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Articolo 2957 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Decorrenza delle prescrizioni presuntive

Dispositivo dell'art. 2957 Codice Civile

Il termine della prescrizione decorre dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione(1).

Per le competenze dovute agli avvocati [ai procuratori](2) e ai patrocinatori legali il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall'ultima prestazione [85, 324 c.p.c.].

Note

(1) Si deve ribadire che le prescrizioni presuntive non operano sul terreno del diritto sostanziale come quelle estintive, ma riguardano l'aspetto probatorio, inquadrandosi nel più generale ambito alle presunzioni (v. art. 2727).
(2) Il termine "procuratore" è stato sostituito dal termine "avvocato" in forza dell'art. 3, L. n. 27 febbraio 1997, n. 27.

Ratio Legis

La norma in esame, al pari delle precedenti (v. artt. 2954, 2955 e 2956), disciplina le ipotesi di prescrizione presuntiva, poste al fine di assicurare al debitore la possibilità di provare, anche a distanza di tempo, l'adempimento di un debito relativo al compenso di determinate prestazioni, in questo caso relativamente alla loro decorrenza.

Spiegazione dell'art. 2957 Codice Civile

L'art. 2957 e l'art. 2140 abrogato

Questo articolo non ha riscontro in altro autonomo articolo del codice civile abrogato, ma il contenuto suo era già nello stesso art. 2140 che, specificando le varie categorie di persone soggette alla prescrizione triennale, fissava, correlativamente, l'initium praescriptionis ; ora l'ar­ticolo 2957, con formula generale, elimina le specificazioni dell'arti­colo 2140 e stabilisce, con un criterio di massima, il momento iniziale delle varie specie di prescrizioni presuntive nella scadenza della retri­buzione periodica o nel momento in cui è compiuta la prestazione ; in entrambe le ipotesi infatti si verifica la possibilità di far valere il diritto relativo ; è, in tal modo rispettato il principio generale dell'art. 2935.


Revoca del mandato

Per la prescrizione del diritto alle competenze dovute agli avvocati, ai procuratori ed ai patrocinatori legali legislatore ha rite­nuto di dover derogare al principio enunciato nel primo comma, facendo decorrere quel termine dal momento in cui la lite è decisa, oppure le parti si sono conciliate o il mandato è stato revocato.


Decisione della lite

Sull'initium praescriptionis che coincide con la revoca del riandato, nulla v'è da dire. Occorre piuttosto fermarsi alquanto sugli filtri due momenti iniziali della prescrizione in esame: la decisione della lite e l'avvenuta conciliazione delle parti. Si è discusso già sotto il codice del '65 per stabilire quando una lite dovesse ritenersi decisa ; la ricerca si ripropone anche oggi, ma pensiamo che non sia facile stabilire, a priori, quando una lite possa considerarsi decisa trattandosi li una quaestio facti la cui soluzione si rivelerebbe strettamente connessa il modo con cui la parte ha conferito al professionista l'incarico di trattare la controversia. Sembra, però, di poter ritenere che, parlando di decisione della lite, la legge non abbia inteso riferirsi soltanto alla defi­nizione sua, che preclude ogni ulteriore dibattito su di essa, per la forza del giudicato (art. 324 cod. proc. civ.) ; se cosi dovesse intendersi quel termine, non si spiegherebbe su quale fondamento verrebbero assimilate tra di loro, al fine voluto dalla legge, la decisione della lite per sentenza passata in giudicato e la perenzione o l'estinzione del processo.

Co­munque è certo che, richiedendo la legge la decisione della lite per la prescrizione triennale, questa non può iniziarsi nel caso che su di una questione sia stata pronunciata ordinanza istruttoria, la quale, se ammette nuove prove dirette, in sostanza, a fornire al giudice il materiale necessario alla decisione che rimane differita, non può dirsi che decida la lite. In tal caso, sarà applicabile l'ultima parte del capoverso in esame, in cui si considerano gli affari non terminati e si fa decorrere l’initium praescriptionis dall'ultima prestazione.


Conciliazione delle parti

Accanto alla decisione della lite il codice menziona, con la stessa efficacia di far decorrere la prescrizione, la conciliazione delle parti. Non si può contestare come questa — dovuta o non al tentativo di con­ciliazione del giudice istruttore (art. 185 cod. proc. civ.) —sempre quando si tratta di lite che può essere transatta (art. 1966), ponga fine ad una controversia : conclusione pacifica anziché per sentenza del giudice ; co­munque sempre circostanza di fatto tale da autorizzare il professionista a ritener adempiuto il suo mandato, e, perciò, ad agire per il compenso dell'opera prestata. Ma ciò che fa restare alquanto dubbiosi è il dover ammettere che la prescrizione decorra sempre, anche quando, cioè, il professionista non sia affatto o sia solo dopo spirato il triennio, venuto a conoscenza che le parti si sono messe d'accordo. Il pericolo di colpire gli avvocati, i procuratori ed i patrocinatori legali con una prescrizione maturatasi a loro insaputa fu avvertito in seno alla Commissione delle Assemblee legislative se, per ovviarlo, fu proposto di precisare che la prescrizione decorresse « dalla notizia che abbiano avuto della conci­liazione delle parti ». Non risulta il motivo per cui la fondata modifica non è stata accolta ; si è considerata forse la conoscenza, da parte del professionista, della conciliazione delle parti come una mera circostanza di fatto che non può influire sulla prescrizione.

Devesi rilevare, però, che il non aver riconosciuto tale stato di fatto decisivo, si rivela in contrasto col principio, legislativamente stabilito (art. 2935), che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può esser fatto valere, in quanto prima della concilia­zione delle parti, trovandosi la lite ancora pendente, il professionista non avrebbe fondato motivo di far valere il suo diritto al compenso per un'opera che continua ancora a prestare.


Affari non terminati

Sull'ipotesi prevista dall'ultima parte del capoverso — prescri­zione di compensi per affari non terminati, cioè tuttora in trattazione — non occorre precisazione ; il termine prescrizionale, decorre, come dice la legge, dall'ultima prestazione.

Si consideri, prima di concludere su questo articolo, che in esso non è più riprodotta la limitazione del terzo cpv. dell'art. 2140, per cui gli av­vocati, i procuratori alle liti e gli altri patrocinatori, riguardo agli affari non terminati « non possono domandare di essere soddisfatti delle spese e degli onorari di cui fossero creditori da tempo maggiore di cinque anni ; limitazione questa che modificava il sistema prescrizionale nei riguardi degli anzidetti professionisti in quanto questo era di tre anni per il compenso relativo ad affari terminati e di cinque per quello con­cernente affari non terminati; limitazione inopportuna, come si di­chiara nella Relazione al Re Imperatore.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1211 L'art. 2957 del c.c., con formula generale, eliminando in parte le specificazioni dell'art. 2140 del codice del 1865, determina il momento iniziale della prescrizione con riferimento alla scadenza della retribuzione periodica o al compimento della prestazione. Per le competenze dovute agli avvocati, ai procuratori e ai patrocinatori legali, in conformità del codice anteriore, si stabilisce che il termine della prescrizione decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato. Riguardo agli affari non terminati, si fa decorrere la prescrizione dall'ultima prestazione, sopprimendo l'inopportuna limitazione dell'art. 2140, terzo capoverso, del codice del 1865, il quale, per gli affari anzidetti, stabiliva che gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori non potessero domandare di essere soddisfatti delle spese e degli onorari di cui fossero creditori da tempo maggiore di cinque anni.

Massime relative all'art. 2957 Codice Civile

Cass. civ. n. 40626/2021

La prescrizione breve presuntiva del diritto dell'avvocato al pagamento dell'onorario decorre non solo dal verificarsi dei fatti previsti dall'art. 2957, comma 2, c.c., ma anche dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessi il rapporto col cliente, inclusa la morte di quest'ultimo, la quale estingue il rapporto di mandato e determina l'insorgenza del diritto del difensore al pagamento delle competenze professionali, pur non facendo venire meno, a determinate condizioni, il dovere del professionista di continuare a gestire la lite.

Cass. civ. n. 35275/2021

Il termine triennale della prescrizione presuntiva per le competenze dovute agli avvocati, di cui all'art. 2956 c.c., ai sensi del secondo comma dell'art. 2957 c.c., decorre "dalla decisione della lite", che coincide con la data di pubblicazione della sentenza non impugnabile che chiude definitivamente la causa, mentre "per gli affari non terminati la prescrizione decorre dall'ultima prestazione", da individuarsi come attività svolta dal professionista in esecuzione del contratto di patrocinio.

Cass. civ. n. 4595/2020

In materia di onorari di avvocato, la conclusione della prestazione, prevista dall'art. 2957, comma 2, c.c., quale "dies a quo" del decorso del termine triennale di prescrizione, deve individuarsi nell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico, momento che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo.

Cass. civ. n. 21943/2019

La conclusione della prestazione, che l'art. 2957, comma 2, c.c. individua quale "dies a quo" del decorso del termine triennale di prescrizione delle competenze dovute agli avvocati, deve individuarsi nell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico, momento che coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo; sicché eventuali successive iniziative intraprese dal medesimo difensore, anche se connesse alla decisione definitiva, costituiscono prestazione di nuova attività, assoggettata ad un autonomo termine di prescrizione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, ai fini della prescrizione, il procedimento esecutivo finalizzato a rendere effettivo il diritto riconosciuto in sede di cognizione rappresentasse una nuova attività). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 21/09/2016).

Cass. civ. n. 4951/2016

In tema di prescrizione, con riferimento al corrispettivo della prestazione d'opera, il contratto che ha per oggetto una prestazione di lavoro autonomo è da considerarsi unico in relazione a tutta l'attività svolta in adempimento dell'obbligazione assunta, sicché il termine di prescrizione del diritto al compenso decorre dal giorno in cui è stato espletato l'incarico commesso, e non già dal compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l'obbligazione.

Cass. civ. n. 13401/2015

La prescrizione del diritto dell'avvocato al compenso decorre dal momento dell'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico dal cliente, che, nel caso di prestazioni rese in due gradi di giudizio, coincide con la pubblicazione della sentenza di appello, poiché l'"ultima prestazione", ex art. 2957, secondo comma, cod. civ., va individuata con riferimento all'espletamento del contratto di patrocinio, regolato dalle norme del mandato di diritto sostanziale, e non al rilascio della procura "ad litem", che è finalizzata soltanto a consentire la rappresentanza processuale della parte.

Cass. civ. n. 7281/2012

La prescrizione del diritto dell'avvocato al pagamento dell'onorario può decorrere non solo dal verificarsi dei fatti previsti dall'art. 2957 c.c., ma anche dal momento in cui, per qualsiasi causa, cessi il rapporto col cliente, ivi compresa la morte di quest'ultimo

Cass. civ. n. 7378/2009

In tema di prestazioni professionali, la prescrizione del diritto al compenso dei professionisti decorre automaticamente, ai sensi dell'art. 2957 c.c., dalla conclusione della prestazione, la quale fa presumere l'immediata esigibilità del corrispettivo, senza che abbia alcun rilievo l'apposizione del visto di conformità sulla parcella da parte del competente consiglio dell'ordine, essendo altrimenti riconosciuta al professionista la possibilità di fissare il termine iniziale di decorso della prescrizione in base ad una scelta arbitraria.

Cass. civ. n. 9053/2007

In tema di assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta, l'art. 1891, secondo comma, c.c., nel prescrivere che ai fini dell'esercizio dei diritti derivanti da detto contratto da parte del contraente è richiesto che l'assicurato abbia espresso in proposito il proprio consenso, implica che tale consenso non può essere validamente manifestato attraverso un comportamento che si attui secondo modalità diverse da una dichiarazione esplicita, anche se, perseguendo obiettivi immediati eventualmente diversi, sia tuttavia idoneo a rivelare in modo univoco la volontà del soggetto. Peraltro, la citata norma non richiede che siffatta dichiarazione sia rivolta specificamente all'assicuratore, sicché nulla impedisce che la stessa manifestazione del consenso sia ravvisabile anche in una dichiarazione resa al contraente della polizza, il quale risulterebbe conseguentemente legittimato, in base a tale presupposto, ad esercitare i predetti diritti derivanti dal contratto con atti ed efficacia interruttiva della prescrizione. (Nella specie, relativa ad una controversia in cui il ricorrente aveva convenuto in giudizio l'azienda datrice di lavoro e la compagnia assicuratrice chiedendo la condanna di quest'ultima e in subordine anche della prima al pagamento degli indennizzi previsti dalla polizza assicuratrice contro gli infortuni stipulata dall'azienda per le lesioni subiti in un incidente occorso lungo il percorso per recarsi ad un incontro di lavoro, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata perché venisse deciso sulla questione dell'interruzione della prescrizione verificando la sussistenza o meno di fatti idonei a produrre l'interruzione stessa, in relazione ad una valida dichiarazione di consenso dell'assicurato all'esercizio da parte del contraente dei diritti derivanti dal contratto sulla base degli atti ritualmente acquisiti al processo, che avrebbero potuto essere esaminati anche d'ufficio dal giudice adito, che aveva invece omesso tale indagine).

Cass. civ. n. 13774/2004

Il termine della prescrizione del diritto dell'avvocato al compenso, ai sensi degli artt. 2957, secondo comma, c.c., decorre dall'esaurimento dell'affare per il cui svolgimento fu conferito l'incarico, il quale è fondato sul contratto di patrocinio, regolato dalle norme di diritto sostanziale del mandato, e non sulla procura ad litem, il cui fine è solo di consentire la rappresentanza processuale della parte. Tale termine, nel caso di prestazioni rese in due gradi di giudizio, coincide con la pubblicazione della sentenza d'appello, senza che rilevi il conferimento di una nuova procura per l'appello al medesimo difensore, perché ciò implica la prosecuzione dell'affare di cui il legale era stato incaricato dal cliente, non già il suo esaurimento.

Per data della «decisione della lite», con riferimento alla quale l'art. 2957 secondo comma c.c. fissa il momento iniziale del decorso della prescrizione triennale per le competenze di avvocati e procuratori, va inteso il giorno della pubblicazione della sentenza non impugnabile che chiude definitivamente la causa.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2957 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Roberto A. chiede
sabato 24/02/2018 - Campania
“In giornata odierna e'arrivata, presso la sede societaria, un atto di citazione, la cui copia Le allego all'indirizzo di posta indicato nel sito, con le parti in causa oscurate per privacy, inviato dall'ex legale incaricato all'epoca dei fatti, per presunti compensi da liquidare,da lui vantati, riguardanti tre ricorsi presentati per conto della societa' negli anni 2002-2003-2004.
Nel 2015 sono stati dichiarati perenti.
Premesso che con il legale non e’stato mai stipulato alcun contratto, lo stesso non ha mai fatturato nei succitati anni,ma anzi e’ stato pagato per ogni singolo ricorso con degli assegni emessi personalmente dall'ex amministratore della societa', e che dal 2002 non e'mai pervenuto da parte del suo studio alcuna richiesta scritta di solleciti per mancati pagamenti, e'possibile richiedere la prescrizione presuntiva?E' possibile diffidarlo agli ordini degli avvocati e citarlo anche per lite temeraria?
Le copie dei succitati titoli di pagamento emessi personalmente dall’ex Amm.re, non sono producibili in
quanto non fotocopiati all’epoca del pagamento, ne’ e’possibile richiederli alla banca in quanto dopo 10 anni non sono piu’reperibili.
Grazie”
Consulenza legale i 05/03/2018
La prescrizione presuntiva non determina, a differenza della prescrizione “estintiva”, l’estinzione dell’obbligazione, ma stabilisce appunto la presunzione che il debito, decorso il periodo di tempo previsto dalla legge, sia stato pagato.
Per questo motivo la prescrizione presuntiva non può operare se il debitore che la invoca “ha comunque ammesso in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta” (art. 2959 del c.c.).
La giurisprudenza ha precisato che eccepire in giudizio la prescrizione presuntiva non equivale a riconoscimento del debito (Cass. 13401/2015; 634/2000).
Sempre la giurisprudenza ha chiarito che l’eccezione di prescrizione presuntiva è perfettamente compatibile con quella di pagamento, purché però si eccepisca il completo adempimento (Cass. 10998/2001).
L’art. 2956 del c.c. stabilisce una prescrizione presuntiva triennale per il diritto dei professionisti al compenso per l’opera prestata e per il rimborso delle relative spese.
Riguardo ai compensi degli avvocati, l’art. 2957 del c.c. precisa che “per le competenze dovute agli avvocati [...] il termine decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato; per gli affari non terminati, la prescrizione decorre dall'ultima prestazione”.
Nel caso in esame non sembra potersi eccepire la prescrizione presuntiva triennale. Infatti, in applicazione dei principi dettati dalle norme esaminate, deve ritenersi che la prescrizione inizi a decorrere dal momento in cui diventa definitivo il decreto di perenzione. Dall’esame della documentazione allegata si evince che i due decreti di perenzione sarebbero stati depositati nel 2015. Considerando altresì che, ai sensi dell’art. 85 del codice del processo amministrativo, è possibile proporre opposizione contro il decreto di perenzione entro sessanta giorni dalla comunicazione dello stesso, è evidente come non ci siano i margini temporali per considerare decorso il termine (l'atto di citazione è stato notificato a febbraio 2018).
Appare inoltre difficile sostenere che gli incarichi conferiti all’avvocato possano essere considerati, nella fattispecie in esame, “affari non terminati” (che consentirebbe di computare il termine di prescrizione dall’ultima prestazione eseguita dal legale): quanto meno, non al fine di anticipare la decorrenza del termine prescrizionale.
Infatti il mandato conferito per il processo amministrativo è stato portato a compimento ed il processo stesso ha trovato una sua conclusione, sia pure mediante una particolare pronuncia di estinzione per inattività delle parti (per la possibilità di far decorrere il termine triennale dalla data del decreto di perenzione, definitivo e non impugnabile, si veda Cass. 7281/2012).
Dal quesito non si desume quali siano gli importi già pagati al professionista; in ogni caso, l’oggettiva difficoltà di provare detti pagamenti (a causa della mancanza della relativa documentazione) preclude, allo stato (e senza entrare nel merito delle rispettive questioni), anche la possibilità sia di richiedere una condanna per lite temeraria (la quale presuppone la dimostrazione che la controparte rimasta totalmente soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ex art. 96 del c.p.c.), sia di sollecitare l’adozione di un provvedimento disciplinare presso l’Ordine degli Avvocati.

Stefano N. chiede
venerdì 25/09/2015 - Campania
“Si fa presente che alla consulenza da voi ricevuta in data 16-09-2015, relativamente alla prescrizione, al sottoscritto è stato affidato l'intero pacchetto dei lavori tecnici (progettazione, calcoli di costruzione, direzione dei lavori, relazioni conclusive, accatastamenti, ecc..), codesti sono stati tutti eseguiti escluso la relazione conclusiva della direzione dei lavori che ancora non è stata redatta, in quanto i lavori non sono stati ancora ultimati. Dopo l'ultimazione sarà emessa fattura per tutti i lavori tecnici effettuati, quindi come viene presa in considerazione la prescrizione? secondo la logica i tre anni di prescrizione partiranno dopo che la relazione di fine lavori è stata redatta! Desidero ricevere un vostro parere e chiarimento in merito a questo quesito.”
Consulenza legale i 30/09/2015
La prestazione del progettista e direttore dei lavori nell'ambito di lavori di edilizia è generalmente considerata di tipo professionale-intellettuale e quindi la prescrizione del compenso del professionista è disciplinata dall'art. 2956, n. 2, c.c. ("Si prescrive in tre anni il diritto: [...] 2) dei professionisti, per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative").

Precisamente, la norma stabilisce una cosiddetta prescrizione presuntiva: si tratta di una presunzione legale di pagamento, e, quindi, di estinzione dell'obbligazione. In altre parole, la legge presume che alcuni particolari debiti si considerino estinti con il decorso di termini stabiliti da 6 mesi a 3 anni, lasciando alla parte contro la quale sia opposta la prescrizione il solo rimedio - rischioso, perché il debitore può mentire - di deferire all'altra parte il giuramento decisorio per verificare se l'estinzione del debito si sia effettivamente verificata. Il rischio del deferimento di giuramento decisorio consiste nel fatto che il creditore non può, in sede civile, provarne la falsità, né, se questa sia stata dichiarata in sede penale con sentenza passata in giudicato, potrà chiedere la revocazione della sentenza ex art. 395 n. 2 (in quest'ultimo caso, potrà solo ottenere il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2738 del c.c.).

L'art. 2957 del c.c. stabilisce che la decorrenza delle prescrizioni presuntive si ha dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione. La norma sposa il principio stabilito dall'art. 2935 secondo il quale la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
Si precisa che è stata pronunciata l'illegittimità costituzionale di questa norma nella parte in cui fa decorrere la prescrizione nel corso del rapporto di lavoro (Corte Cost n. 63/1966).

Nel caso di specie, si rileva che il professionista deve ancora redigere la relazione conclusiva, in attesa dell'ultimazione dei lavori. Di conseguenza, facendo applicazione dell'art. 2957, non essendo state previste date diverse e precedenti per la liquidazione dei compensi del progettista/direttore dei lavori, la prescrizione comincerà a decorrere solo dopo che la sua prestazione sarà interamente compiuta, con la predisposizione della relazione conclusiva sui lavori.
Questa soluzione risulta accolta anche in giurisprudenza. Ad esempio, con l'ordinanza n. 22868 del 28 ottobre 2014, la Corte di Cassazione ha ribadito che "in tema di prescrizione, con riferimento al corrispettivo della prestazione d'opera, il contratto che ha per oggetto una prestazione di lavoro autonomo è da considerarsi unico in relazione a tutta l'attività svolta in adempimento dell'obbligazione assunta e, pertanto, il termine di prescrizione del diritto al compenso decorre dal giorno in cui è stato espletato l'incarico commesso, e non già dal compimento di ogni singola prestazione professionale in cui si articola l'obbligazione".

Guglielmo chiede
lunedì 07/05/2012 - Lazio
“Sono esecutore testamentario di un avv. deceduto a sett. 2011,il commercialista che curava gli interessi dell'avvocato mi sta richiedendo il pagamento delle competenze dovute dall'avv. a far data dal 1997,potrei sapere,per cortesia,cosa è dovuto al commercialista e che cosa si è prescritto, grazie”
Consulenza legale i 07/05/2012

La prestazione resa da un commercialista rientra nel novero delle prestazioni intellettuali rese dai professionisti, per le quali la legge sancisce un termine prescrizionale ridotto rispetto a quello ordinario, pari a tre anni.

Invero, ai sensi dell'[[2956, n.2, cc]] si prescrive in tre anni il diritto dei professionisti per il compenso dell'opera prestata e per il rimborso delle spese correlative.

Inoltre, la norma contenuta all'art. 2957 del c.c. precisa che il suddetto termine prescrizionale comincia a decorrere dalla scadenza della retribuzione periodica o dal compimento della prestazione.

Nel caso prospettato, a meno che non siano intervenuti atti interruttivi del decorso prescrizionale come ad esempio un'intimazione di pagamento da parte del commercialista, si può ritenere prescritto il diritto del professionista stesso ad ottenere il compenso per tutte le prestazioni che sono state compiute da più di tre anni, quindi dal 1997 fino al 2009.


Dante Z. chiede
giovedì 09/06/2011 - Veneto

“Buongiorno.
Ho ricevuto una raccomandata A/R da un avvocato che mi ha assistito in una causa di separazione iniziata nel 2004. Per vari motivi lo stesso avvocato fu supportato da un altro legale e solo quest' ultimo portò a termine l'intera vertenza. Il legale che ora vanta il credito ha concluso la sua attività nel 2004 e l'ultima corrispondenza che ho risale al gennaio 2008 dopo anni di totale "latenza". Il pagamento risale all'anno 2004 e in fattura non è neppure menzionata la voce "anticipo spese di causa". Il diritto di esigibilità del credito di un professionista non è di 3 anni? Qual è la data a cui devo fare riferimento? Se ci fosse della corrispondenza con date più recenti (quindi inferiori ai tre anni), scritti dei quali io sono all'oscuro, hanno validità?
Ringrazio per la risposta
Dante”

Consulenza legale i 10/06/2011

La raccomandata che ha ricevuto prende il nome di sollecito di pagamento se all’interno della stessa il professionista intima il versamento del suo compenso. La richiesta fatta per iscritto determina la costituzione in mora del debitore ai sensi dell’art. 1219 del c.c. e l’interruzione del decorso di un’eventuale prescrizione presuntiva.

Per quanto concerne le prestazioni dei professionisti si applica l’art. 2956 del c.c., che riguarda tutti coloro che svolgono un'attività intellettuale, quindi anche gli avvocati. La regola è che in tre anni si presume pagato l’emolumento per le prestazioni dei professionisti (si tratta di un termine breve rispetto a quello ordinario). Per la determinazione del dies a quo, non è rilevante il momento in cui il cliente ha pagato l’ultima fattura (peraltro, nel caso di specie, dalla causale incerta e assai difficilmente valevole come riconoscimento del debito residuo), dovendosi, bensì, avere riguardo all’ultima comunicazione ricevuta dall'avvocato, se si è trattato di un’intimazione di pagamento. Solo tale tipo di comunicazione vale per la messa in mora e per interrompere la prescrizione.


Loredana S. chiede
sabato 13/11/2010
“Dopo 5 anni ho ricevuto, con lettera A/R,da un avv. domiciliatario il cui mandato è stato revocato nel 2005, la richiesta di pagamento per parcella, senza specificare importo e competenze.
Devo pagare? Cosa devo eventualmente rispondere?”
Consulenza legale i 16/11/2010

La prestazione dell'avvocato costituisce senza dubbio opera di professionista.
L'art. 2956 del c.c. prevede, tra le ipotesi di prescrizione triennale, proprio il diritto del professionista a ricevere il compenso per l'opera prestata e per il rimborso delle relative spese.
Nel caso di specie, quindi, avendo l'avvocato domiciliatario plausibilmente prestato la propria opera nel 2005 - o in periodo precedente - il suo diritto deve intendersi prescritto ai sensi dell'art. 2956 n. 2 c.c.


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