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Sezione III - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Dell'eccessiva onerositą

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
665 Infine il contratto si risolve, con gli effetti stessi stabiliti per la risoluzione a causa di inadempimento, quando la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa (art. 1467 del c.c.). Si introduce così, in modo espresso e in via generale, il principio dell'implicita soggezione dei contratti con prestazioni corrispettive alla clausola rebus sic stantibus, sulle tracce del diritto comune e quindi in collegamento con una tradizione prettamente italiana, seguita fino ad ora solo da alcuni sistemi positivi stranieri. In parecchi casi il legislatore italiano ha dovuto intervenire con leggi speciali per disciplinare l'influenza di eventi straordinari sui contratti in corso; ma tale intervento si è determinato in relazione agli eventi più gravi e di portate generalissima. Deve essere invece considerata anche la quotidiana possibilità, di avvenimenti straordinari ed imprevedibili che vengano a turbare profondamente l'equilibrio contrattuale, pur non avendo una portata generale tale da incidere sulla vita della Nazione: la nostra pratica mercantile e gli usi da essa creati sono già nel senso di riconoscere efficacia risolutiva alla sopravvenuta onerosità della prestazione, per effetto degli avvenimenti di cui si è fatto cenno. La rigorosa limitazione dell'efficacia della clausola ad eventi che non possono assolutamente farsi rientrare nelle rappresentazioni che ebbero le parti al tempo del contratto, esclude il pericolo di eccessi; ma garantisce contro tal pericolo anche la rigida valutazione obiettiva del concetto di eccessiva onerosità, che per il nuovo codice non opera quando non è superata l'alea normale del contratto (art. 1467, secondo comma) o quando il contratto è essenzialmente o convenzionalmente aleatorio (art. 1469 del c.c.; vendita a termine dei titoli di credito, rendita). Temperamento di buona fede, posto al potere di chiedere la risoluzione è il diritto della parte, contro cui la risoluzione è domandata, di offrire un'equa modificazione delle condizioni del contratto (art. 1467, terzo comma). Non si fa distinzione tra contratti ad esecuzione continuata o periodica e contratti ad esecuzione differita. Infatti, l'ammissibilità della clausola rebus sic stantibus non può farsi ragionevolmente dipendere dalla natura particolare della prestazione periodica, o continuata. Anche l'obbligazione a termine è, come quella a prestazione periodica o continuata, un'obbligazione ad esecuzione differita; e sta nel differimento dell'esecuzione, e non nella periodicità o continuità della prestazione, la ragione di una tutela, che vuole evitare le dannose conseguenze economiche del sovvertimento dell'equilibrio contrattuale voluto dalle parti: questo sovvertimento può verificarsi, così quando la prestazione deve essere eseguita ad un termine unico, come quando deve essere eseguita a periodi o in continuità. Non si è distinto nemmeno tra contratti a lungo termine e contratti a termine breve. A ben guardare, l'estremo dell'assoluta imprevedibilità dell'evento, su cui si fonda la clausola rebus sic stantibus, si può riconoscere più diffidamente in un contratto a lungo termine, anche in un contratto a termine breve: in un contratto del primo tipo (ad esempio, enfiteusi, rendita perpetua, ecc.), le parti non potranno mai dire che non fosse genericamente prevedibile un radicale mutamento della situazione economica, in dipendenza dei molteplici eventi che possono sopravvenire durante il lungo spazio di tempo in cui i contratti stessi devono spiegare il loro effetto. Per converso, quando per l'esecuzione di un contratto è stabilito un termine di breve durata, molto più facile è che non si preveda un avvenimento straordinario, nel tempo che intercede tra l'assunzione della obbligazione e l'adempimento.