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Articolo 745 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Frutti e interessi

Dispositivo dell'art. 745 Codice Civile

I frutti [820 c.c.] delle cose(1) e gli interessi sulle somme soggette a collazione non sono dovuti che dal giorno in cui si è aperta la successione [456 c.c.].

Note

(1) L'articolo in esame si riferisce ai frutti naturali, ossia a quelli che provengono direttamente dalla cosa e che si acquistano al momento della separazione, e ai soli interessi, non anche ai restanti frutti civili, cioè a quelli che costituiscono il corrispettivo del godimento che altri abbia della cosa e si acquistano di giorno in giorno.

Ratio Legis

I frutti, presumendosi consumati, non sono oggetto di collazione. Essendo, poi, la donazione oggetto di collazione valida, non vi è la necessità di imporre all'erede la restituzione dei frutti.

Spiegazione dell'art. 745 Codice Civile

La ragione della norma (identica all’articolo #1013# del vecchio codice del 1865) è ovvia. Se il donatario dovesse conferire anche i frutti e gli interessi anteriori e da lui quasi certamente già consumati, a far tempo dalla donazione, questa, invece di arrecargli un vantaggio si tradurrebbe in un gravissimo danno.

La collazione dell’usufrutto formò oggetto di vivissima controversia in dottrina ed in giurisprudenza. Fra le varie opinioni, vi fu quella del Coviello, il quale escluse la conferibilità quando il padre abbia ceduto al figlio l’usufrutto che aveva sui beni di un terzo; quando, invece, il padre gli abbia costituito tale diritto sui propri beni, ritenne conferibile ciò che esso rappresenta dopo l’apertura della successione, e così pure in caso di rinunzia all’usufrutto che il padre aveva sui beni del figlio. A questa tesi aderì la R. G. n. 212, scrivendo che la collazione dell'usufrutto ha per oggetto il valore capitale che rimanga nelle mani del donatario dopo l'apertura della successione.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 745 Codice Civile

Cass. civ. n. 16701/2017

La domanda diretta a conseguire gli interessi sulle somme pari al valore degli immobili oggetto di collazione per imputazione può essere proposta per la prima volta in appello, in ragione della necessaria operatività dell'istituto della collazione nel giudizio di divisione ereditaria e dell'automatica inerenza alla comunione, sin dall'apertura della successione, delle summenzionate somme. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 20/06/2013).

Cass. civ. n. 2453/1976

Il coerede tenuto a restituire alla massa i frutti di immobili ereditari da esso goduti non deve anche corrispondere gli interessi sulle somme relative, in quanto i frutti percetti non sono normalmente idonei, salvo che in caso di tesaurizzazione, a fungere da beni capitali suscettibili, a loro volta, di produrre altri frutti naturali o civili.

Nella collazione - per imputazione - di un bene immobile devono essere imputati, insieme col valore di stima del bene al momento dell'apertura della successione, gli interessi legali rapportati a tale valore e decorrenti dall'accennato momento (anziché le rendite dell'immobile nel corrispondente periodo).

Cass. civ. n. 1987/1969

La collazione non annulla ex tunc la donazione, sicché il donatario non deve restituire quanto medio tempore abbia goduto del bene donato; ma soltanto conferire il bene o il suo valore alla massa dividenda nello stato in cui si trova al tempo dell'aperta successione. Pertanto, la donazione della sola perceptio fructum — indipendentemente dalla donazione della cosa principale — non è soggetta a collazione limitatamente ai frutti del bene, fino all'apertura della successione.

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Consulenze legali
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C. D. B. chiede
domenica 30/01/2022 - Veneto
“buon giorno
mia sorella possedeva quote di nuda proprietà di alcuni immobili di cui mia madre aveva l'usufrutto entrambe ricevute da testamento paterno.
In vita mia madre ha donato a mia sorella il suo usufrutto, arrecandole quindi un arricchimento in quanto tali immobili erano soggetti a rendita per locazione, ed impoverimento di mia madre che si era privata di tali affitti.Evidenzio che di questi immobili solo quelli destinati a rendita sono stati donati gli usufrutti, la casa ove mia madre viveva invece, anche questa nuda prorpietà al 50% pro capite a me e mia sorella e usufrutto a mia madre, non fu donata in quanto non creava alcuna rendita.
Alla morte di mia madre per ricostruire il patrimonio ereditario posso calcolare tale donazione, avvenuta attraverso atto notarile in cui si recita "donazione", l'ammontare di tale donazione con le quote di affitti ricevuti, rintraccibili attraverso i controcorrenti di mia madre in quanto li incassava e poi li girava a mia sorella.
grazie”
Consulenza legale i 03/02/2022
La questione che con il caso in esame viene posta attiene sostanzialmente al tema della ammissibilità o meno di una collazione del diritto di usufrutto, tema che viene in qualche modo affrontato dall’art. 745 c.c.

Tale norma detta il principio generale secondo cui non si ha diritto a collazione per i frutti (sia naturali che civili) e gli interessi relativi a beni fruttiferi oggetto di conferimento in collazione, principio che va inteso nel senso che vi si deve far rientrare tutto ciò che, dovendo essere considerato non come capitale ma come rendita, si presume essere stato consumato dall'erede donatario.
Tuttavia, sebbene la norma nulla dica espressamente al riguardo, la giurisprudenza (cfr. Cass. civ. 06.06.1969 n. 1987), ha affermato che non possono farsi rientrare nel campo di applicazione del citato art. 745 c.c. la donazione di usufrutto o di reddito, con la sola precisazione che il coerede, tenuto a restituire alla massa i frutti degli immobili goduti, non è pure obbligato a corrispondere gli interessi sulle relative somme, in quanto i frutti percetti non sono idonei a fungere da beni capitali suscettibili a loro volta di produrre frutti (cfr. Cass. n. 2453/1976).

Nel caso di specie, pertanto, al fine di procedere alla ricostruzione della massa ereditaria e così calcolare la quota di riserva spettante a ciascuno degli eredi legittimari, si ha diritto a pretendere che venga incluso in tale massa il valore dell’usufrutto donato dalla madre ad una sola delle figlie, valore che potrà essere determinato in misura pari ai frutti civili (gli affitti riscossi dalla figlia donataria) che lo stesso ha prodotto dal momento della donazione a quello di apertura della successione.
Sotto il profilo probatorio, ci si può indubbiamente avvalere sia del contratto di locazione relativo all’immobile o agli immobili di cui è stato donato il diritto di usufrutto, sia delle movimentazioni bancarie a cui si fa riferimento nel quesito, nella parte in cui è detto che i canoni di locazione venivano accreditati sul conto corrente della defunta (probabilmente in quanto parte locatrice nel rapporto di locazione) per poi essere girati sul conto corrente della figlia usufruttuaria.

Sotto il profilo della concreta operatività della collazione, invece, si ritiene posa essere utile qui riportare quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 2453 del 28.06.1976, nella quale è detto che “La collazione ereditaria, quale che ne sia il fondamento, rappresenta, in entrambe le forme in cui è prevista dalla legge (in natura o per imputazione), un mezzo giuridico preordinato alla formazione della massa ereditaria da dividere, in guisa che, nei reciproci rapporti tra determinati coeredi, siano assicurati, in senso relativo, l'equilibrio e la parità di trattamento, al fine che non venga alterato al rapporto di valore fra le varie quote e sia garantito a ciascuno degli eredi stessi la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla propria quota. La differenza tra i due modi di collazione consiste in ciò che, mentre quella in natura consta di un unica operazione, che implica un effettivo incremento dei beni in comunione che devono essere divisi, la collazione per imputazione ne postula due, l'addebito del valore dei beni donati, a carico della quota dell'erede donatario, ed il contemporaneo prelevamento di una corrispondente quantità di beni da parte degli eredi non donatari, cosicché soltanto nella collazione per imputazione non in quella in natura, i beni rimangono sempre in proprietà del coerede donatario, che li trattiene in virtù della donazione ricevuta e deve versare alla massa solo l'equivalente pecuniario, il che di norma avviene soltanto idealmente.”

Qualora la sorella dovesse opporsi alla richiesta di imputare alla propria quota i frutti civili (i canoni di locazione) entrati nel suo patrimonio per effetto della donazione di usufrutto, si può prospettare un’altra soluzione, ovvero quella di manifestare alla stessa l’intenzione di voler configurare il trasferimento delle somme di denaro dal conto corrente della madre a quello della sorella come vere e proprie donazioni dirette di denaro, effettuate in forma di prestazione periodica ed integranti una sorta di rendita temporanea a titolo meramente liberale (anche in questo caso la prova dovrebbe essere data dalle movimentazioni bancarie, attestanti i trasferimenti di denaro dal conto della madre a quello della sorella).

Conseguenza di tale ricostruzione sarà che, se le somme di cui la sorella si è complessivamente arricchita nel corso degli anni (con conseguente impoverimento del patrimonio della madre) non possono considerarsi di modico valore (secondo la definizione che ne dà l’art. 783 del c.c.), dovrà farsi applicazione dell’art. 782 del c.c., norma che richiede per la donazione diretta il rispetto della forma dell’atto pubblico con la necessaria presenza dei testimoni.
In mancanza del rispetto di tale forma solenne, la donazione dovrà considerarsi nulla, con conseguente obbligo per il donatario di restituire al patrimonio ereditario quanto indebitamente percepito.

DANIELA chiede
lunedì 28/02/2011 - Sicilia

“Dall'esame dell'art.745 c.c. ho appreso che i frutti delle cose sono dovuti dal giorno in cui è aperta la successione. Mi chiedo: nel caso in cui si sia tentato più volte di dividere bonariamente l'asse ereditario, ma senza successo, è possibile richiedere tali frutti decorsi quasi vent'anni dall'apertura della successione, in sede di divisione giudiziale? Preciso che i beni facenti parte dell'asse ereditario sono stati detenuti in via esclusiva solo da uno dei condividenti, con esclusione degli altri.
Grazie mille.”

Consulenza legale i 28/02/2011

Va premesso che il diritto dei coeredi di chiedere in ogni tempo la divisione ed il connesso diritto alla collazione, postulano l'assunzione della qualità di erede e pertanto che sia intervenuta l'accettazione (espressa o tacita) dell'eredità da parte del chiamato entro il termine di prescrizione di cui all'art. 480 del c.c..

Segnatamente, secondo la disposizione sopra epigrafata, si ricava che in un giudizio di divisione ereditaria, qualora si sia optato per la collazione, chi imputa alla massa ereditaria quanto già ricevuto, dovrà versare i frutti e gli interessi prodotti dai beni e dalle somme di denaro che fanno parte della detta massa, calcolati sul valore (dei beni), accertato con riferimento alla data di apertura della successione. Sui frutti/interessi, così calcolati, spetterà a ciascuno dei coeredi una misura proporzionale alle rispettive quote di partecipazione. Inoltre, il condividente che non è stato in possesso dei beni, potrà domandare con riferimento alla quota di sua pertinenza, l’indennità di occupazione che verrà accertata nel corso del giudizio, con rivalutazione monetaria e interessi legali dal dì del dovuto al saldo.