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Articolo 41 Codice del processo amministrativo

(D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)

[Aggiornato al 31/01/2024]

Notificazione del ricorso e suoi destinatari

Dispositivo dell'art. 41 Codice del processo amministrativo

1. Le domande si introducono con ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.

2. Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge. Qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo, ai sensi dell'articolo 102 del codice di procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell'articolo 49.

3. La notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse.

4. Quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia particolarmente difficile per il numero delle persone da chiamare in giudizio il presidente del tribunale o della sezione cui è assegnato il ricorso può disporre, su richiesta di parte, che la notificazione sia effettuata per pubblici proclami prescrivendone le modalità.

5. Il termine per la notificazione del ricorso è aumentato di trenta giorni, se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d'Europa, o di novanta giorni se risiedono fuori d'Europa.

Spiegazione dell'art. 41 Codice del processo amministrativo

La norma si occupa di disciplinare la fase introduttiva del processo amministrativo.
Nello specifico, si prevede che la domanda vada
  • proposta con ricorso al Tar competente;
  • notificata ad una serie di soggetti.
La notificazione, in particolare, è l’adempimento necessario per instaurare il contraddittorio.
Nel dettare le regole sulla notificazione, nel dettaglio, il legislatore distingue tra:
  1. azione di annullamento, con riferimento alla quale dispone che il ricorso debba essere notificato, entro il termine perentorio di decadenza previsto dalla legge, alla Pubblica Amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati individuato nel ricorso. Il termine, nello specifico, è pari a sessanta giorni (cfr. art. 29 c.p.a.), salvo il dimezzamento nei casi previsti dall’art. 120 e decorre dalla notifica o comunicazione del provvedimento, dalla pubblicazione dello stesso oppure dalla piena ed effettiva conoscenza;
  2. azione di condanna, con riferimento alla quale prevede che il ricorso sia notificato anche agli eventuali benefici dell’atto illegittimo ex art. 102 c.p.c. Il termine, nello specifico, è pari a centoventi giorni (cfr. art. 30 c.p.a.) e decorre dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo.
Molto importante risulta anche il comma terzo della norma in esame, che consente che, nel caso in cui ci siano molte persone da chiamare il giudizio e ciò renda particolarmente difficile la notificazione, si possa procedere alla notificazione per pubblici proclami. A tal fine, però, è necessaria
- una specifica istanza di parte;
- l’autorizzazione del Presidente del Tribunale o della Sezione;
- la prescrizione delle modalità di notifica da parte dello stesso Presidente.
Tale previsione appare coerente con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, perché consente di superare un impedimento o comunque una difficoltà pratica che ostacolerebbe la possibilità di un soggetto che si ritene leso da un atto o da un comportamento della PA di avviare un giudizio sul rapporto amministrativo.
Va infine ricordato che l’ultimo comma della norma in esame si occupa di prevedere una dilazione dei termini di notifica, che aumentano:
  • di 30 giorni, se una o più parti risiedono in un altro Stato dell’Unione Europea;
  • di 90 giorni, se una o più parti risiedono in uno Stato extracomunitario.
Con riferimento alle concrete modalità esecuzione delle notifiche, può considerarsi operante, ex art. 39c.p.a., il rinvio alle norme generali del 138 ss. c.p.c. e alle leggi speciali da esso richiamate, cui si rinvia.

Massime relative all'art. 41 Codice del processo amministrativo

Cons. Stato n. 3911/2019

Nel processo amministrativo la nozione di controinteressato al ricorso si fonda sulla simultanea sussistenza di due elementi: a) quello formale, rappresentato dalla contemplazione nominativa del soggetto nel provvedimento impugnato, tale da consentirne alla parte ricorrente l'agevole individuazione; b) quello sostanziale, derivante dall'esistenza in capo a tale soggetto di un interesse legittimo uguale e contrario a quello fatto valere attraverso l'azione impugnatoria, e cioè di un interesse al mantenimento della situazione esistente, messa in forse dal ricorso avversario, fonte di una posizione qualificata meritevole di tutela conservativa.

Cons. Stato n. 3151/2019

La notificazione è inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l'atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario. Non è possibile ritenere applicabile anche al giudizio di impugnazione dei provvedimenti di ammissione e/o di esclusione adottati nel corso di una procedura di evidenza pubblica, la regola generale per l'individuazione della decorrenza del termine di impugnazione di cui all'art. 41, comma 2, D.Lgs. n. 104/2010. Infatti, la regola posta dall'art. 120, comma 2-bis, D.Lgs. n. 104/2010 va letta in combinato con la previsione dell'art. 29, comma 1, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, così come modificata dall'art. 20 D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (c.d. correttivo al codice), per la quale il termine per l'impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis D.Lgs. 104/2010, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati da motivazione.

Cons. Stato n. 2553/2019

Ai sensi dell'art. 41, comma 2, D.Lgs. n. 104/2010, in caso di impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell'interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere notificato esclusivamente alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato. La disposizione di cui all'art. 41, nell'enunciare la regola generale sopra ricordata, positivamente esclude che l'atto introduttivo del giudizio debba essere notificato anche ad amministrazioni od enti che a diverso titolo abbiano avuto modo di partecipare al procedimento.

Cons. Stato n. 8/2018

Ai sensi dell'art. 41, com. 2, c.p.a., in caso d'impugnazione di una gara di appalto svolta in forma aggregata da un soggetto per conto e nell'interesse anche di altri enti, il ricorso deve essere notificato esclusivamente "...alla pubblica amministrazione cha ha emesso l'atto impugnato...".

Cons. Stato n. 2638/2016

È inammissibile la notifica del ricorso al controinteressato presso l'ufficio pubblico presso il quale presta servizio, non a mani proprie, ma con consegna dell'atto ad altra persona, pur se addetta all'ufficio stesso, atteso che la possibilità prevista dall'art. 139, comma 2, c.p.c. di procedere alla notifica a mani di "persona addetta all'ufficio" si riferisce esclusivamente agli uffici dove l'interessato tratta i propri affari - per cui può affermarsi un'immedesimazione di principio tra ufficio e destinatario - e non anche quello presso il quale il dipendente pubblico controinteressato presti lavoro subordinato.

Cons. Stato n. 189/2016

In assenza di apposita autorizzazione presidenziale, è inammissibile nel processo amministrativo la notifica del ricorso mediante posta elettronica certificata ai sensi della legge n. 53/1994; invero, siffatta modalità di notifica non è utilizzabile nel processo amministrativo, essendo esclusa, in base al disposto di cui all'art. 16-quater, comma 3-bis, del D.L. n. 179/2012 come convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, l'applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l'operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento (ovvero i commi 2 e 3 del medesimo art. 16-quater), solo all'esito della cui adozione, si badi, detto meccanismo ha acquistato effettiva efficacia nel processo civile e penale; e ciò tenuto conto della mancanza di un apposito Regolamento, che, analogamente al D.M. 3 aprile 2013, n. 48 concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, detti (essendo del tutto impensabile che prescrizioni tecniche siano all'uopo necessarie per il processo civile e penale e non per quello amministrativo) le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo.

L'invalidità della notifica del ricorso mediante posta elettronica certificata, in assenza di autorizzazione presidenziale, non può ritenersi sanata dalla successiva costituzione in giudizio del soggetto destinatario della stessa, atteso che vertesi in ipotesi di inesistenza della notifica (in quanto trattasi di modalità di notificazione priva di qualsivoglia espressa previsione normativa circa l'idoneità della forma prescelta a configurare un tipico atto di notificazione come delineato dalla legge; tipicità, questa, che non consente nemmeno di poter ravvisare nella fattispecie un'ipotesi di errore scusabile), in alcun modo sanabile; quand'anche, tuttavia, si volesse ritenere che una notifica eseguita mediante ricorso ad una forma non utilizzabile in quanto non espressamente prevista come tale nel paradigma legislativo degli atti di notifica valga a concretizzare non una ipotesi di inesistenza ma piuttosto di nullità della stessa, comunque in tal caso, sulla scorta dell'art. 44, comma 3, c.p.a., la costituzione dell'intimato è sì idonea a sanare la nullità medesima, ma, a differenza che nel processo civile, con efficacia ex nunc, ossia con salvezza delle eventuali decadenze già maturate in danno del notificante prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica, ivi compresa la scadenza del termine di impugnazione.

Cons. Stato n. 5362/2015

Nel giudizio amministrativo, la qualifica di controinteressati, ai quali dev'essere notificato il ricorso, a pena d'inammissibilità, ai sensi degli artt. 27, comma 1, e 41, comma 2, c.p.a., dev'essere riconosciuta a quei soggetti che siano portatori di un interesse qualificato alla conservazione degli effetti prodotti dal provvedimento impugnato e che abbia natura uguale e contraria a quella del ricorrente. I controinteressati, per essere qualificati tali, non devono essere (necessariamente) nominativamente menzionati nel provvedimento, essendo sufficiente che siano agevolmente identificabili sulla base della lettura dell'atto stesso.

Cons. Stato n. 4930/2015

Nel caso in cui alcuni soggetti - in qualità di medici interessati alla frequenza dei corsi di specializzazione - abbiano impugnato davanti al G.A. le graduatorie nazionali di merito nominative per l'accesso alle scuole di specializzazione nella parte in cui non collocano i ricorrenti medesimi in posizione utile all'iscrizione alle scuole presso le Università prescelte, il ricorso va notificato, a pena di inammissibilità, ad almeno uno dei controinteressati - agevolmente identificabili nei candidati collocatisi utilmente nelle graduatorie di cui trattasi - che dall'eventuale accoglimento del ricorso, con conseguente caducazione delle graduatorie medesime, subirebbero un pregiudizio certo.

Va riconosciuto il beneficio dell'errore scusabile nel caso di omessa notifica del ricorso avverso graduatorie ad almeno uno dei controinteressati nel caso in cui risulti che i ricorrenti, prima della notifica del ricorso, abbiano inoltrato a mezzo PEC una formale richiesta alla P.A. per conoscere i dati anagrafici completi, non riportati nelle graduatorie impugnate, dei candidati utilmente collocatisi nelle graduatorie in questione e la risposta dalla P.A. sia giunta quando il ricorso era già stato depositato. In tal caso l'omessa instaurazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati può senz'altro essere valorizzata come circostanza di fatto idonea ad integrare gli estremi dell'errore scusabile ai sensi dell'articolo 37 cod. proc. amm. e va pertanto disposta la remissione in termini ai fini dell'integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati pretermessi, parti necessarie del giudizio avverso le impugnate graduatorie.

Cons. Stato n. 4862/2015

Non può essere considerata nulla la notifica del ricorso giurisdizionale a mezzo posta elettronica certificata (pec) effettuata in assenza dell'autorizzazione presidenziale di cui all'art. 52, comma 2, del c.p.a.; va infatti condiviso l'orientamento giurisprudenziale che esclude la nullità della notifica in tale ipotesi.

Cons. Stato n. 3426/2015

Nel giudizio amministrativo, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto anche in un ricorso collettivo deve indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la sua pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti. Deve pertanto ritenersi inammissibile il ricorso collettivo che nulla dice in ordine alle condizioni di legittimazione e di interesse di ciascuno dei ricorrenti, in quanto ciò impedisce al giudice di controllare il concreto e personale interesse di ciascuno di loro, l'omogeneità dello loro posizioni e la concreta fondatezza della domanda.

Cons. Stato n. 1896/2015

Nelle controversie aventi ad oggetto l'affidamento di pubblici appalti, non trova applicazione l'aumento del termine di impugnazione previsto dall'art. 41, comma 5, c.p.a. (secondo cui "Il termine per la notificazione del ricorso è aumentato di trenta giorni, se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d'Europa, o di novanta giorni se risiedono fuori d'Europa"), atteso che il termine legale accelerato per l'impugnazione degli atti di gara non tollera deroghe ed è destinato a prevalere sulla disciplina generale dei termini processuali.

Cons. Stato n. 4494/2014

L'aggiudicatario provvisorio assume la veste di controinteressato nel ricorso proposto dal concorrente escluso, solo quando l'esclusione e l'aggiudicazione siano avvenute contestualmente, ossia senza soluzione di continuità, potendo il soggetto escluso solo in tal caso rendersi perfettamente conto che l'impugnativa incide sulla posizione, differenziata e giuridicamente protetta, di altro soggetto privato; non sussiste invece alcun onere per l'impresa esclusa di seguire gli sviluppi del procedimento al quale è ormai estranea ed impugnare gli atti conseguenti, ricercando i controinteressati successivi, salva la facoltà per questi ultimi di proporre l'opposizione di terzo.

Cons. Stato n. 816/2013

È sufficiente ai fini dell'ammissibilità del ricorso collettivo la costituzione in giudizio di uno solo dei controinteressati, in modo da rendere operativo l'obbligo per il giudice di integrare, ex art. 49 c.p.a., il contraddittorio nei confronti degli altri controinteressati, rispetto alle altre parti del ricorso collettivo, eventualmente non costituiti.

Cons. Stato n. 4218/2012

La notificazione degli atti giudiziari a mezzo posta è riservata, ai sensi della L. n. 890 del 1992, a Poste Italiane s.p.a. quale fornitore del servizio universale. Infatti, pur essendo stata introdotta la liberalizzazione dei servizi postali, tale servizio è stato riservato, per esigenze di ordine pubblico, esclusivamente a Poste Italiane s.p.a.

Cass. civ. n. 8284/2011

Deve intendersi nulla la notifica effettuata a mezzo posta con la sola consegna al portiere dello stabile, senza attestazione dell'avvenuta ricerca delle altre persone abilitate, attestazione che può avvenire anche con la crocettatura delle apposite caselle nel relativo modulo. Né può desumersi il compimento di tale attività dal solo fatto che la consegna sia stata effettuata al portiere, non risultando alcunché dalla notifica.

Cons. Stato n. 1889/2011

Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 26 novembre 2002 n. 477, è da ritenersi presente nell'ordinamento processuale, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica deve considerarsi perfezionata per il notificante si distingue da quello in cui si perfeziona per il destinatario, con la conseguenza che le norme in tema di notificazione devono essere interpretate nel senso che la notificazione nei confronti del notificante si perfeziona al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario. Pertanto la tempestiva consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario evita alla parte notificante la decadenza correlata all'inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica stessa deve essere effettuata, non potendo ricadere sul richiedente le conseguenze di un errore o di un'inerzia dell'ufficiale giudiziario medesimo.

Cass. civ. n. 3919/2011

In tema di notificazione degli atti all'estero, l'art. 10 della Convenzione dell'Aja 15 novembre 1965, ratificata in Italia con legge 6 febbraio 1981, n. 42, non è di ostacolo, se lo Stato di destinazione dichiara di non opporvisi, a che la notifica di atti giudiziari all'estero avvenga tramite posta, dietro iniziativa diretta della parte interessata; in tal caso, la Convenzione non prevede espressamente alcun obbligo di traduzione dell'atto nella lingua del Paese di destinazione, a differenza di quanto stabilito dall'art. 5 della medesima, secondo cui - in caso di notifica tramite l'Autorità centrale dello Stato dove la stessa deve essere effettuata - detta Autorità ha la facoltà di richiedere la traduzione dell'atto.

Cass. civ. n. 26022/2010

La notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell'atto ma si perfeziona con la consegna del plico al destinatario e l'avviso di ricevimento prescritto dall'art. 149 c.p.c. e dalle disposizioni della L. n. 890/1982 è il solo documento idoneo a dimostrare sia l'intervenuta consegna che la data di essa e l'identità e l'idoneità della persona a mani della quale è stata eseguita. Ne consegue che, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del ricorso per Cassazione, la mancata produzione dell'avviso di ricevimento comporta non la mera nullità ma l'inesistenza dell'atto e l'inammissibilità del ricorso medesimo, in quanto non può accertarsi l'effettiva e valida costituzione del contraddittorio, anche se risulta provata la tempestività della propria impugnazione.

Cass. civ. n. 25127/2010

La notifica di un atto processuale, almeno quando debba compiersi entro un determinato termine, si intende perfezionata, dal lato dell'istante, al momento dell'affidamento dell'atto all'ufficiale giudiziario, posto che, come affermato dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 69 del 1994 e n. 477 del 2002, il notificante deve rispondere soltanto del compimento delle formalità che non esulano dalla sua sfera di controllo, secondo il principio della scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio. Deriva da quanto precede, pertanto, che qualora l'atto sia stato consegnato per la notifica all'ufficiale giudiziario (nella specie come da annotazione risultante dall'atto stesso) l'ultimo giorno utile per la richiesta di notifica, è irrilevante che l'atto stesso (ricorso per Cassazione) sia stato spedito - dall'ufficiale giudiziario - a mezzo del servizio postale allorché erano già trascorsi i termini di cui all'art. 327 c.p.c.

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Consulenze legali
relative all'articolo 41 Codice del processo amministrativo

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

D. A. chiede
lunedì 15/01/2024
“Spett. Brocardi,
domanda specifica:

1) quando si fa un ricorso al TAR avverso un atto della Amministrazione comunale, ad es. una delibera di consiglio comunale è indispensabile notificare anche ad un contro interessato?

2) ove per ipotesi non esista un contro interessato, si può fare a meno di tale notifica? o bisogna ad ogni costo trovare un controinteressato e fare la notifica a questi?

3) ove il controinteressato esista, ma il ricorrente non ne abbia contezza e NON notifica al controinteressato, il ricorso notificato alla sola Amministrazione comunale è nullo ossia è tamquam non esset oppure è sanabile?
Grazie”
Consulenza legale i 22/01/2024
Anche se la regola generale fissata dal codice del processo amministrativo prevede la notificazione del ricorso ad almeno uno dei controinteressati individuati nel provvedimento impugnato, quando un controinteressato non sia presente tale notificazione non è richiesta (si pensi ad esempio al caso dei ricorsi contro i provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi).
La risposta alle prime due domande è, dunque, negativa.

Quanto all’ultima domanda, si rileva che, secondo costante giurisprudenza, la nozione di controinteressato al ricorso si fonda sulla simultanea sussistenza di due necessari elementi: quello formale, rappresentato dalla contemplazione nominativa del soggetto nel provvedimento impugnato, tale da consentirne alla parte ricorrente l'agevole individuazione; e quello sostanziale, derivante dall'esistenza in capo a tale soggetto di un interesse legittimo uguale e contrario a quello fatto valere attraverso l'azione impugnatoria, e cioè di un interesse al mantenimento della situazione esistente - messa in forse dal ricorso avversario - fonte di una posizione qualificata meritevole di tutela conservativa (T.A.R. Milano, sez. IV, 04 luglio 2023, n. 1729)

In particolare, il controinteressato da evocare in giudizio è il soggetto indicato nell'atto che si impugna, ovverosia il soggetto, facilmente individuabile, portatore di un interesse — concreto ed attuale — giuridicamente qualificato alla conservazione dell'atto, e dunque interessato a difendere una situazione giuridica di vantaggio uguale e contraria rispetto a quella del ricorrente. Non occorre, inoltre, che il controinteressato sia espressamente individuato nell'atto, essendo sufficiente che sia comunque facilmente individuabile con l'ordinaria diligenza (T.A.R. Roma, sez. II, 06 giugno 2023, n. 9511).
Se l’atto impugnato non consente di identificare il controinteressato secondo i canoni di diligenza suddetti, quindi, non dovrebbero esservi particolari conseguenze in tema di inammissibilità del ricorso.


O. M. chiede
lunedì 03/07/2023
“Caso:
il soggetto "A" propone , nei termini decadenziali di legge, ricorso al TAR avverso il Comune "B" per l'annullamento di un atto di Consiglio comunale, notificando l'impugnativa anche a due controinteressati "C" e "D" e deposita l'atto al Tar.
Pochi giorni dopo "A" viene a conoscenza della esistenza di un atto di Giunta comunale, presupposto a quello di Consiglio impugnato davanti al G.A.. Ma per l'atto di Giunta é scaduto il termine di 60 gg per la impugnativa davanti al TAR e permane il termine di 120 gg per ric.str.Pres.Rep..
Domande:
1) si può proporre ricorso straordinario al Pres.d.Rep. avverso l'atto di G.C. presupposto all'atto di C.C. già impugnato davanti al TAR riguardante ovviamente lo stesso oggetto del contendere?
2) se l'atto impugnato in via straordinaria viene trasposto davanti al G.A., va tutto a posto?
2) se invece per l'atto opposto in via straordinaria davanti al Pres.d.Rep. non viene richiesta la trasposizione in sede giurisdizionale, si avrebbero due pronunce, quella del Tar sull'atto di C.C. (conseguente) e quella del Pres.Rep. sull'atto di G.C. (presupposto). Ciò potrebbe creare inammissibilità di una delle impugnative o di entrambe, per conflitto di giudicati e quant'altro?
3) il tema é già stato toccato dalla Vs risposta n.3 alla consulenza n. Q202128502, ma non mi è ben chiara l'applicazione al caso di specie, che (ri)sintetizzo ...... ric. al Tar dell'atto conseguente (C.C.) e successivo ric.str.Pres.Rep. dell'atto presupposto (G.C.).... é praticabile?
Saluti”
Consulenza legale i 13/07/2023
In primo luogo, è necessario un breve chiarimento circa il dies a quo del termine di decadenza ai fini dell’impugnazione dei provvedimenti amministrativi, che decorre dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge (art. 41 c.p.a.).
Nel nostro caso, l’atto oggetto del quesito è una delibera di giunta, che è soggetta a pubblicazione, ma la circostanza che siano già trascorsi più di sessanta giorni da quest’ultima potrebbe non essere comunque preclusiva.
Infatti, un consolidato orientamento giurisprudenziale ritiene che il termine di decadenza per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria decorre dalla pubblicazione medesima solo per i soggetti non espressamente nominati o, comunque, immediatamente rintracciabili, non essendo indispensabile la loro notificazione individuale né la piena conoscenza (ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 08 gennaio 2019, n. 190; T.A.R. Trento, sez. I, 05 gennaio 2023, n.1).
La pubblicazione di un provvedimento all'albo pretorio non è sufficiente, alla luce di quanto disposto dall'art. 41, comma 2, c.p.a., a determinare la presunzione assoluta della sua piena conoscenza in capo al soggetto al quale quell'atto si riferisce direttamente e che è interessato a impugnarlo, e a tale soggetto, pertanto, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, il provvedimento deve essere o notificato o, comunque, personalmente comunicato.
Pertanto, se nella delibera di Giunta vi fosse un riferimento specifico al soggetto che intende impugnarla e questa non gli fosse stata notificata, si potrebbe validamente sostenere che sia ancora aperto il termine per impugnarla con motivi aggiunti davanti al T.A.R. già adìto per il ricorso principale.

In secondo luogo, si nota che questo sembra essere un caso abbastanza particolare, in cui vi è un atto presupposto che non viene richiamato nell’atto conseguente (o almeno così si può presumere alla luce del fatto che la parte ne abbia avuto conoscenza solo dopo aver impugnato l’atto “conseguente”).
Sarebbe opportuno, dunque, verificare se la delibera di giunta che ora si vuole impugnare sia effettivamente un atto presupposto e connesso a quello già impugnato, o se possa essere qualificata invece come un atto autonomamente lesivo e che presenta solo un legame labile con quello già impugnato.
In proposito, la giurisprudenza ritiene che la connessione apprezzabile al fine di consentire la proposizione dei motivi aggiunti in luogo dell'autonomo ricorso va interpretata in senso lato, dovendosi valutare i profili di connessione alla luce dell'oggetto del processo e, pertanto, i motivi aggiunti sono ammissibili non soltanto se riguardanti atti connessi a quelli precedentemente impugnati, ma anche se concernenti atti connessi all'oggetto del giudizio già instaurato. Con i motivi aggiunti è, pertanto, possibile ampliare il petitum del ricorso estendendolo ad altri diversi provvedimenti, purché l'atto sopravvenuto costituisca episodio della medesima lesione nei confronti dell'interesse della parte (T.A.R. Palermo, sez. II, 03 maggio 2021, n. 1442).
Nell’ipotesi in cui manchi tale rapporto di connessione e si intendano contestare vizi propri della delibera di giunta che non sono in alcun modo dipendenti e/o legati al ricorso già proposto contro la delibera consiliare, si potrebbe in astratto procedere sulle due strade parallele davanti al TAR e con ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Quanto sopra, però, si potrebbe prospettare solo nell’ipotesi in cui si tratti effettivamente di due atti in tutto e per tutto autonomi, che vista tale autonomia non dovrebbero quindi creare il rischio di contrasto tra giudicati. In tal caso, però, si potrebbe chiedere la trasposizione al TAR ma non la riunione con il ricorso pendente, poiché chiedere la riunione vorrebbe dire ammettere che una tale connessione invece esista.
Al contrario, nel caso in cui si tratti di atti effettivamente relativi allo stesso oggetto del contendere, purtroppo il ricorso davanti al Capo dello Stato esporrebbe al fondato rischio di incorrere in una pronuncia di inammissibilità, secondo il principio giurisprudenziale già esposto nel precedente parere, che in sintesi afferma che tale mezzo di impugnativa non può essere utilizzato per eludere i termini decadenziali fissati dal codice amministrativo, nell’interesse della certezza del diritto.
Quanto al rischio che venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso già pendente, invece, si nota che esso potrebbe sussistere nel caso in cui l’atto presupposto non impugnato, impugnato oltre il termine o impugnato con ricorso davanti al Capo dello Stato dichiarato inammissibile, costituisca un antecedente necessario alla delibera consiliare oggetto del ricorso “principale”.

In conclusione, la circostanza di aver fatto decorrere il termine per proporre i motivi aggiunti nella giusta sede, cioè il T.A.R. già investito della controversia, costituisce un problema che potrebbe creare rischi sia impugnando con ricorso straordinario, sia davanti al T.A.R.. La comparazione di tali rischi al fine di comprendere quale strada intraprendere, però, non può essere fatta in astratto, ma presuppone necessariamente l’esame dei due provvedimenti e di tutte le circostanze concrete rilevanti da parte del legale incaricato.

Angela D.B. chiede
lunedì 03/05/2021 - Puglia
“In caso di adozione di atto Comunale (di Giunta o di Consiglio) dichiarato immediatamente eseguibile , pongo alcune domande:
1) l'efficacia provvedimentale dell'atto in parola decorre dallo stesso giorno in cui viene adottato oppure dal giorno successivo, a prescindere se festivo o no ?
2) in caso di mancata/tardiva pubblicazione dell'atto, da quando decorrono i termini per l'impugnativa ?
3) se l'atto viene pubblicato all'albo pretorio ad es. dopo 2 anni, é sempre esperibile l'impugnazione ? e se accolta produce effetti retroattivi ? e cmq eventuali danni medio tempore intercorsi chi li sopporta ?
4) ad ogni buon conto, ove si fosse in possesso del video della seduta consiliare relativa (e quindi di tutti gli elementi utili per opporsi) si potrebbe impugnare l'atto sulla base delle risultanze video ?
Altrimenti con la mancata pubblicazione si avrebbe che l'atto esiste per la P.A. che ne beneficia degli effetti e invece non esiste per il cittadino che non può eventualmente impugnarlo. E' un paradosso.”
Consulenza legale i 10/05/2021
Quanto alla prima domanda, si chiarisce che l’art. 134 T.U.E.L., nella parte in cui dispone che nel caso di urgenza le deliberazioni del Consiglio comunale o della Giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei componenti, tende a salvaguardare l'effettività di quanto deciso dall'organo politico nelle more della pubblicazione dell'atto, al fine di evitare uno spazio temporale (dal giorno della deliberazione a quello dell'effettiva pubblicazione) che potrebbe tradire l'obiettivo della delibera medesima in modo deleterio per il pubblico interesse di volta in volta perseguito, così eliminando l'"effetto annuncio" connaturato all'ordinaria regola secondo cui la delibera diventa esecutiva trascorsi dieci giorni dalla sua pubblicazione (T.A.R. Torino, sez. I, 06 febbraio 2015, n. 258; T.A.R. Torino, sez. II, 14 marzo 2014, n. 460).
Sulla base di tale principio, nonché del testo del summenzionato art. 134, dunque, si può concludere che la norma risponda all’esigenza di porre immediatamente in essere le deliberazioni urgenti e che con il termine “immediata” si debba dunque intendere lo stesso giorno della deliberazione, e non quello successivo (Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, parere 09 aprile 2009).

Al riguardo, si rileva comunque che la dichiarazione di immediata eseguibilità costituisce una valutazione autonoma rispetto alla deliberazione principale alla quale accede e richiede una adeguata motivazione che espliciti i motivi dell’urgenza, nonché la maggioranza qualificata di cui all’art. 134 T.U.E.L., ossia la maggioranza dei componenti del collegio, non essendo sufficiente il voto della maggioranza semplice dei votanti o dei presenti (Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, parere 17 febbraio 2017).
Nella fattispecie non è noto se tali requisiti effettivamente ricorrano e se la delibera possa considerarsi legittima da questo punto di vista.
Tuttavia, la possibilità e l’utilità di impugnare l’atto sotto tale specifico profilo sono dubbie, considerato che la sussistenza o meno delle ragioni di urgenza è frutto di una valutazione connotata da profili discrezionali, che sono sindacabili in modo limitato in sede giurisdizionale, e che l'eventuale difetto di motivazione del requisito dell'urgenza non determina l'illegittimità dell'intero provvedimento, ma solo il differimento dei suoi effetti giuridici al decorso del termine di dieci giorni dalla sua pubblicazione (T.A.R. Torino, sez. I, 06 febbraio 2015, n. 258).

Per rispondere a quesiti seguenti, è necessario richiamare, anzitutto, l’art. 41 c.p.a., ai sensi del quale il termine decadenziale per proporre ricorso al TAR decorre dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza del provvedimento, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge.

In proposito, una costante giurisprudenza relativa a casi per certi versi simili a quello di specie ha chiarito che il termine decadenziale per l'impugnativa di una delibera comunale decorre dalla data di notifica o comunicazione dell'atto o da quella dell'effettiva piena conoscenza -anche se dichiarato immediatamente esecutivo- soltanto con riferimento a quei soggetti direttamente contemplati nell'atto o che siano immediatamente incisi dagli effetti dell'atto stesso anche se non contemplati; al contrario, per quanto concerne i terzi, il termine decadenziale dell'impugnativa decorre dalla data di pubblicazione in albo pretorio (Consiglio di Stato, sez. IV, 23 febbraio 2009, n. 1070; Consiglio di Stato, sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5105; T.A.R. Latina, sez. I, 15 febbraio 2012, n. 119; T.A.R. Catania, sez. III, 26 maggio 2009, n. 982; T.A.R. Roma, sez. II, 02 luglio 2008, n. 6369).

In proposito, si chiarisce che, quando si tratti di provvedimenti che incidono direttamente e immediatamente sulla sfera di soggetti determinati e in difetto di esaustive comunicazioni o, comunque, di evidenze formali dell'intervenuta cognizione, la “piena conoscenza” va intesa non come conoscenza piena ed integrale, essendo sufficiente la percezione dell'esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente (T.A.R. Milano, sez. II, 05 gennaio 2021, n. 19).
In sostanza, la piena conoscenza si realizza solo se l'interessato sia in grado di percepire i profili di lesività per la propria sfera giuridica dell'atto amministrativo (T.A.R. Milano, sez. II, 03 novembre 2020, n. 2060)
In ogni caso, la prova della piena conoscenza dell'atto impugnato in un momento precedente incombe sulla parte che solleva la relativa eccezione e deve essere valutata in modo rigoroso, non essendo sufficiente la mera verosimiglianza della conoscenza stessa (Consiglio di Stato, sez. IV, 16 novembre 2020, n. 7046).

Tanto premesso, si nota che il tipo di deliberazione oggetto della richiesta di parere, ossia un “programma” che presumibilmente verrà attuato con atti successivi, sembra deporre a favore della tesi per cui non si tratti di un atto che contempli specifici destinatari o che sia in grado di produrre direttamente effetti lesivi nei confronti dei privati.
Ne consegue che il termine per impugnare possa essere calcolato a partire dalla futura pubblicazione dell’atto; in caso contrario, cioè qualora nella delibera siano già individuati i destinatari, tale provvedimento dovrà essere notificato o comunicato personalmente ai soggetti personalmente interessati e da quella data decorrerà per ciascuno di essi il termine per proporre ricorso.
In entrambe le ipotesi, comunque, la dichiarazione di immediata esecutività non sembra di per sé idonea a costituire il dies a quo a partire dal quale calcolare il termine decadenziale in danno degli eventuali ricorrenti.

Quanto al terzo quesito, la giurisprudenza amministrativa tradizionalmente ritiene che la sentenza di annullamento produca effetti ex tunc, con conseguente travolgimento di tutti gli effetti medio tempore prodotti dall’atto, salvi i casi in cui l’applicazione di tale principio determini effetti incongrui e manifestamente ingiusti, ovvero in contrasto col principio di effettività della tutela giurisdizionale (Consiglio di Stato, sez. VI, 06 aprile 2018, n. 2133; Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755).
Ne discende che, in caso di vittoria in un eventuale ricorso, verranno meno tutti gli effetti nel frattempo prodotti e tutti gli atti nel mentre adottati (che andranno comunque impugnati mediante lo strumento dei motivi aggiunti), con la possibilità di chiedere alla P.A. il risarcimento dei danni subiti anche a causa della dichiarazione di immediata esecutività.

Per tutto quanto sopra scritto, non si vede, quindi, l’utilità di proporre frettolosamente ricorso sulla base della registrazione della seduta consiliare, dato che vi è pure il rischio che il Tribunale giudichi l’impugnativa carente del necessario interesse ad agire.
In proposito, si sottolinea da ultimo che, qualora la delibera abbia contenuto generale o comunque non direttamente lesivo (e non sia perciò immediatamente impugnabile) ma venga in seguito attuata con provvedimenti successivi adottati nei confronti di specifici destinatari, sarà sufficiente impugnarla quale atto presupposto.