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Articolo 2606 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Deliberazioni consortili

Dispositivo dell'art. 2606 Codice Civile

Se il contratto non dispone diversamente, le deliberazioni relative all'attuazione dell'oggetto del consorzio [2603, n. 1] sono prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati.

Le deliberazioni che non sono prese in conformità alle disposizioni di questo articolo o a quelle del contratto possono essere impugnate [2377] davanti all'autorità giudiziaria entro trenta giorni(1) [2964]. Per i consorziati assenti il termine decorre dalla comunicazione o, se si tratta di deliberazione soggetta ad iscrizione, dalla data di questa.

Note

(1) Il termine per l'impugnativa è un termine perentorio posto a pena di decadenza, rilevabile d'ufficio in ogni grado del processo.

Massime relative all'art. 2606 Codice Civile

Cass. civ. n. 2334/2012

La domanda diretta a far accertare la non conformità al vero del contenuto della delibera assembleare di un consorzio con attività esterna, quale riportato nel relativo verbale, integra gli estremi di un'azione di accertamento dell'inesistenza materiale di detta deliberazione e può pertanto essere proposta anche da un soggetto estraneo al novero dei consorziati, se a tale accertamento egli abbia un interesse concreto e attuale. Siffatto interesse è però da escludere nel caso in cui una successiva delibera della medesima assemblea consortile abbia confermato la precedente, non essendo il terzo legittimato a far valere, in base al disposto del secondo comma dell'art. 2606 c.c., l'eventuale contrarietà della delibera confermativa agli obblighi derivanti dal contratto consortile, ivi compreso l'obbligo di esecuzione secondo buona fede la cui violazione si sia tradotta in un eccesso di potere della maggioranza in danno della minoranza dei consorziati.

Cass. civ. n. 10442/1998

Il Consorzio di miglioramento fondiario, per esigere dai consorziati il pagamento di somme per la conservazione e il godimento di opere ed impianti destinati all'uso comune, non ha l'onere, a differenza della richiesta del contributo consortile — previsto dall'art. 864 c.c. per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio di opere di bonifica e di miglioramento fondiario — di presentare un piano di ripartizione della spesa, approvato con le forme stabilite dall'art. 9 legge 5 luglio 1928 n. 1760 ed iscritto in apposito registro, onde consentire al proprietario del fondo incluso nel perimetro entro cui si esercita l'azione consortile di ricorrere al giudice ordinario per accertare l'esatto ammontare del suo obbligo di contribuzione, sussistente in ragione del beneficio ricavato dal miglioramento fondiario.

Cass. civ. n. 1642/1980

La domanda, con la quale i partecipanti ad un consorzio per strada vicinale, non soggetta a servitù di pubblico transito, impugnano le deliberazioni del consorzio medesimo, resta devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, tenuto conto che i consorzi stradali hanno natura di persone giuridiche pubbliche solo se costituiti per strade vicinali di uso pubblico.

Nei consorzi per strade vicinali, non soggette ad uso pubblico, come in ogni aggregato sociale assunto ad entità propria, lo statuto rappresenta l'ordinamento interno e ne regola il modo d'agire. Pertanto, avverso le delibere adottate da detti consorzi, con le prescritte maggioranze, in ordine alle spese per servizi comuni ed ai relativi criteri di ripartizione, l'impugnativa del singolo partecipante dissenziente può essere solo diretta a far valere la violazione di norme dello statuto, ovvero, quando si tratti di servizi dallo statuto stesso non regolamentati, la lesione di propri diritti individuali, ma non anche questioni di opportunità delle decisioni medesime. (Nella specie, era stata deliberata la spesa per il servizio di guardiania, non prevista dallo statuto, con ripartizione secondo il valore iniziale delle quote in conformità del criterio generale dettato dallo statuto, senza tener conto che solo alcuni comproprietari avevano edificato sui lotti di rispettiva proprietà. La S.C. ha ritenuto correttamente esclusa la sindacabilità da parte del giudice di detta delibera).

Cass. civ. n. 3725/1978

L'impugnazione delle deliberazioni di un consorzio costituito da diversi condominii non è disciplinata dall'art. 2606 c.c., dal momento che il consorzio non è formato da imprenditori, ma da enti di gestione, bensì dalle disposizioni dettate in materia di condominio negli edifici, applicabili in via analogica, essendo compatibili con la struttura organizzativa e con le finalità dell'ente. Conseguentemente il termine di trenta giorni per l'impugnazione ex art. 1137 c.c. opera solo per le deliberazioni annullabili, ossia viziate nel loro procedimento di formazione per inosservanza delle regole all'uopo stabilite dalla legge, dalle private convenzioni o dal regolamento di condominio, ovvero pregiudizievoli alle cose o ai servizi comuni o inerenti a materia riservata alla competenza di un altro organo (es.: l'amministratore), mentre sono sottratte a qualsiasi termine di decadenza e possono essere impugnate con un'azione di mero accertamento da chiunque vi abbia interesse — e non solo dai condomini assenti o dissenzienti — le deliberazioni nulle, e cioè quelle prive dei requisiti essenziali come quelle adottate con maggioranza inesistente, apparente o inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale in relazione all'oggetto della deliberazione, o con contenuto illecito o impossibile, o concernenti innovazioni lesive dei diritti di ciascun condomino sulle cose o sui servizi comuni o sulle parti di proprietà individuale. In caso di deliberazione nulla dell'assemblea condominiale — a differenza di quanto prescritto dall'art. 1137 c.c. per la deliberazione meramente annullabile — la legittimazione alla impugnazione spetta non solo ai condomini assenti o dissenzienti, ma anche a quelli che si sono astenuti dal votare o hanno votato scheda bianca; non sono invece legittimati all'impugnazione i condomini che hanno espresso voto favorevole, non avendo interesse a far accertare la nullità di una deliberazione alla quale essi stessi hanno dato causa contribuendo alla formazione della volontà collettiva.

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