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Articolo 2057 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Danni permanenti

Dispositivo dell'art. 2057 Codice Civile

Quando il danno alle persone ha carattere permanente(1) la liquidazione può essere fatta dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno, sotto forma di una rendita vitalizia. In tal caso il giudice dispone le opportune cautele(2).

Note

(1) Si tratta del danno, non patrimoniale, alla salute fisica del soggetto suscettibile di accertamento medico legale.
(2) Ad esempio, costituendo un'ipoteca (2808 c.c.) su un immobile di chi è tenuto al risarcimento.

Ratio Legis

La norma si basa sul principio di riparazione in natura del danno ed esprime il concetto per cui se il pregiudizio è continuativo il miglior risarcimento è, del pari, quello che si protrae nel tempo. Proprio questo protrarsi nel tempo, inoltre, ha spinto il legislatore a consentire di accompagnare la pronuncia a delle cautele, volte a rafforzare la posizione del danneggiato.

Spiegazione dell'art. 2057 Codice Civile

Liquidazione del danno

Norma assolutamente nuova, che si richiama all'art. 21 della vigente legge sugli infortuni, modellatasi, con speciali caratteristiche, sui principii della Convenzione di Ginevra del 1925.

Per la legge infortunistica il sistema d'indennizzo con rendita è tassativo (art. 21 n. 2), e sono note le opposizioni che la norma sollevò, per quanto giustificata dal duplice criterio, di rendere l'indennizzo aderente il più possi­bile alla misura effettiva del danno perchè si ottenga un maggior rendimento sociale delle categorie lavoratrici, e di dare un'assistenza permanente all'ope­raio, che, in possesso, invece, di una somma globale, eventualmente dissi­pandola cadrebbe in miseria.

Siffatte ragioni non parvero sussistere, in massima, pei danni cagionati da fatto illecito, onde la forma di liquidazione in rendita vitalizia è demandata alla potestà del giudice, che valuterà, caso per caso, se essa giovi al dan­neggiato, o se non sia meglio per costui riscuotere una somma capitale, onde, se minorato nella sua attività professionale, od impedito addirittura ove il danno permanente sia alla persona, possa con un capitale adeguato, darsi ad altra attività, che richieda spese d'impianto, e simili. Si terra anche conto delle condizioni economiche del danneggiante.

È ovvio che se la liquidazione sia fatta sotto forma di rendita vitalizia si dovranno disporre le opportune cautele pel soddisfacimento, e ciò la norma espressamente detta.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

802 Al pari del creditore nelle obbligazioni ex contractu, il danneggiato, in quelle per fatto illecito, ha diritto innanzi tutto alla reintegrazione in forma specifica della situazione patrimoniale anteriore: questa norma è consacrata nel primo comma dell'art. 2058 del c.c.. Peraltro, in omaggio al principio immanente di solidarietà, che impone in ogni campo la considerazione corporativa degli interessi delle parti in conflitto e di quelli preminenti della collettività (n. 558), si è stabilito nel secondo comma che il giudice possa, alla reintegrazione in forma specifica, sostituire il risarcimento per equivalente economico, se la prima sia eccessivamente onerosa per il debitore o, s'intende, sia contraria alle esigenze dell'economia nazionale. Al dovere primario di riparare in natura il danno illecitamente cagionato si può collegare anche il disposto dell'art. 2057 del c.c., secondo il quale al danno permanente che consiste nella soppressione o nella menomazione di attività del soggetto destinata presumibilmente a procacciargli i mezzi di sussistenza, può farsi corrispondere l'assegnazione di una rendita vitalizia: questa norma fa meglio aderire la misura del risarcimento alla natura e alla durata del danno, che nei casi suddetti è continuativo.

Massime relative all'art. 2057 Codice Civile

Cass. civ. n. 31574/2022

In tema di danno grave alla persona, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. ha natura aleatoria e di durata e, dunque, in applicazione delle "cautele" prescritte dalla norma, il giudice deve prevedere "ex ante" i meccanismi di adeguamento della rendita al potere di acquisto della moneta, perché, in assenza di tali meccanismi, il risarcimento non sarebbe integrale; possono essere considerate "opportune cautele" la rivalutazione annuale della rendita secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA) oppure in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati elaborato dall'Istat (FOI) o, in alternativa, l'imposizione di altri strumenti di salvaguardia del beneficiario, come l'acquisto di titoli del debito pubblico in favore dell'avente diritto ovvero la stipulazione, in suo favore, di una polizza sulla vita a premio unico ex art. 1882 c.c..

In tema di danno grave alla persona, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. costituisce la forma privilegiata di risarcimento, poiché consente di considerare adeguatamente l'evoluzione diacronica di tutte le componenti del danno nei casi di macroinvalidità (specie se comportino la perdita della capacità di intendere e di volere), in quelli di lesioni subite da un minore (per i quali una prognosi di sopravvivenza risulti estremamente difficoltosa se non impossibile), in quelli di lesioni inferte a persone socialmente deboli o descolarizzate ovvero, ancora, nei casi in cui sussista il serio rischio che ingenti capitali erogati in favore del danneggiato possano andare dispersi in tutto o in parte, per mala fede o per semplice inesperienza dei familiari del soggetto leso; viceversa, la liquidazione in forma di rendita non è affatto opportuna in caso di lesioni di lieve o media entità, perché il relativo gettito sarebbe così esiguo da non arrecare alcuna sostanziale utilità al danneggiato.

Nella liquidazione del danno alla persona sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c., il giudice deve assicurare che la rendita restituisca un valore finanziariamente equivalente al capitale da cui è stata ricavata per l'intera durata della vita del beneficiario: la conversione del capitale in rendita deve essere eseguita dividendo il primo per un prescelto coefficiente per la costituzione delle rendite vitalizie, il quale deve essere scientificamente fondato, aggiornato, corrispondente all'età della vittima alla data dell'infortunio e progressivo, cioè variabile in funzione (almeno) di anno se non di frazione di anno.

In tema di liquidazione del danno alla persona sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c., è ammissibile la revisione della rendita determinata dal giudice in caso di aggravamenti che non fossero accertabili, né prevedibili, al momento della pronuncia.

Cass. civ. n. 23725/2008

Il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento, mortale va riconosciuto - con riguardo sia al danno morale, sia a quello patrimoniale, che presuppone, peraltro, la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato - anche al convivente "more uxorio" del defunto stesso, quando risulti dimostrata tale relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale; a tal fine non sono sufficienti né le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà, né le indicazioni dai medesimi fornite alla P.A. per fini anagrafici. (Nella specie la S.C. ha confermato
sul punto la sentenza impugnata nella parte in cui aveva, appunto, escluso che la ricorrente, che aveva contratto matrimonio canonico privo di effetti civili con la vittima, potesse vantare diritti risarcitori per la morte dell'uomo, essendo mancata la prova dell'esistenza di una relazione tendenzialmente stabile e di una mutua assistenza morale e materiale tra i due).

Cass. civ. n. 4791/2007

A norma dell'art. 2043 c.c., ai prossimi congiunti di un soggetto in giovane età, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo (come nel caso di morte conseguente a sinistro stradale fondato su responsabilità altrui), compete anche il risarcimento del danno patrimoniale futuro qualora questo, sulla scorta di oggettivi e ragionevoli criteri rapportati alle circostanze del caso concreto, si prospetti come effettivamente probabile sulla scorta di parametri di regolarità causale, ipotesi che ricorre nel caso in cui il giovane deceduto, anche alla luce del tipo di studi intrapreso, avrebbe presumibilmente trovato un utile impiego, la cui retribuzione, al di là della sua ipotetica entità, sarebbe senz'altro stata devoluta, almeno in parte, ai bisogni familiari, e, perciò, dei prossimi congiunti istanti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non si era conformata al principio enunciato ed ai criteri presuntivi individuati, avendo negato il riconoscimento del suddetto danno patrimoniale futuro in favore della madre di un giovane, figlio unico convivente, deceduto in conseguenza di un incidente stradale, sul presupposto che non svolgeva, al momento della scomparsa, alcuna attività lavorativa, né aveva acquisito alcuna qualifica professionale, frequentando soltanto un corso di elettronica ed esercitando una mera attività amatoriale, sicché non era presumibile che egli avrebbe trovato in breve tempo lavoro, né che la sua retribuzione avrebbe permesso di versare un contributo alla madre, vedova e pensionata).

Cass. civ. n. 20324/2005

Chi svolge attività domestica (attività tradizionalmente esercitata dalla "casalinga"), benchè non percepisca reddito monetizzato, svolge tuttavia un'attività suscettibile di valutazione economica; sicchè quello subito in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa, se provato, va legittimamente inquadrato nella categoria del danno patrimoniale (come tale risarcibile, autonomamente rispetto al danno biologico, nelle componenti del danno emergente ed, eventualmente, anche del lucro cessante). Il fondamento di tale diritto - che compete a chi svolge lavori domestici sia nell'ambito di un nucleo familiare (legittimo o basato su una stabile convivenza), sia soltanto in favore di se stesso - è difatti pur sempre di natura costituzionale, ma, a differenza del danno biologico, che si fonda sul principio della tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.), riposa sui principi di cui agli articoli 4, 36 e 37 della Costituzione (che tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro ed i diritti del lavoratore e della donna lavoratrice).

Cass. civ. n. 11601/2005

Nel caso di sinistro stradale che abbia determinato la morte della vittima, le spese funerarie costituiscono un danno fatto valere "iure proprio" e non già "iure hereditario", atteso che esse sono imprescindibilmente successive alla morte del "de cuius".

Cass. civ. n. 564/2005

In tema di risarcimento del danno alla persona, la mancanza di un reddito al momento dell'infortunio per non avere il soggetto leso ancora raggiunta l'età lavorativa, ovvero per essere disoccupato, può escludere il danno da invalidità temporanea, non anche il danno collegato alla invalidità permanente che, proiettandosi per il futuro, verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima, al momento in cui questa inizierà una attività remunerata; infatti, nell'ipotesi di illecito determinante l'invalidità permanente di soggetto privo di reddito, in quanto non svolga attività lavorativa e frequenti un corso di studi, il danno da risarcire consiste nel minor guadagno che l'interessato realizzerà in futuro a causa della menomazione rispetto a quello che avrebbe percepito se la sua capacità lavorativa non fosse stata menomata; la relativa liquidazione può essere compiuta per mezzo di presunzioni, considerando il tipo di attività che il soggetto svolgerà in futuro secondo un criterio probabilistico, tenuto conto delle possibili scelte ed occasioni che, secondo l'"id quod plerumque accidit", si offrono in relazione al livello di studi conseguito e all'ambiente familiare e sociale di riferimento.

Cass. civ. n. 8333/2004

I genitori di persona minore d'età, deceduta in conseguenza dell'altrui atto illecito, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro provocato dalla perdita degli alimenti che il minore avrebbe potuto erogare in loro favore, devono provare che, sulla base dell'insieme delle circostanze attuali, sia pronosticabile che in futuro essi si possano trovare in uno stato di indigenza tale da aver bisogno della corresponsione di alimenti senza che nessun altro possa prestarli. Parimenti, per dar prova della frustrazione dell'aspettativa ad un contributo economico da parte del familiare prematuramente scomparso, hanno l'onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia. A tal fine la previsione va operata sulla base di criteri ragionevolmente probabilistici, non già in via astrattamente ipotetica, ma alla luce delle circostanze del caso concreto, conferendo rilievo alla condizione economica dei genitori sopravvissuti, alla età loro e del defunto, alla prevedibile entità del reddito di costui, dovendosi escludere che sia sufficiente la sola circostanza che il figlio deceduto avrebbe goduto di un reddito proprio.

Cass. civ. n. 920/1980

Il danno patrimoniale da risarcire, quale conseguenza di lesioni personali che hanno ridotto la capacità di lavoro e quindi di guadagno del danneggiato, s'identifica nel lucro cessante e va determinato accertando le ripercussioni che il grado di inabilità abbia in concreto avuto sulla possibilità di guadagno, in rapporto, secondo i casi, all'attività svolta o a quella da svolgere. Pertanto, qualora all'epoca dell'evento dannoso il danneggiato presti servizio militare, la liquidazione del danno deve effettuarsi con riferimento all'attività cominciata a svolgere subito dopo la cessazione di tale servizio o, in mancanza, con riferimento al tipo di attività presumibilmente esercitabile in futuro.

Cass. civ. n. 4858/1979

Al fine della determinazione del danno sofferto da un lavoratore dipendente, il salario o lo stipendio da assumere a base della determinazione del risarcimento del danno non è quello che il danneggiato percepiva al momento del sinistro ma quello riscosso al tempo della liquidazione, comprensivo, inoltre, non solo dello stipendio o del salario mensile, ma anche degli altri compensi a carattere continuativo e non eventuale, come la tredicesima mensilità.

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GIUSEPPE C. chiede
lunedì 12/04/2021 - Lombardia
“buongiorno
volevo sapere a grandi linee alla luce dei dati che vi elenco il risarcimento ( totale non patrimoniale e patrimoniale) che spetta ai familiari della vittima per altrui fatto illecito.
la vittima è deceduta dopo 7 giorni di ricovero a causa di un incidente in cantiere dove lavorava non in regola (in nero) con uno stipendio di 2000€ mensili.
età vittima 52 anni
età coniuge convivente 51 anni
età figli conviventi 19 e 21 anni
genitori-nonni-zii della vittima sono deceduti
eta' fratello non convivente 55 anni
eta' nipote non convivente 23 anni
come sopra riportato mi occorre da parte vostra una vera e propria valutazione (anche di massima) monetaria considerando quale sarà secondo legge il risarcimento totale spettante
grazie”
Consulenza legale i 19/04/2021
In caso di decesso del lavoratore, anche se prestava la sua attività in nero, l’Inail eroga una sorta di risarcimento per morte sul lavoro ai familiari superstiti della vittima (coniuge e figli o, in mancanza di questi, ai genitori o fratelli e sorelle).

Tale indennizzo consiste in una rendita, non soggetta a tassazione Irpef, calcolata in base alla retribuzione massima convenzionale del settore industriale (circa 30 mila euro annuali).
La rendita decorre dal giorno successivo alla morte del lavoratore ed è erogata agli aventi diritto:
  • coniuge/unito civilmente: fino alla morte o a nuovo matrimonio
  • figli:
    • fino al 18° anno di età, senza necessità di ulteriori requisiti
    • fino al 21° anno di età, se studenti di scuola media superiore o professionale, viventi a carico e senza un lavoro retribuito, per tutta la durata normale del corso di studio
    • non oltre il 26° anno di età, se studenti universitari, viventi a carico e senza un lavoro retribuito, per tutta la durata normale del corso di laurea
    • maggiorenni inabili al lavoro, finché dura l'inabilità.
In presenza di coniuge e figli, nulla spetterà al fratello e nipote della vittima.

In base alla legge di stabilità 2014, ai superstiti di lavoratori deceduti a decorrere dal 1° gennaio 2014, spetta una rendita calcolata sulla base della retribuzione massima convenzionale del settore industria (circa 30000 euro l’anno) nella misura del:

  • 50% al coniuge/unito civilmente
  • 20% a ciascun figlio
  • 40% a ciascun figlio di genitore divorziato.
Dal 2007, i familiari della vittima hanno diritto anche una prestazione una tantum (beneficium una tantum), erogata in un’unica soluzione, il cui importo è calcolato in base al numero dei componenti del nucleo familiare superstite.
Hanno diritto alle prestazioni:
  • il coniuge/unito civilmente
  • i figli legittimi, naturali, riconosciuti o riconoscibili, adottivi, fino al diciottesimo anno di età; i figli fino a 21 anni, se studenti di scuola media superiore o professionale, a carico e senza un lavoro retribuito; i figli fino a 26 anni, se studenti universitari, a carico e senza un lavoro retribuito; i figli maggiorenni inabili al lavoro.
Per gli eventi che si sono verificati dall’1 gennaio al 31 dicembre 2018, il beneficio per il nucleo familiare di 3 superstiti è fissato ad euro 9.000.

Infine, l’Inail eroga anche un assegno funerario ai familiari della vittima, per far fronte alle prime spese che dovranno affrontare. Dal 2019 l’importo di tale prestazione, anch’essa non soggetta a tassazione Irpef, è pari a 10.000 euro.

Tuttavia, qualora sia accertata anche una responsabilità colposa del datore di lavoro tra le cause del sinistro, cosa molto probabile considerato che l’attività è stata prestata in nero e non in regola, si avrebbe diritto anche al risarcimento del danno differenziale.

Per danno differenziale si intende la differenza tra il danno complessivo subito dal lavoratore e/o dai su, risarcibile in sede civilistica, e l’indennizzo già corrisposto dall’Inail.
Le prestazioni Inail, infatti, non hanno funzione risarcitoria, ma hanno il solo scopo sociale di garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del danneggiato.
Di conseguenza, non tutto il danno concretamente subito dai familiari del lavoratore deceduto (danno da perdita parentale), viene risarcito dall’Inail; quindi, il soggetto civilmente responsabile dell’incidente, se ce n’è uno, è tenuto a pagare tutti quei pregiudizi che non sono stati indennizzati dall’assicurazione obbligatoria.

La morte di una persona può causare ai suoi familiari un danno patrimoniale da lucro cessante, consistente nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro o per legge (ad es., ex artt. 143 o 147 c.c.) o per costume sociale (a condizione che non si trattasse di sovvenzioni episodiche).
Il danno in questione (danno patrimoniale da lucro cessante) può essere liquidato sia in forma di rendita (art. 2057 c.c.), sia in forma di capitale.
Se viene scelta la liquidazione in forma di capitale, questa deve avvenire, secondo la giurisprudenza:
(a) determinando il reddito della vittima al momento della morte;
(b) detraendone la quota presumibilmente destinata ai bisogni personali della vittima o al risparmio;
(c) moltiplicando il risultato per:
(c') un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, se sia ragionevole ritenere che, in mancanza dell'illecito, il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del defunto vita natural durante; in tal caso il coefficiente da scegliere dovrà essere corrispondente all'età della vittima se questa sia più giovane dell'alimentato, ed all'età di quest'ultimo nel caso contrario;
(c'') un coefficiente di capitalizzazione delle rendite temporanee, se sia ragionevole ritenere che, in mancanza dell'illecito, il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del defunto non già vita natural durante, ma solo per un periodo di tempo determinato; in tal caso il coefficiente da scegliere dovrà essere corrispondente alla durata presumibile per la quale sarebbe proseguito il sostegno economico.
In modo molto approssimativo, stimando che il reddito del lavoratore deceduto fosse destinato per il 50% al coniuge e che lo stesso avrebbe continuato a godere vita natural durante del sostegno economico si potrebbe calcolare un danno patrimoniale in forma di capitale di 612.000 euro.
Tale calcolo non tiene conto che, essendo il lavoratore in nero, lo stesso non avrebbe percepito una pensione di vecchiaia rapportata al reddito attualmente percepito.
Per quanto riguarda i figli, il risarcimento sarebbe di gran lunga inferiore, rapportato agli anni in cui avrebbero goduto del reddito del genitore in quanto economicamente dipendenti dallo stesso.
Per quanto riguarda fratello e nipote, salvo che percepissero benefici economici da parte del defunto, nulla sarebbe dovuto dal punto di vista del danno patrimoniale.

Infine, a seguito della morte di una persona verificatasi in conseguenza di un incidente causato dalla condotta illecita altrui - quindi, nel caso di specie, se la morte è stata causata da un fatto illecito del datore di lavoro - coloro che al momento del decesso si trovavano in una relazione affettiva con la vittima hanno diritto, ove ne provino l'esistenza, al risarcimento del danno alla propria integrità psico-fisica, patita a causa dell'evento luttuoso che li ha colpiti. Tale tipologia di danno viene comunemente detto "danno da perdita parentale" o "danno parentale".
Secondo le tabelle elaborate dal Tribunale di Roma, il danno da perdita parentale del coniuge nelle condizioni riferite potrebbe attestarsi intono a euro 294.000,00.
Un danno simile può configurarsi per i figli.
Ancora una volta, dal momento che il fratello e il nipote, non convivevano con il defunto e avevano solo sporadici rapporti telefonici, difficilmente potranno provare di aver subito un danno da perdita parentale.

Come rilevato, dal totale del risarcimento del danno dovuto dal datore di lavoro (patrimoniale e non patrimoniale) andranno detratte le somme eventualmente percepite dall'INAIL, per evitare una duplicazione del risarcimento.

Si ribadisce che i calcoli riportati sono approssimativi e costituiscono un’indicazione di massima. Le cifre potrebbero variare, anche di molto, a seguito di approfondimenti sulla situazione economica e familiare del lavoratore deceduto e della sua famiglia che non possono essere fatti in questa sede e, da non sottovalutare, in base all’orientamento del Tribunale che sarebbe chiamato a pronunciarsi sull’eventuale richiesta di risarcimento del danno.