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Articolo 2298 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Rappresentanza della società

Dispositivo dell'art. 2298 Codice Civile

L'amministratore che ha la rappresentanza della società [2295 n. 3, [2463, n. 8, 2475, n. 7; l.f. 157] può compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale [2384], salve le limitazioni che risultano dall'atto costitutivo o dalla procura [19, 2204]. Le limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel registro delle imprese [34, 2188] o se non si prova che i terzi ne hanno avuto conoscenza [19, 2193, 2206, 2207].

[Gli amministratori che hanno la rappresentanza sociale devono, entro quindici giorni dalla notizia della nomina, depositare presso l'ufficio del registro delle imprese le loro firme autografe](1).

Note

(1) Comma abrogato ex art. 33, L. 24 novembre 2000, n. 340 (Legge di semplificazione 1999).

Ratio Legis

La norma in commento, analogamente a quanto disposto per le s.s. dall'art. 2266, comma 2, è volta a garantire la piena corrispondenza tra poteri gestori e poteri rappresentativi, condizionando tuttavia all'iscrizione nel registro delle imprese l'efficacia di eventuali limitazioni della rappresentanza (a differenza di quanto previsto per la società semplice).

Spiegazione dell'art. 2298 Codice Civile

La norma attribuisce agli amministratori la pienezza dei poteri di rappresentanza in relazione al compimento di tutti gli o le attività strumentali all’attuazione dell’oggetto sociale.

Eventuali limitazioni ai loro poteri devono risultare dall’atto costitutivo o dalla procura e dovranno essere iscritte dunque nel registro delle imprese per essere opponibili ai terzi (pubblicità dichiarativa dell’iscrizione). In caso contrario, se non si prova che le limitazioni fossero conosciute dal terzo, la società risponderà per le obbligazioni assunte dal rappresentante che abbia ecceduto i propri poteri rappresentativi.

In mancanza di espresse limitazioni, il criterio per determinare la sussistenza dei poteri di rappresentanza è quello della pertinenza all’oggetto sociale, intesa come strumentalità dell’atto allo svolgimento dell’attività caratteristica della società. La pertinenza non deve tuttavia essere valutata in astratto, né basandosi unicamente sulle tipologie di atti eventualmente ammessi dall’atto costitutivo, bensì in concreto.

Massime relative all'art. 2298 Codice Civile

Cass. civ. n. 14254/2020

In tema di poteri dei legali rappresentanti di una società di persone, al fine di verificare se il compimento di un atto da parte dell'amministratore rientri o meno tra quelli consentiti dall'art. 2298 c.c., è sufficiente accertare che l'atto compiuto rientri tra quelli indicati nell'oggetto sociale, senza necessità di un accertamento caso per caso della effettiva strumentalità di questo atto rispetto a tale oggetto, atteso che, nel bilanciamento tra la tutela degli interessi della società e quella dell'affidamento dei terzi, siffatta indagine, oltre a presentarsi estremamente difficoltosa per il terzo, introdurrebbe elementi di persistente incertezza circa l'efficacia dei singoli atti. Ne consegue che, a fronte di un'espressa previsione statutaria, che indichi nell'oggetto sociale la possibilità per il legale rappresentante del compimento di un determinato atto, non dovrà essere il terzo a dimostrare l'effettiva pertinenza dell'atto all'oggetto sociale, ma sarà onere della società provare, che, a prescindere dalla formale previsione, l'atto compiuto è estraneo all'oggetto sociale.

Cass. civ. n. 25409/2016

Ai fini della valutazione della pertinenza di un atto degli amministratori di una società di persone all'oggetto sociale (analogamente a quanto avviene per le società di capitali), il criterio da seguire è quello della strumentalità, diretta o indiretta, del primo rispetto al secondo, mentre non è sufficiente il criterio dell'astratta previsione, nello statuto, del tipo di atto posto in essere: da un lato, infatti, l'elencazione statutaria di atti tipici mai potrebbe essere completa, attesa la serie di atti che possono essere funzionali all'esercizio di una determinata attività; dall'altro, anche l'espressa previsione statutaria di un atto tipico non assicura che lo stesso sia in concreto rivolto allo svolgimento di quella attività. Né, rileva, infine, la buona fede del terzo, ai sensi dell'art. 2298, comma 1, c.c., non trattandosi della violazione di specifici limiti al potere rappresentativo degli amministratori, bensì dello stesso limite generale dell'oggetto sociale. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CAGLIARI, 11/01/2012).

Cass. civ. n. 8538/2004

Ai sensi dell'art. 2298, primo comma, c.c., i poteri di rappresentanza attribuiti all'amministratore di società in nome collettivo vanno individuati con riferimento agli atti che rientrano nell'oggetto sociale, qualunque sia la loro rilevanza economica e natura giuridica, salve le specifiche limitazioni risultanti dall'atto costitutivo o dalla procura. All'interno di tali atti, pertanto, non si pone alcuna differenza, nemmeno in relazione al carattere dispositivo o conservativo dell'atto stesso, rilevando soltanto l'incidenza che l'atto abbia sugli elementi costitutivi dell'impresa e sulla possibilità di esistenza della stessa, sicché, qualora lo statuto sociale distingua tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione, può ritenersi eccedente l'ordinaria amministrazione, in quanto estraneo all'oggetto sociale, l'atto dispositivo che sia suscettibile di modificare la struttura dell'ente e perciò sia con tale oggetto contrastante, essendo esteriormente riconoscibile come non rivolto a realizzare gli scopi economici della società, perché da essi esorbitante.

Cass. civ. n. 13146/2002

Nell'ambito delle società in nome collettivo, le limitazioni, derivanti dall'atto costitutivo, del potere di rappresentanza del singolo socio amministratore, costituendo una deroga al principio generale, dettato dall'art. 2266 c.c., per il quale detta rappresentanza spetta disgiuntamente a ciascuno di essi per tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, sono di stretta interpretazione e, come tali, non estensibili a tutte quelle attività che, sebbene finalizzate alla conclusione di atti richiedenti, per previsione dell'atto costitutivo, la partecipazione congiunta dei soci amministratori, abbiano una loro giuridica autonomia; ne consegue, pertanto, che ove l'atto costitutivo della società richieda )a firma congiunta dei soci amministratori per gli atti di acquisto, detta previsione non preclude la legittimazione del singolo socio amministratore a presentare, nell'ambito del procedimento di espropriazione immobiliare, l'offerta dopo l'incanto di aumento del sesto ex art. 584 c.p.c., atteso che detta offerta, sebbene avente carattere di irrevocabilità, non determina un automatico trasferimento del bene in favore della società offerente, ma costituisce soltanto un atto, ad esso prodromico, inserito nel procedimento esecutivo come presupposto dei provvedimenti del giudice di assegnazione e di trasferimento del bene medesimo.

Cass. civ. n. 1602/2000

Quando in un società in nome collettivo l'amministrazione sia stata attribuita a due soci nominati nell'ambito di un più esteso ceto sociale, con clausola di gestione disgiunta per gli atti di ordinaria amministrazione e di gestione congiunta per quelli di straordinaria amministrazione, le dimissioni di uno dei due amministratori comportano il venir meno di ogni potere gestorio in capo all'amministratore dimissionario. Né la circostanza che la nomina degli amministratori sia avvenuta nell'atto costitutivo può precludere all'amministratore di dare le dimissioni, perché ai sensi dell'articolo 2260 c.c. i diritti e gli obblighi degli amministratori sono regolati dalle norme sul mandato e il mandatario, ancorché sia vincolato dal contratto di mandato, non può essere coattivamente obbligato all'esecuzione, con la conseguenza che la rinuncia, ancorché senza giusta causa, comporta comunque l'estinzione del mandato.

Cass. civ. n. 1550/1998

A norma dell'art. 2298, primo comma c.c. l'amministratore della società in nome collettivo può compiere tutti gli atti che si pongono come mezzo al fine per il raggiungimento dello scopo sociale e, quindi, in primo luogo quei negozi che attuano essi stessi l'attività imprenditoriale costituente l'oggetto della società. Il potere di rappresentanza si estende a tutti quegli atti che ineriscono all'oggetto sociale, senza necessità di distinguere in questo ambito tra atti di ordinaria amministrazione ed atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, con la conseguenza che anche un'alienazione di beni potrebbe ritenersi, con riferimento all'oggetto sociale, rientrare tra i poteri dell'amministratore.

In tema di poteri di rappresentanza dell'amministratore della società in nome collettivo, se può astrattamente ritenersi che costituisca atto di ordinaria amministrazione e, comunque, atto coerente con l'oggetto societario il mancato esercizio, in sè considerato, della cosiddetta facoltà di compera del bene oggetto del contratto di leasing, trattandosi di scelta negoziale già presente nell'originario schema contrattuale e, comunque, afferente a beni strumentali all'esercizio dell'impresa, altrettanto non può dirsi della cessione del diritto di riscatto del bene e della rinunzia implicita alla restituzione della cauzione previsti nel contratto di leasing.

Cass. civ. n. 10027/1997

Quando una società di persone sia stata sciolta, anche senza una dichiarazione formale, continuano a rappresentarla coloro che erano n ciò designati anteriormente allo scioglimento, come previsto, in via generale, dall'art. 2274 c.c. Per quanto attiene, più in particolare, alle società in nome collettivo, gli amministratori che abbiano avuto conferita la rappresentanza della società, conservano tale rappresentanza, fino all'eventuale nomina dei liquidatori, poiché la società — sia essa di persone o di capitali — non rappresenta, dopo il suo scioglimento, nella fase di liquidazione, un ente diverso da quello originario.

Cass. civ. n. 3842/1994

Con riguardo a società in nome collettivo costituita da due soli soci — a ciascuno dei quali l'atto costitutivo attribuisce disgiuntamente la firma e la rappresentanza della società con i più ampi poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione — unico legittimo contraddittore del socio, per le controversie relative ai rapporti sociali ed alla liquidazione della quota, non può che essere l'altro socio, non essendo configurabile per quanto riguarda i rapporti interni una volontà ed un interesse della società, come autonomo soggetto giuridico, distinti e potenzialmente antagonisti a quelli dei soci.

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