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Articolo 2475 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Amministrazione della società

Dispositivo dell'art. 2475 Codice Civile

L'istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479. Si applica l'articolo 2382(1).

All'atto di nomina degli amministratori si applicano il primo, quarto e quinto comma dell'articolo 2383(2).

Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere, salvo quanto disposto nell'ultimo comma del presente articolo, che l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente; in tali casi si applicano, rispettivamente, gli articoli 2257 e 2258.

Qualora sia costituito un consiglio di amministrazione, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso dai documenti sottoscritti dagli amministratori devono risultare con chiarezza l'argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa.

La redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale ai sensi dell'articolo 2481 sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo.

Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 2381(3)(4).

Note

(1) Comma così sostituito dall'art. 40, comma 4, del D. Lgs. 26 ottobre 2020, n. 147.
(2) Il mancato richiamo al secondo comma dell'art. 2383 determina che per le s.r.l. la nomina degli amministratori possa legittimamente avvenire anche per un periodo superiore al triennio, ovvero a tempo indeterminato.
(3) Comma introdotto dal D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.
(4) Tale disposizione è stata modificata dall'art. 6, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 183.

Ratio Legis

La norma si occupa di disciplinare l'amministrazione della s.r.l., non replicando tuttavia né la previsione per la quale la gestione della società spetti esclusivamente agli amministratori, né quella che impone l'adozione del metodo collegiale, qualora esista una pluralità di amministratori: ciò implica, come peraltro confermato dall'art. 2479, che lo statuto può assegnare determinate competenze gestorie anche all'assemblea, così da "personalizzare" la rigida organizzazione corporativa che contraddistingue la società per azioni, nonché optare per i modelli di amministrazione tipici delle società di persone (amministrazione disgiuntiva o congiuntiva).

Spiegazione dell'art. 2475 Codice Civile

La norma disciplina il regime legale di amministrazione della società a responsabilità limitata.
In primo luogo, la disposizione non prevede che la gestione della società debba essere affidata esclusivamente agli amministratori, come nella disciplina delle s.p.a. Ciò in quanto la riforma ha voluto valorizzare il principio della rilevanza centrale del socio, non escludendo la possibilità di investire anche la collettività dei soci (o un socio investito di particolari diritti) della competenza in merito a determinate decisioni di gestione.
Va tuttavia sottolineato che, al contrario, le decisioni relative all’istituzione dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sono riservate esclusivamente agli amministratori.

I primi amministratori sono nominati nell'atto costitutivo, mentre per le nomine successive dovranno pronunciarsi i soci ai sensi dell’art. 2479.
Ai sensi del secondo comma, il quale prevede l’applicazione dell'art. 2383 anche alle s.r.l., la nomina degli amministratori dovrà sempre essere preceduta dalla presentazione da parte dell'interessato di una dichiarazione attestante l'inesistenza, a suo carico, delle cause di ineleggibilità previste dall'articolo 2382, nonché di provvedimenti interdittivi adottati nei suoi confronti in uno Stato membro dell'Unione europea (la previsione è frutto della recente riforma apportata dal D.Lgs. n. 183/2021 in attuazione della Direttiva UE n. 1151 del 2019).
In mancanza di limiti temporali espressi, la durata della carica dovrà considerarsi a tempo indeterminato, salvo morte, dimissioni o revoca e ferma restando una diversa previsione dell'atto costitutivo. Si ritiene comunque ammissibile la clausola simul stabunt simul cadent, qualunque sia il sistema di amministrazione prescelto.


Qualora sia nominata una pluralità di amministratori la norma dispone che essi andranno a formare il consiglio di amministrazione. Nell'eventualità in cui nell'atto costitutivo manchi una formale previsione dell'organo amministrativo, tutti i soci dovranno essere considerati amministratori e dovrà ritenersi automaticamente costituito un consiglio di amministrazione.
Tuttavia, a differenza delle s.p.a., tale previsione risulta essere di carattere dispositivo. I soci, infatti, possono espressamente optare per l’adozione di uno dei sistemi di amministrazione previsti per le società di persone:
- amministrazione congiunta (a maggioranza o all’unanimità)
- amministrazione disgiunta;
In ogni caso va osservato che, a prescindere dal sistema concretamente adottato, il legislatore ha imposto l’adozione del metodo collegiale per:
- la redazione del progetto di bilancio;
- la redazione del progetto di fusione o di scissione della società;
- le decisioni di aumento del capitale sociale ai sensi dell’art. 2481.

Le decisioni dell’organo amministrativo potranno essere assunte anche mediante consultazione scritta e, per quanto riguarda il calcolo delle maggioranze, la dottrina prevalente ritiene che:
- laddove lo statuto preveda un sistema di amministrazione di soli soci, la maggioranza dovrà essere calcolata per quota di capitale;
- laddove lo statuto preveda la possibilità di nominare amministratori anche non soci, la maggioranza dovrà essere calcolata per teste.

Relazione al D.Lgs. 6/2003

(Relazione illustrativa del decreto legislativo recante: "Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.")

Massime relative all'art. 2475 Codice Civile

Cass. civ. n. 25085/2016

In tema di società a responsabilità limitata costituita in data anteriore all'1 gennaio 2004, la previsione statutaria che consenta al consiglio di amministrazione, senza escluderne la concorrente legittimazione, la delega delle proprie attribuzioni ai singoli consiglieri, con esercizio disgiunto dei poteri, non contrasta con l'art. 2475, comma 3, c.c., che non impone - ad eccezione dell'ultimo comma - il principio di collegialità, considerato il carattere suppletivo delle disposizioni in questione rispetto all'atto costitutivo, sicché risulta legittima la delega generale ad un singolo consigliere dell'esercizio dei poteri gestionali, con conseguente attribuzione al medesimo del potere di rappresentanza negoziale e processuale della società.

Cass. civ. n. 16999/2004

L'esercizio dell'azione sociale di responsabilità va deliberato, anche nelle società a responsabilità limitata, ai sensi dell'art. 2487 in relazione art. 2393, primo comma, c.c. nel testo antecedente l'entrata in vigore del D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 3 , dall'assemblea dei soci: la mancanza di tale presupposto, incidente sulla legittimazione processuale del rappresentante della società, può anche essere rilevato d'ufficio dal giudice.

Cass. civ. n. 3312/2000

In tema di società a responsabilità limitata, il mancato richiamo, in seno all'art. 2487 c.c., della norma di cui all'art. 2383, secondo comma, stesso codice (che stabilisce, per le società per azioni, un limite triennale alla durata in carica degli amministratori) assume, del tutto inequivocamente, il significato che, per tale tipo di società, il legislatore non ha inteso imporre un termine di durata per la nomina degli amministratori, sicché tale nomina può legittimamente venir compiuta per un periodo superiore al triennio, ovvero a tempo indeterminato.

L'amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a tempo indeterminato può, del tutto legittimamente, esser revocato con preavviso, ai sensi dell'art. 1725, secondo comma, c.c., senza che a ciò osti il disposto del terzo comma dell'art. 2383 stesso codice (richiamato, ratione materiae, dal successivo art. 2487), riguardando detta norma la (diversa) ipotesi di nomina dell'amministratore a tempo determinato.

Cass. civ. n. 9482/1999

L'art. 2383 c.c., che prevede il diritto al risarcimento dei danni in favore dell'amministratore di una società per azioni revocato dall'incarico senza giusta causa, non si applica indiscriminatamente, nonostante il richiamo ad esso contenuto nell'art. 2487 c.c., agli amministratori di società a responsabilità limitata. Esso, infatti, va inquadrato nel sistema normativo della società per azioni, che non prevede la nomina di amministratori a tempo indeterminato, ipotesi nella quale l'applicazione della suddetta regola comporterebbe la impossibilità, per tutta la durata della vita dell'amministratore, di una revoca in assenza di giusta causa senza obbligo di risarcimento del danno, in aperta contraddizione con il carattere fiduciario dell'incarico di cui si tratta. Pertanto, la revoca di un amministratore di una società a responsabilità limitata nominato a tempo indeterminato non trova la sua disciplina nel predetto art. 2382 c.c., bensì nell'ari. 1725 c.c., il cui secondo comma prevede che, in assenza di giusta causa, la revoca del mandato a titolo oneroso a tempo indeterminato attribuisce al mandatario (figura la cui somiglianza con quella dell'amministratore di società di capitali giustifica l'applicazione analogica a quest'ultimo della relativa disciplina, in assenza di una normativa specifica) il diritto al risarcimento del danno solo se essa non sia stata comunicata con congruo preavviso.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2475 Codice Civile

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

F. D. L. . chiede
lunedì 19/02/2024
“Buonasera, sono direttore generale di una azienda metalmeccanica acquisita da un fondo. Sostituisco AD della famiglia fondatrice, e una volta entrato dentro scopro che la famiglia fondatrice e i suoi consulenti (presenti prima del fondo) sono ancora attivi senza un contratto fra loro e la società, peggio ancora uno di questi consulenti si comporta ed agisce come DG. Lo faceva anche prima del fondo....
Come mi tutelo?”
Consulenza legale i 23/02/2024
Posto che detti soggetti non sono titolari di un rapporto contrattuale con la società, non possiedono effettivamente alcun titolo per operare.
Si rammenta che gli artt. 2475 e 2380 bis del c.c., rispettivamente per le s.r.l. e per le s.p.a., attribuiscono agli amministratori la gestione dell’impresa; a tale potere si contrappone la responsabilità, di cui agli artt. 2476 e 2392 del c.c., verso la società per i danni derivanti dall'inosservanza dei doveri imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per l'amministrazione della società.
Al contempo, in forza del disposto di cui all’art. 2396 del c.c., ai direttori generali si applicano le medesime disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori.

Tanto premesso, al fine di tutelarsi da eventuali future azioni di responsabilità per atti gestori posti in essere dai soggetti estranei, che in forza del disposto normativo potrebbero ricadere sul direttore generale, si consiglia di inviare una comunicazione scritta (a mezzo PEC come soluzione da preferire, altrimenti a mezzo mail) ai soggetti che agiscono senza alcun titolo nella gestione aziendale, tanto i consulenti che i membri della famiglia fondatrice, per diffidarli dall’operare e dal perpetrare qualsivoglia ingerenza nell’attività aziendale, rimarcando che non sono in alcun modo legittimati in tal senso.
Sarebbe opportuno, altresì, inviare la medesima comunicazione per conoscenza al fondo proprietario della società, così da dimostrare che ci si è attivati al fine di risolvere la situazione che si è trovata esistente all’assunzione del ruolo.
Con ulteriore e separata comunicazione (a mezzo PEC), si consiglia di chiedere un intervento della proprietà finalizzato alla rimozione di detti soggetti dal contesto aziendale.

M. A. P. chiede
giovedì 09/11/2023
“Buongiorno,
mio marito ha un'attività con il fratello. Lo stabile in cui si svolge l'attività è di proprietà di un'immobiliare di cui di nuovo entrambi sono soci ma di cui il fratello è amministratore unico. Il fratello, nonostante il parere contrario di mio marito - espresso tuttavia solo verbalmente - ha deciso di affittare - ancora non sappiamo se a titolo gratuito o comunque a quali condizioni, l'appartamento che si trova sopra lo stabilimento in cui si svolge l'attività, alla figlia. La figlia è dipendente della società in cui i 2 fratelli lavorano, dovrebbe andare in maternità obbligatoria a fine mese ma avrebbe intenzione di lavorare comunque dall'appartamento sopra l'officina per non perdere il suo ruolo. Mi chiedo se tutto questo è consentito dalla legge, come possiamo ribadire e far valere il ns. dissenso in riferimento all'occupazione dell'appartamento e come ev. reagire nel momento in cui la figlia dovesse interferire con il lavoro dell'attività nel periodo della maternità obbligatoria.
Grazie per la consulenza.
Cordiali saluti

Consulenza legale i 16/11/2023
Le società si costituiscono con la stipula di un atto costitutivo tra i soci che contiene, tra le altre cose, anche lo Statuto della stessa come previsto dall'art. 2328 del c.c..
Nello statuto, normalmente, sono indicati, tra le altre cose, anche le modalità di gestione della società, i poteri degli amministratori e i loro limiti.

Nel caso di specie, pare che una società immobiliare gestisca l'immobile in cui si svolge anche un'attività di impresa di autofficina, società di capitali a responsabilità limitata.
Sopra all'autofficina si trova un appartamento, autonomo e separato rispetto al locale al piano inferiore.
Poiché non si ha avuto modo di visionare lo statuto della società immobiliare, si ritiene che, in mancanza di una specifica indicazione che tale appartamento sia strumentale all'attività di impresa di autofficina, la sua gestione spetti alla società immobiliare.

Per stabilire quali sono i poteri dell'amministratore unico di questa società, sarebbe necessario leggere attentamente le clausole statutarie.

In mancanza di questa informazione si indicano i principi generali applicabili per le società di capitali come quella in oggetto.

L'amministratore unico può compiere atti di gestione ordinaria della società, salvo che lo Statuto indichi diversamente.
Cosa si intende per gestione ordinaria lo si può dedurre dalla disposizione dell’art. 2380 bis del c.c. che stabilisce che agli amministratori spetta la gestione dell’impresa al fine di compiere le attività necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale.

In questo caso si suppone che la finalità della società sia proprio quella di gestire il patrimonio immobiliare, tra cui si ritiene debba rientrare anche l'appartamento situato sopra l'autofficina.
L’amministratore potrà, quindi, (salvo eventuali diverse disposizioni dello statuto) dare in locazione l’immobile.

Risulta dubbia, però, la correttezza della probabile stipula di un contratto di comodato gratuito a nome della figlia dell’amministratore.
Il fatto di dare in comodato gratuito un bene societario senza invece incassare un canone come corrispettivo potrebbe arrecare un danno alla società e in ogni caso è noto che una società non può compiere liberalità.

Si consiglia, quindi, al socio di chiedere all’amministratore notizie su come sta gestendo la società e di consultare i documenti relativi ai sensi dell’art.2476 comma 2 del c.c.

In base alle risultanze si potrà valutare l'opportunità d'intraprendere un’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore.

Dott. A. G. chiede
martedì 08/09/2020 - Campania
“La società - AAA srl - con un socio al 76% e tre germani con il 24% (ognuno con 8% di quote), con verbale Assemblea in data 2.12.2015, sostituisce (dimissioni volontarie) 3 consiglieri del c. di a. (tutti nominati dal socio al 76%) e il c. di a. viene integrato con un socio dell' 8%, senza attribuzione di deleghe. Gli altri 2 soci con l'8% sono già nel c. di a. con incarichi: uno di Presidente e amministratore delegato, l'altro di amministratore delegato, con firma disgiunta. In data 31.05.2016, la proprietà del 76% passa ai tre soci del 24% (con Assemblea straordinaria e notaio), in parti uguali, così da diventare unici proprietari, con 1/3 di e si mantiene il c. di a con le originarie deleghe. Nella stessa Assemblea straordinaria, la società cambia solo la denominazione ( BBB srl, mantiene stessa p. iva )^^^
Il parere che chiedo è se tale c. di a. sia nel suo regolare svolgimento, oppure l'Assemblea (obbligo) doveva nominare un nuovo c. di a. e ridare gli incarichi, alla luce del cambiato assetto della proprietà.
Ringrazio per l'attenzione e, nell'attesa, invio cordiali saluti. Aldo G.”
Consulenza legale i 09/09/2020
La modifica dell’assetto proprietario di una s.r.l. non comporta la caducazione automatica del consiglio di amministrazione.

Non sussiste un obbligo a modificare la composizione del cda, se intervengono delle modifiche sull’assetto proprietario. Sovente, nel caso di modifiche dell’assetto proprietà, i nuovi soci chiedono le dimissioni del “vecchio” cda per procedere alla nomina di amministratori che rispecchino gli interessi del nuovo assetto proprietario. Non è, tuttavia, un obbligo.

CIRO S. chiede
mercoledì 04/03/2020 - Lazio
“Statuto: è scritto che l'Amm.re deve operare per il raggiungimento degli scopi sociali (ex ditta di trasporti con depositi ed Uff ), con la sola eccezione degli atti di disposizione dei beni immobili, per i quali occorre l'approvazione dell'assemblea (soci)
Chiedo se con € 4.999,00 di azioni sul bene posso chiedere di partecipare alla conduzione, agli affitti, alla trasformazione del bene, alla gestione del bene, alla ripartizione delle spese come Enel - Guardiano - spese di mantenimento dl bene. Credo di essere nel mio diritto ma il mio socio con 1 solo euro crede di esserne il proprietario indiscusso. Ha messo lui l'Amm.re - siamo con l'ultimo Bilancio del 2019 con meno € 370.000.oo di soldi da incassare.
GRAZIE”
Consulenza legale i 14/03/2020
La risposta al quesito richiede il richiamo all’art. 2475 del c.c. alla cui lettura attenta si rimanda.

Come si evince dalla lettera della norma citata, nelle srl l’amministrazione della società spetta all’organo amministrativo della società, così come previsto per questi tipi societari.

Dalla visura allegata (seppur datata, sembra essere stata estratta al momento della costituzione della società nel 2015), risulta che l’amministrazione della società fosse stata affidata ad un amministratore unico.

La gestione dei beni societari finalizzati al raggiungimento dell’oggetto sociale è di spettanza, pertanto, dell’organo amministrativo; nel caso di specie, la gestione è stata affidata ad un amministratore unico.

Alla luce di quanto sopra, e venendo alla risposta al quesito, essendo nelle srl formalmente separata la proprietà dalla gestione, i soci, a prescindere dalla partecipazione che detengono nella società, non possono interferire con la gestione dei beni sociali (ed è anche il caso del bene immobile in oggetto), salvo qualora si intendano porre in essere atti di disposizione su detti bene: in tale ultimo caso, come evidenziato nel quesito, occorrerà una delibera dei soci.

Pertanto, nessuno dei due soci può ingerirsi nell’attività di gestione del bene immobile, sempre fermo il caso degli atti dispositivi per cui è prevista una competenza dei soci, i quali sono chiamati a deliberare su detti atti. L'attività di gestione è di competenza dell’organo amministrativo.

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