civ. n. 20051/2018

Appartiene alla competenza del giudice di pace la domanda volta a ottenere la recisione delle piante del vicino poste a distanza non legale a ridosso del muro di confine per la parte che superi "in verticale" l'altezza del muro, trattandosi di domanda riconducibile alla previsione dell'art. 892, ultimo comma, c.c., diversamente dalla domanda volta alla recisione dei rami protesi "in orizzontale", invadenti l'altrui proprietà (regolata dall'art. 896 c.c.), rientrante nella competenza del giudice unico di tribunale.

Cass. civ. n. 20191/2018

Per la determinazione del valore della controversia ai fini dell'attribuzione al giudice di pace della competenza per le opposizioni alle sanzioni amministrative pecuniarie di valore fino ad euro 15.493 ai sensi dell'art. 6, comma 5, lett. a), del d.l.vo n. 150 del 2011, occorre avere riguardo al massimo edittale della sanzione prevista per ciascuna violazione,non rilevando che il provvedimento sanzionatorio abbia ad oggetto una pluralità di contestazioni e che, per effetto della sommatoria dei relativi importi, venga superato il suddetto limite di valore.

Cass. civ. n. 16650/2015

La controversia sulla legittimità dell'uso a parcheggio di un'area condominiale appartiene alla competenza del tribunale e non a quella del giudice di pace, risultando oggetto di contestazione il diritto ad un certo uso del bene comune e non soltanto le relative modalità di esercizio.

Cass. civ. n. 7330/2015

L'art. 7, terzo comma, n. 3, cod. proc. civ. attribuisce alla competenza per materia del giudice di pace tutte le controversie che attengono a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione nelle quali si lamentino immissioni che oltrepassino la soglia della normale tollerabilità e ciò non solo quando la domanda è diretta ad ottenere l'inibitoria di cui all'art. 844 cod. civ., ma anche ove l'azione sia proposta, in via accessoria o esclusiva, per conseguire il risarcimento del danno sofferto a causa delle immissioni.

Cass. civ. n. 3283/2015

La cognizione in materia di opposizione all'intimazione di pagamento relativa alla riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada, configurata come opposizione all'esecuzione, spetta alla competenza del giudice di pace, avuto riguardo ai criteri di competenza per materia stabiliti dall'art. 7 del D.L.vo 1° settembre 2011, n. 150, al pari della cognizione relativa all'opposizione al verbale di accertamento ed alla cartella esattoriale presupposti, e ciò anche qualora venga fatto valere un precedente giudicato di annullamento di tali ultimi atti, poiché, in tal modo, si contesta comunque il diritto dell'agente della riscossione di procedere esecutivamente ai sensi dell'art. 615 cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 12900/2014

La domanda di risarcimento del danno da circolazione stradale proposta dinanzi al giudice di pace senza determinazione del "quantum", si presume, in difetto di tempestiva contestazione, di competenza del giudice adito ai sensi dell'art. 14 cod. proc. civ., e, quindi, pari all'importo massimo previsto dall'art. 7, secondo comma, cod. proc. civ. Ne consegue che la sentenza emessa dal giudice di pace è impugnabile, ai sensi dell'art. 339 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche apportate dall'art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), con l'appello, senza che assuma rilievo l'eventuale riduzione del "petitum" nei limiti del valore per la pronuncia secondo equità, operata dall'attore in corso di causa, in quanto il momento determinante ai fini della individuazione della competenza è quello della proposizione della domanda.

Cass. civ. n. 3538/2014

Deve escludersi che l'espressione circolazione di veicoli, contenuta nell'art. 7, secondo comma, cod. proc. civ., in funzione della individuazione della relativa regola di competenza, vada intesa nel senso di circolazione dei veicoli solo su strade pubbliche o di uso pubblico o comunque su strade private con situazione di traffico equiparabile a quello di una strada pubblica, perché la regola di competenza è applicabile anche nel caso di circolazione su qualunque strada o area privata.

Cass. civ. n. 23430/2013

La competenza del giudice di pace per le cause "relative a beni mobili" di valore non superiore a cinquemila euro è comprensiva delle domande di risarcimento del danno comprese nel suddetto valore, a nulla rilevando che il credito risarcitorio scaturisca dalla violazione di un diritto fondamentale della persona. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha ritenuto erronea la sentenza con la quale il giudice di pace, sul presupposto che la salute non fosse un "bene mobile", aveva declinato la propria competenza a conoscere di una domanda di risarcimento del danno biologico compresa nella sua competenza per valore).

Cass. civ. n. 2483/2012

Tra le cause inerenti le modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali, di cui all'art. 7, comma 3, numero 2, cod. proc. civ., rientrano anche quelle promosse nei confronti di coloro che, pur non essendo condòmini, siano comunque legittimati all'uso delle parti comuni del fabbricato condominiale. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto passivamente legittimato rispetto alla domanda di accertamento delle modalità d'uso d'un cortile condominiale anche il mero titolare d'una servitù di passaggio).

Cass. civ. n. 21582/2011

È competente il giudice di pace (nei limiti della sua competenza per valore) in ordine alle controversie aventi ad oggetto pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile, salvo che la questione proprietaria non sia stata oggetto di una esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta non appaia, "ictu oculi", alla luce delle evidenze probatorie, infondata e strumentale - siccome formulata in violazione dei principi di lealtà processuale - allo spostamento di competenza dal giudice di prossimità al giudice togato. (Principio di diritto enunciato ai sensi dell'art. 363 c.p.c.).

Cass. civ. n. 7074/2011

In tema di condominio, qualora venga impugnata una delibera assembleare, il riparto di competenza deve avvenire in base al principio contenutistico, ossia con riguardo al tema specifico del deliberato assembleare di cui l'attore si duole; ne consegue che è devoluta alla competenza per materia del giudice di pace - in quanto attinente alle modalità di uso dei servizi condominiali, ai sensi dell'art. 7, quarto comma, n. 2, c.p.c. - la controversia relativa alle modalità di custodia della chiave di accesso al lastrico solare, a nulla rilevando che l'attore abbia dedotto come fondamentale motivo di censura la mancata inclusione di tale oggetto nell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale.

Cass. civ. n. 1064/2011

Le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni, che l'art. 7, terzo comma, n. 3, c.p.c. affida alla competenza per materia del giudice di pace, sono quelle che in cui al giudice, un applicazione dell'art. 844 c.c., è chiesto di valutare il superando della normale tollerabilità; si è, invece, al di fuori di tale ambito, e la causa rientra nella competenza del tribunale, allorché si verta in tema di opponibilità della clausola di un regolamento condominiale che, imponendo limitazioni al godimento degli appartamenti di proprietà esclusiva, vieti in essi l'esercizio di certe attività lavorative, e si invochi, a sostegno dell'obbligazione di non fare, non la norma codicistica sulle immissioni, ma il rispetto della più rigorosa previsione regolamentare, costitutiva di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca.

Cass. civ. n. 17039/2010

Il risarcimento del danno subito da un immobile è assoggettato alla competenza per valore del giudice di pace - ove il "petitum" sia compreso nel limite previsto dall'art. 7, primo comma, c.p.c. - posto che la domanda ha ad oggetto una somma di danaro, senza che rilevi, ai fini della competenza per valore il titolo di godimento del bene.

Cass. civ. n. 21418/2008

Il rinvio alle norme processuali riguardanti il rito del lavoro, stabilito nell'art. 3 della legge n. 102 del 2006 per le cause di risarcimento danni da morte o lesioni derivanti da fatti di circolazione stradale, non si applica alle controversie instaurate davanti al giudice di pace, in quanto già regolate, ai sensi degli artt. 319, 320, 321 e 322 cod. proc. civ., da un procedimento speciale ispirato dagli stessi obiettivi di concentrazione e celerità propri del rito del lavoro e senza che il citato art. 3 contenga un'espressa previsione - come imposto, in via generale, dall'art. 311 cod. proc. civ. - di estensione del rito del lavoro anche al procedimento dinanzi al giudice di pace. Pertanto, alla stregua dell'"intentio legis" sottesa alla suddetta norma di cui all'art. 3 della legge 102 del 2006, si deve ritenere che la stessa sia riferita solo all'ipotesi di causa riguardante la specificata materia quando ricadono nella competenza del Tribunale.

Cass. civ. n. 27142/2006

La competenza dei giudici di pace subisce, in base alla disposizione dell'articolo 7 del codice di procedura civile, una limitazione radicale, riproduttiva del precedente testo dell'articolo, solo con riguardo ai beni immobili e non anche alle azioni di risarcimento del danno rispetto alle quali sussistono due diversi limiti di valore quello generale di euro 2.582,28 e quello speciale di euro 15.493,71 per i danni provocati dalla circolazione di veicoli o natanti; depongono in tal senso la lettera della norma e la ratio consistente nell'intento di attribuire alla decisione del giudice di pace le controversie caratterizzate da una serialità delle questioni trattate.

Cass. civ. n. 451/2006

Ai sensi dell'art. 7, comma terzo n. 1, c.p.c., il giudice di pace è competente, senza limite di valore, per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti e dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, sempre che non sorga controversia sulla proprietà o sui confini, atteso che, in questo caso, rientrando la causa tra quelle relative a beni immobili, la competenza va determinata sulla base del valore della parte controversa dell'immobile, ai sensi dell'art.15 c.p.c.

Cass. civ. n. 8376/2005

La controversia relativa al diritto di utilizzazione del pianerottolo comune, che si assume leso dall'apertura verso l'esterno (in sostituzione di quella verso l'interno) di una porta di accesso all'appartamento di proprietà di un condomino, non rientra fra le cause relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi condominiali, attribuite dall'art.7 terzo comma n. 2 c.p.c. al giudice di pace, giacchè essa ha ad oggetto la tutela, ex art. 1102 c.c., del diritto al pari uso della cosa comune ed alla libertà del suo esercizio (il comodo e sicuro passaggio per il pianerottolo). Essa è, pertanto, devoluta alla cognizione del tribunale.

Cass. civ. n. 17660/2004

In tema di controversie tra condomini, a seguito della modifica introdotta all'art. 7 c.p.c., appartengono alla competenza per materia del giudice di pace le cause relative alla misura ed alle modalità di uso dei servizi di condominio. Rientrano, tra le prime, quelle che riguardano le riduzioni o le limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini ed hanno ad oggetto quei provvedimenti degli organi condominiali che, esulando dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini; appartengono alle seconde, quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo piú conveniente ed opportuno con cui tali facoltà debbono esercitarsi, nel rispetto delle facoltà di godimento riservate agli altri condomini, in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dalla legge o dalla volontà della maggioranza oppure da eventuali disposizioni del regolamento condominiale. Restano escluse da entrambe le categorie quelle cause in cui si controverta circa l'esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune. (Fattispecie relativa alla misura del godimento del servizio comune di riscaldamento, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto che il giudice di pace avesse erroneamente declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale).

Cass. civ. n. 14564/2002

La disciplina dell'art. 7, secondo comma, c.p.c., che prevede la competenza del giudice di pace per le cause di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, purché il valore della controversia non superi trenta milioni di lire, attiene a materia che non è suscettibile di interpretazione estensiva od analogica, per essere stato previsto uno specifico nesso causale tra il fatto della circolazione stradale ed il danno, nel senso che il primo elemento deve essere causa efficiente del secondo e non costituirne, invece, semplice occasione come nel caso in cui quest'ultimo trovi la sua causa nella c.d. “insidia stradale”.

Cass. civ. n. 5448/2002

Le cause relative alle «modalità di uso dei servizi condominiali», appartenenti alla competenza del giudice di pace a norma dell'art. 7, comma terzo, n. 2, c.p.c., sono quelle nelle quali si disputi dei limiti qualitativi o quantitativi dell'esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione, e non comprendono quelle nelle quali si controverta dell'esistenza, anche parziale, del diritto di comproprietà del singolo condomino, ovvero si neghi in radice un diritto vantato dallo stesso sulla cosa comune. (In applicazione di tale principio, la S.C., in una controversia insorta a seguito della domanda di un condomino che tendeva a negare il diritto di proprietà esclusiva dell'altro, il quale aveva recintato la parte di terreno controversa e costruito sopra di essa vari manufatti, ha accolto il regolamento di competenza richiesto dal Giudice di pace di Roma — davanti al quale era stata riassunta la causa, a seguito di sentenza del tribunale che aveva declinato la propria competenza — affermando la competenza del tribunale).

Cass. civ. n. 746/2002

Il danno provocato al veicolo di proprietà di persona diversa dal conducente dalla condotta di questi che lo guidi su incarico del predetto proprietario, è risarcibile non ai sensi dell'art. 2054 c.c., bensì ai sensi dell'art. 2043 c.c.; tuttavia, trattandosi di danno prodotto dalla circolazione di un veicolo, l'eventuale domanda risarcitoria deve essere in ogni caso conosciuta dal giudice di pace.

Cass. civ. n. 15573/2000

La competenza per materia con un limite di valore, che l'art. 7, comma secondo, c.p.c. attribuisce al giudice di pace per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti, non si esaurisce nelle ipotesi contemplate dall'art. 2054 c.c. ma concerne anche i casi che, pur non essendo suscettibili di essere disciplinati da tale articolo, tuttavia rientrano nella nozione di fatti illeciti prodotti dalla circolazione stradale di veicoli.

Cass. civ. n. 7420/2000

Le propagazioni nel fondo del vicino che oltrapassino il limite della normale tollerabilità costituiscono un fatto illecito perseguibile, in via cumulativa, con l'azione diretta a farle cessare (avente carattere reale e natura negatoria) e con quella intesa ad ottenere il risarcimento del pregiudizio che ne sia derivato (di natura personale), a prescindere dalla circostanza che il pregiudizio medesimo abbia assunto i connotati della temporaneità e non della definitività.

Cass. civ. n. 5989/2000

Non è devoluta alla competenza, per materia, del giudice di pace (quale causa relativa alla misura e alle modalità di uso dei servizi di condominio di case) la controversia avente a oggetto la legittimità della delibera assembleare che neghi in radice il diritto dei condomini a una determinata utilizzazione della terrazza comune, in particolare per stendere i panni e battere i tappeti. Una tale controversia, infatti, concerne il contenuto stesso del diritto di comproprietà dei condomini, vale a dire l'inclusione o meno di una specifica facoltà relativa all'uso del bene comune e come tale — essendo estranea alla competenza del giudice di pace — è devoluta alla competenza del tribunale.

Cass. civ. n. 859/2000

Il conferimento al giudice di pace della competenza senza limiti di valore per le cause, tra proprietari confinanti, relative - oltre che all'apposizione di termini - all'osservanza delle distanze riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (vigente art. 7 c.p.c.), cioè per la materia sul piano sostanziale disciplinata dall'art. 892 c.c., non implica la competenza di questo giudice anche per le controversie promosse per ottenere la recisione di rami (o radici) che si protendano (o addentrino) da un fondo in quello confinante, in riferimento alla disciplina sostanziale di cui all'art. 896 c.c., poiché, il collegamento tra la finalità delle due discipline di carattere sostanziale non ha sufficiente rilievo rispetto ad un giudice che, diversamente dal pretore - a cui precedentemente era attribuita, con formula analoga, la competenza sulle distanze degli alberi e siepi dal confine - ha in linea generale competenza solo per cause mobiliari, tenuto anche presente che la violazione dell'art. 896 implica la lesione di un diritto reale e che le domande relative alla recisione di rami protesi sul fondo altrui possono dar luogo ad eccezioni basate sulla deduzione della sussistenza al riguardo di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia.

Cass. civ. n. 25/2000

Per «cause relative alle modalità di uso dei servizi di condominio di case» (già di competenza del conciliatore) devono intendersi quelle concernenti i limiti qualitativi di esercizio di facoltà contenute nel diritto di comunione, nelle quali, cioè, si controverte sul modo più conveniente ed opportuno in cui tali facoltà devono essere esercitate, mentre le cause relative alla misura di detti servizi (già di competenza del pretore) si identificano con quelle riguardanti una limitazione o riduzione quantitativa del diritto dei singoli condomini. Da queste cause, ora attribuite entrambe alla competenza per materia del giudice di pace a norma dell'art. 7 c.p.c., come sostituito dall'art. 17 della legge 21 novembre 1991 n. 374, vanno tenute distinte, però, le controversie che vedono messo in discussione il diritto stesso del condomino ad un determinato uso della cosa comune e che, quindi, rimangono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore.

Cass. civ. n. 13334/1999

Nel caso di immissioni moleste eccedenti la normale tollerabilità, di cui all'art. 844 c.c., l'alienazione del fondo, verificatasi nel corso del giudizio diretto ad ottenere il risarcimento dei danni, non spiega alcuna influenza sulla legittimazione dell'originario proprietario a proseguire tale giudizio, almeno limitatamente ai danni prodotti all'immobile prima del suo trasferimento, sempre che non risulti che sia stato ceduto all'acquirente anche il diritto di credito al ristoro dei danni stessi.

Cass. civ. n. 2402/1999

La sosta di un'autovettura negli Spazi comuni condominiali configura una modalità di uso di detti beni, onde la controversia nella quale si discuta della legittimità o meno di tale forma di utilizzazione, perché contraria ad una espressa esclusione posta dal regolamento condominiale o da una deliberazione assembleare ovvero perché incompatibile con l'esercizio da parte degli altri condomini di loro concorrenti facoltà della stessa natura sul medesimo bene, concerne non il diritto di comproprietà o il diritto di esercitarne in generale le relative facoltà, ma soltanto il limite qualitativo o quantitativo a seconda della contestazione sollevata della particolare facoltà di utilizzare in tal guisa il bene comune e rientra, pertanto, nella competenza per materia del giudice di pace ai sensi dell'art. 7 c.p.c..

Cass. civ. n. 5467/1996

Le cause relative alle modalità di uso dei servizi condominiali (appartenenti alla competenza per materia del conciliatore ai sensi dell'art. 7 c.p.c. prima della riforma introdotta con la legge 21 novembre 1991, n. 374, che le ha attribuite al giudice di pace) sono solo quelle riguardanti i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo più conveniente e opportuno in cui tali facoltà debbono essere esercitate, nel rispetto della parità di godimento in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dagli artt. 1102 e 1118 c.c., nonché in conformità del volere della maggioranza e delle eventuali disposizioni del regolamento condominiale, mentre le cause relative alla misura degli stessi servizi (anch'esse attribuite dalla menzionata legge n. 374 del 1991 alla competenza del giudice di pace, ed anteriormente rientranti nella competenza del pretore ex art. 8 c.p.c.) riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini e si identificano quindi con quelle aventi per oggetto provvedimenti dell'assemblea o dell'amministratore che, trascendendo dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini. Alle sopraindicate categorie è estranea invece ogni controversia nella quale sia in discussione l'esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune, che resta attribuita al giudice competente secondo gli ordinari criteri del valore della causa. (Nella specie la S.C. adita in sede di regolamento di competenza ex art. 43 c.p.c. ha dichiarata la competenza del tribunale sulla domanda di riduzione in pristino proposta da un condomino nei confronti di altro condomino, che aveva chiuso una parte del pianerottolo e di un bagno comuni con una porta munita di chiave, fornita anche agli altri condomini, rilevando che non veniva in contestazione l'uso particolare e speciale del pianerottolo ma il diritto del convenuto di appropriarsi dei suddetti beni comuni).

Cass. civ. n. 12093/1995

La controversia nella quale l'attore, deducendo la turbativa del proprio diritto di proprietà sulla rampa e sullo Spazio di accesso e manovra di un suo garage, chieda la cessazione del passaggio, esercitato nei predetti luoghi dal convenuto per accedere ad un locale di cui sia proprietario (domanda che introduce un'azione negatoria, ex art. 949 c.c., diretta a far dichiarare l'inesistenza del diritto di servitù di passaggio invocato dalla controparte), ed il convenuto spieghi domanda riconvenzionale rivolta all'accertamento di tale servitù, costituita per contratto od acquisita per usucapione, ovvero alla costituzione di una servitù di passaggio coattiva, appartiene alla competenza del tribunale, trattandosi di causa concernente diritti reali immobiliari, non già a quella del conciliatore, non essendo riferibile al semplice regolamento di uso di un'area condominiale.

Cass. civ. n. 7295/1995

La competenza sulla domanda proposta dal condominio per impedire ad uno dei condomini l'occupazione, con beni mobili (nella specie, sedie e tavolini), dell'area comune antistante l'edificio, quando siano in discussione solo le modalità dell'uso e non il diritto di comunione del condominio o la misura delle relative facoltà, appartiene al conciliatore, cui è riservata dall'art. 7 comma 2 c.p.c., la cognizione di tutte le cause relative alle modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali, e, cioè, le controversie sui limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione.

Cass. civ. n. 9368/1994

Ai fini della distanza dal confine, l'art. 892 c.c., distingue le siepi formate da arbusti, da piante basse, da canneti, con esclusione degli alberi di alto e medio fusto, dalle siepi costituite da alberi di alto e medio fusto — purché oggetto di periodica recisione vicino al ceppo, che impedisce la crescita in altezza e la favorisce in larghezza, rendendo, così possibile l'avvicinamento dei rami e dei vari alberi e la formazione della protezione o barriera contro gli agenti esterni — le quali devono osservare la distanza di un metro dal confine.

Cass. civ. n. 6936/1993

Le cause aventi ad oggetto con la formazione delle tabelle millesimali la ripartizione di spese attinenti all'uso e al godimento dei servizi condominiali e dei beni comuni (nella specie spese di spurgo della fossa biologica e di pozzetti) non rientrano tra le controversie relative alle modalità di uso e alla misura dei servizi condominiali [rispettivamente di competenza del conciliatore (art. 7, capoverso, c.p.c.) e del pretore (art. 8, n. 4, c.p.c.)] in quanto la patrimonialità del thema decidendum prevale sull'accertamento della misura e delle modalità dell'uso, che costituisce soltanto un presupposto necessario per la determinazione delle singole quote di spesa.

Cass. civ. n. 3090/1993

La disposizione dell'art. 844 c.c., è applicabile anche negli edifici in condomino nell'ipotesi in cui un condomino nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell'applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all'edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. In particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell'utilità sociale, cui è informato l'art. 844 citato, impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali (v. Cost., artt. 14, 31 e 47) le esigenze personali di vita connesse all'abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all'esercizio di attività commerciali. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva ordinato la rimozione dal muro perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale a breve distanza dalle finestre di alcuni condomini, destinata a smaltire le esalazioni di fumo, calore e gli odori prodotti dal forno di un esercizio commerciale ubicato nel fabbricato condominiale).

Cass. civ. n. 12133/1992

L'art. 844 c.c., il quale riconosce al proprietario il diritto di far cessare le propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale tollerabilità, deve essere interpretato estensivamente, nel senso di legittimare all'azione anche il superficiario, l'enfiteuta, il titolare di usufrutto, di uso o di abitazione e, inoltre, è applicabile per analogia a chi sia titolare di un diritto personale di godimento sul fondo, come il conduttore ovvero il promissario di vendita immobiliare che abbia ricevuto la consegna del bene in anticipo rispetto alla conclusione del contratto definitivo. In quest'ultima ipotesi, peraltro, se gli accorgimenti tecnici da adottare per ricondurre le immissioni nei limiti della normale tollerabilità comportino la necessità di modificazioni di strutture dell'immobile da cui le propagazioni derivano, si deve escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere le modificazioni medesime, salva restando la reclamabilità d'indennizzo.

Cass. civ. n. 6417/1984

Appartengono alla competenza per materia [del pretore] sia le controversie insorte fra proprietari di fondi confinanti in ordine alla mancata osservanza delle distanze stabilite dalla legge relativamente al piantamento degli alberi, che le cause nelle quali fra proprietari di fondi confinanti si controverta se ricorra o non ricorra la situazione in presenza della quale chi abbia piantato gli alberi è esonerato dall'osservanza delle distanze stabilite, in via generale, dalla legge, atteso che, anche in tale ipotesi, la controversia riflette, sia pure in negativo, una questione di distanze per gli alberi, rientrante, per quanto concerne la competenza a conoscerne, nelle previsioni dell'art. 8, n. 2 c.p.c.

Cass. civ. n. 6341/1982

La domanda diretta all'eliminazione dell'incertezza del confine tra due fondi e, in via meramente conseguenziale, all'apposizione dei relativi termini costituisce azione di regolamento di confini, e non azione per apposizione di termini (postulante che i termini siano certi e pacifici e tendente, quindi, solo a renderli visibili e riconoscibili), e, pertanto, ai fini della competenza, non è soggetta al criterio di cui all'art. 8, n. 2 c.p.c., bensì al criterio generale della competenza per valore.

Cass. civ. n. 6348/1981

Ai fini della determinazione della distanza ex art. 892 c.c., ove sorga controversia sulla rilevanza da attribuire all'altezza di una pianta quale constatata in giudizio, occorre accertare se essa sia stata determinata da un sistema di coltivazione e di potatura razionalmente praticato sin dal momento della messa a dimora e con il preciso intento di imprimere alla pianta forma e dimensioni anche parzialmente diverse da quelle che avrebbe assunto in base alle sue caratteristiche naturali, ovvero se detta altezza sia stata determinata da una pratica colturale irrazionale o casuale e tale da incidere solo temporaneamente sulle dimensioni in genere e sull'altezza in particolare. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto applicabile la distanza di mezzo metro dal confine, ai sensi dell'art. 892, n. 3 c.c., ad olivi della specie «cipressina», trattandosi di piante da frutta, la cui altezza, in relazione alla natura delle medesime, alle modalità di impianto ed al sistema di potatura concretamente adottato, non può superare i due metri e mezzo. Il Supremo Collegio ha confermato la decisione, enunciando il surriportato principio).

Cass. civ. n. 6064/1978

L'azione proposta per ottenere il ricollocamento dei segni di confine contro l'autore della illecita demolizione e rimozione di essi non è la tipica azione per apposizione di termini, data nei confronti del proprietario vicino per ottenere il concorso nella spesa per l'apposizione o il ristabilimento dei termini di confine tra fondi contigui, bensì una mera azione personale di risarcimento del danno da fatto illecito mediante la reintegrazione in forma specifica; l'azione predetta, quindi, non appartiene alla competenza per materia del pretore, ma va proposta al giudice competente per valore nel foro generale del convenuto.

Cass. civ. n. 1568/1978

Gli alberi di alto fusto, che, a norma dell'art. 892 n. 1 c.c., debbono essere piantati a non meno di tre metri dal confine, vanno identificati con riguardo alla specie della pianta, classificata in botanica come «di alto fusto», ovvero, se trattisi di pianta non classificata come di alto fusto, con riguardo allo sviluppo da essa assunto in concreto, quando il tronco si ramifichi ad un'altezza superiore a tre metri.

Cass. civ. n. 3889/1977

Sebbene l'art. 844 c.c. contenga un elenco esemplificativo delle immissioni suscettibili di divieto, posto che, in esso, dopo l'espressa menzione di alcune di tali immissioni seguono le parole «e simili propagazioni», tuttavia il carattere eccezionale dei limiti posti alla estrinsecazione del diritto di proprietà fa sì che la tassatività sussiste nel genus, se non nella species. Pertanto, la norma è passibile di applicazione, per interpretazione estensiva, ad ipotesi che presentino tutti i seguenti requisiti: 1) materialità dell'immissione, cioè che essa cada sotto i sensi dell'uomo ovvero influisca oggettivamente sul suo organismo (per esempio, radiazioni nocive) o su apparecchiature (per esempio, correnti elettriche e onde elettromagnetiche); 2) carattere indiretto o mediato dell'immissione, nel senso che essa non consista in un facere in alienum, ma costituisca ripercussione di fatti compiuti, direttamente o indirettamente dall'uomo, nel fondo da cui si propaga; 3) attualità di una situazione di intollerabilità, non semplice pericolo di essa, derivante da una continuità, o almeno periodicità, anche se non a intervalli regolari, dell'immissione. Questi requisiti non ricorrono nell'ipotesi in cui aggetti di gronda e tubazioni di raccolta delle acque piovane sporgano oltre la linea di confine.

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Gesmundo chiede
mercoledì 30/03/2011 - Puglia
“vorrei sapere se la richiesta di risarcimento danni non derivanti da sinistro stradale, di valore di € 4.000,00 è di competenza del giudice di pace o del Tribunale”
Consulenza legale i 04/04/2011

Trattasi di una domanda di risarcimento danni rientrante nella competenza ordinaria per valore del giudice di pace.

Si veda infatti qui sopra l'art. 7 c.p.c. laddove dice, al comma 2:

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi € 20.000,00.