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Sezione I - Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 27/03/2024]

Delle obbligazioni pecuniarie

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)
26 Il contenuto normale della prestazione pecuniaria è identificato nel dovere di dare una somma di moneta che abbia corso legale nel territorio dello Stato quando ha luogo il pagamento, e che sia numericamente equivalente a quella considerata al tempo in cui è sorta l'obbligazione, per quanto possa essersi aumentato o diminuito il valore della moneta (art. 10).
La prima affermazione era implicitamente contenuta nel capoverso dell'art. 1821 cod. civ., non riprodotto dalla Commissione reale.
La seconda enunciazione generalizza il principio (nominalistico) del primo comma dell'art. 1821 cod. civ., che si applica, anche se la somma dovuta è determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento.
Per il caso in cui il debito pecuniario è indicato in moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, si è riprodotto (art. 11) l'art. 24 cpv. del progetto della Commissione reale, che sostituisce al corso del cambio del giorno della scadenza, secondo l'art. 39 cod. comm., quello del giorno del pagamento: è sembrato inutile aggiungere che nell'ipotesi di ritardo nel pagamento il debitore è tenuto a sopportare le differenze di cambio, perché l'intero risarcimento dei danni derivanti dalla mora nelle obbligazioni pecuniarie è assicurato dall'art. 122, che modifica l'art. 1231 cod. civ. Il progetto del 1936 aveva mantenuto questo capoverso perché nel suo art. 102 aveva dato al giudice solo una facoltà di condannare al danno che supera gli interessi, mentre nel debito di specie monetaria aveva ritenuto di sancire l'obbligo dell'intero risarcimento: ma la ragione dell'aggiunta non è più giustificata se si crede preferibile, come ho fatto con l'art. 122, di attribuire al creditore un diritto di risarcimento del maggior danno in ogni caso.
27 Si sono pure considerati i debiti di moneta non avente corso legale che devono soddisfarsi in effettivo, e quelli di specie monetaria d'oro o d'argento.
Si conferma, per i primi, che non è in soluzione la facoltà di corrispondere moneta italiana (art. 12); si prevede, per i secondi, in generalizzazione degli articoli 1822 e 1848 cod. civ., che il loro contenuto e la prestazione effettiva di monete d'oro e d'argento (art. 13). Nell'un caso e nell'altro e causa di esonero dall'obbligo di dare la moneta indicata nel titolo la impossibilità non imputabile in cui si trovi il debitore di procurarsi la specie dedotta (articoli 12 e 13): allora è ovvio il ritorno al principio generale dell'obbligo di prestare moneta italiana.
Per il debito di monete d'oro e d'argento si è considerata anche l'ipotesi di alterazione del loro valore nell'intervallo tra il giorno in cui sorse l'obbligazione e il giorno in cui si compie il pagamento: in base ai principi già codificati per il mutuo o per il deposito di specie monetaria, si è ammesso che il pagamento debba farsi ragguagliando il valore originario della moneta a quello successivo (art. 13 cpv).
28 Sovrasta a tutta questa serie di disposizioni la riserva delle leggi speciali (art. 14), la quale vuole, anzitutto, richiamare l'osservanza delle norme che impongono, per i pagamenti, un limite di quantità nella suddivisione in tagli della somma dovuta, e che esige, inoltre, il rispetto delle norme concernenti la disponibilità e il commercio di divise estere e di quelle relative ai pagamenti internazionali. Con questa riserva si è reso pure elastico il sistema del codice, in modo da ammettere che, in un determinato periodo della vita economica dello Stato, in relazione a provvedimenti monetari, fiscali o vincolativi dei prezzi, le disposizioni di questo libro che formano eccezione al principio nominalistico possano ritenersi inapplicabili.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
591 Le norme sulle obbligazioni pecuniarie riguardano esclusivamente i pagamenti da farsi nel territorio dello Stato (art. 1281 del c.c., secondo comma); si è riservata alle leggi speciali la disciplina dei pagamenti internazionali, che deve tener conto degli accordi conclusi con gli Stati esteri. Le regole del codice peraltro devono coordinarsi con i principi che, derivando da leggi speciali, siano suscettibili di incidere in qualsiasi modo (direttamente o indirettamente) sulla materia regolata dal codice stesso (art. 1281 del c.c., primo comma). Si parla di principi e non di disposizioni delle leggi speciali, perché l'ordine pubblico monetario non consta delle sole regole concernenti la disciplina dei pagamenti ma risulta pure dall'applicazione concorrente di provvedimenti protezionistici che possono anche avere natura economica o fiscale. Lo stato manovra a difesa della moneta non solo regolandone il valore e il potere liberatorio, ma con sistemi di deflazione, vietando la circolazione o l'esportazione dell'oro, regolando gli scambi internazionali, bloccando i prezzi delle merci e dei servizi, avocando mediante tributi il plusvalore dei beni medesimi, ecc. In tutti codesti casi è legittimo che l'interprete consideri se, per avventura, in virtù della politica economica o fiscale, sia rimasta vincolata l'autonomia privata in ordine ai rapporti monetari: questa autonomia deve essere riconosciuta, per mantenere, fino a quando non ostino le esigenze della difesa economica della Nazione, il costante equilibrio delle prestazioni corrispettive in relazione ad un determinato parametro monetario.
592 Il principio nominalistico domina le obbligazioni che hanno per oggetto il pagamento di una somma di danaro (art. 1277 del c.c. primo comma). La quantità di moneta legale dovuta si determina cioè in base al valore nominale che lo Stato attribuisce ad essa, senza riguardo al valore intrinseco; oggetto dell'obbligazione non è la materia di cui le monete sono formate, ma una quantità commisurata al valore loro attribuito. La riconferma del nominalismo risponde ad un'esigenza razionale della vita economica, della quale si è già parlato (numero 591). Esso solo infatti consente di raffigurare i debiti pecuniari come entità costanti e cioè di ridurre a certezza l'entità economica di ogni debito; tale esigenza ha carattere tanto generale da influenzare anche la questione concernente la somma dovuta quando la moneta indicata in contratto non ha più corso (art. 1277 del c.c., secondo comma). La moneta non perisce perché lo Stato, se decide di abolirne il corso, la sostituisce con altra di diverso tipo: si fa allora un ragguaglio tra il valore nominale della moneta non avente più corso e il valore nominale della moneta nuova, secondo il rapporto stabilito all'atto della conversione. Anche allora si prescinde quindi dal valore intrinseco della moneta dedotta nel contratto, e per giunta si legittima la prestazione di una moneta diversa da quella originariamente promessa. La possibilità di prestare una moneta diversa da quella dedotta è anche considerata quando il debito pecuniario è espresso in moneta estera; in tal caso il codice civile, come già l'art. 39 cod. comm., autorizza, nell'atto del pagamento, la sostituzione della moneta straniera con moneta nazionale (art. 1278 del c.c.). La moneta straniera diviene infungibile solo per volontà delle parti, cioè quando queste convengono la clausola «effettivo» (art. 1279 del c.c.); ma può esservi infungibilità anche se una determinata moneta è considerata dalle parti con riferimento al suo valore intrinseco (art. 1280 del c.c., primo comma). In tali casi però l'infungibilità è relativa. Infatti, se la moneta straniera dedotta in effettivo o quella considerata per la sua bonitas intrinseca non può essere più procurata dal debitore perché non è reperibile o perché è stata posta fuori corso, non si verifica l'estinzione del debito, ma sarà prestata moneta legale o corrente, ragguagliata al valore che la moneta dedotta aveva al tempo in cui l'obbligazione tu assunta (art. 1279 del c.c. e art. 1280 del c.c. secondo comma). Altrettanto deve dirsi quando il pagamento deve farsi in moneta considerata in relazione al suo valore intrinseco, e questo valore risulta alterato. Il caso è regolato dall'art. 1280 del c.c., secondo comma, che dà la medesima soluzione alla quale aveva ricorso l'art. 1822 del c.c., secondo comma, del codice civile abrogato. La libera valutazione contrattuale di tal valore non è ostacolata dal principio nominalistico. Questo entra in funzione in un secondo momento, quando, determinato il valore della prestazione monetaria, deve precisarsi la somma di danaro occorrente per estinguere il debito, il quale pertanto ha per oggetto un valore che deve venire espresso e liquidato in danaro al momento della scadenza. L'alterazione di valore della moneta dovuta può verificarsi durante la mora del debitore. Il caso non è previsto espressamente, perché esso si risolve in un danno, che è risarcibile secondo gli art. 1218 del c.c. e art. 1224 del c.c., secondo comma. Ugualmente inutile doveva apparire la soluzione del problema del rischio delle oscillazioni di cambio nel debito di moneta estera. Questo rischio è a carico del creditore fino alla scadenza dell'obbligazione, in base all'[[1278cc]; successivamente č danno prodotto dalla mora del debitore, risarcibile in aggiunta agli interessi (art. 1224 del c.c., secondo comma).