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Articolo 1767 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 07/03/2024]

Presunzione di gratuità

Dispositivo dell'art. 1767 Codice Civile

Il deposito si presume gratuito(1), salvo che dalla qualità professionale del depositario [1787](2) o da altre circostanze si debba desumere una diversa volontà delle parti [1781].

Note

(1) Si tratta di una presunzione relativa che, quindi, ammette prova contraria (2727 c.c.). Diverso dal deposito gratuito è il deposito di cortesia che si ha quando il depositario riceve il bene solo per una cortesia verso il depositante: in tal caso non sorge un vincolo contrattuale ed il depositario risponde a titolo aquiliano (2043 c.c.).
(2) Si ritiene che il deposito, anche se oneroso, non configuri, comunque, un contratto a prestazioni corrispettive: pertanto, il depositario è tenuto a restituire il bene anche se il depositante non versa il corrispettivo.

Ratio Legis

Si può ritenere che il legislatore abbia presunto la gratuità del deposito proprio considerando che spesso la sua stipula è accessoria ad altro contratto (v. 1766 c.c.).

Spiegazione dell'art. 1767 Codice Civile

La presunzione di gratuità

Il legislatore del '42 ha seguito, com'era logico prevedere, l'orientamento delle legislazioni moderne, che, in considerazione delle attuali esigenze della vita economica, ammettono esplicitamente il deposito retribuito, togliendo alla tradizionale gratuità il valore di carattere essenziale del contratto. In questo senso già il progetto italo-francese del codice unico delle obbligazioni (1927) considerava il deposito gratuito salvo patto contrario (art. 646); ed il Progetto ministeriale sostituì all'espressione «salvo patto contrario » quella «ove risulti una diversa volontà», ed aggiunse la presunzione di onerosità per il deposito commerciale, salvo patto contrario (alt. 637). Nel testo attuale, soppressa l'esplicita considerazione del deposito commerciale in seguito all'unificazione legislativa del regime delle obbligazioni, la gratuità è soltanto presunta: e questa presunzione è forse giustificata soltanto dal desiderio di non rompere nettamente con la tradizione. Invero, per quanto in sede di lavori preparatori si sia osservato, contro la proposta di sostituirvi la presunzione contraria, che sussiste ancora in pratica una serie di depositi naturalmente gratuiti, come ad es. i depositi familiari, tuttavia probabilmente sarebbe stato più congruo rispetto ai caratteri normali dell'odierno traffico giuridico — nel quale, malgrado la ricordata osservazione, l'eccezione è costituita dal deposito gratuito — limitarsi a stabilire che il deposito può essere retribuito o meno, oppure — ravvisando, come si è ravvisata, l'opportunità di una presunzione ai fini della certezza dei rapporti giuridici, come guida per il giudice — porre la presunzione inversa. La presunzione, comunque, è giustificata dall'accennato intento pratico, e la sua posizione nel senso della gratuità anziché dell'onerosità, oltre che dall'influsso della tradizione, è stata determinata dal prevalente apprezzamento dell'esigenza di evitare che potesse in pratica venir considerato oneroso, in mancanza di prova contraria, un deposito naturalmente gratuito, di fronte al pericolo opposto.


Effetto della presunzione di gratuità

La presunzione di gratuità cede di fronte ad una diversa volontà delle parti. Diversa volontà che non deve necessariamente risultare da un'espressa dichiarazione, ma può desumersi da altre circostanze, da apprezzarsi caso per caso, in quanto si possa ravvisare in essa una manifestazione valida di volontà, secondo i principi generali sull'interpretazione dei contratti (art. 1362 segg.). L'espressa menzione della qualità professionale del depositario che cioè esplichi per professione abituale un'attività di custodia — come elemento per sè solo idoneo, nella sua obbiettività, a vincere la presunzione, consente di ritenere che, malgrado il riferimento della norma ad una diversa volontà delle parti, non deve necessariamente trattarsi di circostanze che rivelino una concreta e positiva determinazione volitiva dei soggetti, ma è sufficiente il ricorso di circostanze meramente obiettive, attinenti per es. alla natura delle cose depositate (merci in commercio) od al collegamento del deposito ad operazioni di carattere speculativo, tali che, in presenza di esse, l'onerosità del deposito debba considerarsi normale e rispondente all'id quod plerumque accidit.

Questa interpretazione, del resto conforme ai criteri direttivi dell'interpretazione dei contratti nel codice attuale ed ai principi della lealtà e della buona fede, consente di realizzare l'aderenza della disposizione in esame alle esigenze della vita moderna, evitando gli inconvenienti che potrebbero esser provocati dalla presunzione di gratuità, e di provvedere adeguatamente, accanto alla speciale disciplina del deposito bancario, del deposito in albergo e del deposito nei magazzini generali, a quelle fattispecie già rientranti nel deposito commerciale, e come tali soggette alla presunzione di onerosità.


Struttura e regime giuridico del deposito retribuito e del deposito gratuito

La disposizione in esame non lascia dubbi sulla possibilità del deposito di assumere la struttura di contratto unilaterale e gratuito o bilaterale ed oneroso, a seconda che sia convenuta o meno la retribuzione, conservando anche nel secondo caso la natura tipica di deposito.
L'entità della retribuzione è irrilevante ai fini della distinzione, occorre soltanto, beninteso, che essa costituisca un effetto obbligatorio del contratto, onde non giova a trasformarlo in oneroso la spontanea corresponsione di una gratifica, in segno di gratitudine, che ricade, come donazione remuneratoria, nell'ambito dell'art. 770.

Le conseguenze giuridiche della diversa struttura del deposito nei due casi sono notevoli: oltre al maggiore o minor rigore nella valutazione della responsabilità del depositario (art. 1768), si applicheranno solo al deposito retribuito le norme sulla risoluzione per inadempimento, sull'eccezione di inadempimento e sulla sospensione dell'adempimento (art. 1453 segg.), nonché quella sulla rescissione per lesione, costituenti il regime particolare dei contratti bilaterali; saranno diversi i requisiti di esperibilità dell'azione revocatoria quando sia ipotizzabile che i creditori del depositante risentano un danno in conseguenza del deposito (per es. deposito irregolare), a seconda che il contratto sia a titolo oneroso o gratuito. Viceversa altri istituti particolari agli atti a titolo gratuito (per es. riduzione e collazione) non sono applicabili al deposito gratuito, poiché la prestazione gratuita di custodia non implica alcun depauperamento del depositario e quindi alcuna lesione degli interessi degli eredi o coeredi.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1767 Codice Civile

Cass. civ. n. 359/1993

Per vincere la presunzione iuris tantum di gratuità del deposito stabilita dall'art. 1767 c.c. non può ritenersi sufficiente l'esercizio da parte del depositario di una qualsiasi attività economica nell'ambito della quale il deposito e la custodia non assumono una rilevanza tipica, tale da farne ritenere implicita l'onerosità, ma è necessario che il depositario eserciti un'attività abituale di custodia giacché solo la natura abituale e professionale della custodia esclude che la prestazione possa ritenersi gratuita integrando l'esercizio di un'attività necessariamente economica nell'ambito della prestazione di servizi. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva escluso la rilevanza ai fini indicati della qualità di spedizioniere, per il quale il deposito e la custodia costituiscono semplici elementi accessori od eventuali, non l'oggetto specifico dell'attività professionale).

Cass. civ. n. 1495/1973

La presunzione di gratuità del deposito cade di fronte alla circostanza che il depositario esplichi abitualmente una retribuita attività di custodia; essa può essere altresì esclusa da una espressa contraria volontà delle parti ovvero essere vinta da altre circostanze, la valutazione del cui valore sintomatico di una volontà contraria alla prestazione gratuita del servizio è rimessa al prudente apprezzamento del giudice.

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Francesca F. chiede
sabato 19/12/2020 - Lazio
“Buongiorno ,

Io e le mie sorelle siamo proprietarie di un capannone industriale. Questo immobile è stato locato alla società P. Food srl (noi sorelle eravamo le socie) fino alla data del suo fallimento avvenuto a marzo del 2012.

La P. Food ha allestito tale immobile con due celle frigorifere per la conservazione di alimenti surgelati, acquistati con due differenti leasing.

Dopo il fallimento il giudice restituisce l'immobile a noi proprietarie e accoglie la domanda di rivendica dei beni delle 2 società di leasing.

Le celle non vengono ritirate perché troppo connaturate con l'immobile e di difficile asportazione.

Noi proprietarie ci siamo trovate nella difficoltà di affittare di nuovo il capannone perché era destinato ad un uso troppo particolare.

A settembre del 2012 cosi affittiamo l'immobile con le celle alla P. Logistica (società di mio marito e mia nipote) che usa di fatto le celle non asportate.

Dopo quasi 10 anni le società richiedono l'asportazione delle celle.

Faccio presente che se l'impianto frigorifero fosse stato sento all'epoca, oggi recupererebbero soli rottami e per giunta tutto l'onere gravoso della manutenzione è stato a carico della P. Logistica.

Può la P. richiedere un corrispettivo per la custodia del bene o per la sua manutenzione?”
Consulenza legale i 23/12/2020
Dalla lettura del quesito non risulta che nel provvedimento del giudice abbia nominato Voi proprietarie custodi delle celle frigorifere in questione né che ciò sia stato richiesto e riconosciuto dall’ufficiale giudiziario.
Come previsto dall’art. 522 c.p.c., norma di carattere generale in materia di pignoramenti, “il custode non ha diritto a compenso se non l'ha chiesto e se non gli è stato riconosciuto dall'ufficiale giudiziario all'atto della nomina”.
Quindi sicuramente qui non si parla di custodia giudiziaria.

Riteniamo dunque si possa applicare in via analogica la disciplina contenuta negli articoli 1766 e seguenti del codice civile relativi al deposito.
In particolare, l’art. 1767 c.c. prevede espressamente che “il deposito si presume gratuito, salvo che dalla qualità professionale del depositario o da altre circostanze si debba desumere una diversa volontà delle parti”.
Sul punto, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 359/1993 aveva evidenziato che: “Per vincere la presunzione iuris tantum di gratuità del deposito stabilita dall'art. 1767 c.c. non può ritenersi sufficiente l'esercizio da parte del depositario di una qualsiasi attività economica nell'ambito della quale il deposito e la custodia non assumono una rilevanza tipica, tale da farne ritenere implicita l'onerosità, ma è necessario che il depositario eserciti un'attività abituale di custodia giacché solo la natura abituale e professionale della custodia esclude che la prestazione possa ritenersi gratuita integrando l'esercizio di un'attività necessariamente economica nell'ambito della prestazione di servizi”.
Come però previsto dal successivo art. 1781 c.c. “il depositante è obbligato a rimborsare il depositario delle spese fatte per conservare la cosa a tenerlo indenne delle perdite cagionate dal deposito e a pagargli il compenso pattuito”.

Ciò posto, nella presente vicenda, escluso che si tratta di una custodia giudiziaria ed escluso altresì che sia stato pattuito un qualche compenso, sicuramente si ha diritto al rimborso delle spese sostenute per conservare le celle frigorifere in questione (chiaramente, laddove opportunamente documentate).
Quanto invece al diritto di esercitare la rivendica, facendo parte dei diritti di credito riteniamo sia applicabile il termine ordinario decennale di prescrizione (art. 2946 c.c.).