Brocardi.it - L'avvocato in un click! CHI SIAMO   CONSULENZA LEGALE

Articolo 2504 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Effetti della fusione

Dispositivo dell'art. 2504 bis Codice Civile

La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.

La fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte dall'articolo 2504. Nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva.

Per gli effetti ai quali si riferisce il primo comma dell'articolo 2501 ter, numeri 5) e 6), possono essere stabilite date anche anteriori.

Nel primo bilancio successivo alla fusione le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione medesima; se dalla fusione emerge un disavanzo, esso deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell'attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza e nel rispetto delle condizioni previste dal numero 6 dell'articolo 2426, ad avviamento(1). Quando si tratta di società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio, devono altresì essere allegati alla nota integrativa prospetti contabili indicanti i valori attribuiti alle attività e passività delle società che hanno partecipato alla fusione e la relazione di cui all'articolo 2501 sexies. Se dalla fusione emerge un avanzo, esso è iscritto ad apposita voce del patrimonio netto, ovvero, quando sia dovuto a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce dei fondi per rischi ed oneri(2).

La fusione attuata mediante costituzione di una nuova società di capitali ovvero mediante incorporazione in una società di capitali non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni delle rispettive società partecipanti alla fusione anteriori all'ultima delle iscrizioni prescritte dall'articolo 2504, se non risulta che i creditori hanno dato il loro consenso.

Note

(1) In materia di bilancio vengono fissati i criteri per la redazione del primo bilancio successivo alla fusione, prevedendo che nell'ipotesi di disavanzo, esso dovrà essere imputato agli elementi dell'attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza, all'avviamento.
(2) Periodo aggiunto dall'art. 23 D. Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310.

Ratio Legis

La norma conferma il carattere meramente "evolutivo" della fusione, sancendo il principio di continuità della società risultante dalla fusione in tutti i rapporti giuridici intestati alle società che hanno partecipato ad essa.

Spiegazione dell'art. 2504 bis Codice Civile

La norma ribadisce anche per la fusione il principio della continuità, in capo alla società risultante dalla fusione, dei rapporti giuridici intestati alle società partecipanti alal fusione.
La stessa disposizione inoltre prevede che gli effetti della fusione decorrano unicamente dall'ultima iscrizione nel registro delle imprese dell'atto di fusione, salva la possibilità per le società che vi partecipano di concordare:

1. la postdatazione: è possibile solo nell'ipotesi di fusione per incorporazione e può riguardare qualsiasi effetto della fusione. Qualora ad essere incorporate siano due o più società, l'atto di fusione potrà prevedere che la fusione divenga efficace in date posteriori differenziate per ciascuna società incorporata.
2. la retrodatazione: è possibile solo ai fini contabili per entrambe le forme di fusione (retrodatazione contabile).

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

14 DELLA FUSIONE E DELLA SCISSIONE Per quel che riguarda il tema delle fusioni, l'indicazione contenuta nella legge-delega di "semplificare e precisare il procedimento" doveva coniugarsi con l'esigenza di rispettare i vincoli di derivazione comunitaria (e, in particolare, quelli imposti dalla direttiva 78/855/CEE del 9.10.1978, cui – nel nostro Paese – è stata data attuazione in forza del d. lgs 16.1.1991, n. 22). Si è così ritenuto di operare su due piani: a) da un lato – per quanto riguarda le fusioni cui partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni (alle quali si applicano le previsioni della sopramenzionata direttiva comunitaria) – sfruttando, al fine di "semplificare e precisare il procedimento", taluni margini consentiti dalla direttiva stessa e non "sfruttati" dal d. lgs. n. 22/1991; b) da altro lato – per quanto riguarda le fusioni cui, invece, non partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni (alle quali non trovano applicazione le previsioni della sopramenzionata direttiva comunitaria) – derogando altresì, sempre al fine di "semplificare e precisare il procedimento", a talune indicazioni previste come tassative dalla direttiva stessa. Così: Dal primo punto di vista, si è utilizzato il margine di discrezionalità consentito agli Stati membri dall'art. 1, comma 3°, della direttiva per eliminare l'attuale previsione secondo cui "la partecipazione alla fusione non è consentita alle società sottoposte a procedure concorsuali" (art. 2501 del c.c., comma 2°); si è espressamente consentita una (seppure estremamente limitata) possibilità di modifica del progetto di fusione in sede di approvazione della fusione stessa (art. 2502 del c.c., comma 2°); si è cercato di trovare un miglior contemperamento tra l'esigenza di celerità del procedimento di fusione e quella di tutela dei creditori sociali (art. 2503 del c.c., commi 1°, 2° e 3°); si è sfruttato il margine di discrezionalità concesso agli Stati membri dagli artt. 25 e 27 della direttiva per consentire, in ipotesi di fusione per incorporazione di una o più società in un'altra che possiede almeno il 90% di tutte le loro azioni o quote, che l'approvazione della fusione stessa venga effettuata dall'organo amministrativo (art. 2505 del c.c., comma 2°; art. 2505-bis, comma 2°), ecc.; Dal secondo punto di vista – con riferimento alle fusioni cui non partecipano società il cui capitale è rappresentato da azioni – si è prevista (all'art. 2505 quater), proprio al fine di ulteriormente semplificare ed accelerare il procedimento di fusione, tutta una serie di deroghe al modello di derivazione comunitaria. Per quel che concerne le operazioni di leveraged buyout – relativamente alle quali la legge-delega (art. 7, comma 1°, lett. d) demandava al legislatore delegato di "prevedere che le fusioni tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, non comportano violazione del divieto di acquisto e di sottoscrizione di azioni proprie, di cui, rispettivamente, agli articoli 2357 e 2357 quater del codice civile, e del divieto di accordare prestiti e di fornire garanzie per l'acquisto o la sottoscrizione di azioni proprie, di cui all'articolo 2358 del codice civile" – si sono indicate le condizioni cui dette fusioni devono sottostare (art. 2501-bis). Infine, si sono introdotte specifiche previsioni per dare attuazione, da un alto, all'indicazione della legge– delega (art. 7, comma 1, lett. c) che impone al legislatore delegato di "disciplinare i criteri di formazione del primo bilancio successive alle operazioni di fusione" (cfr. art. 2504-bis, comma 4°) e, da altro lato, a quelle (art. 7, comma 1, lett. b) di "disciplinare possibilità, condizioni e limiti delle (…) fusioni eterogenee" (cfr. art. 2502, comma 2°; art. 2504-bis, comma 5°). Anche per quel che riguarda le scissioni, è stato necessario contemperare le indicazioni contenute nella legge delega con l'esigenza di rispettare i vincoli di derivazione comunitaria (e, in particolare, quelli imposti dalla direttiva 82/891/CEE del 17.12.1982, cui – nel nostro Paese – è stata data attuazione in forza del d. lgs. 16.11.1991, n. 22). Si è così provveduto – come già in tema di fusione – a sfruttare taluni margini consentiti dalla direttiva e non "sfruttati" dal d. lgs. n. 22/1991). Il che è stato fatto, da un lato, facendo ampio ricorso alla tecnica del rinvio alle nuove norme in tema di fusione e, da latro lato, a previsioni specifiche, quale quella (art. 2506 del c.c., comma 2°) che consente "un conguaglio in denaro, purché non superiore al dieci per cento del valore nominale della azioni o quote attribuite" ai soci della società scissa, ovvio quello (art. 2506, comma 2°) che consente "che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni della società scissa"; o, ancora, quella (art. 2506-bis, comma 3°) che contempla che, per gli "elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto", "la responsabilità solidale è limitata all'attivo netto attribuito in ciascuna società beneficiaria", o, infine, quello (art. 2506-bis, comma 4°) che preveda che, "nell'ipotesi in cui le azioni delle società beneficiarie sono attribuite agli azionisti della società scissa non proporzionalmente ai loro diritti sul capitale di tale società, gli azionisti minoritari possono esercitare il diritto di far acquistare le proprie azioni al valore corrente concordemente determinato, ovvero a quello che, in mancanza di accordo, sarà determinato dal giudice". Da un punto di vista terminologico si è ritenuto opportuno in tema di scissione caratterizzare i suoi riflessi sui beni in termini di "assegnazione" e non di "trasferimento". Ciò anche la fine di chiarire, come riconosciuto da giurisprudenza consolidata, che nell'ipotesi di scissione medesima non si applicano le regole peculiari dei trasferimenti dei singoli beni (ad esempio relative alla situazione edilizia degli immobili).

Massime relative all'art. 2504 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 21970/2021

La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell'art. 105 c.p.c.; nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l'interruzione del processo, esclusa "ex lege" dall'art. 2504 bis c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, 07/01/2019).

Cass. civ. n. 12119/2017

In tema di fusione per incorporazione, l'art. 2504-bis c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della commissione tributaria regionale, che aveva accolto il ricorso avverso il diniego di rateizzazione avanzato da una società incorporante un'altra società, già in precedenza decaduta dal detto beneficio).

Cass. civ. n. 21482/2016

Nell'ipotesi di fusione per incorporazione antecedente l'introduzione dell'art. 2504 bis c.c. (1 gennaio 2004), la società incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici di quella incorporata, così come nei giudizi pendenti, che proseguono automaticamente nei suoi confronti, senza alcuna interruzione ai sensi degli artt. 299 e ss. c.p.c, anche se la società incorporata deve ritenersi estinta, sicché, in tal caso, la sentenza emessa nei confronti di un soggetto diverso da quello nei cui confronti era stata proposta l'azione non determina alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sul piano soggettivo, in relazione all'individuazione delle parti processuali.

Cass. civ. n. 22998/2015

La fusione di società, anche mediante incorporazione, realizza una successione universale corrispondente a quella "mortis causa" delle persone fisiche, sicché il nuovo soggetto risultante dalla fusione (o il soggetto incorporante) diviene l'unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti estinti in ragione della fusione o della incorporazione, fra i quali vanno ricompresi anche quelli derivanti da responsabilità di cose in custodia, ex art. 2051 c.c., in relazione ai danni causati da un incendio delle parti comuni di un immobile di proprietà della società incorporata.

Cass. civ. n. 2063/2015

Nell'ipotesi di incorporazione di società nel corso di un giudizio di cognizione e nel vigore della disciplina anteriore alla riforma del diritto societario, il difensore della società incorporata non può avvalersi della procura conferita da quest'ultima per la notifica di un precetto di pagamento, ancorché nel giudizio non sia stata dichiarata l'estinzione della rappresentata, a ciò ostandovi tanto il fatto che nel precedente regime l'incorporazione produceva gli effetti corrispondenti a quelli di una successione universale, senza che rilevi la nuova formulazione dell'art. 2504 bis c.c., che, nel sancire la prosecuzione della società incorporante o di quella che risulti dalla fusione nei rapporti anche processuali anteriori alla fusione, ha carattere innovativo e non interpretativo o retroattivo, né il principio di ultrattività del mandato, che non si estende dal giudizio di cognizione a quello esecutivo.

Cass. civ. n. 27762/2013

In ipotesi di fusione per incorporazione, la società incorporata non si estingue ai sensi del vigente art. 2504 bis c.c., con la conseguenza che, ove quest'ultima fosse già mandataria per la gestione di un credito e delle relative controversie in forza di mandato conferito dal creditore originario, l'incorporante subentra nel mandato quale mandataria ed ha, perciò, il potere di proporre l'impugnazione di una sentenza pronunciata nella controversia relativa al credito compreso nel mandato stesso.

Cass. civ. n. 11059/2011

La fusione di società realizza una successione universale corrispondente a quella "mortis causa" e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati; ne consegue, in tema di azione revocatoria fallimentare, che, trattandosi di successione universale, essa concerne, al di là del letterale riferimento dell'art. 2504 bis c.c. ai diritti ed agli obblighi, tutte le situazioni giuridiche per loro natura trasmissibili e, quindi, anche le situazioni di scienza giuridicamente rilevanti, ivi compresa l'eventuale conoscenza dello stato di insolvenza del soggetto, poi fallito, che ha effettuato un pagamento nel periodo sospetto.

Cass. civ. n. 19847/2010

La fusione per incorporazione nella disciplina previgente alla riforma del diritto societario di cui al d.l.vo n. 6 del 2003, applicabile "ratione temporis" comporta l'estinzione automatica delle società fuse od incorporate, con confusione dei patrimoni delle società preesistenti. Ne consegue che, la cessazione dalla carica dell'amministratore è automatica e - anche a prescindere dalla previsione generale di cui all'art. 1722, primo comma, n. 4, c.c. - costituisce conseguenza obbligata della creazione della nuova società, senza che tale evenienza sia assimilabile al fenomeno della revoca tacita da parte dell'assemblea, atteso che per effetto della fusione cessa di esistere un'assemblea della società incorporata.

Cass. civ. n. 19509/2010

La fusione per incorporazione, che si sia verificata prima dell'entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c., determina l'estinzione della società incorporata, non avendo la nuova disciplina normativa della fusione, introdotta del d.l.vo n. 6 del 2003, carattere interpretativo ed efficacia retroattiva, ma esclusivamente innovativo.

Cass. civ. n. 22489/2006

Nella disciplina previgente alla riforma del diritto societario di cui al D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6 che ha introdotto l'art. 2505 bis c.c., a norma del quale la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nell'ipotesi di fusione paritaria, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo il fenomeno della fusione o incorporazione di società realizza una successione universale, corrispondente alla successione universale mortis causa e postula la sussistenza di un soggetto risultante o incorporante, con la conseguente confusione dei rispettivi patrimoni delle società preesistenti, ma senza che si possa trasmettere la qualità di associato esistente in capo all'ente incorporato, escludendo l'art. 24 c.c. detta trasmissibilità, salvo che la trasmissione sia consentita dallo statuto o dall'atto costitutivo.

Cass. civ. n. 9100/2003

La fusione per incorporazione di una società, totalitariamente partecipata, in altra società, partecipata invece solo minoritariamente, non implica di regola un sostanziale mutamento dell'oggetto sociale della società partecipante, in quanto, dovendosi l'oggetto sociale definire come il programma dell'attività economica per la cui realizzazione la società è costituita e posto che l'oggetto sociale di questa comprenda anche l'attività di partecipazione in altre società, la sola prospettiva di un mutamento quantitativo o qualitativo delle partecipazioni in concreto detenute non è sufficiente per poter configurare una modificazione sostanziale dell'oggetto stesso.

Cass. civ. n. 2716/2002

Nell'ipotesi in cui una società incorpori altra società da essa interamente o parzialmente posseduta, il disavanzo di fusione esprime la differenza tra il valore del patrimonio netto dell'incorporata ed il prezzo pagato per l'acquisto delle partecipazioni che lo rappresentano: la sua utilizzazione è diretta a «riallineare» il valore contabile del patrimonio netto dell'incorporata al costo delle partecipazioni, facendo emergere valori, come quello relativo all'avviamento, che nel bilancio di esercizio dell'incorporata non erano stati, né potevano essere, considerati.

Cass. civ. n. 14687/2000

In tema di bilancio di società, nel caso di fusione per incorporazione quando i singoli cespiti già di pertinenza delle società incorporate sono stati riportati nel bilancio della incorporante, con il medesimo valore iscritto nel bilancio delle incorporate, si rende necessario iscrivere nel bilancio della incorporante una posta, «differenza di fusione», per pareggiare il disavanzo emergente fra il valore di libro delle azioni delle incorporate, distrutto in occasione della fusione (a seguito di annullamento delle azioni) e il valore di libro dei cespiti già di pertinenza delle incorporate. In altri termini, se il valore della partecipazione iscritta nel bilancio della società incorporante è maggiore del valore dei singoli cespiti della incorporata, occorre «riallineare» i conti, mediante allocazione della differenza nell'attivo del bilancio, che altrimenti risulterebbe contabilmente «zoppo».

Cass. civ. n. 14383/2000

A norma dell'art. 2504 bis c.c., nell'ipotesi di fusione di società, la società risultante dalla fusione (o la società incorporante, nel caso di fusione per incorporazione) succede in tutti i rapporti (e in tutti i relativi diritti ed obblighi) già facenti capo alle società estinte; ne consegue che, nel caso di distacco di un lavoratore disposto dal datore di lavoro presso una società alla quale, in seguito a fusione, sia subentrata altra società, la società risultante dalla fusione succede nel rapporto di distacco e nei relativi poteri già facenti capo alla originaria società distaccataria, ivi compreso il potere di controllo sull'attività del lavoratore distaccatario.

Notizie giuridiche correlate all'articolo

Tesi di laurea correlate all'articolo

Hai un dubbio o un problema su questo argomento?

Scrivi alla nostra redazione giuridica

e ricevi la tua risposta entro 5 giorni a soli 29,90 €

Nel caso si necessiti di allegare documentazione o altro materiale informativo relativo al quesito posto, basterà seguire le indicazioni che verranno fornite via email una volta effettuato il pagamento.

SEI UN AVVOCATO?
AFFIDA A NOI LE TUE RICERCHE!

Sei un professionista e necessiti di una ricerca giuridica su questo articolo? Un cliente ti ha chiesto un parere su questo argomento o devi redigere un atto riguardante la materia?
Inviaci la tua richiesta e ottieni in tempi brevissimi quanto ti serve per lo svolgimento della tua attività professionale!

Consulenze legali
relative all'articolo 2504 bis Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

Mauro P. chiede
sabato 27/07/2019 - Lombardia
“Buondì, vi chiedo quanto cortesemente segue : se nella fusione di 2 srl si possono tenere i debiti distinti per non danneggiare o favorire i creditori diversi delle due srl . Il mio caso è una fusione per incorporazione inversa, cioè della società detenente che si fonde nella società detenuta (cioè, per semplificare , la figlia incorpora la madre) .”
Consulenza legale i 02/08/2019
Va subito detto che è irrilevante che la fusione riguardi l’una o l’altra delle società interessate dall’operazione: ciò che unicamente rileva è che la fusione consiste nell’estinzione del rapporto sociale della società fusa o incorporata (quest’ultima, in buona sostanza, non esiste più) e nell’assunzione dei diritti ed obblighi di quest’ultima da parte della società nuova o incorporante.

L’art. 2504-bis c.c., che disciplina gli effetti della fusione, stabilisce che la società incorporante assume i diritti e gli obblighi (debiti) dell’incorporata, proseguendo in tutti i sui rapporti.
Tale assunzione di diritti ed obblighi non tollera eccezioni: “Il fenomeno della fusione o incorporazione di società realizza una successione universale, corrispondente alla successione universale "mortis causa", e postula la sussistenza di un soggetto risultante o incorporante, che rappresenta il nuovo centro d'imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati, con la conseguente confusione dei rispettivi patrimoni delle società preesistenti, e con l'ulteriore conseguenza che ogni atto di natura sostanziale o processuale deve essere indirizzato al nuovo ente, che è l'unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti definitivamente estinti per effetto della fusione o incorporazione.“ (Cass. civ. Sez. V, 06/05/2005, n. 9432; conforme Cass. civ. Sez. III Sent., 11/11/2015, n. 22998).

La risposta al quesito è dunque negativa.

Esiste solo una possibilità, consentita dalla legge, per mantenere distinti i debiti delle due società che si fondono, ma solo temporaneamente e solo – come nel caso in esame – nell’ipotesi di fusione per incorporazione: è la cosiddetta posticipazione degli effetti della fusione.

In pratica, nel progetto di fusione si può stabilire una data successiva a partire dalla quale si produrranno gli effetti dell’operazione, con la conseguenza che fino a quella data esisterà il nuovo soggetto giuridico ma privo di patrimonio (situazione in effetti alquanto singolare, che è il motivo per cui questo tipo di operazione può essere fatta solo in casi eccezionali).
Secondo la stessa logica è consentito anche un atto di fusione “condizionato”, ovvero la cui efficacia è soggetta all’avverarsi di una particolare condizione. Si tratta, evidentemente, di condizione sospensiva (ovvero niente effetti fino all’avverarsi della condizione) e non retroattiva, per cui gli effetti si avranno solo a partire dal momento previsto.


Italo Q. chiede
mercoledì 22/08/2018 - Umbria
“Nell'anno 2000 iniziai un processo per l’annullamento di un contratto di gestione patrimoniale con la Alfa Sim (V. Consulenza giuridica 28/07/2015).
La Alfa Sim fu successivamente acquistata dalla banca Beta con sede a Roma, filiale della Banca Beta olandese .(V. quesito n. 11401/2014)
In corso di appello la filiale Beta italiana fu cancellata dal registro nel marzo 2012 ma la cosa non fu notificata dal loro legale e pertanto non essendo neppure rilevata dal giudice la causa proseguì con mia soccombenza nel gennaio 2014.
Iniziai pertanto nel settembre 2014- questa volta nei confronti della Sede centrale Olandese della Banca- costituitasi in processo-.un nuovo processo per nullità essendo questa stata rigettata solo per rito in appello.
Ma nel gennaio 2017 la banca Beta si è fusa con la banca Gamma diventando Beta-Gamma.
In quest’ultimo processo è stata da me formulata anche querela incidentale di falso tuttavia a distanza di ben due anni il giudice non ha ancora sciolto la riserva di accettazione a riguardo!.
Gradirei sapere :
quali possibilità reali esistono e quale sia la prassi e i tempi( anche in relazione alla legge Pinto) affinché io possa ricevere quanto dovuto,se accertato in giudizio ,in caso di vittoria nel merito per nullità e/o per accettazione della querela di falso avendo attualmente la controparte mutato denominazione per fusione mantenendo la propria sede in Olanda.
Ringraziando per la sempre cortese collaborazione e restando a disposizione per eventuali chiarimenti porgo distinti saluti.



Consulenza legale i 29/08/2018
Il caso proposto richiede essenzialmente di trattare degli effetti che il giudicato può avere nei confronti di un istituto di credito, avente forma societaria, ed in relazione al quale sono state poste in essere diverse operazioni societarie, l’ultima delle quali consistente in una fusione, si presume per incorporazione.

Partiamo innanzitutto dal chiarire un concetto basilare: la fusione societaria, sotto il profilo sostanziale, pone in essere una riunificazione delle società che vi partecipano mediante integrazione reciproca degli assetti societari, configurandosi come una evoluzione-modificazione dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, anche se in un nuovo assetto organizzativo.

Questo è l’orientamento sviluppatosi successivamente alla riscrittura dell’art. 2504 bis c.c., intervenuta ad opera del D.lgs. 6/2003.

Anteriormente a tale modifica, infatti, si riteneva che la fusione realizzasse un fenomeno successorio con effetti estintivi e che, in quanto tale, potesse essere causa di interruzione del processo del quale la società estinta risultava essere parte.

La nuova formulazione dell’art. 2504 bis c.c., invece, ha indotto dottrina e giurisprudenza a qualificare la fusione quale evento da cui non consegue l’estinzione della società incorporata, bensì una integrazione reciproca delle società che vi partecipano.
Per tale ragione si è anche affermato che gli effetti della fusione possano essere assimilati a quelli della trasformazione della società, che rappresenta un fenomeno strettamente modificativo dell’ente, così come si ricava dalla lettura dell’art. 2498 del c.c., di cui, secondo parte della dottrina, l’art. 2504 bis c.c. riprodurrebbe sostanzialmente la formula (in tal senso Cass. N. 14526/2006).
Si legge, infatti, in quest’ultimo articolo appena citato, che la società risultante dalla fusione assumerà tutti i diritti e gli obblighi della società o delle società che vi partecipano, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori a quel procedimento.

Ciò comporta che, avvenuta la fusione, qualora il processo sia proseguito senza il formale subingresso del successore, l’ente risultante dalla fusione resterà comunque assoggettato all’autorità e agli effetti diretti della sentenza emessa nei confronti del predecessore, e ciò nonostante la sua mancata partecipazione al processo.

L’ente successore (nel nostro caso la banca chiamata Beta-Gamma) diventerà il vero ed esclusivo titolare del rapporto sostanziale in contestazione, e come tale sarà soggetto direttamente agli effetti del giudicato.
La mancata allegazione nel corso del giudizio dell’evento della fusione, comporta che la parte originaria continuerà ad essere trattata quale soggetto di diritto processualmente ancora in vita e rappresentato dal suo procuratore; quest’ultimo, a sua volta, in forza della procura originariamente rilasciata, potrà continuare a gestire legittimamente, sotto la propria responsabilità, il processo in tutte le sue fasi.

Sotto il precipuo profilo della imputazione degli effetti processuali, la giurisprudenza ha ritenuto che proprio perché la società che risulta dalla fusione o quella incorporante rappresenta il nuovo centro di imputazione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, ogni atto di natura anche processuale dovrà essere diretto nei confronti del nuovo ente, che sarà l’unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti definitivamente estinti per effetto della fusione (così Cass. Sent. 9349/1997).

Da quanto sopra, dunque, se ne possono trarre le seguenti conclusioni: qualora si riesca ad uscire vittoriosi dal giudizio instaurato contro la sede centrale olandese della Banca Beta, fusasi nel corso di tale giudizio con la banca Gamma, non si porrà alcun problema di mettere in esecuzione la sentenza così ottenuta contro quest’ultima entità giuridica, in capo alla quale, come detto, andranno a trasferirsi tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società incorporata.

Sussistono, dunque, concrete possibilità di recuperare quanto dovuto.

Sotto il profilo prettamente pratico, in virtù del principio espresso dalla sentenza della Corte di Cassazione del 1997 da ultimo richiamata, è chiaro che l’eventuale azione esecutiva, necessaria per il recupero del credito, dovrà essere indirizzata contro la società originatasi dall’atto di fusione, quella che è stata definita banca Beta Gamma, con sede in Olanda.

Nessun problema potrà creare la circostanza che la controparte abbia sede in Olanda, essendo adesso possibile ricorrere alla disciplina dell’esecuzione internazionale dei provvedimenti giurisdizionali, introdotta dal Regolamento (UE) 1215/2012, entrato in vigore il 10 gennaio 2015 e detto Bruxelles I-bis, in quanto ha sostituito il regolamento (Ce) n. 44/2001 (Bruxelles I).

Per quanto concerne la possibilità di usufruire della Legge Pinto, si ritiene che, quantomeno sulla base delle date fornite, sembrano sussisterne i presupposti, essendo stato il processo introdotto a settembre 2014 e risultando ad oggi trascorsi più di tre anni da quella data (termine reputato ragionevole per il primo grado di giudizio).
Occorre tuttavia tenere in debito conto che la stessa Legge Pinto, a partire dal 31 ottobre 2016, richiede, a pena di inammissibilità della domanda, la necessità di esperire dei rimedi preventivi prima di attivare la relativa procedura.
Ciò comporta di dover dire che, purtroppo, sono diversi gli aspetti che si renderebbe necessario analizzare e valutare al fine di poter asserire con certezza se, alla data odierna, tale procedura possa essere attivata o meno.

F. D. T. chiede
domenica 11/09/2022 - Toscana
“Abbiamo preso in affitto un locale commerciale nel Giugno 2018.

Quindi la nostra società srl ha la sede presso un fondo commerciale di una società immobiliare che si occupa di locazione di immobili.

Sebbene nel contratto sia previsto comunicare fra le parti i cambiamenti di sede, la società proprietaria viene ceduta nel febbraio 2020 e passa sotto il controllo di una SPA,
di fatto continua ad esistere con lo stesso nome, ma cambia la proprietà e il nostro contratto continua fino a che la srl immobiliare viene fusa e acquisita da altra società che anch'essa è immobiliare.

La domanda è questa: premesso che nei cambi di proprietà (del 2020 senza cambiare nome) e nel 2022 (fondendosi con altra società e cambiando nome) non è mai stato comunicato nulla agli inquilini, esiste un diritto di prelazione nella vendita, tale per cui si potrebbe richiedere di poter comperare l'immobile locato alle stesse condizioni di vendita di chi lo ha comperato?

Se servono contratto di locazione e le visure camerali delle varie società le posso fornire.

Grazie”
Consulenza legale i 19/09/2022
Il diritto di prelazione del conduttore di un locale commerciale è regolato dall’art. 48 legge equo canone, il quale impone al locatore, nel caso in cui intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, di darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, indicando il corrispettivo, da quantificare in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione; il conduttore deve esercitare il diritto entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Qualora il proprietario non provveda a detta notificazione, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l’art. 39 della l. equo canone dispone che l'avente diritto alla prelazione potrà, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Ai sensi dell’art. 41 della l. equo canone, tuttavia, la normativa descritta non si applica ai rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori nonché destinati all'esercizio di attività professionali, ad attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici
Infine, ai sensi dell’art. 48 legge equo canone, ultimo comma, la prelazione non opera in caso di vendita al coniuge o parenti entro il secondo grado e in caso di comunione ereditaria.

Veniamo ad analizzare le operazioni effettuate sulla società locataria, in base alle informazioni fornite e alla documentazione inviata.

Con atto del 28.02.2020, la s.r.l. locataria (che chiameremo A) è stata acquisita per intero da una S.p.a. (che chiameremo B), che ne è divenuta socio unico, mediante un atto di trasferimento di quote.
L’operazione ha determinato semplicemente una modifica della compagine sociale della società A, a seguito della quale la società B ne è diventata socio unico.
La società A è rimasta tale (pur se modificata nella composizione dei soci), mantenendo la titolarità di tutti i rapporti giuridici ad essa inerenti, compreso il contratto di locazione.
Non si è verificata alcuna compravendita immobiliare tra soggetti differenti, pertanto non poteva sorgere in capo al conduttore il diritto di prelazione di cui all’38lequoc, proprio per la mancanza del presupposto del trasferimento a titolo oneroso dell’immobile locato.

Con atto del 13.04.2022, si è realizzata un’operazione societaria straordinaria di fusione per incorporazione della società A in una ulteriore s.r.l. (che chiameremo C).
Ai sensi dell’art. 2504 bis del c.c., la società incorporante (C) assume i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione (A e C), proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.
Anche in questa circostanza, pertanto, non si è verificata alcuna compravendita immobiliare tra soggetti differenti ed è esclusa l’applicabilità dell’38lequoc in relazione alla prelazione del conduttore, che nel caso di specie non viene ad esistenza.

Su entrambe le fattispecie si è espressa, altresì, la Suprema Corte, la quale ha statuito che: “Il conduttore di un immobile destinato ad uso commerciale non può esercitare il diritto di prelazione di cui all’art. 38 della legge 27 luglio 1978 n. 392 se il locatore, avente la veste di società commerciale, trasferisca a terzi le quote sociali, oppure si fonda per incorporazione in altra società: la cessione delle quote, infatti, non mutando la titolarità del bene locato, non costituisce un “trasferimento” in senso stretto, né l’art. 38 della legge n. 392 del 1978 accorda al conduttore il diritto di prelazione nel caso di trasferimenti effettuati con negozi diversi dalla compravendita.” (Cassazione civile, Sez. III, 29 maggio 2012, n. 8567).

Infine, per quanto concerne la questione della variazione di sede, di cui al punto p) del contratto di locazione, detta previsione opera esclusivamente in relazione al luogo presso il quale eseguire le eventuali notificazioni per questioni nascenti dal contratto; in caso di mancata comunicazione saranno considerate valide le notifiche per qualsiasi ragione effettuate al domicilio esposto in esso.