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Articolo 876 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Innesto nel muro sul confine

Dispositivo dell'art. 876 Codice Civile

Se il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per innestarvi un capo del proprio muro(1), non ha l'obbligo di renderlo comune a norma dell'articolo 874, ma deve pagare un'indennità(2) per l'innesto.

Note

(1) Si tratta di un caso di servitù necessaria (art. 1031 del c.c.).
(2) L'indennità deve essere determinata tenendo conto:
- del peso esercitato dal muro innestato;
- della solidità di quello preesistente.

Ratio Legis

L'art. 876 deroga all'art. 874, al fine di evitare che il vicino sia costretto a chiedere la comunione forzosa dell'intero muro sul confine, se gli è indispensabile solo una porzione dello stesso.

Spiegazione dell'art. 876 Codice Civile

Innovazione dell'art. 876

La disposizione è nuova rispetto al codice del 1865, ed è stata introdotta per risolvere una serie di questioni sorte in materia. Anzitutto, si sarebbe potuto costringere il proprietario del muro esistente sul confine a subire l'innesto del capo del nuovo muro? In assenza di una disposizione apposita, si sarebbe potuto argomentare per la soluzione affermativa solo partendo dalla disposizione dell'art. 874 relativa alla cessione forzosa del muro di confine.

Ma allora sorgeva la questione se per tale innesto occorresse la cessione forzosa di tutto il muro vicino, oppure della sola parte corrispondente al capo del muro innestato. La prima soluzione portava a conseguenze evidentemente esorbitanti. Contro la seconda, stava il principio sostenuto dai più sotto l'impero del codice del 1865, e ora sancito testualmente dall'art. 876, dell'obbligo di acquistare la comunione per tutta la lunghezza del muro (« per tutta l'estensione della proprietà »). Il legislatore ha provvidamente tolto ogni questione disponendo che « se il vicino vuole servirsi del muro esistente sul confine solo per immettervi il capo del proprio muro non ha l'obbligo di renderlo comune a norma dell'art. 874 ma deve pagare un' indennità per l'innesto ».


Indennità e onere delle spese

La misura dell'indennità dovrà essere determinata in proporzione della entità dell'innesto e quindi della superficie del muro vicino che viene occupata e del peso esercitato dall' appoggio. Le spese per l' innesto del muro sono naturalmente a carico di chi lo pratica. Quanto alle spese di manutenzione del tratto di muro su cui l' innesto è stato effettuato, si applicano per analogia le norme dell'art. 1069.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

420 Un primo gruppo di norme in queste materie concerne la distanza nelle costruzioni e la comunione forzosa dei muri (articoli 873-879). La relativa disciplina resta dominata, come già nel codice del 1865, da due regole fondamentali: da un lato, l'obbligo di osservare nelle costruzioni su fondi finitimi la distanza di tre metri o la maggiore distanza stabilita dai regolamenti locali; dall'altro, il diritto di chiedere la comunione del muro altrui, contiguo al proprio fondo o a distanza minore della metà di quella che deve intercedere tra le costruzioni. Occorre tuttavia accennare, in tema di comunione forzosa dei muri, a talune modifiche di carattere particolare apportate alla regolamentazione che essa riceveva nel codice del 1865, dirette soprattutto a introdurre nel testo legislativo opportune precisazioni e a eliminare controversie. Secondo l'indirizzo prevalente della giurisprudenza, si è anzitutto chiarito (art. 874 del c.c.) che l'acquisto parziale della comunione del muro è consentito soltanto rispetto all'altezza: la comunione può essere chiesta per tutta o per parte dell'altezza del muro altrui, purché l'acquisto sia domandato per tutta la lunghezza del muro che si estende sul confine comune. Inoltre si è data una più completa disciplina dell'acquisto della comunione del muro che non si trova sul confine, ma a distanza minore di un metro e mezzo o della metà di quella prescritta dai regolamenti locali, in quanto si è stabilito che la comunione possa essere chiesta soltanto allo scopo di fabbricare contro il muro medesimo (art. 875 del c.c., primo comma). Al fine poi di eliminare la controversia circa la facoltà del proprietario del muro, quando questo si trova a una distanza dal confine minore della metà di quella che deve intercedere tra le costruzioni, d'impedire l'acquisto della comunione e l'occupazione del suolo, procedendo alla demolizione del muro, si è disposto (art. 875, secondo comma) che il vicino, il quale intende domandare la comunione, deve interpellare preventivamente il proprietario se preferisca di estendere il muro al confine o di procedere alla demolizione di esso. Questi deve manifestare la propria volontà nel termine di quindici giorni e deve procedere alla costruzione o alla demolizione entro sei mesi dalla 'comunicazione della risposta. Nuova è la disposizione (art. 876 del c.c.) che autorizza il vicino a servirsi del muro contiguo per innestarvi un capo del proprio muro mediante pagamento di un'indennità per l'innesto, senza l'obbligo di acquistare la comunione. In vero, dato l'uso limitato che il vicino intende fare del muro, sarebbe eccessivo costringerlo all'acquisto. Ancora più notevole è l'innovazione contenuta nell'art. 877 del c.c.. Con essa si consente che il vicino, pur non acquistando la comunione del muro altrui, costruisca in aderenza, senza cioè appoggiare la sua fabbrica a quella preesistente. La facoltà di costruire in aderenza può essere fatta valere così rispetto al muro esistente sul confine, come rispetto al muro a distanza dal confine minore della metà di quella che deve intercedere tra le costruzioni; in questo secondo caso, però; il vicino deve pagare il valore del suolo che intende occupare. Sono esenti dalla comunione forzosa e dalla costruzione in aderenza non soltanto, come già per il codice del 1865 (art. 556), gli edifici appartenenti al pubblico demanio e quelli soggetti allo stesso regime del demanio pubblico, ma altresì quelli che siano riconosciuti d'interesse storico, archeologico o artistico a norma delle leggi in materia (art. 879 del c.c.). Nel computo della distanza minima dei tre metri da osservarsi tra le costruzioni finitime non si tiene conto del muro di cinta e di ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri (art. 878 del c.c.). Il principio, già elaborato dalla giurisprudenza per i muri di cinta in relazione alla particolare finalità di questi muri, è stato esteso a tutti i muri isolati che per le loro dimensioni presentino caratteristiche analoghe.

Massime relative all'art. 876 Codice Civile

Cass. civ. n. 878/2012

La norma di cui all'art. 876 c.c., secondo la quale il vicino che voglia servirsi del muro esistente sul confine al solo scopo di innestarvi un capo del proprio muro deve corrispondere all'altro proprietario un'indennità per l'innesto, disciplina le situazioni in cui non soltanto il muro nuovo trovi un sostegno nell'altro, ma anche questo in quello, specie se di maggiori dimensioni. Ne consegue che il diritto all'indennità a favore di proprietario del muro di confine sorge per effetto di detto innesto, presupponendo l'avvenuto esercizio del relativo diritto.

Cass. civ. n. 3564/2002

In caso di caducazione del vincolo di inedificabilità (nella specie, verde pubblico), cui una determinata zona del territorio comunale sia stata assoggettata dal P.R.G., tale zona va assimilata a quelle prive di disciplina urbanistica, con la conseguenza che la facoltà di realizzare costruzioni è soggetta all'osservanza della distanza prescritta dall'art. 17 legge n. 765 del 1967 e, in caso d'inapplicabilità di tale norma per non essere stato adottato un provvedimento integrativo del P.R.G. (quarto comma art. cit.), all'osservanza della distanza prescritta dall'art. 873 c.c., con conseguente applicabilità, nell'una o nell'altra ipotesi, dell'art. 876 c.c. in tema di costruzioni in aderenza. Peraltro, anche la costruzione realizzata in zona soggetta a vincolo di inedificabilità deve osservare le norme in materia di distanza previste dalla legislazione speciale o, in via residuale, dal codice civile, poiché la tutela ripristinatoria prevista da tali norme non può venire meno per il fatto che lo strumento urbanistico, vietando nella zona ogni costruzione, non contenga prescrizioni sulle distanze, né, tanto meno, per il fatto che la P.A. ometta o ritardi di sanzionare con provvedimenti a carattere reale la violazione del vincolo di inedificabilità.

Cass. civ. n. 4641/1997

La norma di cui all'art. 876 c.c., secondo la quale il vicino che voglia servirsi del muro esistente sul confine al solo scopo di innestarvi un capo del proprio muro deve corrispondere all'altro proprietario una indennità per l'innesto, ma non ha, al contrario, alcun obbligo di rendere il muro comune, ai sensi del precedente articolo 874, ha carattere eccezionale, e riguarda esclusivamente l'ipotesi di innesto nel muro sul confine di «un capo del proprio muro», tale da determinare una congiunzione ermetica tra l'uno e l'altro, sicché non soltanto il muro nuovo trovi un sostegno nell'altro, ma anche questo in quello, specie se di maggiori dimensioni.

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R. D. L. chiede
giovedì 29/06/2023
“Egr. Avvocati,
sono proprietario di un fabbricato a due elevazioni fuori terra risalente all'anno 1910 circa, pervenutomi per successione e confinante a Nord, Sud ed Est con altra ditta e ad Ovest con strada provinciale.
Il Fabbricato è stato costruito secondo il modus operandi del tempo con muri portanti laterali in pietrame dello spessore di circa 50/55 cm, ricadenti tutti nella mia proprietà.
Il confinante ha recentemente venduto il fabbricato a confine lato Nord, fabbricato ad una elevazione fuori terra, quest'ultima costruzione anch’essa datata, risulta per la tipologia di costruzione risalente ad un’epoca successiva alla mia.

Il nuovo proprietario ha iniziato lavori di ristrutturazione e solo a seguito di ciò scopro che all’epoca essendoci già il mio muro lato nord, non ne realizzano uno ex novo, ma utilizzano direttamente il mio, appoggiandosi ad esso, conficcando delle travi in legno per sostenere un solaio sottotetto e il tetto stesso, sfruttando pertanto il muro nord della mia proprietà come se fosse in comune, operazione realizzata internamente all’edificio dalla ditta confinante all' epoca della costruzione e quindi sconosciuta da tutti.

In fase di ristrutturazione, il nuovo proprietario confinante, ha tagliato le travi in legno che erano conficcate nel mio muro,
ha praticato dei nuovi incavi e ha inserito delle travi in acciaio per ricostruire il nuovo solaio e il nuovo tetto.
Lui ha fatto tutto ciò sostenendo che nella piantina catastale risulterebbe muro in mezzeria in comune e non di mia esclusiva proprietà. Faccio notare che nei rogiti sia mio che suo non si attribuisce la proprietà del muro né al sottoscritto e né al confinante. Unica indicazione la piantina allegata al rogito ed estratta dal Catasto Fabbricati.

Alla luce di quanto esposto mi son chiesto e chiedo a voi se questa operazione è legittima.
Il confinante può invocare una servitù di appoggio al muro visto che le travi di legno esistevano già e sostituirle con travi in acciaio modificando l'intera struttura preesistente e realizzandone un'altra ex nuova? Trattasi a mio modesto avviso di una modifica alla servitù anche se fosse esistente, in quanto si sono praticati dei fori, incavi in un muro che se anche in subordine fosse in comune (comunione forzosa) trattasi di un bene indiviso e pertanto necessario di autorizzazione a procedere del comproprietario e cioè del sottoscritto.

Preciso inoltre che i fabbricati trovasi in zona sismica 2 e io credo che i fabbricati anche a seguito di ristrutturazione dovrebbero essere liberi di oscillare. Pertanto avevo suggerito la realizzazione di un giunto che ovviamente ha un costo e che il proprietario confinante non intende affrontare.

Che diritti ha il confinante su questo muro? Devo permettere la variazione della servitù (se esistesse) da travi in legno in travi in acciaio su un muro di mia proprietà? Si deve ritenere questo muro di divisione in comune? nonostante trovasi per intero nella mia particella e ciò si evince non da una piantina catastale ma da una attenta perizia tecnica dallo stato dei luoghi, in forza della quale sto procedendo ad una correzione di confine e quindi di planimetria presso l’Agenzia del Territorio competente.

Grazie mille
Rosario D. L.”
Consulenza legale i 14/07/2023
La questione sottoposta necessita di affrontare diverse questioni giuridiche.
Innanzitutto si rileva come dalla descrizione dello stato dei luoghi non si possa con certezza stabilire se il muro in cui sono state innestate le travi di legno all’epoca della costruzione dell’edificio adiacente, sia o meno posto sul confine tra i due terreni.
Sembra infatti che ci sia una discrepanza tra i titoli di proprietà e quanto risulta dalla piantina catastale.
Poiché il catasto non ha valore probatorio, quello su cui bisogna fare affidamento per verificare i confini precisi e le proprietà, sono i titoli di acquisto e le piantine allegate ad essi.
Correttamente, il proprietario dell’immobile che subisce l’immissione delle travi, sta tentando di allineare il catasto con il proprio titolo e lo stato di fatto.
La posizione del muro e il suo essere o meno in comproprietà tra i due confinanti, rileva al fine di individuare quale norma sia applicabile.
L’art. 884 c.c. stabilisce che in caso di muro comune il comproprietario può fabbricare appoggiando il muro e immettendo le travi purché rimangano a 5 cm dalla superficie opposta.
L’art. 876 c.c. si applica invece quando il muro non è in comproprietà ma è posto sul confine. In questo caso la legge prevede una deroga dell’art. 874 del c.c. sulla comunione forzosa del muro sul confine che rimane di unica proprietà ma fa sorgere il diritto al pagamento di un’indennità da parte del vicino.
Se invece il muro non è in comproprietà e non è posto sul confine, è ritenuto pacificamente che non possa sorgere il diritto di innesto.
L’immissione di travi nel muro altrui si ritiene si configuri come un atto illecito.
Se il caso in oggetto rientra in una delle due fattispecie previste dall’art. 884 c.c. e 876 c.c., bisogna individuare se il diritto di innesto costituisce una servitù usucapibile.
A tal fine è necessario inquadrare brevemente la disciplina delle servitù.
Le servitù non apparenti esercitate senza l’uso di opere visibili e permanenti non si possono usucapire ai sensi dell’art. 1061 del c.c..
Nel caso di specie non si può con certezza affermare che il confinante abbia costituito di fatto una servitù tramite opere visibili.
Il proprietario del muro che subisce l’innesto, infatti, sostiene di non essersi mai reso conto che ci fossero delle travi nel proprio muro.
Una prima problematica riguarda, quindi, la possibilità di avere usucapito il diritto di servitù.
Si segnala che la dottrina ha ritenuto che l’art. 874 c.c. dia vita ad una “servitù necessaria” ma senza dire nulla sull’apparenza o meno della stessa e quindi sulla sua possibilità di essere usucapita.
Si ritiene che solo con un’analisi tecnica dello stato dei luoghi si possa valutare correttamente quale sia la disciplina applicabile, l’apparenza o meno della servitù e se sia stato usucapito il diritto.
In ogni caso, qualora fosse stato acquisito il diritto di servitù per usucapione, si rileva che cambiare i pali e i buchi in cui immetterli, costituisca un esercizio del diritto non conforme al possesso (art. 1065 del c.c.) e un aggravamento per il fondo servente (art. 1067 del c.c.).
In questo caso quindi il proprietario del muro avrebbe il diritto di contestare l’intervento del vicino, eventualmente con un’azione possessoria da svolgersi entro un anno dallo spoglio (art. 1168 del c.c.) o turbativa (art. 1170 del c.c.) del proprio possesso.
L’ultima questione riguarda il fatto che le costruzioni si trovino in zona sismica.
La giurisprudenza di legittimità ha stabilito che gli art. 874 c.c., 876 c.c. e 884 c.c., non si applichino alle zone soggette alle prescrizioni antisismiche (Cass. civ. n. 3425/2006, Cass civ. n. 2731/2002).
In questo caso ogni costruzione contigua deve costituire un organismo a sé stante con l’adozione di giunti o altri accorgimenti idonei a consentire la libera e indipendente oscillazione degli edifici.
È necessario quindi individuare se la località in cui sorgono gli immobili sia soggetta alla normativa antisismica e cosa preveda per gli innesti negli edifici.
Per quanto sin qui detto, a parere dello scrivente, il vicino non ha il diritto di innestare delle nuove travi nel muro del proprio confinante.
Infatti, se anche avesse in precedenza usucapito il diritto di servitù (circostanza facilmente contestabile con la non apparenza delle opere e quindi non usucapibilità della servitù), avrebbe ora posto in atto delle opere che modificano l’esercizio del diritto reale rispetto al possesso precedente oltretutto compiendo un’attività vietata perché rischiosa per le normative antisismiche.