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Articolo 2913 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Inefficacia delle alienazioni del bene pignorato

Dispositivo dell'art. 2913 Codice Civile

Non hanno effetto [2747] in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione [498 c.p.c.] gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento(1), salvi gli effetti del possesso di buona fede [1153] per i mobili non iscritti in pubblici registri [815, 2693](2).

Note

(1) Gli atti di alienazione dei beni soggetti a pignoramento sono sottoposti ad una inefficacia relativa, in quanto non producono effetti verso il creditore pignorante e gli altri creditori che partecipano alla fase esecutiva, sicché, ad esempio, se il processo esecutivo si estinguesse, il debitore che ha alienato non potrebbe opporre la medesima inefficacia all'acquirente.
(2) Si ribadisce l'eccezione in relazione agli effetti dei terzi che siano stati acquirenti in buona fede, cioè ignorando la presenza della garanzia, ma solo nell'ipotesi di beni mobili non registrati, necessitando invece la trascrizione per le altre categorie di beni.
Se, quindi, l'atto di alienazione o disposizione ha avuto per oggetto un bene mobile non registrato (ad esempio, un quadro, un gioiello, dell'arredamento) ed il terzo acquirente non sapeva che questo fosse assoggettato a pignoramento, tale atto potrà senza dubbio essere opposto ai creditori, i quali di conseguenza non potranno sottoporlo a procedura esecutiva, non facendo ormai più parte del patrimonio del debitore.

Ratio Legis

La norma in commento enuncia il principio generale, fortemente collegato a quello della certezza del diritto, secondo cui quello che avviene dal momento successivo al pignoramento non potrà più danneggiare il creditore procedente e quelli intervenienti nell'esecuzione. Pertanto, mira sostanzialmente ad evitare che, una volta effettuata la trascrizione del pignoramento ex art. 2643, il debitore ponga in essere determinati atti di trasferimento o di disposizione della res assoggettata a procedura di esecuzione, così rendendola vana.

Spiegazione dell'art. 2913 Codice Civile

Natura dell'inefficacia delle alienazioni dell'immobile pignorato

Accogliendo i risultati cui è pervenuta la dottrina sotto il codice precedente, il legislatore ha stabilito nell’articolo in esame il principio dell’inefficacia delle alienazioni del bene sottoposto al vincolo del pignoramento. Non è escluso che anche nei confronti del nuovo testo di legge non debbano sorgere incertezze dottrinali e pratiche circa la natura e la portata dell’anzidetta inefficacia, è certo, però, che oggi la legge chiaramente rigetta la tesi della nullità assoluta degli atti di alienazione compiuti rispetto ad un bene, di cui il debitore non poteva più disporre nei confronti dei creditori.

Inefficacia, dunque, e non già nullità dell’atto. Resta però da vedere come vada intesa l’inefficacia: se cioè come una conseguenza del fatto che la proprietà passa solo nei confronti di determinati soggetti, mentre non passa rispetto ai creditori procedenti, oppure se la proprietà passa rispetto a tutti i soggetti ugualmente, ma transit cum onere suo rispetto ai creditori, nei cui confronti l’alienazione sarebbe inefficace.

Comunque sia, l’alienazione è idonea a produrre i suoi effetti normali, in quanto venga meno il vincolo del pignoramento. Per spiegare ciò si è richiamato il concetto di condicio iuris, intendendosi l’atto di alienazione come subordinato alla condizione del venir meno del pignoramento. Qualunque sia l’opinione che si accolga di condizione, è certo che il mero richiamo ad essa non sia affatto sufficiente a dare una spiegazione del fenomeno che non si riduca ad una tautologia o spiegazione semplicemente formale. Nell’ipotesi considerata trattasi, invero, di una fattispecie complessa, ove la produzione dell’effetto deflattivo dell’atto si produce ex tunc quando venga meno l’ostacolo esteriore, che rende inefficace l’atto di alienazione, di per sé già completo.


Continua

L'alienazione, dunque, è inefficace rispetto al processo esecutivo in corso, essa pertanto non ne ostacola lo svolgimento mentre è idonea a produrre effetti sul terreno del diritto sostanziale, in quanto venga meno il peso del processo medesimo. L’efficacia tipica dell'atto è pertanto subordinata al verificarsi di un ulteriore effetto, che può anche definirsi quale condizione legale, quando tenga però presente che in concreto si tratta di un ostacolo estrinseco, cui venir meno per­mette all'alienazione di esplicare i suoi tipici effetti negoziali. Si è dinanzi ad una fattispecie complessa, formata dalla manifestazione di volontà, più un elemento estrinseco, quale il venir meno del vincolo del pignoramento, a causa dell'estinzione del processo, per riduzione o li­mitazione del pignoramento, in ogni caso prima che questo abbia dato luogo alla fase propriamente espropriativa.

Così schematizzata la fattispecie produttiva di effetti giuridici, si comprende come l'alienazione del bene pignorato produca bensì il trasfe­rimento della proprietà del bene medesimo, ma tale trasferimento pro­duca i suoi effetti solo in quanto non sia per causare pregiudizio al credi­tore procedente ed ai creditori intervenienti nell'esecuzione. Il trasferi­mento di proprietà, quindi, non è nullo od annullabile e neppure ineffi­cace, nel senso che non sia idoneo a trasferire la proprietà, fino a che sia venuto meno il pignoramento. Il vero è che quest'ultimo non importa, come s'è detto, se non un vincolo di natura processuale, in tanto giusti­ficato, in quanto strumentalmente collegato al soddisfacimento dei creditori, la proprietà in seguito all'alienazione passa rispetto a tutti, ma il relativo negozio è inefficace rispetto al processo esecutivo, di cui non può frustrare gli scopi. In altri termini è inefficace rispetto al non può frustrare gli scopi ; in altri termini, è inefficace rispetto al creditore procedente ed ai creditori intervenuti. Oltre che, come si vedrà, nei confronti dell'aggiudicatario.


Limiti dell'inefficacia

Il fondamento e i limiti dell’inefficacia delle alienazioni di beni pignorati fa agevolmente intendere la riserva contenuta nell’ultima parte dell’articolo, secondo il quale sono salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri. In tal caso l’ art. 1153 del c.c. comporta che l' acquirente del mobile (ordinario) pignoratone acquista senz'altro la proprietà anche nei confronti del creditore procedente. La tutela della buona fede è stata pertanto ritenuta più importante che non la tutela del credito, anche in relazione, evidentemente, al regime di circolazione dei mobili.

Si spiega cosi come invece siano invalidi gli atti di alienazione di mobili soggetti alla iscrizione in pubblici registri, nonché di universalità di mobili; che la legge sottrae alla normale disciplina dei mobili (art. 1156 del c.c.).

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

1189 Con il pignoramento le cose che ne sono oggetto vengono sottratte al potere di disposizione del debitore, nei imiti in cui mediante questo potere gli sarebbe altrimenti lecito influire sulla loro destinazione all'esecuzione. Nessun dubbio pertanto poteva sussistere circa la necessità della disposizione dell'art. 2913 del c.c., che corrisponde, del resto, a principi già affermati dalla dottrina, in correlazione ai quali si presenta come un miglioramento della formula dell'art. 2085 del codice civile del 1865. E' noto che questo aveva fatto sorgere questioni, variamente risolte, specie intorno a due punti: se gli atti vietati, posteriori al pignoramento, fossero nulli, annullabili o semplicemente inefficaci e nei confronti di quali creditori; se, infine, atti compiuti prima del pignoramento, ma resi pubblici dopo questo, fossero o no opponibili al creditore pignorante. Sul primo punto aveva finito col prevalere l'opinione che gli atti fossero inefficaci soltanto, perché non opponibili al creditore pignorante e ai creditori intervenuti nell'esecuzione: e ciò è ora chiarito dall'art. 2913. Sul secondo punto l'opinione dominante riconosceva piena efficacia agli atti di disposizione trascritti posteriormente alla trascrizione del precetto, per la ragione che, non avendo il creditore procedente acquistato, con la trascrizione del precetto, diritti sull'immobile, e non essendo perciò terzo ai sensi dell'art. 1942 del codice precedente, la trascrizione si riteneva non necessaria nei suoi confronti. Ma se a questa conclusione si era portati sulla base del sistema del 1865, è però certo che così si ammetteva la possibilità di sorprese a danno del creditore pignorante e di quelli intervenuti nell'esecuzione. Ho ritenuto opportuno di accogliere i voti espressi da una parte della dottrina, risolvendo la questione nell'unico senso compatibile con la tutela delle espropriazioni. Gli art. 2914 del c.c. e art. 2915 del c.c. dispongono pertanto che le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, nonché gli atti che importano vincoli d'indisponibilità, come il vincolo dotale, quello derivante dalla comunione dei beni tra coniugi o dalla costituzione del patrimonio familiare, e le domande in genere per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione non sono opponibili al creditore pignorante e ai creditori che intervengono nell'esecuzione, se non sono stati trascritti anteriormente al pignoramento. Per gli atti non soggetti a speciali forme di pubblicità, la loro efficacia nei confronti del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione è dall'art. 2914 condizionata alla certezza dell'anteriorità della loro data rispetto al pignoramento, salvo, quanto alle alienazioni di beni mobili non iscritti in pubblici registri, che anteriormente al pignoramento sia stato trasferito il possesso del bene alienato. A risolvere un'altra antica controversia, se, cioè, il divieto di alienazione dei beni immobili successivamente alla trascrizione del precetto, posto dall'art. 2085 del codice civile del 1865, comprendesse anche l'iscrizione dì ipoteche (come dai più giustamente si è sostenuto, ma di solito soltanto per le ipoteche convenzionali) provvede l'art. 2916 del c.c., secondo cui nella distribuzione della somma ricavata dall'esecuzione, non si tiene conto delle ipoteche, anche giudiziali, iscritte posteriormente al pignoramento. Disposizione analoga è dettata circa quei privilegi per la cui efficacia si esige l'iscrizione. Del pari non si tiene conto dei privilegi per crediti sorti dopo che il pignoramento sia stato eseguito. Quanto alle cessioni e alle liberazioni di pigioni e di fitti consentite dall'espropriato, l'opponibilità di esse al creditore pignorante e ai creditori che intervengono nell'esecuzione è regolata dall'art. 2918 del c.c. in armonia con le disposizioni dell'art. 2812 del c.c., quarto e quinto comma, che ne disciplinano l'opponibilità nei confronti dei creditori ipotecari. Ulteriore conseguenza dell'indisponibilità del bene pignorato è la disposizione dell'art. 2917 del c.c., che toglie efficacia alle cause di estinzione del credito pignorato, se posteriori al pignoramento.

Massime relative all'art. 2913 Codice Civile

Cass. civ. n. 13342/2022

In conformità ai principi di buona fede e correttezza, per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che è stato soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto: ne deriva che il ritardo ingiustificato comporta la responsabilità risarcitoria del creditore nei confronti del debitore che sia stato conseguentemente danneggiato. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva disatteso la domanda di risarcimento del danno extracontrattuale avanzata dai promissari acquirenti nei confronti dei creditori procedenti, i quali - ricevuto dagli attori il pagamento del debito dell'esecutato - avevano omesso di adoperarsi per l'estinzione del processo esecutivo attraverso il deposito di regolari atti di rinuncia).

Cass. civ. n. 3020/2020

In tema di privilegio ex art. 2770 c.c., stante la sua finalità di assicurare l'interesse dell'intero ceto creditorio, tramite l'applicazione della disciplina dell'art. 2913 c.c., alla conservazione dell'immobile staggito al soddisfacimento delle ragioni di tutti i creditori (anche intervenuti dopo la trascrizione dell'atto di disposizione), la presenza di una precedente iscrizione ipotecaria sul bene non rende inutile l'iniziativa esecutiva assunta dal creditore pignorante rispetto agli interessi del ceto creditorio, né impedisce che tale vantaggio si propaghi, in virtù del disposto dell'art. 2913 c.c., anche agli altri creditori, garantendo il loro eguale diritto al soddisfacimento dei propri crediti sui beni del debitore.

Cass. civ. n. 27545/2017

In conformità ai principi di buona fede e correttezza, per consentire la liberazione del bene immobile dagli effetti pregiudizievoli del pignoramento, il creditore che è stato soddisfatto deve rinunciare agli atti esecutivi senza necessità di alcuna sollecitazione del debitore ed entro un termine ragionevolmente contenuto, avendo riguardo allo stato della procedura pendente nonché ad eventuali motivi di urgenza allo stesso noti: ne deriva che il ritardo ingiustificato comporta la responsabilità risarcitoria del creditore nei confronti del debitore che sia stato conseguentemente danneggiato.

Cass. civ. n. 54/2016

Il pignoramento derivante dalla conversione di un sequestro conservativo non retroagisce, quanto ai suoi effetti, al momento della concessione della misura cautelare, sicché il creditore intervenuto nella successiva esecuzione - promossa dallo stesso sequestrante o da altri - non può opporre gli effetti del pignoramento, di cui agli artt. 2913 e ss. c.c., agli atti pregiudizievoli sui beni del debitore intervenuti tra la concessione del sequestro e il pignoramento, restando l'ipoteca iscritta sull'immobile dopo la trascrizione del sequestro conservativo inopponibile unicamente al creditore sequestrante e non anche ai creditori intervenuti nell'esecuzione.

Cass. civ. n. 25802/2015

Ai sensi dell'art. 107 l. fall., come modificato dal d.l.vo n. 5 del 2006, il curatore fallimentare subentra di pieno diritto nelle procedure esecutive, mobiliari ed immobiliari, pendenti alla data della dichiarazione di fallimento al posto del creditore procedente (che non possa più proseguirle giusta l'art. 51 l. fall.), scegliendo con il programma di liquidazione di sostituirsi a lui, ovvero di proseguire la liquidazione nelle forme fallimentari. In tale ultima ipotesi, l'improcedibilità dell'esecuzione, dichiarata dal giudice dell'espropriazione su istanza del curatore, non determina la caducazione degli effetti sostanziali del pignoramento di cui agli artt. 2913 e segg. c.c., giacché nella titolarità di quegli effetti è già subentrato, automaticamente e senza condizioni, l'organo fallimentare, purché nel frattempo non sia intervenuta una causa di inefficacia del pignoramento medesimo; del resto, opinando diversamente, il curatore sarebbe sempre tenuto a proseguire l'esecuzione singolare onde conservare gli effetti del pignoramento, cosi svilendosi non solo la sua facoltà discrezionale di scelta di cui all'art. 107, comma 6, l. fall., ma anche il suo stesso ruolo centrale assunto dalla programmazione liquidatoria nella riforma del 2006.

Cass. civ. n. 8936/2013

Il terzo che, in pendenza dell'esecuzione forzata e dopo la trascrizione del pignoramento immobiliare, abbia acquistato a titolo particolare il bene pignorato, soggiace alla disposizione di cui all'art. 2913 cod. civ., il quale, sancendo l'inefficacia verso il creditore procedente ed i creditori intervenuti delle alienazioni del bene staggito successive al pignoramento, impedisce che egli succeda nella posizione di soggetto passivo dell'esecuzione in corso, e, quindi, che sia legittimato a proporre opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615, secondo comma, cod. proc. civ.

Cass. civ. n. 924/2013

Nell'ipotesi di detenzione di un immobile pignorato in forza di titolo non opponibile alla procedura esecutiva ai sensi dell'art. 2913 c.c. (nella specie, preliminare di vendita successivo alla trascrizione del pignoramento del bene), è configurabile, in favore del custode giudiziario autorizzato ad agire in giudizio, - quale organo pubblico della procedura esecutiva, ausiliare del giudice - un danno risarcibile che deriva dall'impossibilità di una proficua utilizzazione del bene pignorato e dalla difficoltà a che il bene sia venduto, quanto prima, al suo effettivo valore di mercato; risarcimento sul quale si estende il pignoramento, quale frutto, ex art. 2912 c.c..

Cass. civ. n. 15249/2011

Non hanno effetto nei confronti del curatore del fallimento, che subentri nella posizione del creditore pignorante ex art. 107 legge fall., gli atti di alienazione di beni sottoposti a pignoramento, applicandosi il disposto dell'art. 2913 cod.civ., con conseguente irrilevanza dell'azione revocatoria intrapresa dal fallimento, attesa la priorità temporale del pignoramento.

Cass. civ. n. 15400/2010

Nel caso di acquisto di un immobile successivamente alla trascrizione sullo stesso del pignoramento - quindi con atto inopponibile ai creditori pignoranti ed intervenuti - l'acquirente non può intervenire neppure in via adesiva nell'espropriazione forzata, ne è legittimato a proporre opposizione agli atti esecutivi, ma è legittimato soltanto a proporre opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., allo scopo di far valere l'eventuale inesistenza o la nullità della trascrizione, per sottrarre il bene all'espropriazione, e, inoltre, può partecipare alla distribuzione del prezzo ricavato dalla vendita forzata. eventualmente residuato dopo che siano stati soddisfatti il creditore procedente ed i creditori intervenuti nell'espropriazione.

Cass. civ. n. 24696/2009

Nel giudizio volto a far dichiarare l'inefficacia, ai sensi dell'art. 2913 c.c., del pagamento dei canoni di locazione effettuato dal conduttore di un immobile pignorato in favore del terzo che abbia acquistato il bene con atto successivo al pignoramento, non sussiste litisconsorzio necessario nei confronti del predetto terzo, potendo l'inefficacia costituire oggetto di mera eccezione, opponibile a chi rivendichi un qualunque effetto negoziale incompatibile con il pignoramento e con i diritti del creditore pignoratizio, senza necessità che venga emessa una pronuncia in via principale nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nel rapporto, ove non siano in questione effetti che possano coinvolgere i diritti di terzi non evocati in giudizio

Cass. civ. n. 4856/2000

Il terzo acquirente di un bene pignorato è legittimato a proporre in proprio, e non in via surrogatoria rispetto all'alienante, l'opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 c.p.c.

Cass. civ. n. 7214/1996

Il principio generale enunciato dall'art. 2913 c.c. - a norma del quale non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento - opera anche nei confronti dei creditori intervenuti dopo la trascrizione dell'atto di alienazione, sempreché questo sia successivo al pignoramento. Ne consegue che, ai fini dell'ammissibilità della domanda di liberazione di immobile da ipoteca, la trascrizione dell'acquisto deve avvenire prima che i creditori iscritti eseguano il pignoramento nelle forme di cui all'art. 555 c.p.c., altrimenti la trascrizione effettuata successivamente non è opponibile ai predetti creditori e non può incidere, modificandone lo svolgimento, sull'esecuzione già iniziata.

Cass. civ. n. 324/1990

In tema di affitto di fondi rustici, ai fini dell'accertamento dell'esistenza e gravità d'un inadempimento del conduttore in relazione al mantenimento delle scorte nel fondo ed all'impiego nella sua coltivazione del letame del bestiame, assume rilevanza decisiva lo stabilire, avuto riguardo alle concrete modalità della consegna del bestiame da parte del locatore, se il conduttore abbia acquistato la proprietà delle scorte (come accade nel caso di consegna eseguita con le modalità previste dagli artt. 1645, comma terzo, e 1640, comma terzo, c.c.) o se queste siano rimaste di proprietà del locatore (come accade nei casi previsti dagli arti. 1642 e 1645, comma secondo, c.c.), giacché, nella prima ipotesi, ove l'affittuario alieni il bestiame, occorre valutare se tale alienazione abbia fatto venir meno la concreta destinazione al servizio del fondo dei mezzi necessari alla sua coltivazione secondo i principi della buona tecnica agraria (art. 1618 c.c.), mentre nella seconda, costituendo le scorte la dotazione del fondo, che deve essere mantenuta per tutta la durata del rapporto (artt. 1640, comma primo, e 1642 c.c.), la loro asportazione produce una radicale modificazione, che l'affittuario non può operare unilateralmente senza incorrere in un inadempimento contrattuale.

Cass. civ. n. 4612/1985

Qualora l'immobile pignorato venga trasferito con atto di vendita trascritto dopo la trascrizione del pignoramento, l'inefficacia relativa di tale atto, cioè la sua inopponibilità nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti (artt. 2644 e 2913 c.c.), non esclude che il terzo acquirente assume la veste di successore a titolo particolare nel diritto di proprietà sul bene staggito, e quindi di soggetto in cui pregiudizio si svolge il processo espropriativo. In tale situazione, pur non potendo trovare applicazione diretta l'art. 111 c.p.c., dettato per il processo di cognizione, devono ritenersi operanti i principi evincibili dalla norma medesima, previo adattamento con le caratteristiche del processo esecutivo, e deve conseguentemente riconoscersi, ferma restando la prosecuzione del processo stesso fra le parti originarie, la possibilità di detto terzo acquirente di svolgere le attività processuali inerenti all'indicato subingresso nella qualità di soggetto passivo, e, quindi, la facoltà di interloquire in ordine alle modalità dell'esecuzione, di proporre opposizione agli atti esecutivi, a norma dell'art. 617 c.p.c., di proporre opposizione all'esecuzione, ai sensi del secondo comma dell'art. 615 c.p.c., per impignorabilità del bene, nonché di proporre, in via di surrogazione al debitore esecutato, opposizione all'esecuzione per inesistenza o sopravvenuta cessazione del diritto di procedere all'esecuzione medesima, ai sensi del primo comma dell'art. 615 citato.

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relative all'articolo 2913 Codice Civile

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P. B. chiede
venerdì 23/09/2022 - Lazio
“Salve. Vi scrivo in merito all'acquisto di un immobile oggetto di una procedura esecutiva immobiliare avviata nel 2020 da una banca nei confronti di una persona fisica, fortemente indebitata. Alla procedura si sono accodati anche altri creditori, tra cui il condominio. Sull'immobile gravano inoltre ipoteche da parte dell'Agenzia dell'entrante e dalla Gerit (queste informazioni le abbiamo avute per conto nostro, non ci sono state date inizialmente).
La faccenda nasce così: Nel mese di luglio vediamo questo alloggio ad un prezzo vantaggioso (110 mq per i quali si richiedevano 299.000 euro da pagare in contanti). L'agente immobiliare ci ha spiegato che i proprietari dell'immobile, che tra l'altro vivono nel nostro palazzo, avevano fretta di vendere per sanare la loro situazione altrimenti la casa sarebbe andata all'asta. I proprietari sono assistiti dal loro avvocato. Facciamo la nostra offerta, che viene accettata e ci chiedono di emettere un assegno circolare intestato al proprietario come caparra. L'agente immobiliare ci spiega dovevamo aspettare che a metà settembre la banca creditrice si esprimesse per vedere se accettavano l'offerta di mediazione condotta dall'avvocato. Nel caso questa avesse accettato l'offerta di mediazione, si sarebbe poi dovuto trattare con gli altri creditori per fare un saldo e stralcio, ma era molto ottimista.
Nel mese di luglio (pochi giorni dopo l'emissione del nostro assegno) il tribunale di roma emette l'ordinanza di vendita all'asta, nominando un avvocato responsabile. Quest'ultimo a metà settembre ha emesso il bando di asta fissando la data dell'asta il 26 novembre. Base d'asta 293.000 Euro. Chiedo lumi all'agente immobiliare che ci dice che la banca ancora non si è espressa, che lo farà a breve e in caso di risposta positiva si avvieranno tutte le trattative del caso che vengono definite "in discesa". Alla domanda se gli altri creditori possono opporsi alla chiusura della procedura esecutiva immobiliare in corso mi dicono di no. Solo la banca può farlo. E il tribunale in questo caso prederebbe atto che la questione si è risolta e revocherebbe l'asta. Alla domanda se si può fare saldo e stralcio con l'Agenzia delle entrate mi dice di sì, pagando il 25% del debito e poi rateizzando. IL mio quesito è questo: le risposte che ci hanno fornito in merito alle nostre domande sono corrette? Inoltre, la cancellazione dell'ipoteca da parte dell'Agenzia delle entrate e della Gerit quando avverrebbe in base alla normativa? A saldo del debito? Non vorremmo acquistare un immobile su cui ancora grava un'ipoteca, visto che a questo punto i venditori e l'agenzia hanno fretta di chiudere prima dell'asta. Inoltre, essendoci stata a luglio un'ordinanza del tribunale, l'agente immobiliare ha titolo a gestire questo immobile? Vorremmo tutelarci e la situazione mi sembra piuttosto ingarbugliata, anche dal punto di vista delle tempistiche. Grazie e attendo una vostra risposta. PS. Se occorre posso fornire la documentazione di riferimento.”
Consulenza legale i 02/10/2022
Una primo principio fondamentale che occorre avere ben presente quando si ha a che fare con un bene sottoposto a procedura esecutiva immobiliare è quello desumibile dall’art. 492 del c.p.c., dalla lettura del quale si ricava che la funzione del pignoramento è sostanzialmente quella di determinare un vincolo di destinazione su uno o più beni del debitore affinché essi, una volta liquidati e cioè trasformati in denaro, soddisfino il credito del creditore procedente e dei creditori eventualmente intervenuti nel processo di esecuzione.
Ciò comporta che, dopo la notifica dell’atto di pignoramento e la sua conseguente trascrizione nella Conservatoria dei Registri immobiliari, il bene allo stesso assoggettato non deve considerarsi in un regime di indisponibilità assoluta e non cessa di appartenere al patrimonio del debitore.
Qualunque eventuale e successivo atto di disposizione su di esso compiuto, pertanto, non è nullo o in alcun modo invalido o affetto da inefficacia assoluta, ma semplicemente inopponibile al creditore procedente ed a quelli intervenuti (il regime giuridico degli atti di disposizione compiuti sui beni pignorati da parte del debitore esecutato è quello dell'inefficacia relativa).

Una conferma di ciò la si ricava dalla lettura dell’art. 2913 c.c., il quale non vieta il compimento di atti di alienazione aventi ad oggetto beni sottoposti a pignoramento, ma dispone soltanto che tali atti non possono avere effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione.
Quanto fin qui detto, dunque, consente già di rispondere al primo dubbio che ci si pone, ossia come sia possibile che, in corso di procedura e con una ordinanza che già ha fissato la vendita del bene pignorato, il debitore, per il tramite dell’agenzia immobiliare, stia portando avanti una trattativa per la vendita dell’immobile che gli è stato pignorato.
La vendita che si andrebbe a concludere sarebbe pienamente valida ed efficace, ma non potrebbe in alcun modo esplicare efficacia nei confronti del creditore pignorante e degli altri creditori intervenuti in quella procedura esecutiva, e ciò anche in conformità al principio della continuità delle trascrizioni scaturente dal combinato disposto degli artt. 2644 e 2650 c.c.

Chiarita questa prima problematica, si può adesso affrontare l’altra questione che nel quesito viene sollevata, ovvero se risponde al vero quanto è stato riferito in ordine agli effetti che può avere una eventuale rinuncia alla procedura esecutiva da parte del creditore procedente per soddisfacimento integrale del suo credito, anche in relazione ai creditori successivamente intervenuti.
La norma che al riguardo deve essere preliminarmente presa in considerazione è l’art. 500 del c.p.c., il quale dispone che l’intervento dà diritto a partecipare alla distribuzione della somma ricavata, a partecipare all'espropriazione del bene pignorato e a provocarne i singoli atti.

Ora, costituisce tesi consolidata nella giurisprudenza di legittimità quella secondo cui nel caso di caducazione del titolo esecutivo del creditore procedente, sia impedita la legittima prosecuzione della procedura da parte dei creditori muniti di titolo esecutivo intervenuti anteriormente a detta revoca, con la conseguenza che gli atti provocati con il concorso di questi ultimi devono ritenersi privi di qualsivoglia efficacia (in tal senso Cass. 3531/2009).
Ciò perché il citato art. 500 c.p.c., nella parte in cui sancisce la facoltà, per i creditori intervenuti, di provocare gli atti dell'espropriazione a cui partecipano, deve intendersi esclusivamente nel senso che il creditore pur se munito di titolo esecutivo (c.d. “titolato”) può semplicemente sopperire all'eventuale inerzia del creditore procedente per far proseguire il processo, compiendo in sua vece gli atti di impulso processuale necessari ad impedirne l'estinzione, ma senza che da essa possa desumersi l'ulteriore regola per cui i creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo non sono travolti dalla caducazione del provvedimento usato come titolo esecutivo, sulla cui base è stato effettuato il pignoramento dal creditore procedente.
L’unico modo che potrebbe consentire agli altri creditori titolati di portare avanti la procedura esecutiva, indipendentemente dalla caducazione del titolo del creditore procedente, sarebbe quello di effettuare anche loro un pignoramento successivo sullo stesso bene, il quale avrebbe così effetto indipendente sul primo ex art. 493 comma 3 c.p.c.
Sempre la Corte di Cassazione, nella medesima sentenza sopra citata (Cass. 3531/2009), ha precisato che se da un lato il titolo esecutivo consente all'intervenuto di sopperire anche all'eventuale inerzia del creditore procedente, dall'altro lato, tuttavia, la caducazione del pignoramento iniziale del creditore procedente, qualora non sia stato "integrato" da pignoramenti successivi, travolge ogni intervento, titolato o meno.

Tuttavia, quanto fin qui detto vale per la specifica ipotesi di caducazione del titolo esecutivo, ipotesi ben diversa da quella che qui verrebbe a configurarsi, derivante da rinuncia alla procedura esecutiva, per la quale occorre fare riferimento a quanto disposto dall’art. 629 del c.p.c., in forza del quale non risulta possibile dichiarare l'estinzione del processo esecutivo per avvenuta rinuncia agli atti del creditore procedente quando risulti la presenza, nel processo, di un creditore (interveniente) munito di titolo esecutivo, essendo questi in grado di consentirne la prosecuzione (in tal senso Cass. n. 5266/2000).
Va al riguardo osservato che l'art. 629 c.p.c., nell'indicare i soggetti che sono legittimati a porre in essere la rinuncia, distingue la posizione dei creditori a seconda che la dichiarazione intervenga prima dell'aggiudicazione o dell'assegnazione ovvero dopo la vendita.
Nella prima ipotesi (prevista dal primo comma) perché si determini l'estinzione è necessario che la rinuncia provenga dal “creditore pignorante” e da “quelli intervenuti muniti di titolo esecutivo”, mentre nella seconda ipotesi (prevista dal secondo comma), “il processo si estingue se rinunciano agli atti tutti i creditori concorrenti”.
Da ciò se ne deve per forza di cose dedurre che, nella fase in cui si trova il processo esecutivo in oggetto, l’estinzione dello stesso non potrebbe che essere conseguenza di manifestazione di volontà di rinuncia proveniente sia dal creditore procedente che da quelli successivamente e tempestivamente intervenuti.

Per quanto concerne la possibilità per il debitore esecutato e promittente venditore di raggiungere un accordo di saldo e stralcio con l’Agenzia delle Entrate e la Gerit, va detto che in effetti si tratta di una facoltà prevista espressamente dalla Legge n. 145/2018, la quale ha proprio introdotto il “Saldo e stralcio” delle cartelle, ossia una riduzione delle somme dovute, per i contribuenti in grave e comprovata difficoltà economica.
Tuttavia, sembra evidente che i soggetti creditori non si trovano in questi casi in una semplice posizione di soggezione, che li costringe semplicemente ad accettare la proposta di saldo e stralcio proveniente dal debitore, essendo pur sempre necessaria una loro manifestazione di volontà di accettare quella proposta, previa verifica di tutte le condizioni ed i presupposti previsti dalla stessa legge sopra citata.
Infatti, Il "Saldo e stralcio" riguarda esclusivamente le persone fisiche che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica ed è riferito esclusivamente ad alcune tipologie di debiti.

In ogni caso, perché si possa conseguire la cancellazione delle ipoteche iscritte sul bene, occorre che coloro che dai pubblici registri ne risultano titolari prestino il loro assenso a detta cancellazione, ciò che non potrà che avvenire prima del soddisfacimento integrale del loro credito.
In tal senso può argomentarsi dal combinato disposto degli artt. 2878 e 2879 c.c., la prima delle quali individua in quali tassativi casi l’ipoteca si estingue, mentre la seconda precisa che la rinunzia all’ipoteca, necessaria per procedere alla sua cancellazione ex art. 2882 del c.c., deve essere espressa e risultare da atto scritto a pena di nullità.

In definitiva, ciò che si consiglia è di prestare particolare cautela ed attenzione nel portare avanti la trattativa già iniziata, in quanto non tutti i passaggi che vengono prospettati per conseguire il bene libero da ogni gravame e vincolo di destinazione possono essere così certi e scontati.