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Articolo 1032 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Modi di costituzione

Dispositivo dell'art. 1032 Codice Civile

Quando, in forza di legge(1), il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù(2), questa, in mancanza di contratto(3), è costituita con sentenza [2932]. Può anche essere costituita con atto dell'autorità amministrativa nei casi specialmente determinati dalla legge.

La sentenza(4) stabilisce le modalità della servitù e determina l'indennità dovuta [1038, 1039, 1047, 1049, 1053].

Prima del pagamento dell'indennità il proprietario del fondo servente può opporsi all'esercizio della servitù.

Note

(1) Oltre alle servitù coattive disciplinate dal codice civile (artt. 1033 ss. c.c.), vi sono quelle di cui il medesimo testo di legge fa menzione ma che trovano compiuta regolamentazione in leggi speciali (le servitù di elettrodotto coattivo di cui all'art. 1056 sono previste dal r.d. 1933, n. 1775); altre ancora, le servitù pubbliche, sono disciplinate da specifiche leggi speciali, come le servitù militari.
(2) Nel vincolare alla costituzione della servitù, la legge tiene presente lo stato del fondo dominante e, quindi, se, per esempio, questo non ha accesso alla via pubblica, viene imposta al fondo vicino la servitù di passaggio.
(3) In dottrina si è sostenuta l'ammissibilità della costituzione di servitù coattive tramite testamento.
(4) E' una sentenza di natura costitutiva.

Brocardi

Modum adiici servitutibus posse constat

Spiegazione dell'art. 1032 Codice Civile

Il diritto alla servitù

Questa norma, opportunamente, definisce la situazione giuridica che si presenta nelle servitù coattive. Due sono i momenti da distinguere: il primo si ha quando, in base ad una data situazione di fatto (necessità relativa), dalla legge scaturisce il diritto alla servitù; il secondo si ha quando, in virtù di convenzione o sentenza, la servitù, come diritto reale, nasce.

Prima della convenzione o della sentenza non c’è la servitù, ma solo un diritto ad ottenerla. Questo diritto, però, in caso di rifiuto da parte del proprietario del fondo che deve divenire servente a prestare il consenso per la costituzione della servitù, non dà luogo ad un semplice risarcimento dei danni, ma si attua a mezzo di sentenza che costituisce, essa stessa, la servitù (sentenza costitutiva).


La convenzione: natura, requisiti

La convenzione con cui si pone in essere la servitù legale, attuando il diritto scaturito dalla legge, è un vero e proprio contratto reale, nel senso di contratto (traslativo) costitutivo di diritto reale.

Poiché tale è la natura del contratto, questo deve avere tutti i requisiti dei contratti con cui si costituiscono le servitù prediali. Deve, quindi, farsi per atto scritto (art. 1350, n. 4), anche se le parti non eccedono i limiti della disciplina legale. A nostro avviso, deve essere pure trascritta (art. 2643, n. 4). La mancanza della trascrizione renderebbe inopponibile all'acquirente del fondo servente, che trascriva li suo titolo, la convenzione. Contro di lui il proprietario del fondo dominante avrebbe solo il diritto alla servitù: per attuare tale diritto, egli dovrebbe porre in essere una nuova convenzione, oppure ottenere una sentenza.

Circa gli altri requisiti del contratto, merita menzione particolare quello della capacità, e, prima, quello del potere di disposizione. Anche qui, come si vedrà a suo tempo per le servitù volontarie, solo il proprietario può dare il consenso alla convenzione, almeno in linea di massima. Lo può fare pure l'enfiteuta, ma le servitù da questo concesse cessano con l'estinzione dell'enfiteusi (eccetto che questa sia dovuta a confusione o affrancazione) (art. 1077 del c.c.). Deve dirsi lo stesso per le servitù coattive ? Si.

Circa la capacità, per quanto i dubbi possano essere più gravi, si deve ammettere la conseguenza che, a rigor di logica, discende dalla premessa trattandosi di un negozio di alienazione, per cui è necessaria la capacità richiesta per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione.

Quanto al contenuto, la convenzione deve determinare, oltre che i fondi, la natura della servitù (passaggio, ecc. )e le sue modalità. Inoltre deve fissare l’indennità: se questa non è determinata, la convenzione è nulla per mancanza di causa. È salva, però, la possibilità che la servitù si voglia concedere senza alcun corrispettivo: in tal caso la convenzione riveste i caratteri della donazione, e quindi è essenziale, accanto alla causa donandi, l'animus donandi, inoltre è necessario l'atto pubblico (ad substantiam: art. 782 del c.c.).


La sentenza costitutiva

Nel caso in cui il proprietario a cui carico si deve costituire la servitù si rifiuti di prestare il consenso ad hoc, il proprietario del fondo, per la cui necessità la servitù deve sorgere, può convenire il primo innanzi all'autorità giudiziaria per l'attuazione specifica del diritto alla servitù. L'autorità giudiziaria, se riconosce esistenti gli estremi e i presupposti dalla legge richiesti, dà vita alla servitù con sentenza costitutiva.

Nella sentenza deve determinarsi l'indennità, inoltre devono stabilirsi le modalità della servitù: tutto ciò è compito del giudice di merito. Ove egli trascuri di fare quanto si è detto, viola la legge, e si può ricorrere in Cassazione contro la sua sentenza.

Talvolta l'atto costitutivo della servitù è, invece della sentenza, un atto amministrativo: ciò significa che, pure in tal caso, dalla legge deriva solo il diritto alla servitù, perché è l'atto amministrativo che dà vita alla servitù.


Pagamento dell' indennità ed esercizio della servitù

Notevole è l'ultima disposizione contenuta nell'articolo in esame: con la sentenza nasce la servitù e nasce, del pari, il diritto all’indennità, cioè un diritto di credito ad una somma di denaro.

Se non vi fosse la disposizione in esame, appena costituita la servitù il proprietario del fondo dominante potrebbe esercitarla, indipendentemente dall'avvenuto o non avvenuto pagamento dell'indennità. Ove il proprietario del fondo servente si opponesse all'esercizio, egli potrebbe sperimentare l'azione reale e le azioni possessorie. Né queste verrebbero paralizzate da un'eccezione o da una domanda riconvenzionale fondata sulla indennità ancora dovuta, poiché questa eccezione o azione è di natura più debole, essendo di natura personale.

La legge pertanto, con una disposizione ad hoc, ha opportunamente provveduto: finché l'indennità non è pagata, il proprietario del fondo servente può opporsi all'esercizio della servitù. Ciò significa che non l'esistenza del diritto di servitù, ma il suo esercizio può essere sospeso fino al pagamento dell'indennità. È necessario che il proprietario del fondo servente faccia valere la sospensione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

492 Nell'art. 1032 del c.c. ho chiarito il concetto e la portata della categoria delle servitù coattive con lo stabilire che, nei casi in cui la legge riconosce al proprietario di un fondo il diritto di ottenere la costituzione di una servitù da parte del proprietario di un altro fondo, la servitù, in mancanza di contratto, è costituita con sentenza, la quale ne stabilisce le modalità e determina l'indennità da corrispondersi. Rimane naturalmente ferma la possibilità, nei casi specialmente determinati dalla legge, che la servitù sia costituita con atto dell'autorità amministrativa. Un evidente principio di giustizia informa l'ultimo comma dell'articolo, che consente al proprietario del fondo servente di opporsi agli atti relativi all'esercizio della servitù, se non gli è stata corrisposta l'indennità dovuta.

Massime relative all'art. 1032 Codice Civile

Cass. civ. n. 26437/2019

L'ammontare dell'indennità dovuta in conseguenza della imposizione di una servitù, necessaria per la realizzazione di linee ferroviarie, deve essere determinato con riferimento alla data del decreto di asservimento e non a quella di imposizione del vincolo preordinato all'esecuzione dell'opera, in analogia con quanto previsto in materia di indennità di espropriazione. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 10/07/2014).

Cass. civ. n. 3091/2014

In base al principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 cod. civ., i privati possono sottrarsi alla tipicità dei diritti reali su cose altrui, costituendo, invece della servitù prediale, un obbligo a vantaggio della persona indicata nell'atto, senza alcuna funzione di utilità fondiaria.

Cass. civ. n. 14546/2012

Al fine della valida costituzione negoziale di una servitù, non è necessaria l'indicazione espressa dell'estensione e delle modalità di esercizio della servitù, in quanto, in mancanza, soccorrono le norme suppletive di cui all'art. 1064 c.c., secondo cui il diritto di servitù comprende tutto ciò che è necessario per usarne, ed all'art. 1065 c.c., secondo cui colui che ha un diritto non può usarne se non a mezzo del suo titolo e del suo possesso; con la conseguenza che, solo nel dubbio circa l'estensione e le modalità di esercizio, la servitù deve ritenersi costituita in guisa da soddisfare il bisogno del fondo dominante con il minor aggravio del fondo servente.

Cass. civ. n. 9475/2011

Ai fini della costituzione convenzionale di una servitù prediale non si richiede l'uso di formule sacramentali, di espressioni formali particolari, ma basta che dall'atto scritto si desuma la volontà delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l'imposizione di un peso o di una limitazione su un altro fondo appartenente a diverso proprietario, sempre che l'atto abbia natura contrattuale, che rivesta la forma stabilita dalla legge "ad substantiam" e che da esso la volontà delle parti di costituire la servitù risulti in modo inequivoco, anche se il contratto sia diretto ad altra fine. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto dimostrata l'esistenza di un valido atto negoziale costitutivo di una servitù di scarico fognario sulla base di un progetto, comune a due porzioni contigue di una casa bifamiliare, contenente un identico tracciato grafico indicante la previsione di uno scarico fognario comune ad entrambe le edificande ville e corredato da planimetrie sottoscritte dalle parti).

Cass. civ. n. 4241/2010

Ai fini della costituzione negoziale di una servitù coattiva non è sufficiente la mera sussistenza dell'esigenza tutelata dalla legge con l'imposizione della servitù, ma è necessario che dal negozio risulti l'intenzione delle parti di sopperire a tale esigenza in adempimento del correlativo obbligo legale, derivandone, in mancanza, la costituzione di una servitù volontaria, ancorché il suo contenuto corrisponda a quello di una servitù coattiva.

Cass. civ. n. 16342/2002

Il nostro sistema giuridico non prevede la facoltà per i privati di costituire servitù meramente personali (cosiddette «servitù irregolari » ), intese come limitazioni del diritto di proprietà gravanti su di un fondo a vantaggio non del fondo finitimo bensì del singolo proprietario di quest'ultimo, sì che siffatta convenzione negoziale, inidonea alla costituzione di un diritto reale limitato di servitù, va inquadrata nell'ambito del diritto d'uso, ovvero nello schema del contratto di locazione o di contratti affini, quali l'affitto e il comodato.

Cass. civ. n. 4533/1990

Ai fini della costituzione negoziale di una servitù coattiva non è sufficiente la mera esistenza dell'esigenza tutelata dalla legge, ma è necessario che dal negozio risulti l'intenzione delle parti di sopperire a tale esigenza in adempimento del correlativo obbligo legale, derivandone in mancanza la costituzione di una servitù volontaria, ancorché il relativo contenuto corrisponda a quello oggetto di una servitù coattiva. (Nella specie, il proprietario del fondo gravato di servitù di passaggio, nell'impedirne l'esercizio, sosteneva che il fondo dominante era dotato di altro comodo accesso e chiedeva, subordinatamente, lo spostamento del luogo di servizio della servitù stessa. La corte ha respinto il ricorso alla stregua del principio massimato).

Cass. civ. n. 3306/1981

In presenza di un negozio costitutivo di servitù (nella specie: di passaggio), la natura coattiva del relativo peso va riconosciuta quando sussistano nel caso concreto le condizioni di legge per la costituzione di una servitù coattiva e risulti che le parti abbiano inteso assoggettare il fondo servente al tipo specifico di soggezione previsto dalla legge come servitù coattiva.

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Consulenze legali
relative all'articolo 1032 Codice Civile

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Andrea Z. chiede
mercoledì 06/02/2019 - Veneto
“Sto ristrutturando casa ed anziché utilizzare il gas GPL volevo passare al gas metano per un risparmio economico nei consumi.
La mia casa è all'interno di una strada privata di campagna collegata alla strada comunale da un ponte di proprietà consorziale.
Ho chiesto un preventivo alla rete di distribuzione gas della mia zona ( ITALGAS ) per portare il contatore del gas metano a casa mia.
La loro risposta è stata negativa perché dicono che loro non portano la rete gas all'interno delle strade private per problemi con le servitù. Se non ricordo male però la legge 154/2016, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2016, n.154, ha introdotto una nuova servitù coattiva finalizzata a garantire il passaggio dei gasdotti sulla proprietà privata.

Le mie domande sono: 1) l'azienda può rifiutarsi di portare una condotta all'interno di una strada privata o esiste qualche
normativa in cui ho il diritto di essere servito?
2) eventuali spese di condotta sono tutte a mio carico o entro una certa metratura sono a loro
carico o a carico del comune o altro ente statale?

Tra l'altro l'azienda a cui mi sono rivolto per l'eventuale fornitura di GPL mi dice che con le normative di sicurezza non ho le distanze adeguate per l'installazione del bombolone quindi dovrei chiedere al confinante se eventualmente mi venderebbe un pezzo di terreno per sistemare il tutto.

In attesa di vostra risposta porgo cordiali saluti.”
Consulenza legale i 17/02/2019
L’art. 3 della L. n. 154/2016 ha introdotto, in effetti, una speciale servitù coattiva per i gasdotti.
La norma in questione stabilisce che “i proprietari di strade private sono tenuti a consentire il passaggio di tubazioni per l'allacciamento alla rete del gas di utenze domestiche o aziendali, compresa l'installazione di contatori, nonché il passaggio di tubazioni per la trasmissione di energia geotermica. Ai fini del rispetto dell'obbligo di cui al presente comma, il sindaco del comune territorialmente competente, su richiesta degli interessati, autorizza l'esecuzione dei lavori di cui al primo periodo, tenendo in debita considerazione la stagionalità delle colture cui sono destinati i terreni agricoli adiacenti le strade private oggetto dei lavori, al fine di impedire o limitare gli eventuali danneggiamenti alle coltivazioni”.
Quanto alle spese necessarie per l’esercizio della servitù, occorre far riferimento all’art. 1069 del c.c., secondo cui esse sono a carico del proprietario del fondo dominante, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla legge, e salvo che le relative opere apportino vantaggio anche al proprietario del fondo servente (in questo caso andranno proporzionalmente ripartite). Inoltre nel realizzare tali opere occorre scegliere tempi e modi che arrechino minore disagio possibile al proprietario del fondo servente.
Lo stesso art. 3 della legge 154/2016, sopra citato, prevede l'obbligo di ripristino della strada nello stato antecedente il lavoro e il risarcimento del danno eventualmente causato dal medesimo lavoro alle coltivazioni e alle attrezzature di produzione.
Quanto al rifiuto opposto dall’Italgas, asseritamente motivato con l’esigenza di evitare “problemi con le servitù”, lo stesso è chiaramente infondato in virtù della norma citata in apertura, che attribuisce un vero e proprio diritto alla costituzione della servitù di gasdotto.
Nei confronti dell’impresa distributrice, secondo parte della giurisprudenza può trovare applicazione la figura del c.d. monopolio riflesso, situazione che si verifica quando il monopolio non è effetto diretto di una previsione normativa ad hoc, ma è conseguenza del concorrere di leggi o provvedimenti amministrativi rivolti a finalità diverse (rispetto all’istituzione del monopolio) che però in concreto determinano la situazione di privativa. In relazione al monopolio riflesso è stata proposta dalla dottrina una lettura estensiva della nozione di monopolio legale offerta dall’art. 2597 del c.c., così da ricomprendervi anche il monopolio riflesso, con conseguente obbligo di contrarre del monopolista in favore di chi richieda le prestazioni dell’impresa. Ciò trova giustificazione nell’esigenza di tutela del consumatore, intendendo garantirgli la possibilità di fruire di beni o servizi essenziali.

Anonimo chiede
martedì 16/02/2016 - Veneto
“Buonasera, sono OMISSIS di OMISSIS e avrei bisogno di esporvi questo problema: sono proprietaria di una stradina di ghiaia, la quale è a fondo cieco - larga m. 6 e lunga m. 70. Vi si accede da una strada provinciale ed io ne usufruisco per accedere alla mia abitazione. La stradina è composta da 3 mappali: 2 di mia proprietà che coprono la maggioranza della superficie. Il terzo di proprietà di un condominio il quale è posto alla fine della stradina. Su essi grava servitù di passaggio dal OMISSIS, a carico e a favore di entrambi i proprietari. Nell'atto notarile di compravendita, in cui oltre ad essere specificati i vari mappali con le servitù, è specificato che nel mio primo mappale (la fascia iniziale larga 6 m. e lunga 40 m.) " grava servitù di passaggio pedonale e con qualunque mezzo per l'accesso dalla strada provinciale..." Preciso che la stradina è esclusivamente ad uso privato. Il problema nasce nel OMISSIS con l'inizio della raccolta rifiuti porta a porta. Gli OMISSIS bidoni del condominio sono stati posti - provvisoriamente - per più di 1 anno, all'inizio della mia stradina, perché non ho dato il consenso ai mezzi pubblici di accedere alla mia stradina per espletare la raccolta dei rifiuti del condominio. In OMISSIS ho richiesto una mediazione legale, con la speranza di risolvere il problema con il condominio. Ma l'esito è stato negativo. Il condominio ha spostato i bidoni nella loro proprietà esterna e con conseguente passaggio sulla mia stradina dei camion per la raccolta dei rifiuti del condominio, nonostante il mio diniego. Nel frattempo avevo trovato nel sito di OMISSIS il REGOLAMENTO COMUNALE PER LA GESTIONE RIFIUTI URBANI deliberato dalla giunta comunale in ottobre OMISSIS. Nel Regolamento è presente un articolo dove viene espressamente citato che se si tratta di strade private, il Gestore per la raccolta rifiuti, deve avere l'autorizzazione degli aventi titolo. In agosto OMISSIS ho comunicato al Comune la mia NON autorizzazione, avvalendomi dell'articolo presente nel Regolamento Comunale. Ma dopo breve sospensione del transito dei camion, il Comune asseriva, tramite una sua comunicazione scritta, che il condomino è l'unico avente titolo della servitù. A settembre OMISSIS ho avuto un incontro in sede comunale, presentando il mio diritto di proprietaria della stradina e rinnovando le mie motivazione del diniego. In ottobre OMISSIS ho ricevuto comunicazione scritta dal Comune il quale, in riferimento al sopracitato articolo del Regolamento Comunale, conferma che l'autorizzazione del condominio, per consentire l'accesso alla mia stradina ai mezzi per la raccolta dei loro rifiuti, NON COSTITUISCE TITOLO SUFFICIENTE e quindi di esporre sul suolo pubblico, lungo il tratto viario, nei giorni e orari previsti dal calendario, i contenitori dati a loro in dotazione e di ritirarli all'interno della loro proprietà dopo lo svuotamento. Invece i mezzi pubblici hanno continuato e continuano tuttora a transitare sulla mia stradina e non solo, spesso fare sosta e fermata nei miei mappali. Dopo varie mie richieste di chiarimento fatte in Comune e anche al Gestore, citando sempre la famosa comunicazione comunale di ottobre 2012, mi hanno comunicato che i problemi miei sono esclusivamente di natura civilistica e che i camion si fermano solo ed esclusivamente nel mappale di proprietà del condominio. Inoltre il Gestore, ha ribadito che la servitù nell'atto notarile, presenta la specifica che si può passare con qualunque mezzo. Quindi Vi chiedo: 1) se nell'atto notarile viene scritto che può passare qualunque mezzo, può essere compreso anche un mezzo pubblico? 2) e se questi mezzi pubblici hanno un loro Regolamento Comunale, a prescindere da quanto è scritto nell'atto notarile, ho la possibilità di far valere l'articolo che tratta le strade private? Ho tentato varie possibilità: 1 incontro con l'assessore dell'ambiente, 1 incontro con l'assessore dell'edilizia privata, più comunicazioni al sindaco. Ma tutto è stato inutile. Un muro di gomma. Perché il mio diritto reale di avente titolo non è rispettato dal Comune e dal suo stesso Gestore? 3) se installo una sbarra automatica all'inizio della stradina potrebbe fermare l'accesso ai mezzi pubblici? Resto in fiduciosa attesa di una Vostra Cortese risposta che però vorrei fosse SOLO inviata via mail e non presentata nel Vostro sito. Vi ringrazio. Cordiali saluti. OMISSIS”
Consulenza legale i 23/02/2016
Con il presente quesito viene richiesto:
1. se la costituzione di una servitù di passaggio "con qualunque mezzo" su strada privata possa essere sufficiente a legittimare una servitù di passaggio anche in favore dei mezzi che svolgono servizi pubblici;
2. in ogni caso, laddove tale previsione dovesse interpretarsi in senso sfavorevole per il proprietario della strada in oggetto - quindi nel senso che sia idonea a costituire una servitù di passaggio anche in favore dei mezzi pubblici - quale previsione dovrebbe essere applicata tra la stessa e la contraria previsione contenuta nel Regolamento comunale (secondo la quale il Gestore per la raccolta di rifiuti, al fine di svolgere il proprio servizio su strade private, deve avere l'autorizzazione dagli aventi titolo);
3. quali siano i possibili strumenti di tutela del proprietario nei confronti del Gestore del servizio pubblico.
*
1. Si ritiene che la previsione della servitù di passaggio inserita all'interno dell'atto notarile sottoscritto tra privati non possa essere sufficiente a costituire una servitù per il passaggio del mezzo pubblico ancorché essa sia strumentale all'esecuzione di un servizio pubblico.
Tale principio è stato chiaramente ribadito dalla Giurisprudenza di legittimità e, infatti, in questo senso il Regolamento Comunale ha previsto espressamente che, il Gestore del servizio pubblico, al fine di svolgere il proprio servizio in una strada privata, debba sottoscrivere un'espressa convenzione con il proprietario della stessa.
Più precisamente, la Cassazione ha previsto un'ulteriore ipotesi in cui tale passaggio potrebbe essere consentito: "una strada privata può essere ritenuta soggetta a servitù di uso pubblico o in virtù di un'apposita convenzione tra il proprietario e l'ente pubblico ovvero nel caso in cui l'uso pubblico si sia protratto per il tempo necessario ai fini dell'acquisto per usucapione, con la precisazione che per configurarsi tale uso non è sufficiente l'utilizzazione di fatto della strada da parte di soggetti diversi dal proprietario per raggiungere i terreni limitrofi, ma è necessario che tale utilizzazione sia al servizio della generalità dei cittadini e che la collettività faccia autonomamente uso della servitù per la circolazione" (cfr. Cassazione civile, Sez. II, 10 aprile 2014, n. 8430).
Nel caso di specie, si ritiene che, in assenza di apposita convenzione, debba escludersi altresì il maturarsi dell'usucapione, per assenza dei presupposti della stessa; in ogni caso, tale uso pubblico non sarebbe consentito poiché trattasi di strada:
a) ad uso privato e non al servizio della generalità dei cittadini;
b) affatto utile alla collettività per la circolazione (trattandosi di strada privata che termina con un condominio).
Nello stesso senso si è espressa la Cassazione meno recente: "la "servitù di passaggio di uso pubblico" su una strada privata sorge non in ragione di un altro strumento di pianificazione, bensì per effetto della cosiddetta "dicatio ad patriam" o per usucapione del diritto di passaggio, maturata a seguito dell'uso della strada privata da parte della collettività "ab immemorabilia"" (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 10 ottobre 2000, n. 13485).
Ne consegue che deve escludersi l'uso pubblico quando il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione (cfr. Cass. Civ., Sez. II, 23 maggio 1995, n. 5637), oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici (cfr. Cass. civ., Sez. I, 22 giugno 1985, n. 3761).
2. Alla luce del fatto che la previsione inserita nell'atto notarile non è affatto idonea a costituire la servitù di passaggio di uso pubblico, il problema della prevalenza dell'applicabilità di tale previsione, piuttosto che della previsione inserita nel Regolamento comunale viene meno.
Il gestore del servizio pubblico non può in alcun modo transitare nella strada di proprietà, proprio alla luce dell'assenza di una convenzione in tale senso e dell'assenza del maturare dell'usucapione (alle condizioni indicate sopra).
3. Si suggerisce pertanto di fare predisporre da un legale l'intimazione ad interrompere l'uso pubblico della strada in questione; laddove il Gestore del servizio dovesse protrarre il transito, la controversia relativa alla sussistenza di una servitù di uso pubblico sull'area in questione, dalla quale deriverebbe, ove accertata, la legittimità del provvedimento che ne inibisce l'uso, sarebbe da proporre dinanzi al giudice ordinario, e non al giudice amministrativo, trattandosi in sostanza di un'actio negatoria servitutis.
Al contrario, nel caso in cui l'Amministrazione negasse l'assenso per l'installazione della barra automatica - ipotesi prospettata dalla proprietaria - l'impugnazione sarebbe da proporre dinanzi al giudice amministrativo, il quale potrebbe conoscere, solamente in via incidentale, sulla proprietà e sull'uso della strada.