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Articolo 2359 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Società controllate e società collegate

Dispositivo dell'art. 2359 Codice Civile

Sono considerate società controllate:

  1. 1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
  2. 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
  3. 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati(1).

Note

(1) Comma così modificato dall'art. 8 D. Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310.

Ratio Legis

La disposizione in commento individua le diverse fattispecie che danno luogo a controllo o a collegamento tra società, distinguendo le due categorie di rapporti in base all'intensità dell'influenza esercitata da una società sull'altra.

Spiegazione dell'art. 2359 Codice Civile

La norma in esame disciplina esclusivamente la fattispecie del controllo tra società, non riguardando invece il caso nel quale il controllo sia esercitato da una persona fisica.
Controllo e collegamento sono le vicende sulle quali si fonda l’esistenza di un gruppo societario, ovverosia un insieme di società dotate di propria autonomia ma connesse sotto il profilo organizzativo.
In particolare, la disposizione delinea quattro diverse forme di controllo:
  1. controllo interno di diritto: la società controllante dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria della controllata;
  2. controllo interno di fatto: la società controllante non dispone della maggioranza dei voti, ma è comunque nella condizione di esercitare un'influenza dominante sull’assemblea ordinaria per via dell’assenteismo degli altri azionisti (che può essere anche concordato mediante apposito patto parasociale);
  3. controllo di fatto esterno: il controllo prescinde dalla partecipazione azionaria e si fonda invece sull’esistenza di particolari vincoli contrattuali dai quali dipendono l'attività e la potenzialità imprenditoriale della controllata.

Mentre per le prime due ipotesi è sufficiente vi siano le condizioni, in astratto, per l’esercizio del controllo (potenzialità del controllo), in quest’ultimo caso sarà necessario verificare in concreto se sussista un simile rapporto tra società.

Il secondo comma peraltro prevede che, al fine di accertare l’esistenza del controllo interno di fatto o di diritto, debbano essere considerati anche i diritti di voto spettanti a società a loro volta controllate da altre società, a prescindere dal fatto che si tratti di controllo interno od esterno. Il riferimento ai “diritti di voto” implica tuttavia che qualora il controllo sia esercitato in via di fatto mediante vincoli contrattuali da parte di una società a sua volta controllata da altra società, quest’ultima non potrà essere qualificata come controllante della prima (dal momento che la società interposta esercita un controllo di tipo esterno).

Mentre il controllo presuppone l’esercizio di un’influenza dominante, il concetto di collegamento fra società si basa su quello di influenza notevole. Il collegamento ricorre pertanto nel caso in cui una società eserciti un’influenza qualitativamente paragonabile a quella presupposta al controllo, sebbene in maniera occasionale e discontinua.

Massime relative all'art. 2359 Codice Civile

Cass. civ. n. 9400/2023

In tema di "esterovestizione", al fine di accertare se una società estera sia soggetta al controllo da parte di una società italiana, il controllo sulla sussistenza della fattispecie di cui all'art. 2359, comma 1, n. 1, c.c. (cd. controllo interno di diritto) impone di verificare che la maggioranza delle quote della società estera sia concentrata in capo alla sola società italiana, senza che rilevi la possibile titolarità di altre quote da parte dei soci di quest'ultima, a ciò ostando il disposto di cui all'art. 2359, comma 2, c.c., il quale esclude, al riguardo, il computo di voti spettanti per conto di terzi.

Cass. civ. n. 26346/2016

Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è, di per sé solo, sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all'altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche al fine della sussistenza del requisito numerico per l'applicabilità della cd. tutela reale del lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale e ciò venga rivelato dai seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo ed il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico ed amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva desunto l'unicità del centro di imputazione di un rapporto di lavoro dall'utilizzo promiscuo dei dipendenti ad opera del titolare di una ditta individuale e di una serie di società riconducibili a lui ed alla moglie, aventi tutte la medesima sede).

Cass. civ. n. 7554/2011

A norma dell'art. 2359, terzo comma, c.c., si considerano collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole; tale situazione - che la norma considera presunta ove nell'assemblea ordinaria possa essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo, se si tratta di società quotate in borsa - può sussistere anche in presenza di società a ristretta base azionaria e familiare, in virtù del vincolo di complicità che - secondo l"id quod plerumque accidit" - connota i rapporti dei parenti di primo e secondo grado, facendone derivare intese dirette a realizzare finalità comuni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso tale collegamento in presenza di due società, appartenenti a soggetti legati da vincolo di parentela entro il secondo grado, nelle quali uno stesso componente era titolare di un quinto del capitale di una delle società e, assieme al proprio padre, del novantacinque per cento del capitale dell'altra).

Cass. civ. n. 15879/2007

L'esistenza di un gruppo di società o di imprese, pur se privo di soggettività giuridica e non coincidente con un centro d'interessi autonomo rispetto alle società collegate, esige la prova di un accordo fra le varie entità, diretto a creare un'impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni tutti destinati al conseguimento di una finalità comune e ulteriore. (Nella fattispecie, regolata dalle disposizioni anteriori al D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, la S.C. ha statuito che, con riguardo al collegamento societario, anche la norma di cui all'art. 2359 comma terzo c.c. — secondo cui occorre l'esercizio da parte di altra società di un'influenza notevole, presunta se nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società è quota in borsa – attiene á regola estesa a tutte le società di capitali e richiede in più l'esistenza di un rapporto fra società o imprese, per cui l'influenza notevole sia il riflesso di intese dirette al realizzo di finalità comuni, mediante una politica societaria convergente e l'utilizzo di risorse patrimoniall attinte da ciascuna delle società partecipanti al gruppo; pertanto la posizione dominante pur accertata con riguardo ad un socio — partecipe in misura quasi totalitaria al capitale delle società e unico amministratore delle stesse — non è elemento di per sé sufficiente per la prova del coordinamento e dell'interdipendenza degli enti).

Cass. civ. n. 26325/2006

L'atto compiuto dagli amministratori in nome della società è estraneo all'oggetto sociale se non è idoneo in concreto a soddisfare un interesse economico, sia pure mediato ed indiretto, ma giuridicamente rilevante della società. Sebbene l'appartenenza al medesimo gruppo societario consenta, in linea di principio, di riconoscere connessioni economiche rilevanti tra gli interessi, formalmente distinti, dei vari soggetti giuridici che compongono il gruppo (sì da giustificare attività dirette al perseguimento di un interesse che esula da quello proprio e specifico delle singole società, inteso in senso stretto, ma vi è ricompreso in senso mediato), tuttavia la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi non è sufficiente al fine di affermare la legittimità dell'atto sul piano dei limiti imposti dall'oggetto sociale, ma l'amministratore ha l'onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell'operazione compiuta. (Enunciando il principio di cui in massima, in fattispecie di costituzione di ipoteca volontaria vincolante l'intero patrimonio immobiliare, formalmente estranea all'oggetto sociale, in favore di società appartenente al medesimo gruppo, la Corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale era pervenuta a riconoscere il carattere ultra vires dell'atto, sottolineando che l'accertamento della legittimità dell'atto, formalmente estraneo allo scopo sociale, in nome dell'interesse di gruppo e del vantaggio che dal perseguimento di tale interesse può derivare alla società partecipata, deve essere particolarmente rigoroso quando non vi sia rapporto di controllo, ma semplice rapporto di collegamento, l'atto sia formalmente privo di corrispettivo per là società che eroghi la garanzia, e il presunto interesse di gruppo non sia stato neppure enunciato al momento della costituzione della garanzia e non emerga aliunde).

Cass. civ. n. 25275/2006

È configurabile una holding di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l'indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio. A tal fine è necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosiddetta holding pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta holding operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti altresì obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all'attività medesima. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che la corte territoriale avesse correttamente applicato il principio di cui in massima riconoscendo, in controversia per differenze retributive per lo svolgimento di mansioni dirigenziali, la legittimazione passiva del datore di lavoro, convenuto in un giudizio in proprio e quale rappresentante delle società che ad esso facevano capo e che egli sostanzialmente controllava influenzandone le decisioni e le scelte gestionali).

Cass. civ. n. 17696/2006

In tema di «gruppi» di società collegate tra loro in senso economico e dirigenziale (ma non anche sotto il profilo giuridico), la validità di atti compiuti dall'organo amministrativo di una di esse in favore di altra ad essa collegata è condizionata all'esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in capo alla società agente, non potendosi, per converso, predicare la legittimità di atti che, favorendo le società collegate, non rivestano alcun interesse, fuoriescano completamente dall'oggetto sociale o addirittura pregiudichino la società operante; sicché, al fine di verificare se un'operazione abbia comportato o meno per la società che l'ha posta in essere un ingiustificato depauperamento occorre tener conto della complessiva situazione che, nell'ambito del gruppo, a quella società fa capo, potendo l'eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato aver trovato la sua contropartita in un altro rapporto e l'atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato e indiretto. (Nella fattispecie la S.C. ha quindi ritenuto legittimo il contratto di mutuo, stipulato da una delle società del gruppo, destinato a procurare la liquidità necessaria alla sistemazione dei debiti dell'intero gruppo, sistemazione che condizionava la realizzazione dei progetti imprenditoriali della società mutuataria).

Cass. civ. n. 5496/2006

Qualora tra più società vi sia un collegamento economico-funzionale è da ravvisare un unico centro di imputazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti quando si accerti l'utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari delle distinte imprese. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la logicità e l'adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata con la quale era stata rilevata la sussistenza di un caso di collegamento societario desumibile dall'unicità della gestione aziendale e della coincidenza del centro di imputazione, risultanti da molteplici e concorrenti elementi probatori congruamente valutati, fra i quali l'inserimento del lavoratore ricorrente nelle poste economiche passive delle due società e la congiunta gestione delle sorti del rapporto di lavoro del medesimo, oltre che sulla scorta della considerazione delle due società — all'esterno — come un unico datore di lavoro).

Cass. civ. n. 24834/2005

Il vincolo di controllo, derivante dalla spettanza ad una società della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea di un'altra società, non determina di per sè la responsabilità della partecipante per le obbligazioni assunte dalla partecipata, all'uopo occorrendo un quid pluris come quando risulti la mera apparenza o comunque il superamento della distinta soggettività dei due enti, con la sostanziale unicità della conduzione dell'attività imprenditoriale nel suo complesso o dello specifico rapporto produttivo di quelle obbligazioni.

Cass. civ. n. 12094/2001

La configurabilità del controllo esterno di una società su di un'altra (quale disciplinata dal primo comma, n. 3, dell'art. 2359 c.c. nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dal D.L.vo n. 127 del 1991 e consistente nella influenza dominante che la controllante esercita sulla controllata in virtù di particolari vincoli contrattuali), postula la esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata; l'accertamento della esistenza di tali rapporti, così come l'accertamento dell'esistenza di comportamenti nei quali possa ravvisarsi un abuso della posizione di controllo tale da convertire una situazione di per sé non illecita nel contesto della vigente disciplina codicistica in una condotta illecita causativa di danno risarcibile, costituisce indagine di fatto, rimessa, come tale, all'apprezzamento del giudice del merito e sindacabile in sede di legittimità solo per aspetti di contraddizione interna all'iter logico formale della decisione, ovvero per omissione di esame di elementi determinanti per la decisione stessa. (Nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni proposta, nei confronti di una società facente capo ad un noto stilista e dello stesso in proprio, da alcune società, asseritamente controllate dalla prima, che, su licenza di questa, producevano capi di abbigliamento con la griffe di detto stilista, al fine di far valere la responsabilità aquiliana della società pretesa controllante e del suo amministratore per avere, con il recesso dai contratti stipulati con le attrici, asseritamente concretante un abuso di posizione di controllo, provocando il dissesto delle stesse).

Cass. civ. n. 8159/2000

In tema di «gruppi» di società collegate tra loro in senso economico e dirigenziale (ma non anche sotto il profilo giuridico), la validità di atti (nella specie, fideiussione) compiuti dall'organo amministrativo di una di esse in favore di altra ad essa collegata è condizionata all'esistenza di un interesse economicamente e giuridicamente apprezzabile in capo alla società agente, non potendosi, per converso, predicare la legittimità di atti che, favorendo le società collegate, non rivestano alcun interesse, fuoriescano completamente dall'oggetto sociale, o addirittura pregiudichino la società operante. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha così confermato la sentenza del giudice di merito che aveva sancito la validità di una fideiussione concessa da una società a responsabilità limitata in favore di società ad essa collegata, rinvenendo, nell'atto fideiussorio, gli estremi dell'interesse giuridicamente apprezzabile e della congruenza con gli scopi sociali della concedente).

Cass. civ. n. 8532/1991

Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell'autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese; pertanto, non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, intercorso fra un lavoratore ed una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro — anche ai fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l'applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato (artt. 18 e 35 della L. 20 maggio 1970, n. 300) — ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un'unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l'esame dell'attività delle singole imprese, da parte del giudice del merito, per mezzo degli ampi poteri che a quest'ultimo sono conferiti nel rito del lavoro.

Cass. civ. n. 5123/1991

Il gruppo di imprese non costituisce un soggetto giuridico o comunque un centro di interessi autonomo rispetto alle società collegate e, pertanto, anche ai fini della responsabilità degli amministratori — quando manchi la prova di un accordo fra le varie società, diretto a creare un'impresa unica, con direzione unitaria e patrimoni tutti destinati al conseguimento di una finalità comune e ulteriore — va valutato il comportamento che la legge e l' atto costitutivo impongono rispetto alla società di appartenenza, talché essi rispondono verso la medesima società dell'inosservanza dei loro doveri, senza che sia possibile compensare, in una valutazione globale del loro comportamento, il pregiudizio cagionato a quest'ultima, per effetto di mala gestio, col corrispondente vantaggio di altra società del gruppo.

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Consulenze legali
relative all'articolo 2359 Codice Civile

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BRUNO M. chiede
martedì 06/07/2021 - Veneto
“Una società A è monocommittente di un'altra B che dichiara nell'apposita sezione del R.I. di essere soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte di A.
Non c'è controllo giuridico nè esistono vincoli contrattuali (ma solo un controllo economico).
domanda: si è nell'ipotesi di controllo ai fini dell'obbligo del bilancio consolidato nell'ipotesi in cui si superino i limiti previsti?
Se a monte di A e B c'è un socio di maggioranza persona fisica, cambia qualcosa?”
Consulenza legale i 13/07/2021
L’art. 25 d.lgs. 127/1991 e succ. mod. al comma 1 stabilisce che le società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata che controllano un’impresa debbono redigere il bilancio consolidato.

Il primo presupposto per la redazione del bilancio consolidato, pertanto, è la natura della controllante quale società di capitali o forme giuridiche assimilate (quali società cooperative e mutue assicuratrici). L’incombenza ricade altresì, per effetto dell’art. 111 duodecies delle disp. att. c.c., sulle società di persone, qualora tutti i soci illimitatamente responsabili siano società di capitali.

Il secondo presupposto è l’esercizio del controllo su un’altra impresa, a norma dell’art. 26 del d.lgs. 127/1991.
La prima ipotesi si verifica quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria di altra società (art. 2359 del c.c., comma 1, n. 1). Questa ipotesi si definisce di controllo interno di diritto.
La seconda ipotesi prevista dalla norma si verifica quando una società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria: controllo interno di fatto (art. 2359 del c.c., comma 1, n. 2).
La terza ipotesi è introdotta dall’art. 26, co. 2, D.Lgs. 127/1991, il quale individua alcune ulteriori situazioni idonee a qualificare la sussistenza del requisito del controllo, stabilendo che sono, in ogni caso, considerate controllate le imprese in cui un’altra: per effetto di un contratto o di una clausola statutaria, dispone del diritto di esercitare un’influenza dominante, qualora la normativa vigente lo consenta; in base ad accordi con altri soci, controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto. Ai fini dell’applicazione di ognuno dei predetti criteri, rilevano anche i voti spettanti alle società controllate o fiduciarie, nonché per interposta persona: non devono, invece, essere computati quelli attribuiti per conto di terzi.
Tale ipotesi fa riferimento anche alle società che sono sotto l'influenza dominante di altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali che pongono la prima in una situazione di oggettiva dipendenza economica rispetto all'altra, in quanto dal perdurare del rapporto contrattuale dipende essenzialmente la potenzialità imprenditoriale della società controllata (Campobasso). Si tratta di un controllo esterno.

Il terzo presupposto per la redazione del bilancio consolidato è l’assenza di casi di esonero di cui all’articolo 27 D.Lgs. 127/1991.
In primo luogo non sussiste l’obbligo alla redazione del bilancio consolidato quando il gruppo non supera determinati limiti dimensionali, ovvero quando la controllante, unitamente alle imprese controllate, non ha superato, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti: 20.000.000 di euro nel totale degli attivi degli stati patrimoniali; 40.000.000 di euro nel totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni; 250 dipendenti occupati in media durante l’esercizio.
Non sono soggette all’obbligo le sub-holding, cioè le imprese a loro volta controllate quando la controllante sia titolare di oltre il 95% delle azioni o quote dell’impresa controllata ovvero, in difetto di tale condizione, quando la redazione del bilancio consolidato non sia richiesta almeno sei mesi prima della fine dell’esercizio da tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale. L’esercizio di questo esonero è condizionato al fatto che l’impresa controllante sia soggetta al diritto di uno Stato membro dell’Unione europea, rediga e sottoponga a controllo il bilancio consolidato secondo la normativa italiana ovvero secondo il diritto di altro Stato membro dell’Unione europea o in conformità ai principi contabili internazionali adottati dall’Unione europea; inoltre, che l’impresa controllata non abbia emesso valori mobiliari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea.
Infine, non sussiste l’obbligo quando tutte le imprese controllate sono irrilevanti, individualmente e nel loro insieme, ai fini della rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico del gruppo; nonché quando tutte le imprese controllate hanno i requisiti per essere escluse dall’area di consolidamento ai sensi dell’articolo 28 D.Lgs. 127/1991, cioè quando: l’esercizio effettivo dei diritti della controllante è soggetto a gravi e durature restrizioni; in casi eccezionali, non è possibile ottenere tempestivamente, o senza spese sproporzionate, le necessarie informazioni; le loro azioni o quote sono possedute esclusivamente allo scopo della successiva alienazione.

Venendo al controllo esterno, quello eventualmente ravvisabile nel caso di specie, esso consiste in un condizionamento oggettivo ed esterno dell’attività sociale.
Tale controllo deriva da particolari vincoli negoziali, non essendo idonea la sola dipendenza economica a dare luogo a una situazione di controllo in senso giuridico.
A tal fine, non è rilevante un qualsiasi contratto cui consegua un’influenza rilevante, bensì è necessario che il contratto presenti peculiarità di ordine economico, ma soprattutto giuridiche che lascino pronosticare la dipendenza di una società verso la sua controparte contrattuale.
Sotto questo profilo, secondo la giurisprudenza di merito, contratti che tipicamente si prestano all’instaurazione di rapporti dominanti sono quelli di somministrazione, di agenzia, di commissione, di licenza di brevetto o di know how, soprattutto ove accompagnati da un vincolo di esclusiva.
Per configurarsi il controllo esterno, in forza del vincolo contrattuale di subordinazione una società deve essere ridotta alla condizione di società-satellite dell’altra e ciò anche per il periodo successivo alla scadenza dell’accordo.
I sintomi di una posizione contrattuale forte della controparte non dimostrano di per sé una dominanza ed insostituibilità del partner commerciale: in particolare, il controllo esterno non sussiste in ragione della sola reiterazione di ordini contrattuali ove non accompagnati da particolari (e ulteriori) vincoli contrattuali. (Tribunale di Roma, sez. III, 13 giugno 2016, n. 11925)
Da ciò se ne deduce che la mera reiterazione di rapporti negoziali aventi il medesimo oggetto, comunque sintomo di una posizione contrattuale forte di una società rispetto all’altra, dal quale può derivare anche la sostanziale imposizione dei corrispettivi della fornitura, non è comunque sufficiente ad integrare la fattispecie del controllo, in quanto la legge richiede che i rapporti contrattuali che generano quel controllo siano particolari e che dunque, sulla base di essi, la società controllata non possa autonomamente determinare le proprie scelte strategiche in ordine allo svolgimento della propria attività imprenditoriale.
Tale reiterazione di ordini nel tempo non determina, infatti, uno spostamento all’esterno, in capo a un altro soggetto, della direzione dell’attività aziendale (spostamento richiesto per integrare la fattispecie del controllo esterno), in quanto la società subfornitrice può comunque determinare le proprie scelte, come non aderire alle condizioni imposte dalla società committente.
Lo stesso dicasi per il rapporto di mono-committenza, ben potendo la società fornitrice cercare altri committenti.

Sul punto si è espressa anche la Suprema Corte, la quale ha statuito che: “la configurabilità del controllo esterno di una società su di un'altra postula la esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata. L'accertamento della esistenza di tali rapporti […] costituisce indagine di fatto, rimessa, come tale, all'apprezzamento del giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per aspetti di contraddizione interna all'iter logico formale della decisione, ovvero per omissione di esame di elementi determinanti per la decisione stessa” (Cass. Civ., n. 12094/2001).

Da ciò se ne deduce che il rapporto di mono-committenza tra le due società non determina necessariamente l’insorgere di un rapporto di controllo ai fini della redazione del bilancio consolidato.
Ciò è vero sempre che non sussistano clausole statutarie che determinano il diritto di esercitare un’influenza dominante da parte dell'impresa A sull'impresa B, di cui il quesito non fa menzione: in tal caso sussisterebbe il controllo che determinerebbe l'insorgenza dell'obbligo di redazione del bilancio consolidato.

Allo stesso modo, la circostanza che la società B sia soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte della società A non comporta automaticamente l’esistenza del controllo esterno ai sensi dell’art. 26, comma 2, del d.lgs. 127/1991, l’unico astrattamente ipotizzabile nel caso di specie, ravvisabile invece in presenza di requisiti ulteriori rispetto a quelli di cui alla fattispecie concreta del quesito, come sopra esposto; né delle altre forme di controllo ai sensi della medesima norma.
Di conseguenza, non determina di per sé l’insorgere dell’obbligo di redazione del bilancio consolidato.

Al contrario, ai sensi dell’art. 2497-sexies, si presume salvo prova contraria (presunzione relativa) che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le controlla ai sensi dell'articolo 2359.
L’applicazione della normativa pubblicitaria relativa all’attività di direzione e coordinamento, infatti, dovrebbe ispirarsi al principio di effettività e quindi l’iscrizione presso il Registro delle imprese dovrebbe in ogni caso contemplare la società o l’ente che in concreto esercita l’attività di direzione e coordinamento, a prescindere dalla circostanza che essa consolidi il bilancio della o delle controllate ovvero eserciti su di esse il controllo ex. art. 2359 C.C. (A. Giardino)

Infine, il fatto che a monte di entrambe le società ci sia un socio persona fisica non comporta l’integrazione della fattispecie del controllo ai fini della redazione del bilancio consolidato, tanto che le norme di riferimento citate parlano esclusivamente di “società” o “imprese”, mai di soggetti persone fisiche.
Tale ultima circostanza potrebbe, eventualmente, determinare l’insorgenza di un’attività di direzione e coordinamento da parte della persona fisica titolare delle partecipazioni societarie, con conseguente individuazione di una holding (capogruppo) occulta proprio nella persona fisica, ma soltanto se l’attività da essa esercitata trascenda il normale esercizio dei diritti sociali e del controllo delle società partecipate, e venga svolta con i requisiti della professionalità e della stabilità dell'organizzazione di tale propria attività (cfr., ex multis, Cass. Civ., 6 marzo 2017, n. 5520; Cass. Civ., 13 marzo 2003, n. 3724; Cass. Civ., 26.luglio 2016, n. 15346).


Ivan G. A. chiede
giovedì 26/03/2020 - Lombardia
“buongiorno,
Vorrei sapere se le due seguenti società sono collegate o controllate.
Al. srl piva ....
S. srl piva ....

senior srl è di proprietà (100% delle azioni ) di al.i. g.
al.srl è per circa il 70% di proprietà di al. srl”
Consulenza legale i 07/04/2020
La risposta al quesito richiede il richiamo all'art. 2359 del c.c., a mente del quale "sono considerate società controllate:1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria; 2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa".

Ebbene, considerato che senior srl (si intende che "di proprietà di allix srl" sia da intendere come "di proprietà di senior srl") dispone di quote di partecipazione in allix srl per circa il 70% del capitale sociale, si deve concludere che senior srl è in grado di esprimere la maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria di allix srl, con la conseguenza che tra le due società sussiste un rapporto di controllo.