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Articolo 959 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Diritti dell'enfiteuta

Dispositivo dell'art. 959 Codice Civile

L'enfiteuta ha gli stessi diritti(1) che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle disposizioni delle leggi speciali [840](2).

Il diritto dell'enfiteuta si estende alle accessioni [817, 934 ss.].

Note

(1) L'enfiteuta gode di una posizione peculiare nell'ambito dei cd. iura in re aliena.
In capo allo stesso vengono riconosciuti particolari poteri di godimento e disposizione (art. 965 del c.c.) della res molto estesi, funzionalmente legati allo scopo dell'istituto: garantire migliorie al fondo, a tutto vantaggio dell'economia agricola. L'estensione del diritto in oggetto è tale che questi può usare la sua posizione soggettiva al fine di lucro costituendo, per esempio, un usufrutto (art. 978 del c.c.) a vantaggio di terzi sul medesimo suolo.
(2) Oggetto del diritto non sono solo i fondi rustici, ma anche quelli urbani.
E', invece, esclusa la possibilità di costituzione di un'enfiteusi su beni mobili.

Spiegazione dell'art. 959 Codice Civile

Diritti riconosciuti all'enfiteuta

Con l’art. 959 vengono riconosciuti all'enfiteuta gli stessi diritti che avrebbe proprietario sui prodotti del fondo, sul tesoro e sulle accessioni, di qualunque specie esse siano. Così pure gli sono riconosciuti i diritti relativi alle utilizzazioni del sottosuolo, in conformità alle leggi speciali.

Ma, a riguardo delle utilizzazioni del sottosuolo, la nuova norma diverge quanto da quella dell'art. 1561 del codice del 1865, in quanto non fa più cenno del diritto sulle miniere, ma parla in generale di utilizzazioni del sottosuolo, e ciò perché il riconoscimento di un diritto sulle miniere non sarebbe stato in armonia con la nuova legislazione mineraria, la quale afferma che è diritto esclusivo e assoluto dello Stato quello sui giacimenti minerari, con piena facoltà di accordarli in concessione a coloro che, per provata capacità tecnica e finanziaria, siano ritenuti idonei a coltivarli in modo conforme all'interesse generale.

Si deve tener presente, poi, che l'enfiteuta, sebbene goda di quanto il fondo produce o di quanto si trova in esso, allo stesso modo in cui può goderne il proprietario, non è però un proprietario, altrimenti le due persone si confonderebbero in una sola e cosi il diritto dell’ enfiteuta si confonderebbe con quello di pieno dominio.

Alcune manifestazioni, quindi, del diritto dell'enfiteuta potrebbero avere delle limitazioni, come nel caso del cambiamento della destinazione del fondo enfiteutico, che se può essere un diritto illimitato del proprietario, è invece limitato nell'enfiteuta, in quanto questo, avendo l'obbligo di non deteriorare fondo enfiteutico, ha altresi dovere di non cambiare destinazione al fondo stesso, quando il cambiamento importasse deterioramento del medesimo. Una tale dimostrazione, però, spetterebbe al proprietario nella fase in cui si accingesse a impedire che si procedesse al cambiamento della destinazione del fondo, o nella fase mirante a ottenere il risarcimento del danno, ove il cambiamento fosse già avvenuto.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

448 L'art. 959 del c.c. riconosce all'enfiteuta gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle leggi speciali. La norma non diverge che lievemente da quella dell'art. 1561 del codice del 1865, in quanto in essa non si fa più menzione del diritto sulle miniere. Il riconoscimento di tale diritto non sarebbe apparso in armonia con la nuova legislazione in materia, la quale afferma il diritto dello Stato su tutti i giacimenti minerari con potestà piena di concessione agli aspiranti ritenuti più idonei.

Massime relative all'art. 959 Codice Civile

Cass. civ. n. 52/1995

Il diritto dell'enfiteuta al pieno godimento del fondo non può in alcun modo essere limitato, in costanza del contratto di enfiteusi, dalla imposizione di una servitù passiva da parte del direttario.

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Consulenze legali
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ADOLFO M. chiede
domenica 14/03/2021 - Lazio
“Due persone, marito e moglie, acquistano da un terzo, molti decenni fa, un terreno soggetto a livello con proprietà concedente, divenendo quindi titolari del livello. In seguito costruiscono un fabbricato sul suolo (peraltro abusivo). Il marito con atto notarile dona ("secondo i propri diritti") la propria metà di livello del terreno e la propria quota del fabbricato ai figli. Il marito muore. La moglie muore in seguito e per testamento lascia ai figli l'altra metà del livello e l'altra propria quota del fabbricato. Nella successione, quale diritto reale si deve denunciare per il fabbricato? Diritto superficiario?
Il canone del livello non è stato mai pagato né rivendicato per decenni. La proprietà concedente non è mai stata reperibile.”
Consulenza legale i 28/03/2021
L’esame della documentazione fatta pervenire a questa Redazione è risultato di fondamentale importanza per inquadrare correttamente la fattispecie che viene posta all’attenzione e per la quale si chiedono chiarimenti.

Per rispondere alle domande poste occorre preliminarmente fornire un breve inquadramento giuridico dell’istituto del livello, ormai scomparso dal nostro ordinamento giuridico e, secondo la tesi di alcuni giuristi, assimilabile, almeno per quanto concerne la disciplina da applicare, all’enfiteusi.

In realtà, si ritiene preferibile la tesi secondo cui l'istituto del livello si è delineato in maniera tale da distinguersi nettamente da quello dell'enfiteusi, con la conseguenza che ai livelli non si può estendere la disciplina giuridica stabilita per l'enfiteusi.

Come si ritiene possa essere noto, infatti, il livello era un rapporto agrario, risultante da un documento scritto (il c.d. libellus), rapporto che prendeva origine da una concessione di terreno, generalmente fissata per una lunga durata, contro la prestazione periodica di un canone in natura o in denaro.

Poiché il concessionario (o livellario) viveva sulle terre concesse ed aveva pienezza dei poteri di utilizzazione e la libera disponibilità inter vivos e mortis causa, e considerato peraltro che il canone era di valore quasi insignificante, l'istituto del livello si è evoluto nel senso di considerare il concessionario come il vero proprietario e di qualificare il canone che lo stesso era tenuto a corrispondere come un onere reale.

Il livellario, dunque, era il vero dominus del fondo, gravato dall'onere reale di "dare" al concedente o chi per lui una prestazione periodica annua o perpetua.
Ora, a prescindere dalla qualificazione giuridica che va data agli oneri reali, essendo discusso se debbano inquadrarsi tra i rapporti reali o tra i rapporti obbligatori, una cosa è certa, ossia che, fatta eccezione per il diritto di proprietà (per sua natura imprescrittibile, salvo il verificarsi dell’usucapione ex art. 948 del c.c.), secondo quanto espressamente disposto dall’art. 2934 del c.c. ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo indicato dalla legge.

Nel caso specifico dei rapporti di durata, in cui si assiste ad una pretesa complessiva avente a sua volta ad oggetto singole prestazioni ricorrenti, ciascuna di queste singole prestazioni si presenta come economicamente e giuridicamente autonoma, con la conseguenza che si deve intendere soggetta a prescrizione non solo la pretesa alla singola prestazione, ma anche la pretesa all'intero complesso delle prestazioni.

Pertanto, per la prestazione delle singole annualità, vale la prescrizione quinquennale prevista dal n. 1 dell’art. 2948 del c.c..
Per la prescrizione del diritto all'intero complesso delle prestazioni, invece, la soluzione è diversa a seconda, come si è prima accennato, che gli oneri reali vengano inquadrati tra i rapporti reali o tra i rapporti obbligatori.
Se ad essi si riconosce il carattere della realità, la loro estinzione si dovrà fare derivare dal non uso ventennale, in tal senso potendosi argomentare dall’art. 1073 del c.c. in tema di servitù e dall’art. 1014 del c.c. in tema di usufrutto).
Se, invece, si aderisce alla tesi che inquadra gli oneri reali fra i rapporti obbligatori, troverà applicazione l’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 del c.c., tipica di tutti i rapporti di durata.

In ogni caso, per far dichiarare formalmente l’estinzione del livello occorrerà una pronuncia giudiziale, essendo necessario che la stessa venga dichiarata dal Tribunale a seguito di una azione di accertamento negativo, con cui l'attore (il livellario) chiederà al Giudice di dichiarare l'inesistenza, in capo al soggetto che appare in catasto come concedente, del diritto di livello sul fondo dell'attore, per intervenuta prescrizione del diritto stesso.

Le considerazioni che precedono e l’inquadramento giuridico che si ritiene di dover dare all’istituto giuridico del livello, ci consentono adesso di rispondere alle domande poste.
Poiché al livello va riconosciuta natura di onere reale, è corretto indicare nella denuncia di successione, quale oggetto di trasferimento, il diritto di piena proprietà (e non di superficie), in ragione di un mezzo indiviso, sui fabbricati di cui la de cuius ha voluto disporre per testamento in favore della nipote Giovanna, senza fare alcuna menzione del livello esistente sulla originaria intera particella 16, su parte della quale quel fabbricato è stato successivamente realizzato.

Del resto, se si esaminano criticamente le donazioni del 26.07.2010, ci si accorge che questa, in fondo, è stata anche la soluzione fatta propria dal notaio, il quale, sebbene abbia voluto usare la generica espressione secondo cui il donante dona “….tutti di diritti da lui vantati in ragione della metà (1/2) indivisa dell’’intero…”, precisando “…livellari in parte e Del G. N. concedente….”, alla pagina 10 dello stesso atto notarile precisa “…in ordine al livello ancora figurante catastalmente i comparenti attestano e garantiscono essere giuridicamente estinto e ad ogni buon conto autorizzano ogni opportuna variazione catastale al riguardo al fine della corretta pubblicità catastale.”

Ciò lascia intendere che la trascrizione e conseguente voltura catastale di quei fabbricati, aventi oltretutto una autonoma particella catastale riportata al NCEU, sia stata effettuata dal notaio rogante per la piena proprietà, come sembra confermato dalle considerazioni di chi pone il quesito e che accompagnano gli atti trasmessi, in cui si rileva che in catasto quelle unita immobiliari urbane risultano già intestate per la piena proprietà, in ragione di ½ indiviso, in favore di De P. Alfonso (si tratta proprio di quel mezzo che ha costituito oggetto dell’atto di donazione, mentre l’altro mezzo non può ancora figurare perché dovrà formare oggetto della denuncia di successione ancora pendente).

Seguendo la soluzione suggerita è probabile che nel corso degli anni l’indicazione di quel livello possa non figurare più nelle certificazioni catastali, se non nel caso in cui il pubblico ufficiale incaricato di redigere eventuali atti per mezzo dei quali poter disporre di tali immobili, non effettui una visura catastale storica, dalla quale non potrà non risultare il livello.
A quel punto, se ciò potrà costituire un ostacolo per disporre giuridicamente del bene, non vi si avrà altra scelta che quella a cui si è fatto riferimento nella parte introduttiva di questa consulenza, ossia esperire un’azione giudiziaria di accertamento negativo per mezzo della quale far dichiarare l’estinzione del livello (fino a quel momento si consiglia di non attivarsi).